Anime & Manga > Lupin III
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Autore: Andy Cacciatore    16/05/2013    14 recensioni
La sua morte lo aveva scosso considerevolmente, e non era più lo stesso. Giorno e notte divennero intercambiabili; al mattino come a mezzanotte sentiva lo stesso dolore sordo e lancinante. Non poteva andare avanti così, lo sapeva. Lo Scotch aveva lo stesso orribile sapore dei risultati dei modesti tentativi di suicidio intrapresi, ma ebbe il merito di confermargli che non stava vivendo un incubo, quella era la realtà: nemmeno il peggiore degli incubi avrebbe potuto avere un sapore così disgustoso.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Jigen Daisuke, Lupin III
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Incompiuta, Violenza
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Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Monkey Punch; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. 
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  • Doveva essere una PWP, scene di sesso gratuite senza trama. Ma boh, è comparsa una trama LOL
  • Quando mi colla torno a scrivere. XD
 
 
«Desiderate altro?» chiese il barista. 
«Altro scotch.» rispose con il cappello di feltro calato sugli occhi e l’aria di una persona esausta. Ne bevve un sorso e lasciò che lo scotch gli sprigionasse il suo fuoco in gola. Prese una sigaretta dal suo pacchetto spiegazzato che teneva sul tavolo e se la mise in bocca come se fosse l’unica cosa che gli avrebbe impedito di andare in frantumi. No. Era già andato in frantumi. Il suo cuore, come la fiammella di una candela consumata, si stava spegnendo, stava diventando di cenere. Non provava quasi più sentimenti, quei pochi che ancora provava erano rivolti al passato.
 
Pensieri di morte non esitavano a turbare le sue notti. Incubi terrificanti dai quali non riusciva a svegliarsi lo tormentavano: gridava nel sonno, e si svegliava tremante e bagnato di sudore. Non era un vero riposo il suo, piuttosto era un morire lento e crudele. Eppure il suo cuore batteva, impazzito, ma era li, lo ascoltava sul collo, pulsava nelle tempie. «Per quanto ancora?» si chiedeva.
L’elemento dei suoi sogni era sempre lo stesso: la notte in cui tutto andò a puttane e la sua vita implose. Nell'oscurità che li avviluppava come una coperta i proiettili gli piombavano addosso, traccianti graffiavano la notte; e il sangue. Il sangue di Lupin, di quel corpo straziato, svuotato che ormai macchiava solo i propri vestiti. Quelle immagini gli bruciavano dentro, vivide come se le stesse vivendo in quel momento.
 
Non poteva ancora crederci.
Aveva perso l'unica persona che fosse riuscita a vedere oltre la sua indole da frustrato misantropo.
L’incontro con quel l’uomo aveva segnato una svolta nella sua vita; dapprima viveva sospeso a un filo; tra un’accozzaglia di pericoli e inganni, sparatorie, omicidi o spaccio di droga. Senza mai sapere se avrebbe rivisto l'alba del giorno seguente. Era infatti durante quel periodo che s’era beccato il 90% delle sue cicatrici.
 
Incontrare Lupin era stato come un risveglio dell’anima. Aveva imparato cosa volesse dire fidarsi di qualcuno, aveva per la prima volta conosciuto la vera amicizia, i sentimenti di cui era composta e le sconfinate emozioni che smuoveva nell'animo umano. L’aveva ripagato per tutto quello che aveva fatto per lui con la sua mai smentita lealtà e la fedeltà all'amicizia. Col tempo aveva toccato con mano cosa volesse dire essere innamorato e, soprattutto, cosa volesse dire saper rinunciare alla proprie esigenze per il bene della persona amata.
 
