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Autore: Vantilena    16/05/2013    7 recensioni
Mi baciavi, mi baciavi come non avevi mai fatto. Mi posasti la mano sul seno destro.
E io credevo che quel giorno avrei perso la verginità, quella che tu avevi perso da tempo ormai.
Mi sbagliavo.
 
Quando tornai a casa, avevo soltanto lividi e una felpa che puzzava di fumo e birra.

Questa storia partecipa al contest "Di peccati e angeli caduti" indetto da aduial95 sul forum di EFP
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di te mi sono rimaste soltanto cicatrici

 
Mi hai detto che dovrei fare come se tu non fossi mai esistito.
Ma come posso?
 
Ricordo quando le nostre labbra s’incontrarono per la prima volta. Le tue sapevano di fumo, di birra e di alcool, mentre le mie erano innocenti, sapevano solo di burro cacao, così mi dicesti tu.
Mi sembrava tutto così perfetto, quell’estate: tu mi rincorrevi per i campi, riuscivi ad acchiapparmi, mi abbracciavi e sempre mi baciavi, a volte con semplice dolcezza, a volte con molta più passione e trasporto.
Iniziò per gioco.
Tu mi desti un pizzicotto sul braccio, per scherzare, e io per rispondere ti tirai uno schiaffo in faccia, ridendo. Tu iniziasti a ridere e mi tirasti un pugno allo stomaco.
 
Dopo un po’ mi sembrò tutto così assurdo.
 
L’estate finì e ci separammo.
La prima volta io raggiunsi te, nella tua città, così lontana dalla mia. Lo feci di nascosto e corsi il rischio coi miei genitori, ma per te avrei fatto ben altro.
Ricordo che avevo la felpa dei Nirvana, che erano il tuo gruppo preferito.
Appena entrammo in camera tua, mi togliesti la felpa e la indossasti tu.
Io, sotto a quella felpa, avevo soltanto il reggiseno.
Ci fissammo a lungo, poi tu mi prendesti in braccio e mi portasti sul letto.
Mi baciavi, mi baciavi come non avevi mai fatto. Mi posasti la mano sul seno destro.
E io credevo che quel giorno avrei perso la verginità, quella che tu avevi perso da tempo ormai.
Mi sbagliavo.
 
Quando tornai a casa, avevo soltanto lividi e una felpa che puzzava di fumo e birra.
 
Ci rincontrammo altre volte, in una casa che un nostro amico ci lasciava a disposizione ogni week-end.
Io accettavo di incontrarti di buon grado, ti amavo.
Anche tu dicevi di amarmi.
Però ogni volta che ci incontravamo inevitabilmente iniziavamo a picchiarci.
Tu mi tiravi pugni, schiaffi, e io facevo lo stesso.
È per questo che non posso dire sia stata solo colpa tua.
E piangevamo, piangevamo entrambi.
E poi mi baciavi, tu curavi le mie ferite e io curavo le tue.
Molte volte andammo vicini al far l’amore, ma la violenza puntualmente ci allontanava dal sesso.
E finiva sempre con dei baci.
 
I nostri baci sapevano di sangue.
 
Poi tu decidesti di lasciarmi, perché avevi capito che era tutto sbagliato, che era diventato una follia.
Mi dicesti: «Hai appena tredici anni, sei solo una bambina e io ti sto facendo questo.»
«E tu? Hai sedici anni, ti senti grande abbastanza per sopportare?»
Ricordo che quel giorno tu mi facesti togliere i vestiti e mi dicesti di guardarmi, di guardare quanti lividi avevo per colpa tua.
E allora anche io feci lo stesso, anche io ti dissi di spogliarti e di guardarti, di guardare le ferite che ero stata io a fare.
 
Anche quel giorno, mi lasciasti altri lividi.
 
Mi chiamasti e mi dicesti che era finita, basta, non volevi procurarmi altro dolore, e che avrei dovuto far finta che tu non fossi mai esistito.
 
Così feci.
 
Ora di te non mi è rimasto nulla. Non una foto, non un biglietto.
Ho dimenticato il sapore dei tuoi baci, la felpa dei Nirvana è stata lavata e ha perso il sapore di birra e fumo che tanto amavo.
 
Però ci sono le cicatrici.
Tutte le volte che mi cambio, le vedo: alcune sulle gambe, altre sulle braccia, una sotto al seno destro, vicino a dove avevi posato la tua mano calda quel giorno.
Non ho nulla che mi ricordi quello che eri per me, non ho nulla che mi ricordi il nostro amore.
 
Di te, ora, ho soltanto cicatrici.

   
 
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