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Autore: Ellaa    17/05/2013    4 recensioni
Accanto a lui, suo fratello Sam, si stropicciò gli occhi.
"Dove siamo?" chiese, con la voce ancora impastata dal sonno.
Dean si mise in ginocchio, sbirciando dal finestrino.
Con lo sguardo cercò di individuare uno di quei cartelli stradali che aveva imparato a leggere.
"Nebraska!" urlò, soddisfatto, per aver saputo rispondere alla domanda del suo fratellino. "Siamo in Nebraska, papà!".

Dean è ancora un bambino. Ha solo 8 anni e si trova come sempre in auto con il padre e il suo fratellino, Sammy.
Ma, quel giorno, la destinazione è un posto del tutto nuovo.
Un posto, chiamato Roadhouse.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Jo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Hey, hey? 
C'è qualcuno là fuori? 
Perchè c'è tanto silenzio. 
Non so davvero dove sia il mondo. 

 
 
Un’Impala del ’67 sfrecciava sulla strada ancora deserta.
Nonostante fosse piena estate, l’aria era piacevolmente fresca. Niente caldo asfissiante, ma solo un leggero venticello che di tanto in tanto faceva svolazzare qualche foglia, di qua e di la.
Sul sedile posteriore, Dean giocava con il suo soldatino, l’unico giocattolo che gli era concesso portare con sé.
Amava quel piccolo soldatino di plastica.
Era coraggioso, lui. Combatteva senza paura e non perdeva mai. Sconfiggeva i mostri e non si faceva male. Quel piccolo soldato, non poteva morire.
Un giorno, Dean, sarebbe voluto diventare come lui. Voleva essere coraggioso. Voleva vincere.
Cosa però, ancora non lo sapeva.
Era una vita strana la sua. Non aveva una cameretta o una collezione di videogiochi. Non aveva una casa. La cosa più vicina ad essa, erano i motel che incontrava lungo la strada.
Accanto a lui, suo fratello Sam, si stropicciò gli occhi.
<< Dove siamo? >> chiese, con la voce ancora impastata dal sonno.
Dean si mise in ginocchio, sbirciando dal finestrino.
Con lo sguardo cercò di individuare uno di quei cartelli stradali che aveva imparato a leggere.
<< Nebraska! >> urlò, soddisfatto, per aver saputo rispondere alla domanda del suo fratellino. << Siamo in Nebraska, papà! >>.
John guardò il figlio dallo specchietto retrovisore, assaporando per un breve istante quell’ingenuo stupore infantile.
Aveva solo 8 anni Dean.
A quell’età, la vita non fa ancora così schifo.
<< Quanto ci vuole? >> si lamentò invece, il più piccolo dei due. << Mi scappa la pipì! >>.
<< Siamo quasi arrivati, ancora un po’ di pazienza >> rispose il padre, tornando a fissare la strada.
Dean rise. << A te scappa sempre la pipì, Sammy! >>.
Sam si voltò a guardare il fratello, facendo un piccolo broncio. << Non è vero! >> protestò, lanciandosi verso di lui.
I due fratelli iniziarono ad azzuffarsi.
Non era di certo la prima volta. Sam era ancora piccolo, ma riusciva a tenere testa al maggiore.
Nonostante finisse sempre col perdere, non si poteva di certo dire che per Dean fosse una passeggiata vincere contro di lui.
<< Fate i bravi >> li ammonì John, con voce autoritaria, dopo qualche minuto.
Entrambi, la piantarono all’istante. Soprattutto Dean, che prendeva ogni raccomandazione come un ordine.
In quei momenti, si sentiva un po’ come il suo soldatino.
Doveva obbedire. Doveva fare come diceva suo padre, se un giorno sarebbe voluto diventare forte e coraggioso.
Un bravo soldato, fa sempre quello che gli viene chiesto.
 
 
 

A volte quando chiudo gli occhi 
faccio finta di stare bene 
ma non è mai abbastanza 
perchè il mio eco 
è l'unica voce che ritorna, 
la mia ombra 
è l'unica amica che ho.