Ovviamente Lupin era troppo accecato dal fascino manipolativo di Fujiko per notare i suoi sentimenti.
Stupido volere un amore che non può essere vero. Stupido cercare un bacio che il diavolo ha conosciuto.
Forse era stupido anche chiamarlo amore. Lui era invisibile finché c’era Fujiko. E non riusciva proprio a soffrire il fatto che bastasse il suo conturbante tono da puttana languida, perché lui, ammaliato, cadesse in pieno nella sua trappola, senza nemmeno sapere cosa gli sarebbe accaduto. La mente troppo annebbiata perché potesse pensarci.
«Lascia perdere quella donna, è pericolosa.» Ma non l’aveva mai ascoltato. Quella puttana era furba, scaltra, intelligente. Era consapevole del suo fascino, della sua bellezza e sapeva come esercitarla per procacciarsi i favori degli uomini inclini ai piaceri sensuali. Ma a farlo incazzare non era solo il fatto di vedere il suo partner rischiare la vita per la sgualdrina. C’era dell’altro. Quando era costretto a vederli in atteggiamenti così falsamente intimi: risatine languide, frasi stucchevoli, tentativi fallimentari di baciare quella bocca capace solo di suadenti menzogne. Era troppo! Non poteva sopportarlo. Era preso da una fitta di rabbia e gelosia mista a una buona fetta di umiliazione. Non aveva mai provato un sentimento paragonabile a quello.
Aveva conosciuto ragazze molto attraenti, ma la bellezza superficiale in sé gli aveva sempre provocato nient’altro che più cautela nell'approccio e una sensibile accelerazione della noia e della diffidenza.
 
Proprio in quel momento una voce interruppe il corso dei suoi pensieri: «Konbanwaaa ~ » Alzò lo sguardo e notò una bella donna venire a sedersi accanto a lui, appoggiandosi col gomito sul bancone. Non riusciva a distinguerne il viso a causa della mancanza di luce del locale e il suo stato di ebbrezza mentale.
Ma bastò incrociare il suo sguardo per un istante per venirne catturato.
C’era qualcosa di familiare nei suoi occhi, nella luce morbida delle loro oscure profondità.
Aspirò profondamente una grossa boccata, della sigaretta che non aveva mai lasciato la sua bocca, la trattenne, e poi tirò indietro la testa ed espirò una nuvola di fumo verso il soffitto.
 
«Konbanwa.» Rispose con una freddezza studiata sotto al quale nascondeva un certo interesse, poi fece cenno al barista di portare un altro giro. 
 
La ragazza non assomigliava per niente alla cliente tipo di un bar tanto squallido, forse per questo il barista le lanciò un' occhiata interrogativa. «Le porto qualcosa?» chiese il barman. 
«No, grazie, non ancora.» rispose affabilmente lei. 
Quando il barista si allontanò la ragazza si voltò verso Jigen: «Posso avere una sigaretta, signore?» 
 
Lui levò appena la testa e da sotto la sua fedora nera guardò la ragazza con una una curiosità che non si poteva certo definire amena. C'era qualcosa in quella donna che lo attirava, qualcosa che non riusciva a decifrare.
Quegli occhi gli ricordavano qualcuno. Quel qualcuno per cui s'era recato in quel bar nel misero tentativo di diluire il dolore nel alcool. No, non proprio, non era esatto dire che glieli ricordavano... quelli erano gli occhi di Lupin! Del suo partner, del suo amico,del suo... Cosa? Del suo cosa? Un senso d'angoscia bruciante lo invase, e sentì uno schianto nei profondi recessi del suo cuore. Merda! Per quanto ancora la sua mente lo avrebbe torturato? L' alcool forse stava indebolendo la sua lucidità, ma quel dolore opprimente, tremendo, che gli attanagliava in una morsa ferrea lo stomaco non se ne andava mai.
 
«Hey amico, non ha mica una bella cera. Che succede? Non sta bene?» La voce apprensiva di lei lo riportò alla realtà.
 «No.» disse con voce ferma e turbata. 
«Bé, se volete posso metterla in sesto io.» rispose con un sorriso che che rivelava una malizia esperta, quasi spavalda. Gli prese la sigaretta dalle labbra e se la portò alla bocca aspirando un'abbondante boccata di fumo. Gliela ripassò.
 
