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Autore: Venere Williams    19/05/2013    6 recensioni
Akito restò rigido sulla sedia e il rumore dei nostri cuori si fece udibile anche al resto delle persone.
«Chiedimelo, allora e chiudiamo questa ridicola storia»
Mi inumidii le labbra con la lingua, e cercai di raggruppare più autocontrollo possibile. «Akito, tu provi qualcosa per m..»
«Si»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith, Un po' tutti | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fuka osservò impotente l'uomo seduto sulla panchina, che si stava fumando in beatitudine una sigaretta, poi andò a sfiorare il pancione con il palmo della mano destra aperta. Ripetè il gesto tre volte, prima di parlare.
«Sono una madre tremenda»
Sospirai e ridacchiai, beandomi il cielo limpido di quella strana giornata di Marzo. «No che non lo sei, Fuka»
La mia migliore amica strinse le labbra e poi si fermò al centro del parco. Aveva il colorito pallido e i capelli neri appiccicati intorno al viso, impregnato di sudore freddo.
«Sana, sto desiderando di fumare una sigaretta a qualunque costo! E a volte penso che non resisterò anche dopo il parto e l'allattamento, penso che ho bisogno assolutamente di una sigaretta. E mi pento di essere rimasta incinta, perchè voglio bere il vino quando vado al ristorante, perchè sono ingrassata 14 kg e nella migliore delle ipotesi sembro un ippopotamo Africano. E poi quando mi rendo conto delle atrocità che ho appena pensato mi vengono i sensi di colpa, e capisco che non ce la farò mai a crescere questo bambino. Dovrei darlo in adozione»
Cominciò a farneticare e la aiutai a sedersi su una panchina poco distante da noi, asciugandole qualche lacrima con dolcezza. «Fuka, è normale avere dei ripensamenti nel tuo caso, ma questo non vuol dire che devi dare tuo figlio in adozione o che sarai una cattiva madre! Sarai una mamma fantastica e piena di premure, riuscirai a capire il tuo bambino e lo amerai alla follia. Ne sono certa.»
Il suo viso assunse un'espressione più serena e consapevole, quasi come se stesse aspettando quelle parole da parte mia da parecchio tempo, ma mantenne comunque il colorito pallido.
 «Il fatto che sono una mamma single mi permette di scegliere il nome che più mi piace. Nessuno mi romperà per chiamarlo con qualche nome tradizionale, potrò decidere tutto da sola»
Mi chiesi se tutte le donne incinte avessero quegli sbalzi d'umore. «Quali sono i finalisti, allora?»
Il parco quel pomeriggio era insolitamente pieno, famiglie che facevano dei pick-nic, ragazzi che studiavano sotto le querce, bambini che raccoglievano le foglie. Sembrava che quella giornata di sole avesse riacceso la vita della popolazione di Tokyo. Qualche ragazza ci fissò curiosa, perchè io e la mia amica eravamo le uniche distese interamente al sole, le uniche che non si coprivano ma al contrario lo cercavano.
«Alla facoltà d'Arte ho incontrato un ragazzo italiano che si chiamava Lorenzo, mi piace tanto quel nome. Oppure Sebastian... però il mio preferito è Aaron, tu che dici?»
Finsi di pensarci su. Sapevo che alla fine Fuka avrebbe dato un nome tradizionale a suo figlio, perchè infondo non voleva dare un dispiacere più grande alla sua famiglia e non voleva creare un bambino così diverso.
«Aaron mi piace. Ho incontrato parecchi Aaron negli States»
Quando si voltò a guardarmi percepii qualcosa che non avevo ancora notato, era stranamente dispiaciuta. «Sana, da quant'è che non senti Hayama?»
Quella domanda mi scosse e drizzai le spalle. Non ho bisogno di sentire costantemente Akito per sapere che sta bene, le avrei voluto rispondere. Ma evitai, perchè avrebbe capito in qualunque caso la bugia.
«Non lo riesco a rintracciare da un po'. E' diventato parecchio schivo negli ultimi tempi»
«Uhm» mormorò.
Akito non era mai cambiato nel corso del tempo, sempre il solito musone silenzioso, ma da qualche mese a questa parte era persino peggiorato e non rispondeva più alle mie chiamate nemmeno per sbaglio.
«Tsu ti ha detto per caso qualcosa?»
La mia migliore amica si alzò in piedi e poggiò entrambe le mani dietro la schiena, girandosi di botto e facendo quasi scontrare il suo mega-pancione contro la mia faccia.
«Andiamo a casa ti faccio un caffè, e poi resto a guardare in sofferenza mentre te lo bevi»