 
 
 
Jo era seduta sul pavimento, mentre giocherellava con delle matite colorate.
Fingeva che quei colori fossero dei brutti mostri cattivi, e lei li lanciava lontano. Così lontano, da tenere al sicuro lei e la sua mamma.
Più li calciava con forza e più si sentiva al sicuro.
Non le avrebbero fatto del male, se avesse imparato come difendersi.
<< Joanna Beth! >> urlò sua madre, dalla stanza accanto.
La bambina sbuffò, raggiungendo la donna, con aria svogliata.
<< Non sono stata io >> disse, ancora prima di sapere per quale motivo fosse stata richiamata .
Ellen incrociò le braccia al petto, inarcando un sopracciglio. << Stavolta non te la caverai, ragazzina >>.
Non era di certo la prima volta che faceva arrabbiare sua madre.
Jo era una bambina vivace, un po’ pasticciona. Le piaceva ficcare il naso in quelle che tutti chiamavano ‘cose da grandi’.
Perché dovevano esserci cose da grandi? Lei non andava in giro a parlare di ‘cose da bambini’.
Si mise a correre, scappando da un’imminente punizione.
Si nascose sotto uno dei tanti tavoli vuoti della Roadhouse, dove sarebbe rimasta fino a quando sua madre non avrebbe sorriso.
Perché quando sua madre sorrideva, significava che non era più arrabbiata. E allora lei poteva uscire.
<< Hai fatto di nuovo arrabbiare tua madre, ragazzina? >> le chiese qualcuno.
Jo sbirciò da sotto il tavolino, incrociando lo sguardo di quell’uomo con il cappello da baseball. Non lo aveva mai visto senza. Perciò, per lei, era ‘L’uomo con il cappello’.
La bambina si portò l’indice davanti al naso. << Shh, sennò mi trova >> gli disse, sottovoce.
L’uomo con il cappello si guardò intorno, prima di sorridere. << Via libera, ragazzina. Tua madre se n’è andata >>.
Lei sorrise, lasciando con piacere quel nascondiglio, per poi accomodarsi sulle gambe dell’uomo.
Non era mai stata una bambina particolarmente affettuosa. Ma, qualche volta, le piaceva farsi coccolare un poco.
<< Cos’hai combinato, questa volta? >> le chiese, in tono affettuoso.
La bambina scrollò le spalle, facendo muovere i suoi lunghi capelli biondi. << Stavo giocando con le cose del mio papà >> ammise, sentendosi colpevole.
<< Lo sai che non devi >> la rimproverò, senza però sgridarla per davvero.
Lei annuì.
<< Tu lo sai perché non torna? >> chiese, abbassando lo sguardo.
Una volta, aveva provato a chiederlo a sua madre, ma poi l’aveva fatta piangere. E lei, non voleva vedere sua madre piangere.
Così, aveva smesso di chiedere.
Il suo amico scosse la testa, abbozzando un sorriso. << Mi dispiace, piccola >>.
<< È perché non mi vuole bene? >> insistette, con le lacrime agli occhi. << Se lui torna, io non ci gioco più con le sue cose. Faccio la brava, lo prometto >>.
L’uomo con il cappello la guardò. << Tuo padre è pazzo di te >> le disse, con la voce un poco roca.
Lei sorrise. Se era vero, se il suo papà le voleva bene davvero, allora sarebbe tornato.
<< Adesso, va a giocare, prima che torni tua madre >>.
La bambina annuì, allontanandosi di fretta.
Non voleva finire in punizione. Le punizioni erano noiose.
Uscì, sedendosi sui gradini della Roadhouse, tenendo gli occhi piantati sulla strada. Perché, forse il suo papà sarebbe tornato.
E lei, voleva essere più veloce della sua mamma. Voleva essere la prima ad abbracciarlo.
 
 

Vorrei solo sentirmi vivo e riuscire a vedere 
il tuo viso di nuovo,

ancora una volta.. 
Ma qui c'è solo il mio eco e 
la mia ombra, l'unica amica che ho.