Quel sorriso. Quella voce. Quel gesto. No. Non c'erano più dubbi. Fu travolto da un improvviso torrente di emozioni: un' esplosione di gioia, entusiasmo, commozione, ma anche rabbia, ostilità e risentimento. «Figlio di puttana... figlio di puttana...» sussurrò concitato.
Il ladro si tolse la maschera rivelando il suo vero volto. «Jigen-chan, la mia assenza ti ha proprio arrugginito. Iniziavo a pensare che non ce l'avresti mai fatta.» disse Lupin con in viso stampato un sorriso sardonico. 
«Stramaledetto figlio di puttana... figlio di puttana, tu...» 
«D'accordo, sono un figlio di puttana, ma che ne dici mon chéri? Mi offrirai da bere?» disse con il più affascinante tono che gli riuscì di evocare, con il suo solito francese arrugginito.
«Ma non avevi detto di non volere niente?» 
«Niente che potesse darmi il barista.» rispose abbozzando un sorriso malizioso. 
«Capisco. Mi sembrava poco fattibile che una ragazza astemia si fosse spinta in un bar merda, circondato da vecchi malavitosi froci divoratori di noccioline, solo per assaggiare del alcol rancido.» 
«Sì, avrai capito che i miei gusti sono decisamente più sottili.» si portò la sigaretta alla bocca e aspirò un'abbondante boccata di fumo. 
Il killer piegò le labbra in un sorriso sarcastico e si versò da bere: «Oh, questo l'ho capito ma se tiri così forte rischi di spremermi fino a farmi impallidire!» 
«Non sei cambiato» disse con un sorriso, guardandolo. 
«Anche tu sei sempre il solito cazzone.» ridacchiò l'ex sicario della mafia. «Comunque mi devi delle spiegazioni. Che cazzo ci fai qui? Come cazzo hai fatto a sopravvivere? Per che cazzo ti presenti adesso? E perché cazzo sei conciato a quel modo? » 
«Ti spiegherò tutto a suo tempo, magari in un posto appartato. Per l'ultima domanda posso dirti che ho preferito evitare un incontro tra lacrime e singhiozzi sullo stile dei film melodrammatici di merda.» rispose il ladro con una lieve ironia, e nello stesso tempo, con una certa convinzione. 
«E ti è venuto in mente questo? Si, sicuramente un ottimo modo per rivedere il tuo partner che ti credeva morto e sepolto. Cos'è? Pensavi di risorgere tramutato in donna come Loki della mitologia Norrena?» Sbuffò, sarcastico. «Comunque ho affittato un monolocale senza pretese, possiamo recarci lì. 
«Brillante suggerimento.» disse con un sorriso baldanzoso dipinto sulle labbra.
 


