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Autore: Koori_chan    18/05/2013    4 recensioni
[L’Ottobre del 1703 era uno dei più caldi che la gente di Londra ricordasse.
Per strada i bambini correvano scalzi schiamazzando senza ritegno, e sul mercato si vendeva ancora la frutta dell’estate; il sole, che già aveva incominciato la sua discesa verso l’orizzonte, illuminava i dock di un’atmosfera tranquilla, pacifica, quasi si fosse trattato di un sogno intrappolato sulla tela di un quadro.]
Quando un'amicizia sincera e più profonda dell'oceano porta due bambine a condividere un sogno, nulla può più fermare il destino che viene a plasmarsi per loro.
Eppure riuscirà Cristal Cooper, la figlia del fabbro, a tenere fede alla promessa fatta a Elizabeth Swann senza dover rinunciare all'amore?
Fino a dove è disposta a spingersi, a cosa è disposta a rinunciare?
Fino a che punto il giovane Tenente James Norrington obbedirà a quella legge che lui stesso rappresenta?
E in tutto ciò, che ruolo hanno Hector Barbossa e Jack Sparrow?
Beh, non vi resta che leggere per scoprirlo!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elizabeth Swann, Hector Barbossa, James Norrington, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti! Questa è la prima -e penso ultima- long fic che pubblico in questa sezione. Come in tutte le mie long, ahimé, il primo capitolo è un po' cortino, ma dal momento in cui ho dovuto introdurre un personaggio originale ho pensato che fosse meglio un approccio un po' più graduale...
Ebbene, questa storia risale al lontanissimo anno della mia Seconda Media, ergo ho dovuto lavare la mia protagonista nell'acqua santa sei volte prima di poter osare farle fare capolino nel mondo di EFP... x°
So che ci sono ancora pesanti residui di MarySueaggine, a partire dal nome, ma capitemi, questo è un personaggio che mi ha accompagnata durante la mia adolescenza e qualcosina ho dovuto mantenere. Vi prego quindi di ignorare questa piccola pecca e aiutarmi invece nel caso ci fossero errori madornali o tratti del pg eccessivamente... eccessivi...
Riportare una MarySue sulla retta via è molto più complicato di quanto pensassi...
Detto questo mi auguro che la fanfiction sia di vostro gradimento, buona lettura!




 








Thunderbolt~















Capitolo Primo~


L’Ottobre del 1703 era uno dei più caldi che la gente di Londra ricordasse.
Per strada i bambini correvano scalzi schiamazzando senza ritegno, e sul mercato si vendeva ancora la frutta dell’estate; il sole, che già aveva incominciato la sua discesa verso l’orizzonte, illuminava i dock di un’atmosfera tranquilla, pacifica, quasi si fosse trattato di un sogno intrappolato sulla tela di un quadro.
In una piazzetta nascosta al centro di un dedalo di stadicciole, in piedi sotto a un alberello striminzito e tuttavia verdissimo, se ne stava un uomo sulla quarantina. Indossava ricchi abiti di seta finemente ricamati e sul capo portava una grossa parrucca i cui boccoli castani gli ricadevano sul collo, facendolo sudare in maniera imbarazzante.
L’uomo estrasse un fazzoletto da una tasca e se lo tamponò sulla fronte, domandandosi per quale assurdo motivo avesse finito per assecondare i capricci di sua figlia anche quella volta.
Non che renderla felice lo infastidisse, ma spesso si chiedeva perché non avesse potuto avere una bambina come tutte le altre: tranquilla, posata, discreta…
Invece gli era capitato quel piccolo uragano, quella testa calda che, proprio come sua madre, una volta formulato un pensiero non riusciva a tenerlo fra i denti nemmeno sotto tortura.
Certo, avrebbe potuto semplicemente ignorarla e metterla a tacere con qualche stupida scusa, come facevano tutti gli altri genitori, ma si dava il caso che sua figlia fosse intelligente, una dote quanto mai pericolosa e difficile da gestire.
Aveva provato in ogni modo a dissuaderla da quella folle idea: le aveva proposto abiti, gioielli, esotici animaletti da compagnia, ma, nonostante avesse vacillato per un momento al sentir nominare il pappagallino parlante, la sua amata figliola aveva sostenuto imperterrita il suo bruciante desiderio di vedere la città.
E poi, si poteva sapere che cosa ci trovasse di così interessante in una manciata di vicoli sudici e pericolosi che puzzavano di pesce e di spezie?
Scosse il capo sospirando sconsolato, quando uno dei quattro uomini in divisa scarlatta della scorta lo avvicinò con lo sguardo puntato ai piedi.
- Lord Swann, Signore… - balbettò il giovane, lanciando qualche occhiata furtiva alle sue spalle in cerca del sostegno dei colleghi.
- Che c’è, figliolo? – domandò Swann, seccato.
- Io… non so come diverlo, Signore… - il ragazzo prese a tormentarsi le mani, il viso lentigginoso ora pallido come la morte, ora rosso come una fragola matura.
- Coraggio Howard, dimmi quello che devi dirmi e falla finita!  Intanto voi preparate la carrozza, è tardi. Torniamo a casa, Elizabeth! – esclamò il nobile guardandosi intorno alla ricerca della figlia.
- A proposito di questo, Signore… - sussurrò Howard, la voce ridotta ad un balbettio inconsulto.
- Miss Swann è scomparsa. -
 