 
 
<< Dean, che c’è scritto? >> gli chiese suo fratello, tirandolo per la giacca.
Il bambino si voltò, leggendo ad alta voce il nome del locale, dentro al quale era sparito loro padre.
<< Roadhouse >> rispose, con tono annoiato.
Gli era stato ordinato di non scendere dalla macchina. Gli era stato chiesto di tenere d’occhio suo fratello e di fare il bravo.
E lui, anche se controvoglia, stava obbedendo.
Sam si voltò verso di lui, un po’ perplesso. << Perché quella casa ha un nome? >> domandò, con la tipica ingenuità di un bambino di soli quattro anni.
Lui sorrise. << Non è una casa, Sammy. È un bar !>>.
Delle volte, era proprio stupido il suo fratellino. Doveva sempre spiegargli tutto.
<< Ma perché non possiamo scendere? >> insistette.
Il bambino scrollò le spalle. << Perché lo ha detto papà >>.
<< Facciamo sempre quello che dice papà >> si lamentò, incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio.
Dean sbuffò. << Non è vero >>.
Nonostante la sua tenera età, a differenza sua, Sam aveva già un animo ribelle. Non era come lui. Non prendeva gli ammonimenti del padre alla lettera.
Lui invece, si. Voleva dimostrargli di essere bravo, di saper eseguire gli ordini.
<< E invece, si! >> insistette suo fratello. << Tu non hai il coraggio di scendere >>.
Quelle parole, colpirono Dean.
Certo che aveva il coraggio di scendere dalla macchina. Lui era come il suo soldatino, non aveva paura di niente.
<< Davvero? Beh, sta a vedere >> rispose, accettando quella provocazione.
Aprì la portiera, concedendosi di infrangere le regole, per una volta.
Un sorriso gli si dipinse in volto.
Qualche volta, anche i soldati devono fare di testa loro.
 
 

Hey, hey? 
C'è qualcuno là fuori? 

 
 