Mi era sempre piaciuto l'appartamento minuscolo di Fuka, con quelle pareti verde mela e l'orologio a forma di barchetta che era rotto da almeno un paio di anni.
«Dannazione! Ho dimenticato di comprare lo zucchero»
Mi guardò con uno sguardo implorante di scuse e le sorrisi, inconsciamente. «Lo comprerò io domani» promisi.
Erano le ultime settimane di gravidanza e mi ero trasferita a casa sua per aiutarla e controllarla dato che non aveva una figura maschile al suo fianco e la sua famiglia era praticamente sparita.
Bevvi il mio caffè amaro in silenzio, osservandola di sottecchi.
«So che sei curiosa, Sana. Per rispondere alla tua domanda di prima, no, Tsuyoshi non sa niente perchè Akito non gli ha detto nulla»
Non aveva di certo il tono di una che non sapeva niente.
«Ma, diciamo che ha dedotto da alcuni comportamenti, i pensieri di Akito.»
Risi divertita. «Sai anche tu quanto Akito sia restio dal far intendere i suoi pensieri agli altri, soprattutto se sono pensieri off-limits»
Mi diede ragione con un cenno del capo. «Ma gli avvenimenti che sono successi e che stanno succedendo non possono di certo essere ignorati»
«Insomma di che parli?!» sbottai irritata.
Fuka sorrise, mostrandomi la sua fila di denti bianchi e lasciando trasparire quanto fosse soddisfatta della situazione. «Insomma ti faccio un riepilogo. Aya e Tsu hanno compiuto 3 anni di matrimonio l'altro mese e hanno già una bambina di un anno, Gomi e Hisae si sposeranno il 27 Maggio e io sto per partorire un figlio...»
Restai in attesa di una conclusione, qualcosa non solo di più ovvio, ma anche di sensato.
L'espressione della mora divenne impaziente ed esasperata, con un tonfo sbatacchiò le mani sul tavolo. «Andiamo Sana, sei proprio tarda! Non capisci? Tutti noi abbiamo seguito il nostro destino o trovato la nostra anima gemella» disse facendo una smorfia digustata, un secondo dopo. «Solo voi due non avete ancora deciso cosa fare delle vostre vite»
Decisi che mi sarei offesa e che mi sarei fatta valere per l'ingiustizia delle sue parole.
«Fuka ma cosa dici! Io sto lavorando come una matta, sono salita di livello nella palestra che frequento, ho addirittura finito di leggere un libro sullo spionaggio da 376 pagine! E Akito, bhè anche Akito ha la sua vita. L'ospedale, è diventato insegnante di Karate per bambini, ha il suo nipotino...» elencai contando sulle dita della mano. Avevo delle motivazioni piuttosto convincenti, mi dissi.
Fuka annuì apprensiva. «Cielo, mi ero dimenticata che anche Natsumi era diventata mamma. Sana ti rendi conto di quanto sei cretina? Non parlavo delle vostre vite in generale, delle qualificazioni a lavoro, o degli hobby. Parlavo di voi due, insieme.»
Mi lasciò qualche secondo per elaborare e quando veramente capii, le guance mi presero fuoco. «Ma che diavolo dici! Fuka ti sei definitivamente impazzita? O forse sono gli ormoni che ti fanno formulare certe cose? Io e Hayama siamo...siamo amici, da sempre. E ormai non concepisco più questa vostra fissazione di voler farci...»
Interruppi il mio monologo e mi accigliai. «Fuka, ti senti bene?»
Fu quando guardai in basso che capii che c'era qualcosa che non andava. Perchè quell'acqua sul pavimento che si trovava esattamente sotto i piedi della mia amica, non poteva che significare che una cosa.