Non c’era nessuno, a quell’ora del giorno,  nello stretto vicolo nei pressi del molo, nessuno se non quella singolare ragazzina il cui meraviglioso abito giallo tanto stonava con i muri sudici e polverosi dei palazzi.
Gli occhi castani saettavano curiosi da un lato all’altro della strada, seguendo  con attenzione il volo dei gabbiani sopra la sua testa. Le narici fremevano ad ogni odore nuovo, ancora confuse dagli acri profumi del mercato.
Elizabeth Swann era felice.
Per la prima volta nella sua vita, ossia esattamente nove lunghi anni, la bambina era riuscita a vedere Londra, la vera Londra. Per troppo tempo era rimasta tranquilla e paziente fra le mura della grande villa a sud della città, circondata da balie, servi e tutto ciò che potesse desiderare, eppure non aveva mai visto un mercato in vita sua, non aveva mai udito  i canti delle lavandare né osservato i giochi dei bambini.
Suo padre, Lord Weatherby Swann, l’aveva sempre trattata come una bambola di porcellana, impedendole di uscire dal perimetro sicuro del parco della villa.
Ripensò alla sua piccola fuga: se suo padre si fosse accorto della sua assenza sarebbe certamente andato su tutte le furie. Il pensiero la fece sorridere, mentre un fremito di eccitazione le correva su per la schiena.
Camminò ancora senza badare troppo  alla strada percorsa, per rendersi conto solo ai cinque precisi rintocchi di campana di quanto tempo fosse passato da quando si era allontanata dalla pace della piazzetta.
Gettò una rapida occhiata alle sue spalle, e qualcosa iniziò ad attorcigliarsi sgradevolmente in fondo al suo stomaco: si era persa.
Da dove era arrivata? Aveva preso la strada di destra o di sinistra? Quella fontana c’era anche prima? Forse avrebbe fatto bene a raggiungere le sponde del Tamigi e fare la strada a ritroso seguendo gli argini… Oppure sarebbe stato più saggio rimanere lì dov’era, sperando che prima o poi suo padre o qualcuno della scorta la trovassero…
Stava per farsi sopraffare dallo sconforto e mettersi a piangere quando una vocetta cristallina risuonò sul lastricato asciutto e polveroso.
 
