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Autore: distantmemory    17/05/2013    5 recensioni
Heather si rigira verso di me. Cioè, verso il suo specchio, e si da un’ultima sistemata ai capelli. Guarda nei miei occhi, come se ci si possa riflettere. Poi prende la sua borsa ed esce dallo spogliatoio insieme a Courtney.
Mi copro la faccia con le mani. Perché non mi ha risposto? Perché ha continuato a guardarmi, indifferente?
Mi giro verso lo specchio e sposto le mie mani.
Vorrei sapere cos’ha di tanto strano il mio viso, cosa faccia allontanare le persone da me, ma non posso contemplarlo, perché non riesco a vedere il mio riflesso allo specchio.

Storia sospesa per un breve periodo di tempo.
Genere: Comico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Scott | Coppie: Alejandro/Heather, Duncan/Courtney, Duncan/Gwen, Trent/Gwen
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale
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Mi guardo intorno. Cavolo, in che razza di posto mi sono andato a cacciare?

Ma ho fatto bene. Sopporterei anche due anni di servizio sociale, ma almeno sono soddisfatto. Ho fatto il mio dovere. Quel coglione se lo meritava.

Già, ma quegli idioti degli assistenti sociali non mi hanno voluto ascoltare. Non che siano i primi. Nessuno mi ha mai ascoltato, e dubito che qualcuno lo farà mai.

Osservo i ragazzi che mi sono affianco. Loro mi squadrano, come se fossi un idiota. Qui gli idioti sono loro. Loro sanno solo drogarsi, ubriacarsi, scopare. Io ho appiccato un incendio ad una casa. Non possiamo confrontarci. E poi, hanno una faccia da stupidi, sono molto più intelligente di loro.

— Bene bene bene. Altri inutili ragazzini della nostra società. Aumentate a dismisura. Mi chiedo sempre che fine farete. — dice l’assistente sociale di fronte a noi. Lo guardiamo con disinteresse, odio, rabbia, schifo. Persino in confronto alle nostre tute arancioni, la sua maglia bianca e nera fa vomitare.

Nessuno ascolta ciò che dice. Io sono troppo occupato a guardare gli altri ragazzi. Una di loro, quella castana, mastica una gomma e parla al telefono.

— Ehi, tu. Courtney. Spegni quel coso, sto parlando. — la richiama l’uomo. O almeno, cerca.

— Non preoccuparti Justin. È solo un coglione che parla. Che stavi dicendo? Ah sì, che ha fatto quella puttana di Anne Marie?

— Courtney, ho detto spegni quel coso.

Si dirige verso di lei e arriva ad una distanza tale da poterla quasi toccare. Allunga una mano, in modo che gli porgi il cellulare. La ragazza lo squadra con disgusto, ma saluta quello con cui sta parlando e si mette il telefono in tasca.

— Ho speso una fortuna per questo. Lo tengo io.

L’assistente sociale annuisce appena e torna alla sua posizione iniziale, di fronte a tutti noi. Ci guarda uno per uno.

— Bene. E adesso, cominciamo a lavorare.




Fino ad ora, nessuno mi ha ancora rivolto la parola. Non so se sia un bene o un male. Non ho nessun amico e non ne ho comunque bisogno, ma trascorrerò sei mesi con questi qui. Sarebbe meglio avvicinarmi ad almeno uno di loro.

Muovo il pennello a destra e a sinistra sulla panca. Ci hanno assegnato di dipingere le panchine davanti all’edificio dove ci ritroveremo per i servizi sociali. Non ricordo come l’hanno chiamata.

Nel frattempo, ascolto i discorsi degli altri.

— E tu per cosa sei stata arrestata? — quello dalla cresta verde ha chiesto questo anche all’altro ragazzo, che è stato arrestato per uso di stupefacenti. Ora lo ha chiesto alla ragazza del telefonino.

— Senti, non ho voglia di raccontare i miei fatti al primo che capita. — risponde, distogliendo lo sguardo dal suo fidato aggeggio per un secondo. Poi ritorna a schiacciare i tasti velocemente.

— Ehi, vaffanculo! Sto cercando di fare amicizia. — lo dice quasi con un tono offeso, palesemente finto. Aspetta una risposta che però non arriva, quindi lo chiede all’altra ragazza. È alta e magra, una carnagione pallida e gli occhi a mandorla.

