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Autore: Martowl    19/05/2013    8 recensioni
Se Amelia, Andrea e Flavia si trovavano nella stessa stanza, improvvisamente la prima passava inosservata.
Perché quei tre sono cresciuti insieme e, seppur Andrea e Amelia siano coetanei, secondo Claudia -madre delle due ragazze- e Ginevra -madre del ragazzo- Andrea è perfetto per stare con Flavia.
E mentre il matrimonio tra i due si stava organizzando fin dalla tenera età, Amelia cercava in tutti i modi di accalappiarsi il giocattolo di una ragazzina impertinente della scuola materna.
***
Dal capitolo:
Era come se Flavia fosse Joey, Andrea uno strano Dawson e ad Amelia, invece, toccava la parte di Jen.
E chi non è esperto in materia, giustamente si chiede: Chi è Jen? Ecco appunto.
Jen è quella che, in fin dei conti, rimane sola perché riusce ad essere dimenticata sia da Pacey che da Dawson, per la piccola Joey.
Un po’ di incazzatura era lecita!
Ma non perché non riuscì ad accalappiarsi nessuno dei due giovani, bensì per il fatto di rimanere single. Non sono gli elementi di per sé, ma il gesto!
Amelia si sentiva molto Jen.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Conigli al sapore di carciofi e cipolle.

 


                Betato da Flamel



 



A volte il destino ti aiuta, ma spesso e volentieri si prende beffa di te.

 

Amelia aveva passato tutta la sua infanzia ad ascoltare gli avvincenti commenti di sua madre Claudia sulla futura vita di sua sorella minore Flavia insieme al suo migliore amico Andrea.

 

Amelia aveva diciannove anni, la maturità alle porte e una serie di materie da studiare.

Flavia ne aveva sedici e pensava già poco al suo studio, quindi men che meno a quello della sorella.

Andrea aveva la stessa età di Amelia e aveva un gran cervello. Quella era l’unico pregio che aveva sempre avuto.

Perché Andrea da piccolo era un brufolo vivente, un imbranato che andava avanti per inerzia, inciampando in ogni dove.

 

Claudia e Ginevra, la madre del ragazzo, si erano conosciute all’Università e non si erano più separate. Avevano condiviso tutto, dal primo bilocale in affitto a Milano fino ad arrivare al matrimonio.

I rispettivi mariti, quindi, si erano trovati a sopportare la propria moglie e la migliore amica. Erano diventati grandi amici, per (s)fortuna.

Non che fosse possibile il contrario.

Quando avevano sfornato i primi due pargoli, fu inevitabile cominciare a uscire costantemente insieme.

Andrea e Amelia avevano condiviso i primi bagnetti, le pappe ed anche la culla.

Andrea e Amelia, attraverso i ricordi dei genitori, erano inseparabili. Vivevano quasi in simbiosi. Ma erano piccoli e incapaci di ribellarsi, ciò significava che la loro fu una convivenza forzata.

A distanza di tre anni, però, Claudia sfornò un secondo pargolo, che prese il nome di Flavia.

Tutte le attenzioni si diressero alla nuova arrivata. Inutile dire che Amelia non prese bene quell’aggiunta. Si rifugiò nei suoi giocattoli, nei suoi libri con le figure e nel suo silenzio.

 

Poi iniziarono a crescere e le amicizie -quelle non forzate- si crearono.

Amelia conobbe Beatrice, il primo giorno di scuola materna e non la mollò più per quel giorno. Non fino a quando quella non lasciò incustodito il gioco che stava fissando da quella mattina.

Poi lo portò a casa e Claudia capì del piccolo furto avvenuto. Quel piccolo peluche a forma di anatra, aveva un piccolo recapito telefonico sull’etichetta.

«Oh signora, non immagina di quanto io le sia grata. Mia figlia Beatrice senza Kevin non vive. Sta piangendo da oggi pomeriggio e io sto rasentando la pazzia, mi creda».

Claudia rise e si fece dare l’indirizzo per riportare il giocattolo al legittimo proprietario.

«Non è gelittima, mamma. Quella bambina è cattiva. Non mi dava quell’oca!».

Amelia era una bambina di quattro anni, testarda come un mulo ma con un linguaggio totalmente storpiato.

Suo padre Carlo non smetteva di prenderla in giro e la piccola si infervorava maggiormente, sbuffando e rinchiudendosi in camera a provare quelle parole mille volte, cercando di dirle nel modo corretto.

«Ma, Amelia, quel gioco era suo, è normale che lei non te lo abbia dato».

«E allora perché io i miei giocattoli devo sempre convidiverli con Flavia?».