Quando superarono il bar Jigen afferrò Lupin per un braccio e lo trascinò nel primo vicolo in cui si imbatterono. Lo prese per le spalle e lo spinse contro il muro baciandolo con una disperazione feroce, invadendogli la bocca con un' intensità che lo fece tremare. Il bacio si fece più imperioso intenso e prepotente mentre le loro labbra si muovevano insieme. Quello era ben più che un incontro di labbra: era una dichiarazione di possesso, di inesauribile bisogno, qualcosa di necessario che il tiratore avrebbe fatto germinare dentro il suo partner finché non avesse più potuto respingerlo.
Lo afferrò per i fianchi e lo sollevò da terra, e con le mani accompagnò le sue cosce contro il proprio bacino. Si strofinò contro di lui, spingendo il proprio inguine contro il suo. Una violenta ondata di eccitazione li pervase ed entrambi gemettero per il calore che scorreva fra loro, il desiderio che lambiva le loro ossa.
Il ladro si staccò dalla sua bocca per riprendere fiato, e tolse le gambe dai fianchi del gunslinger rimanendo però appoggiato a lui.
«Devo ammettere che oltre ad essere un eccellente tiratore sei anche un ottimo trastullo sessuale!» disse Lupin, ansimando dal piacere, soffocando una risata; un suono seducente dal profondo della gola che ebbe il potere di eccitarlo ulteriormente. 
« Vaffanculo!» sibilò l'ex esecutore mafioso premendo le labbra contro il ladro, nel tentativo di zittirlo. Lo baciò con violenza. Fino a farlo gemere, di piacere e di dolore. Premendo l'erezione contro la sua, spingendo i fianchi contro i suoi. Esigendo sempre più pelle, più pressione, più contatto. La disperazione alimentava il bacio, disperazione e furia. Le loro lingue si incontrarono ancora in un crescendo di desiderio, gli occhi si chiusero, le dita di Jigen accarezzavano i capelli di Lupin e poi scesero più giù ad abbassargli la cerniera del vestito facendolo scivolare giù lungo il suo corpo fino al pavimento. Subito le sue mani s'infilarono sotto e corsero sulla pelle nuda della sua schiena, facendogli venire la pelle d'oca, mozzandogli il fiato.
Sfiorò delicatamente le cicatrici, soffermandosi su quella ancora ben visibile, ricordo di quella notte di terrore. Il suo sguardo si incupì.
Il ladro gli prese la mano, e intrecciò romanticamente le proprie dita alle sue, guardandolo con occhi così pieni di amore che il cuore del tiratore cominciò a battere con una violenza indicibile, mentre sentiva gli occhi farsi lucidi. Non si dissero nulla. Mano nella mano, parlarono i loro occhi, i loro sorrisi, i loro cuori.
Il killer lo baciò nuovamente, con una dolcezza insostenibile.
Lupin rispose al bacio con fervida passione, insinuando la lingua con insistenza tra le sue labbra dischiuse.
Gli massaggiò le spalle e fece scorrere le mani in basso, fino alle natiche, che strinse forte, facendolo fremere di eccitazione.
Sentendolo fremere fu come incoraggiato, cominciò a sbottonargli la camicia. Lo voleva nudo, subito, ed era anche disposto a strappargli la camicia a mani nude.
Un brivido profondo percorse la colonna vertebrale del pistolero, mentre le dita del ladro scendevano sempre più in basso, sfiorandogli la pelle ogni volta che slacciavano un bottone. E quando la camicia fu completamente aperta le mani di Lupin scivolarono dentro, esplorando il suo corpo che sporadicamente si contraeva per l'eccitamento: Il ladro sorrise di pura soddisfazione, facendo scorrere le sue mani sul calore del suo petto nudo, percorrendo con le dita le sue cicatrici, esplorando il suo corpo, fremente sotto l'assalto delle sue carezze. Fece scorrere la bocca sulla sua pelle calda, leccandogli la curva della gola, succhiando la pelle liscia attorno alla clavicola, scendendo fino ai capezzoli sensibili, mordendoli e leccandoli finché non si inturgidirono ancora di più.
La sua bocca era una fiamma di seta sopra il suo petto che alimentava il fuoco dentro di lui fino a farlo bruciare di desiderio.
Gli slacciò la cintura dei pantaloni e con un paio di strattoni, glieli fece scivolare sui fianchi, liberando la sua orgogliosa erezione.
Si lasciò cadere in ginocchio tra le sue gambe, dopodiché prese il membro turgido tra le mani, lo strinse e lo accarezzò con insistenza, passandoci sopra la lingua in tutta la sua lunghezza, succhiandolo profondamente fin nella gola con un soffocato gemito di piacere.