Dean stava dando un’occhiata in giro.
Non sarebbe entrato dentro quel bar, correndo il rischio di beccarsi una sgridata. Si sarebbe accontentato di gironzolare un po’ in quell’immenso cortile.
Erano poche le volte in cui aveva la possibilità di andare in esplorazione. Il più delle volte, era costretto a restare chiuso in una stanza di qualche motel a fare la guardia al suo fratellino, mentre loro padre partiva per qualche caccia.
Sapeva sparare. Sapeva caricare un fucile e sapeva cosa c’era la fuori.
Sapeva cose che i bambini non avrebbero dovuto sapere.
<< Io non sono un bambino, sono un soldato >> si ripeteva, il più delle volte. Come se, quelle parole, fossero la giustificazione per quella vita così strana.
Il bambino continuò a camminare, fino a quando non si sentì puntare qualcosa contro la schiena.
Improvvisamente, si fermò.
<< Bang! >> disse una voce squillante, alle sue spalle. << Sei morto! >>.
Dean si voltò, incrociando lo sguardo di una bambina che teneva in mano un ramoscello, strappato da chissà quale albero.
La ragazzina era alta la metà di lui e lo osservava con un’espressione divertita. Come se, puntargli quel piccolo bastone alla schiena, fosse stata una vera vittoria.
<< Sei morto! >> ripetè la bambina, con un mega sorriso.
Dean incrociò le braccia al petto, contrariato.
Lui era un soldato. I soldati non si facevano uccidere dalle bambine.
<< Non sono morto >> protestò. << Quello è solo una ramoscello >>.
La bambina smise di sorridere. La sua espressione contenta lasciò ben presto posto ad una corrucciata.
<< Non è un ramoscello, è il mio fucile! >>.
Dean rise. << Le bambine non hanno i fucili! >>.
<< Io ce l’ho! >> insistette la piccola, ostinata.
Strinse il suo piccolo ramoscello sottobraccio e si allontanò, con un piccolo broncio.
Il bambino la guardò, inarcando un sopracciglio.
<< Dove vai? >> le chiese, seguendola.
Lei non rispose. Si mise a sedere sul terriccio e tirò fuori dalle tasche delle matite colorate. Le posizionò accuratamente l’una accanto all’altra e poi, con quel piccolo ramo, iniziò a lanciarle lontano.
Dean la osservò in silenzio, cercando di capire cosa stesse passando per la mente di quella ragazzina.
<< Che stai facendo? >> chiese, non riuscendo a trovare un senso a quello strano gioco.
<< Uccido i mostri >> rispose lei, senza smettere di lanciare via quei colori. << Così il mio papà può tornare a casa >>.
Una matita rotolò accanto ai piedi di Dean che la raccolse, rigirandosela tra le mani.
<< È questo che fa, il tuo papà? >> domandò, sorpreso. << Uccide i mostri? >>.
La bambina si voltò, improvvisamente in difficoltà.
<< Anche il mio lo fa >> disse Dean, con una scrollata di spalle. << E un giorno, lo farò anche io! >>.
Perché lui voleva essere come suo padre.
Voleva imparare. Voleva combattere e diventare un bravo soldato.
La bambina si lasciò sfuggire un sorriso. Si avvicinò al muro e indicò un punto al di sopra di esso.
<< Lo vedi quel puntino rosso? >> gli chiese.
Dean alzò lo sguardo, individuando il punto che lei gli stava indicando.
Annuì.
<< Il mio papà ha detto che quando riuscirò a toccarlo, mi porterà con lui >> spiegò, fiera di quella promessa che le era stata fatta.
Perché anche lei voleva essere come il suo papà. Voleva essere una bambina forte e coraggiosa. Voleva solamente stargli vicino.
<< Tuo padre è a caccia? >> chiese, curioso.
Il sorriso della bambina si spense per la seconda volta. Scrollò le spalle, tornando a fissare le matite colorate sul terreno. << Non lo so >> rispose, come se si sforzasse di non scoppiare in lacrime. << Ma io lo aspetto qui >>.
Per qualche secondo, ci fu solo silenzio.
Dean guardava quella bambina come se stesse cercando di capire cosa stesse pensando. Lei però, teneva lo sguardo basso. Intenta, a scalciare via le matite colorate che di tanto in tanto le si avvicinavano.
Quel silenzio venne spezzato da delle urla, provenienti dall’interno della Roadhouse.
Entrambi i bambini si voltarono, cercando di capire cosa stesse succedendo.
<< Mi sa che devo andare.. >> disse Dean, improvvisamente timoroso che suo padre scoprisse la sua piccola bravata.
Un po’ di paura, ce l’aveva.
Si incamminò, ma di prima di girare l’angolo, si voltò a fissare la bambina.
<< Ehy, come ti chiami? >> le chiese, rendendosi conto solo in quel momento di non averglielo ancora chiesto.
Lei alzò lo sguardo, un po’ incerta. << Jo >> rispose, infine.
Per un attimo, fu come se davanti avesse solo una comune bambina, un po’ timida.
Lui sorrise. << Se vuoi, quando sarò grande, potrai venire a caccia con me, Jo >>.
Perché lui sarebbe andato a caccia. E, forse, avere un po’ di compagnia non gli sarebbe dispiaciuto.
Gli occhi della bambina si illuminarono, come se le avesse appena fatto un bellissimo regalo. << Davvero? >> chiese, con un enorme sorriso.
Lui annuì. << È una promessa! >> le disse, prima di iniziare a correre per raggiungere l’auto.
E lui avrebbe mantenuto quella promessa.
I bravi soldati, mantengono sempre le loro promesse.
 
 

Potresti venire e salvarmi 
provare a scacciare questa pazzia 
dalla mia testa 

 
 
<< Ti avevo detto di non scendere dalla macchina >> lo rimproverò John, sbucando all’improvviso davanti al figlio.
Dean rimase immobile, mortificato di essere stato sorpreso mentre infrangeva le regole.
<< Mi scappava la pipì >> mentì, salendo in macchina, il più velocemente possibile.
Lo sguardo severo del padre però, lo ammutolì.
Si sedette sul sedile, tirando fuori dalla tasca il suo soldatino.
Aveva disobbedito. Non era stato bravo.
Accanto a lui, suo fratello Sammy, lo osservava. << Dean? >> lo chiamò, preoccupato.
Perché suo fratello capiva sempre quando qualcosa non andava. Vedeva il suo volto cambiare. L’espressione da bambino spensierato, lasciava il posto a quella da ragazzo. Un ragazzo, con fin troppe responsabilità sulle spalle.
Dean incrociò lo sguardo del fratello, allungando la mano verso di lui. << Prendilo tu, io sono grande per giocarci >>.
Sam rimase immobile, sorpreso di vedere tra le sue mani quel soldatino che Dean si portava sempre dietro.
<< Tu non lo vuoi più? >> chiese, speranzoso che quel regalo fosse davvero per lui.
Lui scosse la testa, puntando lo sguardo fuori dal finestrino.
Era tempo di smetterla di giocare.
Era tempo, di diventare un vero soldato e imparare a mantenere le promesse.
 