Lo aveva già detto ‘testarda come un mulo’?

«Perché Flavia è tua sorella, mentre Beatrice no».

 

La discussione finì lì, quando Claudia accostò al marciapiede davanti. Quando diede il peluche alla bambina, la madre obbligò la figlia a chiedere scusa. Amelia sbuffando, con i denti stretti e le dita incrociate dietro la schiena, disse che le dispiaceva per il furto.

Quando tutte le operazioni terminarono, le due mamme iniziarono a parlare, facendosi coinvolgere da tutto, partendo dall’ultima moda di smalto alla ricetta del trisnonna. Contemporaneamente, le due bambine si fissavano in silenzio, osservandosi. Nessuna parola, nessun gesto, solo sguardi.

Alla fine, dopo minuti interi di conversazione, Claudia decise di congedarsi. Ma prima di andarsene, sua figlia riuscì a sorprenderla, per la milionesima volta.

Ormai davanti alla porta, con il cappottino chiuso e la mano agganciata con quella della madre, Amelia si girò, guardò negli occhi Beatrice e le chiese:

«Vuoi essere mia sorella?».

 

Quella richiesta fu l’inizio di una grande amicizia.

Beatrice regalò Kevin ad Amelia e quella diede all’amica una piccola rana –di peluche, ovviamente-  trovata in giro per la camera.

Fu così che superò il distacco della famiglia, con l’aggiunta di quella bambina.

Contemporaneamente, però, Flavia si stava avvicinando ad Andrea. 
Le foto dei bagni tra quest’ultimo con Amelia furono rimpiazzate con quelle con la sorella, così come i pasti e i sonnellini.

 

Poi i ragazzi iniziarono a crescere, ma le due coppie non si divisero.

Seppur Andrea avesse l’età di Amelia e facesse la sua stessa classe, studiava con Flavia.

Così, con l’andare degli anni, con il cambio di scuola e di amici, Amelia e Andrea si persero di vista.

Se volevano, se si mettevano di impegno, riuscivano a non vedersi per giorni interi, seppur stessero per la maggior parte del tempo sotto lo stesso tetto.

Ma non perché i due si odiassero o che, ma semplicemente perché non avevano nulla in comune.

Quando Flavia compì tredici anni, Claudia e Ginevra fantasticavano sulla possibile vita di coppia dei loro rispettivi figli.

Secondo Ginevra, suo figlio provava dell’interesse per la figlia minore e, secondo Claudia, i suoi sentimenti erano totalmente ricambiati.

Ed Amelia, vi chiederete? Amelia forse amava, forse no.

Non era argomento di discussione e questo, sotto molti aspetti di vista, era una cosa vantaggiosa.

 

«Vedi come la guarda? Sono certo che entro poco Andrea si dichiarerà!» diceva Ginevra.

«Ma Flavia ricambia! Se non risponderà, sarà sicuramente per paura di rovinare l’amicizia!» rispondeva Claudia.

 

Casa sua era una sorta di ‘Uomini e Donne’ e ‘Beautiful’. Un mash-up disastroso!

Ma dopo una giornata orribile, Amelia si divertiva ad ascoltare i discorsi di quelle due. Se la rideva, dietro le spalle della sorella, ignara di quel libro scritto su di lei e sul suo futuro insieme all’amico di infanzia.

 

Era come se Flavia fosse Joey, Andrea uno strano Dawson e ad Amelia, invece, toccava la parte di Jen.

E chi non è esperto in materia, giustamente si chiede: Chi è Jen? Ecco appunto.

Jen è quella che, in fin dei conti, rimane sola perché riusce ad essere dimenticata sia da Pacey che da Dawson, per la piccola Joey.

Un po’ di incazzatura era lecita!

Ma non perché non riuscì ad accalappiarsi nessuno dei due giovani, bensì per il fatto di rimanere single. Non sono gli elementi di per sé, ma il gesto!

Amelia si sentiva molto Jen.

 

Passò ancora tempo, a Flavia iniziò a crescere il seno, ad Amelia no.

L’invidia montò a dismisura, ma rimase comunque calma.

Con Beatrice, però, era un’altra cosa. Prima o poi avrebbe dovuto costruire una statua in suo onore.

Il problema, però, fu quando la presenza di Andrea, seppur indirettamente, divenne un punto fisso nella vita di Amelia.

Perché al compimento dei quattordici anni di Flavia, all’esame di terza media e alla scelta delle superiori, si ritrovarono tutti e tre insieme. Passarono l’estate insieme e iniziarono a conoscersi.

Amelia scoprì che lui odiava la cipolla, ma ancora di più i carciofi.