«Cristo!»  riuscì a mormorare il pistolero a denti stretti. 
Il contatto con la sua bocca fu decisamente inaspettato, gli strappò un gemito soffocato che lo fece vibrare di un bollore innaturale. Quella lingua che sapeva baciare tragicamente bene, che sapeva solleticare, smaliziare, era in grado di farlo impazzire.
Lupin lo afferrò per le natiche mentre faceva entrare e uscire il suo membro dalla bocca, succhiandolo sempre più profondamente a ogni affondo.
Era troppo, un sovraccarico sensoriale che stava per mandarlo in tilt, Jigen sentiva di essere vicino all'orgasmo. Una sensazione nuova gli scorreva nelle vene, lungo i nervi, sulla pelle.
Improvvisamente, senza preavviso, il ladro staccò le labbra dell'erezione del killer, che che palpitava tanto da fargli male. 
«I-ittai nan da?»  Il tiratore era a malapena in grado  pronunciare delle parole, ancora inebriato da quel turbino di sensazioni così intense da spingerlo seriamente a dubitare di poterne uscire indenne..
«Abbiamo giocato abbastanza, Jigen-chan. E' ora di passare al sodo»  disse il ladro rialzandosi in piedi, con un sorriso pieno di malizia stampato sul volto e il respiro affannoso.
«Aspettavo proprio questo momento.» ribatté lui con un tono di sfida, ma sorridendo.
Il killer lo afferrò per la vita, premendolo con tutto il suo peso e spingendolo con la faccia contro il muro. Si sputò sulle dita e lo sentì annaspare quando spinse un dito dentro la sua apertura. Tirò indietro il dito e poi dentro, girando intorno alla sua entrata prima di infilarlo fino a fondo, passando attraverso i muscoli interni lungo il suo orifizio. Continuò per alcuni minuti, fino a quando non lo sentì rilassarsi e fare dei suoni gutturali che gli ricordarono quanto desiderasse spingersi oltre.
Aggiunse un secondo dito, che scivolò dentro facilmente, e quando Lupin cominciò a muoversi andando avanti e indietro contro la spinta delle sue dita, il pistolero cominciò a divaricarle piano dentro di lui. 
Quando cominciò ad accarezzare la sua erezione dal basso verso l'alto, in combinazione con le dita che continuavano a muoversi dentro e fuori, il ladro arcuò la schiena e represse un gemito implorante mentre tutto il suo corpo tremare di eccitazione, desiderio e frustrazione.. «Jigen... cazzo, hai deciso di farmi impazzire? ...» disse tra gemiti e ansiti.
« Che ragazzo impaziente.» - Gli sussurrò maliziosamente all'orecchio, leccandogli il lobo, poi con un solo movimento dal basso verso l'alto affondò il suo membro completamente dentro di lui, fino a toccargli la prostata, facendolo letteralmente sobbalzare. - « Ecco, questo può soddisfarti, per ora? »
Il corpo del ladro si apriva prendendolo dentro di lui, avvolgendo la sua erezione. Il pistolero fu invaso da un calore indescrivibile, i muscoli di Lupin si stringevano attorno a lui, trattenendolo.Lo sentiva gemere e contrarsi, percorso da ondate di piacere quasi doloroso, mentre lo possedeva con spinte lente e inesorabili, affondando dentro di lui con forza e a fondo, immergendosi dentro di lui, strappandogli gemiti su gemiti.
Lupin voltò la testa quel tanto che bastava a raggiungere le labbra di Jigen.Le loro bocche s'incontrarono fameliche, unendosi completamente come i loro corpi.
Le spinte si fecero frenetiche, potenti, quasi incontrollate; il suo membro, sempre più esigente scivolava nelle parti più umide e fameliche, e il ladro gli andava incontro col bacino, assecondandolo. 
Lupin interruppe il bacio inarcandosi, annaspando, lottando per riempirsi i polmoni ed espandere i sensi il più possibile, in modo da apprezzare al massimo le spinte imperiose e abbandonarsi alla sensazione deliziosa di averlo dentro di sé.
 
Con un ultimo paio di spinte l'orgasmo li colse insieme, improvviso, devastante, incontrollabile. Il tiratore si lasciò andare dentro il corpo accogliente del suo compagno, riversando un fiotto di liquido caldo fin nelle sue profondità.
 
Il ladro, ancora in preda al piacere, collassò ansante con la testa sulla spalla di Jigen, che lo cinse tra le braccia per non farlo cadere.

 
Note:
- Konbawa: Buona sera.
- I-ittai nan da?: Ma che diamine...?
 
   
 
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