— Non me lo ricordo nemmeno.

La testa verde si gira verso di me. — E tu, psicopatico, che hai fatto? Hai tanto la faccia di un pedofilo.

— Non sono un pedofilo.

— Allora hai cercato di stuprare una vecchietta?

— No, nemmeno.

— Hai abusato del tuo cane?

Mi chiedo perché sia sempre io quello preso di mira. Ho davvero la faccia di un asociale sfigato? E io che volevo farmelo amico, questo.

— No, ho incendiato una casa! — urlo per la rabbia.

Lui mi guarda sbalordito e sembra anche impaurito. Che bella sensazione, sono soddisfatto anche di questo.

Egli apre la bocca e fa per parlare, ma ci zittiamo tutti quando sentiamo un rumore assordante. Nessuno mi crederebbe se dicessi di aver visto una roccia cadere dal cielo. Ma è quello che ho visto realmente.

Passa un minuto e non succede nulla, quindi ricominciamo a dipingere le panchine. Quello con la cresta apre di nuovo la bocca, ma si sente di nuovo quel rumore fortissimo. Un’altra roccia è caduta giù dal cielo, probabilmente, ma non l’ho vista. Solo quando seguo gli sguardi spaventati di tutti, capisco che è dietro di me. Ne vola un’altra, e un’altra ancora. Ne volano un centinaio ma noi non ci muoviamo da lì. Siamo come paralizzati. Capiamo di dover scappare quando ne cade una al mio fianco e io urlo. Corriamo tutti verso l’edificio che ci è davanti –quello di cui non conosco il nome– e lì davanti troviamo l’assistente sociale che dorme. Lo svegliamo nonostante i suoi rimproveri. All’inizio non capisce il perché della nostra agitazione, poi vede quella pioggia di massi e prende le chiavi dalla sua tasca. Le chiavi sono un sacco, ne prova una. Niente. Ne prova un’altra e ancora nulla. Continua così per chissà quanto tempo. Io mi mangio le unghie per la paura. Tutti siamo terrorizzati. Ecco, la chiave è entrata. È quella giusta. L’assistente sociale entra, noi facciamo un passo… e voliamo via.

Sento una scarica elettrica percorrermi il corpo. Non so se sia davvero una scarica elettrica oppure il sangue che scorre più velocemente. In qualunque caso, mi sento scombussolato. Non trovo più un appoggio, non ho più i piedi sulla terra. Intorno a me ho solo aria e il tempo sembra essersi fermato. Ho gli occhi chiusi e ho paura di aprirli. Non so che cosa sia successo, non mi sembra di essere ancora sulla Terra.

Poi sbatto a terra, poggiandomi sui gomiti. Ho la testa dolorante e mi fanno male anche gli occhi, ma li apro. Non sono l’unico a terra: affianco a me ci sono anche gli altri quattro ragazzi. L’assistente sociale è davanti a noi, quasi nascosto dietro la porta socchiusa.

— Un fulmine… — balbetta. — Siete stati colpiti tutti da un fulmine! E siete vivi!

— Bè, sarebbe comunque carino chiedere se stiamo bene. — replica il ragazzo con la carnagione olivastra.

Ci alziamo tutti. Guardo dietro di me e noto che la pioggia di massi –o qualunque cosa sia– è terminata.

Tutti sono entrati ed io sono l’unico fuori. La porta si è chiusa a causa del vento.

Allungo un braccio per aprirla e, solo muovendola, mi accorgo che ho un dolore lancinante alla mano destra. La porto davanti ai miei occhi cercando eventuali ferite.

Ma non posso, perché la mia mano sta lentamente scomparendo.



















Angolo dell'Autrice
Salve a tutti!
Questa è la mia seconda long. In questa ci saranno un po' tutti i personaggi e un po' tutte le coppie (anche non esistenti).
Come si capisce dal titolo, è ispirata a Misfits. Non sarà tutto precisamente uguale, ovviamente.
Mi chiedevo solo se debba mettere come nota "Crossover". Potreste dirmelo, per favore?
E una recensione piccola? Mi farebbe davvero molto piacere, anche per segnalare eventuali errori.
E visto che ci sono, mi spammo un pochettino.
Cousins. Mia prima long, DuncanxCourtney e AlejandroxHeather (ancora in corso).
Alla prossima!

   
 
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