Avevo sempre odiato gli ospedali. Mi trasmettevano tristezza e ansia, tanta, troppa ansia. Tsuyoshi e Aya era tranquilli seduti rispettivamente alla mia destra e alla mia sinistra.
«Sarei dovuta entrare con lei»
«No, Sana. C'è sua madre, sta un po' tranquilla» mi rispose serenamente l'uomo alla mia destra.
«Ma la madre ha quella faccia cattiva! Se io stessi per partorire e vedessi il suo viso, mi verrebbe da ritirare dentro il bambino!»
Aya alzò gli occhi al cielo, poi guardò l'orologio al polso, tirò fuori il telefono e compose un numero. «Mamma? Sì, è l'ora di farla dormire. Non mi interessa! Mettila immediatamente a letto e non ne parliamo più»
Rimuginai in silenzio sul modo ferreo con cui Aya compieva le sue azioni, forse, semplicemente ogni donna che diventava madre si trasformava in un generale nazista.
«Siete tutti così impegnati, dovrei fare un figlio anche io» mi ritrovai a dire. Quando mi resi conto di cosa avevo pensato arrossii violentemente.
Tsuyoshi si voltò verso di me, con un lieve sorriso ironico. «Hai gia deciso chi sarà il padre?»
«Amore» lo richiamò Aya, piuttosto divertita.
Quando aprii la bocca per rispondere fui interrotta da Gomi, Hisae e Akito che entrarono trafelati nella stanza. La prima cosa che notai fu quanto Akito fosse diventato bello.
Poi arrossii ancora e abbassai lo sguardo.
«Ciao ragazzi, da quanto è dentro? Abbiamo avuto difficoltà a trovare il reparto e alla fine abbiamo incontrato Akito che stava timbrando il cartellino, non sapeva nulla infatti se ne stava andando a casa»
Sentii cinque paia di occhi fissi su di me, nonostante non avessi distolto lo sguardo dal pavimento.
«Sana, ti avevo chiesto di avvertire tutti»
Mi pentii di aver commesso quello stupido gesto infantile. Come avevo anche potuto pensare che sarebbe passato inosservato?
«Kurata,per caso non mi volevi chiamare?» la voce di Akito mi fece sussultare e lo guardai più in fretta di quanto avrei voluto. Purtroppo l'inquietudine peggiorò. Quello stupido discorso di Fuka mi aveva proprio sconvolta, perchè diavolo non le si erano rotte le acque mezz'ora prima?
«Sai com'è, nelle ultime settimane non mi hai mai risposto. Ho pensato avessi proprio un problema con il mio numero di telefono»
Colpito e affondato.
Akito si guardò intorno, irritato. Alzò un sopracciglio minaccioso in aria e capii che, insultandolo in pubblico, avevo fatto scattare una guerra fatta solo di silenzi ed espressioni ostili.
Si accomodò vicino a Gomi e restammo in silenzio per parecchi minuti, ognuno perso nei propri pensieri. Perchè d'un tratto mi era difficile concentrarmi e l'aria era diventata invivibile?
Sentii le scarpe di Akito battere ritmicamente sul pavimento e capii che anche lui stava provando il mio stesso stato d'animo.
«Akito! Sana! Santo cielo calmatevi!» urlò Hisae.
«Perchè non andate a prendervi una camomilla? Vi vedo particolarmente tesi» propose gentilmente Aya.
Restai in silenzio, aspettando che la voce dura di Akito li sbeffeggiasse declinando la loro richiesta. «Kurata andiamo»
Sana Kurata non provava mai paura. Mai. Non l'aveva mai provata. Nemmeno quando aveva scoperto di essere figlia di una violenza, quando la sua mamma le aveva detto che non l'aveva partorita, nemmeno quando uno stupido bullo biondo l'aveva afferrata per il collo riuscendo quasi a soffocarla.
Al contrario, mi resi conto, che provai paura quando vidi la mano di Akito tesa gentilmente verso di me. E tremai quando incontrai il suo sguardo ambrato, impenetrabile, ma che mi aveva sempre fatta sentire a casa. Ed ebbi paura perchè capii che mi era mancato come non mai e che avevo innegabilmente bisogno di lui nella mia vita.
Accettai la sua mano e ci allontanammo dal reparto maternità.
«Perchè non mi hai mai risposto in queste settimane?»
La reazione di Akito fu impassibile, continuò a camminare ignorando gli sguardi insistenti di alcune infermiere di turno. Fu solo quando varcammo la porta del bar dell'ospedale che aprì la bocca per rispondere.
«Sei tarda, Sana Kurata»


