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Autore: Acquamarine_    19/05/2013    3 recensioni
«Questo è un pazzo, pazzo mondo, lettori miei: un mondo bislacco in cui vivere. Ci sconvolge di tanto in tanto, ma non possiamo far altro che abituarci: nel momento in cui egli decide che la nostra vita dovrà prendere un determinato corso, ebbene, ciò dovrà irrimediabilmente accadere. Potremo opporci ad esso in ogni modo possibile, ma ciò che la natura ha creato per stare insieme, l'uomo non può dividerlo. E, sarete stupiti sentendomi dire questo, neanche una donna può.»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Josephine March , Theodore Laurence
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Angolo Autrice: questa, più che una vera e propria storia, è la messa su carta delle mie fantasie recondite. Mi sono sempre chiesta: ma diavolo, è impossibile che Teddy non sia corso dietro alla carrozza di Jo, no? Soprassediamo sul fatto che sia assurda la totale vicenda: Jo che rifiuta Teddy una prima volta ancora ancora ci sta, ma una seconda volta? E lui che si arrende, va in Europa e si innamora di Amy? In quale mondo Amy e Teddy devono stare insieme? Con tutto il rispetto per i fan di questa coppia, ma... no. Per me Piccole Donne è formato per l'80% dalle mie fantasie, ormai – che no, non si fermano qui xD Mi scuso per eventuali incongruenze o inesattezze: sono anni che non rileggo i due libri e di certo qualcosa mi sarà sfuggito. Ultima nota: sono totalmente negata nel genere Romantico. Questa storia è di una piattezza e di una sdolcinatezza unici perché è la trasposizione dei miei film mentali. Scusatemi.

p.s. Avverimento OOC perché Jo non è totalmente lei, ne sono consapevole! :)

 

*

 

 