Quindici uomini, quindici uomini
Sulla cassa del morto
Yo-oh-oh
Yo-oh-oh
E una bottiglia di rum
 
Elizabeth si voltò nuovamente in direzione della voce: da una stradina laterale era comparsa una ragazzina esile e pallida che recava con sé un grosso canestro di vimini.
La sconosciuta si accorse di lei e la fissò con impertinenza e malcelata curiosità.
Elizabeth vacillò, impreparata alla forza di quegli occhi grigi come il mare in tempesta.
- E tu chi sei? – domandò quella a bruciapelo, avvicinandosi senza troppi complimenti.
Elizabeth fece un passo indietro, spaventata.  A dire il vero non era abituata a sentirsi dare del tu, nemmeno se si trattava di qualcuno della sua stessa età, e per di più non riusciva a capire come una bambina all’apparenza tanto indifesa potesse andarsene in giro così tranquilla  per i vicoli di Londra.
E quella canzone, poi… Come poteva una fanciulla cantare con tanta spensieratezza di morti e di rum?
- Il mio nome è Elizabeth Swann, e voi siete? – domandò con un piccolo inchino. Era così che le avevano insegnato a fare, mostrarsi superiore, perfetta, sempre.
Silenzio.
L’altra bambina non rispose, limitandosi a squadrarla da capo a piedi per una manciata di secondi. Si avvicinò ancora e fece un piccolo inchino a sua volta.
- Cristal Cooper, molto onorata! – e poi scoppiò a ridere.
- Cosa ci fa una come te in un posto come questo? Credevo che voi ricchi non scendeste mai in città… - continuò curvando le labbra verso l’alto.
- E’ il mio regalo di compleanno. Mio padre mi ha regalato una visita di Londra, adesso che ho nove anni. – spiegò, sentendosi molto importante.
- Che nome è “Cristal”? – non riuscì a impedirsi di chiedere.
La popolana strabuzzò gli occhi, che regalo era mai una visita di Londra? Cosa c’era di così speciale nella città da volerla tanto visitare? E poi cos’era quella storia del regalo di compleanno?
L’ultima domanda di quella bizzarra sconosciuta, poi, le fece arcuare ancor di più le sopracciglia sottili.
- Il mio! Mamma dice che è un nome francese… -
- Sei francese? – chiese ancora Elizabeth, terribilmente curiosa.
La ragazzina scosse il capo, facendo roteare le treccine bionde come due piccole fruste.
- Papà è scozzese, Mamma è di Londra. Io sono nata qui! – spiegò, raspando nel canestro e offrendole una mela.
- Guarda che non è mica avvelenata, eh! – la incalzò poi nel notare che non accennava a prenderla.
Elizabeth afferrò titubante il frutto, si guardò attorno circospetta e vi affondò i denti.
Ci fu qualche momento di silenzio durante il quale le due bambine si squadrarono attentamente, tutte concentrate nel tentativo di carpire qualche informazione l’una sull’altra.
- Ma sei venuta qui da sola? – domandò improvvisamente la biondina, facendo sobbalzare Elizabeth.
Questa arrossì violentemente rivolgendo lo sguardo alla viuzza alle proprie spalle.
- No, sono qui con mio padre e la scorta, ma sono scappata e mi sono persa… - confessò.
Cristal addentò a sua volta una mela e masticò rumorosamente, riservandole uno sguardo ammirato.
- Se ci provassi io a scappare di casa Mamma mi ammazzerebbe… - commentò con un mezzo ghigno.
La giovane Swann sospirò mesta, probabilmente se mai fosse riuscita a tornare a casa le sarebbe spettata la stessa sorte… Se solo fosse rimasta con suo padre e avesse saputo accontentarsi!
L’altra bambina le batté una pacca comprensiva sulla spalla, gesto che la destabilizzò alquanto, per poi prenderla per mano.
- Coraggio, andiamo a cercare tuo padre! Riesci a descrivermi l’ultimo posto in cui l’hai visto? –
Svariati anni dopo, Elizabeth Swann non sarebbe stata in grado di dire cosa le avesse permesso di fidarsi a tal punto di quella curiosa figuretta. Forse erano i suoi modi, così diversi dalla rigida etichetta a cui era abituata, forse erano i suoi occhi, più sinceri dell’orizzonte, o forse era semplicemente il fatto che entrambe, ormai, sapevano di essere diventate amiche.
Anche Lord Swann, ritrovando sua figlia accompagnata da una bambina che sembrava poco o per nulla intimidita dalla parrucca o dalla carrozza, era rimasto spiazzato.
Quando si era azzardato a chiederle, gli occhi ancora sgranati, chi diamine fosse, la bambina si era limitata a rispondere “la figlia del fabbro”, come se l’umile mestiere di suo padre non l’avesse affatto messa in imbarazzo al cospetto di un Lord.
- Forse avrete sentito parlare della mia famiglia materna, Signore. Mia madre, Marion, è figlia di Joseph Hawke, quello dei tessuti… - aveva spiegato  con un sorriso indulgente, pronta a vedere i muscoli del viso dell’uomo rilassarsi e gli occhi brillare di una nuova luce.
Al sentir nominare gli Hawke, infatti, Weatherby Swann si sentì in qualche modo sollevato.
Tutti a Londra conoscevano la tragica storia dei mercanti di tessuti più famosi della Gran Bretagna colpiti dalla malasorte e lentamente caduti in rovina dopo il Grande Incendio del 1666. Non sapeva molto della figlia di Joseph Hawke II, se non che dopo la morte prematura del padre era andata a vivere presso dei lontani parenti in Francia, senza amministrare adeguatamente i beni di famiglia che si erano notevolmente ridotti nell’arco di trent’anni.
Eppure in città tutti parlavano bene di Marion Hawke, la giovane colta e benestante che per amore di un fabbro aveva rinunciato a un matrimonio più vantaggioso e al lusso che la sua classe sociale le avrebbe concesso.
Dopotutto lo stesso Jim Cooper, a discapito delle umili origini, pareva essere un uomo dabbene e dai modi squisiti, proprio come la moglie…
Swann si passò nuovamete il fazzoletto sul viso, benedicendo la bambina di avergli riportato quell’incosciente di Elizabeth sana e salva; prima o poi avrebbe fatto bene a passare dalla proprietà di Marion Hawke e suo marito per ringraziare.
La carrozza partì un paio di minuti dopo, scomparendo in lontananza infondo alla più grande delle stradine che si dipanavano dalla piazza.
Il sole ormai al tramonto tingeva di rosso e di rosa i tetti delle case e Cristal, rimasta sola, riprese a canticchiare il suo inquietante motivetto trotterellando allegramente verso casa.
Chissà cos’avrebbe detto la mamma dopo averle raccontato di Elizabeth e Lord Swann?
Magari, tutta presa dalla notizia, non si sarebbe nemmeno accorta che dal cesto mancavano due mele…
 