Soffiai sulla schiuma del cappuccino, italiano al 100% citava la pubblicità ma avevo forti dubbi sulla verità del prodotto, poi spostai lo sguardo su una coppia di signori anzianotti vicino a noi.
Continuai a gironzolare con lo sguardo finchè l'educazione mi impose di prestare attenzione all'uomo che avevo davanti e che mi stava innegabilmente fissando da parecchi minuti.
«Che hai da guardare, Hayama?»
«Tu l'hai capito, non è vero?» domandò, curvando un piccolissimo angolino della bocca all'insù. Ma durò troppo velocemente, per essere percepito in pieno. «O se non l'hai capito, te l'hanno detto. Sei troppo tesa»
«Di che parli? Sono tesa perchè la mia migliore amica sta dando alla luce suo figlio, in questo momento!»
Akito continuò a fissarmi, indeciso se lasciar correre, deridermi fino alla fine delle sue forze o affrontare quel discorso che ci portavamo avanti da una vita, ormai.
Sospirò e mi preparai all'inevitabile.
«Per quanto ancora dovremo continuare a fare finta di niente Sana?»
Aprii la bocca per controbattere, per negare con tutta me stessa, ma poi la richiusi. Vidi che stringeva forte le mani intorno al suo bicchiere, vidi che le labbra erano strette e gli occhi stanchi. Lui ci stava provando, almeno.
«E' vero, Fuka mi ha accennato una mezza cosa. Ma io non so cosa credere»
Akito restò rigido sulla sedia e il rumore dei nostri cuori si fece udibile anche al resto delle persone.
«Chiedimelo, allora e chiudiamo questa ridicola storia»
Mi inumidii le labbra con la lingua, e cercai di raggruppare più autocontrollo possibile. «Akito, tu provi quacosa per m..»
«Si»





Avevo visto Tsuyoshi emozionato da far paura al suo matrimonio, quando con la mano tremante aveva infilato la fede d'oro giallo al dito di Aya. Ma quella che vidi nei suoi occhi, e anche in quelli di tutti i presenti, fu vera e propria trepidazione.

Akito strinse di più la mia mano nella sua e tutto il corridoio esplose in un boato di gioia.
Alla fine, contro ogni previsione, ce l'avevamo fatta anche noi.

 

 

 

 

 

 

 

 

***

Bhè, che dire, entro continuamente in questa sezione per spulciare le "nuove uscite", ma sinceramente non avrei contato di pubblicare qualcosa, dopo così tanto tempo.

E invece, dato che è Sabato sera e sto a casa a scrivere (mi sembra normale, no?), ecco quì una nuova One-shot.

Boh, vabbè, non merita nemmeno spiegazioni. Akito e Sana sono sempre i soliti a 10, 20, o 30 anni.

Spero vi sia piaciuta, perdonate eventuali errori grammaticali, anzi segnalateli.

Pace e amore, Venere ♡


   
 
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