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Autore: meiousetsuna    18/05/2013    9 recensioni
Questa triple-flashfic partecipa al contest: Maschere, perché a volte l'apparenza inganna , di -Earth- sul forum di EFP
Damon è tornato da tempo dalla Dimensione Oscura, pensando di avere una possibilità con Elena, ed offeso con Bonnie per essere stato sostituito con un volgare licantropo…
É il momento per lui di lasciare che la maschera di ghiaccio che si stava sgretolando si ricomponga per sempre, diventando definitivamente la sua vera natura.
Dal testo: Avrebbe detto addio nel suo stile, con una tempesta memorabile che avrebbe spezzato la volta celeste con la sua furia incontrollata, riversando acqua scura su quella cittadina fino a cancellare ogni grammo di ingiusta felicità dalla mente dei suoi abitanti. Magari fino a sommergerli tutti, affogandoli nella disperazione.
Soprattutto, in quel momento, avrebbe gradito essere completamente solo per godersi fino in fondo la sensazione che il rancore in cui si stava crogiolando fosse un buon esercizio per curare quella inutile ed insidiosa debolezza alla quale aveva dato asilo, creando una crepa sottile ma pericolosa nella corazza intorno al suo cuore.

Un bacio a tutte, da Setsuna
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie McCullough, Damon Salvatore | Coppie: Bonnie McCullough/Damon Salvatore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tipologia:  Triple-Flashfic ognuna di 500 parole esatte, col contatore di word; Personaggi principali: Bonnie McCollough, Damon Salvatore

Genere
: Fluff, Sentimentale, Triste Rating: Verde
Avvertimenti:  H/C, Slice of Life, Vanilla,

Ambientazione
: “The Hunter”

 

Questa storia partecipa al contest: Maschere, perché a volte l'apparenza inganna , di -Earth- sul forum di EFP
Citazione scelta: 8)  Nascondi chi sono, e aiutami a trovare la maschera più adatta alle mie intenzioni. (William Shakespeare)

In the Shadows of my Mind


When I'm alone at night  and I turn off the lights


Nessun espediente di quelli utilizzati era andato a buon fine, pensò il ragazzo dai meravigliosi capelli corvini che si era rifugiato tra gli alberi più fitti del bosco che circondava il campus universitario di Dalcrest; né lusinghe né minacce, tantomeno fingere di essere scomparso per provocare gli altri, lei, a cercarlo.
Potevano fare a meno di lui, evidentemente, oppure erano abbastanza stupidi da credere che quando si fossero trovati in pericolo mortale sarebbe bastato chiamarlo per vederlo comparire ai loro ordini.
Quella parte della sua vita era decisamente terminata, in bene e in male; basta coltivare l’odio verso Stefan, colpevole esattamente quanto lui del crimine orrendo di cui si erano macchiati.

Basta nutrire l’amore verso una creatura meravigliosa, certo, speciale, tanto da evocare nella sua mente soltanto l’immagine di un Angelo.
Tutto quello che ne aveva ricavato erano stati dolore e amara disillusione, quando avrebbe potuto concentrare quelle energie unicamente su se stesso, per accrescere il suo potere invece di disperderle con individui che non le meritavano.
Un lampo attraversò il cielo illuminandolo fugacemente, trovando in Damon il suo specchio vivente; quella coscienza atrofizzata che si era allenato ad utilizzare di nuovo da quando era andato a recuperare il suo fratellino nella Dimensione Oscura, per restituirlo all’abbraccio della donna che entrambi amavano, si accendeva spesso da sola senza che potesse impedirlo in tempo, per poi spegnersi di nuovo, inghiottita dal vortice buio dei suoi pensieri.

Sarebbe partito il giorno dopo, decise; ancora una notte per dare modo a quei traditori di pregarlo di tornare indietro, ammettendo come senza le sue capacità fossero poco più che bambini che tentavano di lottare contro forze enormemente più grandi di loro.
L’idea che realmente quell’ultima possibilità fosse un desiderio recondito del suo cuore, se mai era esistita, affondava lentamente ma inesorabilmente nelle paludi del suo animo distorto.
Avrebbe detto addio nel suo stile, con una tempesta memorabile che avrebbe spezzato la volta celeste con la sua furia incontrollata, riversando acqua scura su quella cittadina fino a cancellare ogni grammo di ingiusta felicità dalla mente dei suoi abitanti.
Magari fino a sommergerli tutti, affogandoli nella disperazione.
Soprattutto, in quel momento, avrebbe gradito essere completamente solo per godersi fino in fondo la sensazione che il rancore in cui si stava crogiolando fosse un buon esercizio per curare quella inutile e insidiosa debolezza alla quale aveva dato asilo, creando una crepa sottile ma pericolosa nella corazza intorno al suo cuore.