 

Ascolta, ascolta 
mi accontenterei di un tuo sussurro 
se è tutto quello che puoi darmi 

 
 
<< Jo? >> chiamò, qualcuno.
La bambina alzò lo sguardo, incrociando così lo sguardo di sua madre.
La donna aveva unaria stanca e gli occhi pesantemente arrossati. Si inginocchiò accanto alla figlia, allargando le braccia per invitarla ad abbracciarla.
Lei non se lo fece ripetere due volte. Corse tra le braccia di sua madre, stringendola forte.
Aveva pianto la sua mamma. Lei lo sapeva.
Le braccia di Ellen strinsero forte la figlia, quasi come se avesse paura che da un momento all’altro potessero portarle via anche lei.
<< Mamma? >> la chiamò la bambina, un po’ perplessa da quello strano comportamento.
La donna le diede un bacio tra i capelli, senza mollare la presa.
<< Papà non torna a casa, vero? >> chiese, intuendo quella verità che aveva avuto davanti agli occhi per tutto quel tempo.
La madre la strinse ancora di più, mentre le lacrime riprendevano a rigarle il viso. << No, tesoro >> rispose, dopo qualche secondo. << Non tornerà >>.
La bambina non disse niente. Perché non aveva niente da dire.
Alzò lo sguardo, osservando quei piccolo segno rossastro sulla parete.
Un giorno, lei sarebbe diventata abbastanza grande da toccarlo. Ma, quel giorno, suo padre non l’avrebbe portata con sè. Non sarebbero andati  a caccia insieme. Non avrebbero più avuto la possibilità di farlo.
Jo chiuse gli occhi, che lentamente si bagnavano di lacrime, appoggiando la testa sulla spalla della sua mamma.
Da quel giorno, sarebbero state solo loro due.
Nessun altro.
Rimasero tutte e due abbracciate, condividendo quel dolore troppo grande per una bambina, e troppo pesante per una donna che aveva appena perso il suo uomo.
 
 

Perchè il mio eco 
è l'unica voce che ritorna, 
la mia ombra 
è l'unica amica che ho.


 

*******
 

Allora, visto che ci ho dato dentro con la fantasia, mi prendo un secondo per spiegare un paio di cose.
Mi sono divertita ad immaginare un primo incontro tra i due. 
Sia Jo che Dean sono solo dei bambini, per questo in futuro non ricorderanno la prima volta che si sono visti. 
Tuttavia, la piccola Jo, potrebbe associare questa giornata al giorno in cui ha saputo di suo padre e di conseguenza ricordare.
Però, e non per caso, lei non ha chiesto al bambino il nome. Quindi, ho pensato di salvarmi 'il fondoschiena' con questa scusa xD 
Ovviamente, è tutto ambientato poco dopo la morte di William Harvelle. Diciamo che in questa versione, John trova il coraggio di tornare alla Roadhouse per parlare con Ellen. Dopo però, non ci tornerà più. 
Il primo incontro tra i due è un po' (tanto) ispirato alla 2x02, con Jo che punta un fucile alle spalle di Dean. Qui ovviamente è un rametto, non potevo mettere in mano ad una bambina un fucile xD 
E, ovviamente, 'L'uomo con il cappello' è il nostro Bobby!
E niente, il resto dei commenti vorrei lasciarlo a voi!
Spero che vi piaccia **


Ah, un'ultima cosa! 
La canzone che trovate all'interno della storia è 'Echo' di Jason Walker!

 

  
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