Il paesaggio scorreva dinanzi agli occhi grigi di Jo, velocemente. Il suo sguardo attento saettava sulle vette smeraldine, gli alberi e le ridenti colline che sembravano prendersi gioco di lei. Aveva creduto che tutto sarebbe stato più facile, rifiutando Laurie; non erano fatti per stare insieme, di questo era più che sicura. Troppo testardi, troppo... simili. Sarebbero finiti per distruggersi a vicenda.
Eppure, se era la cosa giusta da fare, perché le pesava così tanto? Perché il suo cuore sembrava coperto da un enorme macigno? Perché i suoi pensieri non riuscivano a distogliersi da lui?
Non aveva mai pensato al suo Teddy come a qualcosa di diverso da un fratello. Negli ultimi tempi, però, si era ritrovata spesso a cercare i suoi occhi, un minimo contatto fisico che le permettesse di provare ancora quel meraviglioso e tremendo brivido. Si sentiva in colpa, ogni volta, dandosi della stolta. “Cristoforo Colombo!” si ritrovava a pensare, “ma cosa diavolo ti sta succedendo, Jo March?”
Aveva il terrore di rispondere a quel quesito, poiché, inconsciamente, conosceva già la risposta. «Hai perso la testa, Jo March, ecco cosa ti succede» pronunciò al nulla, sbuffando sonoramente. Il libro che aveva tentato di leggere era poggiato sulle sue ginocchia, ancora aperto. Le parole le danzavano dinanzi agli occhi senza che il pensiero di Teddy, sparendo, le permettesse di comprendere alcunché. Le pareva persino di riuscire a sentire la sua voce che la chiamava.
Si schiaffeggiò sonoramente, ringhiando. «Basta, Jo!» disse a se stessa, cercando di autoconvincersi. «Hai fatto la cosa giusta. Non sei innamorata di lui. È Teddy, Cristoforo Colombo!»
La voce di Laurie non era d'accordo, evidentemente, perché continuava, imperterrita, a gridare il suo nome. D'un tratto, Jo sentì la carrozza frenare e il cocchiere affacciarsi.
«Signorina, mi sa che il giovine sta inseguendo lei. Vuole che riprenda la corsa o debbo fermarmi?»
Jo strabuzzò gli occhi, guardandolo come se avesse parlato in una qualche lingua sconosciuta. «Quale giovine, buon uomo?»
«Ma come, non lo sente? Con tutto il baccano che sta facendo desterà mezza città. Ci sta inseguendo da molto tempo, ormai. Credo che se correrà per un'altra yarda stramazzerà al suolo, sfinito. Cosa faccio?»
«Si... si fermi pure. Mi scusi, signore. Mi scusi».
Jo uscì dalla carrozza velocemente, e nel momento in cui guardò Laurie lui si bloccò nel centro della strada, col fiatone. Si guardarono per qualche secondo, poi Teddy cominciò ad avvicinarsi, lentamente. Se Jo si fosse fermata ad ascoltare, avrebbe potuto udire il cuore di lui battergli furiosamente nel petto, e non solo per lo sforzo; peccato che fosse occupata a gelarlo con lo sguardo.
«Ti sembra il modo? Dico, ti sembra il modo?»
«Assolutamente» rispose lui, con un sorriso bieco. «Finalmente ti sei decisa. Volevi forse uccidermi, Jo?»
«Non sarebbe male, come idea» rispose lei, «risolverei gran parte dei miei problemi così, non credi».
«Oh,» ribatté lui, «io non credo: io ne sono certo. Sarebbe molto più semplice, per te, non conoscermi».
«Non è questo, Teddy, non è mai stato questo il problema. Il problema è quello che hai detto, quello che hai fatto. Tu non capisci...»
«No, Jo, non capisco davvero» rispose Theodore, ormai lontano un palmo di naso da lei, allungando la mano. «Non capisco perché tu non voglia arrenderti ai tuoi sentimenti, perché tu non voglia capire in cosa mi hai trasformato. Io ero niente, Jo, e tu mi hai aiutato. Ci sei sempre stata per me, sei parte di me e lo sarai sempre. Non come una madre, non come una sorella: se l'altra metà del mio cuore. Sei tu che non riesci a capire».
«Io capisco benissimo, Teddy, invece! Io ti voglio bene, te ne ho sempre voluto e te ne vorrò per il resto dei miei giorni... ma non voglio passare la mia vita con te come marito e moglie. Non ho bisogno di un uomo per sopravvivere, e non ho bisogno di te. Tu sei mio fratello, Teddy, sarebbe innaturale, sbagliato...»
«Tutto questo è innaturale: la tua totale avversione per ogni sentimento. Non puoi chiuderti sempre tutto dentro, Jo, non puoi. Non puoi controllare tutto, non puoi tenere tutto sotto il tuo potere. La vita è questa, è fatta di dubbi, paure, sensi di colpa... ma li supereremo insieme, come abbiamo sempre fatto. Non è vero che mi consideri un fratello, Jo, non è vero. Non mi guardi mai negli occhi quando me lo dici. E io non ti amo come una sorella, no. Dammi la mano, Jo, per un attimo, un attimo solo».
Jo si ritrasse al tocco delle gelide mani del giovane e dopo qualche secondo di resistenza, finalmente, cedette. Teddy si portò la mano di Jo sul petto, a sinistra, proprio sul cuore; quel suo cuore che galoppava nel petto, impazzito, ogni volta che la vedeva.
«È... tu hai corso, Teddy, hai corso a lungo. È normale, oserei dire».
«Sì, corro da tanto. Ti corro dietro da quanto mi ricordi. Tu non ti accorgi mai di niente. Sei la mia scontrosa svampita ragazza. Ti amo, Jo, ti amo».
Jo sorrise tristemente. «Tu credi di amarmi, Teddy, ma non è così. Tu devi costruire la tua vita e io la mia. Sai con chi ti ho sempre ben visto? Mia sorella Amy. Tu hai bisogno di una come lei, te l'ho già detto. Elegante, bella, precisa, raffinata. Io ho bisogno di andare per la mia strada. Io non voglio sposarmi».
«E non ci sposeremo, Jo, va bene? Vivremo insieme e non ci sposeremo. Permettimi di amarti, ti prego. Amami, Jo, lo puoi fare. Non devi dimostrare niente a nessuno».
Jo lanciò uno sguardo al cocchiere, che tamburellava con le dita sul sedile di legno, fissandoli. Non poteva di certo udire i loro sussurri da lì, e questo la rassicurò un po'. L'uomo sbuffò e Jo lasciò la mano di Laurie.
«Io devo andare, Teddy... io... devo andare» disse, voltandogli le spalle e correndo verso la carrozza.
Si mise a sedere, urlando al cocchiere di partire e scusandosi ancora. Si morse le labbra, riprendendo il libro fra le mani, con le lettere che le danzavano dinanzi agli occhi i quali si coprivano d'improvviso di un velo sottile, che lei s'impegnò presto ad eliminare. La lacrima solitaria scivolò sul suo volto, sul suo collo, diretta verso il cuore. La voce di Teddy le giunse alle orecchie violente, appassionata: «Ti aspetterò, Jo, lo sai. Ti aspetterò».
"Tu non lo ami, Jo. È come un fratello. Tu non lo ami, e non lo farai... né ora, né mai”.