Invece quella ragazzina, la piccola strega, stava sopraggiungendo, evidentemente dispiaciuta per la sua assenza; malgrado fosse l’ultima sulla quale era concentrato in quel momento, di contro non sentiva la necessità di evitarla, divertendosi a farla impazzire nel tentativo di rintracciarlo.
Non che non fosse offeso anche con lei, ma non era in grado di fare del male a quella che si era ostinato a chiamare ‘Pettirosso’, concedendosi di provare un po’ di tenerezza al suono di quel nomignolo così indovinato; chi avrebbe potuto prendersela con qualcuno così indifeso?
Anche se, per dirla chiaramente, era stata  incredibilmente ingrata.

I see her just the way she used to be
When I'm alone at night  and I turn off the lights
She goes walking  through the shadows of my mind

Every single night  when I turn off the lights


Sorrise pensando a quanto fosse buffa mentre cercava di avanzare abbastanza silenziosamente affinché lui non la udisse: ogni passo che si posava con attenzione sulle foglie bagnate era come l’avanzare di una truppa in marcia; un rametto scansato con la punta delle dita equivaleva, per il suo udito di predatore, ad un albero che crollava al suolo.
“Muoviti Uccellino, non vorrai ammalarti prendendo tutta questa pioggia e poi lamentarti per farti accudire. Siediti qui con me, in questo punto l’acqua non passa”.
Un ansito soffocato fu la prima risposta di una terrorizzata Bonnie.
“Sei qui! Come hai fatto a sentirmi arrivare, io… ecco, ho detto una stupidaggine”.
Il vampiro si girò per osservarla, pronto ad assistere a qualche oltraggio al comune senso del gusto; invece fortunatamente la rossa indossava un semplice impermeabile blu, completo di stivali a riporto.
Trovava assurdo come di solito le sue amiche le consigliassero delle specie di costumi di Halloween da folletto, a meno che fosse solo invidia per il suo aspetto grazioso e delicato. Ma il momento dei complimenti era finito ancor prima di iniziare.

Neppure lei meritava un trattamento gentile, quella sera; avrebbe avuto una bella dose di freddezza e se non avesse resistito tanto peggio per lei, poteva sempre scappare via piangendo a farsi consolare dal suo lurido licantropo.
Più fosse stata dolce, maggiore sarebbe stato il sarcasmo tagliente con cui l’avrebbe ferita, provando piacere.
In fondo era morto per salvarla e questo nel suo ferreo codice di gentiluomo equivaleva ad un debito inestinguibile; non perché gli importasse di ricevere le sue attenzioni, la sua ammirazione, il nutrimento per il suo Ego feroce che era quel desiderio senza speranza col quale lo guardava, credendo che potesse non farglielo notare.
No, era solo una questione di principio; era una cosa sua, invece dal suo ritorno si era allontanata sempre di più, fino all’indifferenza.
Non gli serviva indossare un travestimento, come la Luna si vela di nuvole oscure mimetizzandosi nel cielo notturno, col rischio che si incrinasse svelando la parte vulnerabile di sé. Non doveva compiere alcuno sforzo per celare la sua natura nella sua interezza, visto che ormai era quasi sconosciuta anche a se stesso, tanto i sentimenti che aveva represso erano diventati estranei.

Tutti quelli che non era riuscito a espellere erano lì, fastidiose calcificazioni che occupavano abusivamente posto nel suo petto, anche più fasulli della Persona(1) che la sua maschera rappresentava.
Lui ci credeva e altrettanto faceva chi lo conosceva.
Damon il vampiro era così: crudele, glaciale, imprevedibile, interessato soltanto a ottenere quello che gli piaceva senza domandarsi cosa contasse per gli altri.
Lui non amava, gli serviva soltanto qualcuno da piegare ai suoi voleri; era ora che il suo debole fratello e quegli insulsi umani  si mettessero in testa che era stato solo per gioco che aveva esteso la sua generosità fino a loro.
Bonnie si sedette accanto a lui, senza dire una parola, sperando con tutte le sue forze che lui le stesse usando il riguardo di non leggerle nella mente.