Note


Eccoci qui! Grazie a tutti coloro che sono giunti fino alla fine della mia storia!
Onestamente non sono soddisfattissima di questo capitolo, ma come introduzione non avrei potuto davvero aggiungere altro.
Per quanto riguarda la data, lo so, ho palesemente ignorato le informazoni che si trovano su Wikipedia, ma diciamo che è per via di esigenze di copione... xD
La canzone che canta Cristal è tratta dal meraviglioso "L'Isola del Tesoro" di R.L. Stevenson, una lettura obbligata per chiunque ami pirati e affini.
Elizabeth e Cristal sono due persone agli antipodi: una proviene dalla nobiltà inglese, è sempre cresciuta nel lusso ed è estremamente viziata, nonostante il suo buon cuore; l'altra viene da un contesto sociale particolare, che la vede benestante, ma abituata all'umiltà.
Eppure queste due ragazzine tanto diverse hanno sentito immediatamente di essere destinate ad una grande amicizia, un'amicizia che nel corso delle loro vite le porterà a compiere scelte difficili e non sempre giuste, scelte che coinvolgeranno, loro malgrado, tutti coloro che le circondano.
Spero che questo piccolo capitolo introduttivo vi abbia intrigato almeno un po', aspetto i vostri pareri!
Big Kisses,
Koori-chan

  
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