*   *

Jo intinse ancora una volta la penna nell'inchiostro, stando ben attenta a non macchiare il foglio. Tracciò lentamente e con precisione la parola “Fine” sull'ultima pagina del manoscritto e suggellò con un punto il termine del lavoro. Sospirò, soddisfatta di se stessa, infine sorrise. Stringeva fra le mani il suo primo romanzo e non poteva ancora crederci. L'editore aveva realmente detto che sarebbe riuscita a pubblicare qualcosa di suo! Erano passati anni, ormai, da quando era una giovane alle prese con i primi articoli: ne aveva scritti tanti, da allora. Un po' meno erano giunti al grande pubblico, ma poco importava. Ora le persone avrebbero stretto fra le mani un libro scritto da Josephine March, con una vera copertina, un vero titolo, una vera suddivisione in capitoli.
«Hai finito, Jo?» La carezza le giunse inaspettata. Non si scambiavano spesso effusioni, a dire il vero.
«Già. Ora devo spedire l'epilogo e i ringraziamenti, devo andare in paese ed inviarlo all'editore... e poi aspettare».
«Ma ormai siamo certi che ti aiuterà a pubblicare, no? Non devi avere paura... ce l'hai fatta, Jo. Ce l'hai fatta ed è tutto merito tuo».
«Già, tu non c'entri assolutamente niente, no? Il manoscritto è finito per caso sulla scrivania dell'editore».
«Se sei arrivata dove sei è solo merito tuo. Il manoscritto è tuo, il talento anche: io non ho fatto altro che aiutarti in quella noiosissima parte burocratica. Guardami: noiosissima».
«Dopo tutti questi anni riesci ancora a sorprendermi nella tua assoluta faccia da cucciolo innocente, Teddy. Dovrei essermici abituata, ormai».
«Le donne non si abituano mai ai Laurence, ma chérie».
«Sì, certo certo» rispose Jo, sbuffando. Soffiò leggermente sul foglio e si assicurò che l'inchiostro fosse assolutamente asciutto. Chiuse i fogli, li sigillò in una busta e sospirò.
«Se non gli piacciono salta tutto».
«Se non gli piacciono salta tutto» le fece il verso Laurie, alzando gli occhi al cielo. «Se non gli fosse piaciuto, lo avrebbe detto tempo fa, Jo. Non è l'altro editore, questo, quel signore assurdo. È una persona per bene».
Jo si rigirò la busta fra le mani, prima di apporre l'indirizzo. «Lo spero bene» si limitò a dire, mentre con la penna aggiungeva il nome dell'editore e la via del suo ufficio.
«Vieni,» le disse Teddy. «ti accompagno io in paese, prima che tu impazzisca. Andiamo».
Le tese la mano e la guardò dritto negli occhi, quei meravigliosi occhi grigi in cui riusciva a scorgere un mondo ogni volta. Jo gli sorrise, afferrandogli la mano.
«Cristoforo Colombo!» urlò. «Non ci posso davvero credere! Sembra assurdo!»
«Be', la vita è assurda, no? L'hai scritto anche tu: “Questo è un pazzo, pazzo mondo, lettori miei: un mondo bislacco in cui vivere. Ci sconvolge di tanto in tanto, ma non possiamo far altro che abituarci: nel momento in cui egli decide che la nostra vita dovrà prendere un determinato corso, ebbene, ciò dovrà irrimediabilmente accadere. Potremo opporci ad esso in ogni modo possibile, ma ciò che la natura ha creato per stare insieme, l'uomo non può dividerlo. E, sarete stupiti sentendomi dire questo, neanche una donna può”».

   
 
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