It's just a girl I used to know a long long time ago
I did her wrong just one too many times
Now every single night  when I turn off the lights
She goes walking through the shadows of my mind

 

She goes walking through the shadows of my mind


“Puoi scordartelo, nessuno ha richiesto la tua compagnia; se vuoi restare lo farai secondo le mie regole, altrimenti sparisci adesso”.
La piccola strega spalancò gli occhi da bambina, cercando di leggergli nello sguardo per decifrare quello che la mancanza di emozioni nella voce aveva nascosto.
Un compito non facile, visto che in quel momento le iridi e le pupille formavano un’unica tenebra compatta; sicuramente la scintilla di intuizione che stava credendo di percepire era ingannatrice, eppure la vide tranquillizzarsi, prendendo posto esattamente dove indicato.
‘Hai ragione ad avercela con me. Mi sta bene se ascolterai i miei pensieri perché non c’è niente che vorrei nasconderti, né ti vorrei mentire… è solo imbarazzante’.
Damon guardava fisso verso l’orizzonte per non darle considerazione, ma sentiva che si era concentrata per facilitargli il compito, quindi gli sembrava assurdo fingere il contrario; piuttosto che ridicolo, avrebbe preferito essere morto, definitivamente.
‘É strano parlarti restando in silenzio, specialmente se non mi rispondi. Però così sarai sicuro che non ti dirò delle cose per adularti, ma perché le penso davvero’.

Il vampiro non la degnò della minima attenzione, come se fosse un piccolo, fragile uccellino che cantava una melodia da lontano, contrastando col suo cinguettio il rombo dei tuoni, illuminando il cielo grigio attraversandolo come una pennellata di fuoco.
Un essere insulso, irrilevante, bisognoso di protezione; di certo non la sua, un’altra volta.
‘Quando sei riuscito a tornare è stato come se fossi resuscitata anche io… ogni giorno piangevo insieme a Elena, eravamo disperate. Ma è da lei che hai scelto di farti vedere, era il suo richiamo che desideravi, lo capisco. Io non posso sperare di competere’.
La verità lo colpì profondamente, obbligandolo ad estraniarsi per smettere di ascoltare; quando tornò presente a se stesso, si accorse che la ragazza lo stava guardando speranzosa, aspettando evidentemente una parola da parte sua.

“Non sto ascoltando da qualche minuto, Pettirosso; di’ pure quello che vuoi, in fretta”.
Lei sorrise sentendosi chiamare col suo soprannome preferito, ma cercò di camuffare le palpitazioni accelerate dandosi un contegno decoroso.
“Ecco… posso fare una cosa?”
“Fai quello che credi, non hai bisogno del mio permesso, perché non mi importa”.
La strega si risollevò sulle ginocchia quel tanto che bastava a raggiungere il fondo della chiusura lampo del soprabito, slacciandolo e sfilandolo dalle braccia, poi con un tremore nelle mani che non tentò nemmeno di dissimulare, lo posò con un lembo sulla sua spalla destra e l’altro su quella sinistra del bruno.

Il tessuto era intiepidito dal suo corpo e impregnato di profumo ai frutti di bosco; Damon non avrebbe potuto equivocare quel messaggio neanche volendo, era un abbraccio quello che Bonnie aveva depositato con leggerezza su di lui, in una forma che sarebbe risultato difficile rifiutare.
Dopo un attimo di incertezza le passò un braccio intorno alla vita, stringendola a sé, sentendo il suo cuore frullare impazzito, volando a placare il suo male.
“Te l’ho detto, non prendere freddo, non voglio preoccuparmi per te”.
La risposta di Bonnie fu un bacio sull’angolo delle labbra.

I've been trying to forget but I haven't forgotten yet
Through the day I seem to make it fine
But when I lay down at night and finally close my eyes
She goes walking through the shadows of my mind


(1)
 “Tutto ciò che è profondo ama la maschera”: Plutone, il “profondo”, ama le maschere, come ama il mistero e le illusioni della notte. La parola “maschera” possiede lo stesso significato, sia in greco sia in latino, di “persona”, “carattere”. Mettere una maschera sul volto, etimologicamente e simbolicamente, significa assumere quella personalità, o, mostrarsi con quel carattere: tale azione è il simbolo di una profonda trasformazione.

  
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