Andrea venne a sapere della fobia della ragazza per i conigli.

Amelia amava il verde, Andrea il blu.

Giugno furono occhiate, luglio sorrisi, agosto risate e segreti ma, purtroppo, settembre tornò troppo presto.

 

Una volta, per caso, Amelia sentì la conversazione di Claudia con Ginevra.

La prima aveva letto su un giornale lasciato in giro dalla figlia minore che ora andava di moda accoppiare le iniziali dei due nomi dei fidanzati.

Andrea e Flavia. AF. Ad Amelia sembrava tanto un sospiro esasperato, frustrato per l’esattezza.

Claudia per fare un altro esempio, usò il nome della sua prima figlia.

«Perché Andrea e Amelia, insieme non vanno bene insieme. AA. Puoi mica dire ‘A al quadrato’?».

Single e con un nome difficilmente accoppiabile. Si prospettava una vita facile!

 

Di nuovo gli anni avanzarono, il matrimonio tra Flavia e Andrea sembrava sempre più reale. Ormai Amelia aveva già scelto il vestito da damigella. O da porta fiori, nel caso più disperato.

Arrivarono i diciotto per i più grandi e lì, dopo anni, successe il disastro.

Per la prima volta, Amelia, venne presa in considerazione dalla propria madre.

«Che ne pensi se tu e Andrea studiaste insieme per quest’anno? In fin dei conti, entrambi dovrete affrontare la maturità. Potreste aiutarvi» disse un pomeriggio Claudia, lasciando a bocca aperta la figlia maggiore.


Fu così che i pomeriggi insieme ricominciarono, così come le prime occhiate e i primi sorrisi sinceri. 
Amelia, lentamente, si accorse del cambiamento radicale di Andrea.

Niente più brufoli, solo due labbra piene e due occhi marroni, con sfumature chiare.

Un corpo slanciato, pettorali leggermente in evidenzia ed ancora due labbra carnose!
Ma quando erano comparse quelle labbra?

Forse era quel cartello che aleggiava nell’aria, quel ‘Proprietà di Flavia’ che ricopriva tutto quel ben di Dio agli occhi altrui.

 

Beatrice captò i primi segnali e glieli fece notare.

«Provi qualcosa per Andrea».

«Non è vero».

«Ti dico di sì».

«E io ti dico di no».

Ma Beatrice non demorse e una sera glielo fece ammettere.

Che fosse ubriaca, era un elemento di poco conto.

 

Ma poi, da sobria, Amelia lo ammise a se stessa.

Andrea era cresciuto ed era bello. Maledettamente bello.

E poi c’era quel profumo, che era soltanto suo.

 

Arrivarono anche i diciannove e, insieme a loro, anche l’ansia per l’esame.

Una volta, una delle mille volte in cui Amelia iniziò a urlare per la paura, Andrea abbracciò di slancio la ragazza e superò quella barriera, quella che si era autoimposto per sopravvivere.

Perché quello che Amelia non sapeva, quello che sapeva solo Flavia, era che Andrea amava Amelia.

Ma tutta quella farsa su quel matrimonio impossibile, l’avevano bloccato e fatto allontanare lei.

Perché Andrea conservava le foto con Amelia, non quelle con Flavia.

Perché Andrea sapeva il colore preferito della ragazza, sapeva cosa odiava. 
Andrea sapeva tutto di Amelia.

 

I sentimenti di Amelia erano palesi, anche agli occhi di Flavia.

Ma questa sapeva anche del blocco che aveva la sorella.

Quella storia, quella finta storia tra lei e il suo migliore amico.

Fu così, che in un pomeriggio d’estate, chiese alla sorella di fare un giro.

Dopo negozi su negozi, dopo discorsi insulsi, Amelia prese un gelato mentre Flavia prese coraggio.

Fermò Amelia e la guardò negli occhi.

«Tra me e Andrea non c’è nulla» disse.

La sorella la guardò confusa.

«Amelia io sono lesbica».

E il gelato di Amelia cadde rovinosamente ai suoi piedi.

 

Andrea si fece avanti, lentamente.

Aveva aspettato anni, poteva aspettare qualche mese.

Amelia aveva paura.

Talmente paura che cominciò a mangiare carciofi e cipolla solo per poter tenere lontano da sé il ragazzo.

 

Passò la maturità, passò l’estate, passò tutto.

Amelia andava avanti a cipolle e carciofi ed Andrea moriva.

Fu così che, all’ultima vacanza insieme, all’ultimo giorno vicini, la prese per un braccio e la portò dietro un casolare.

E mentre un’infervorata Flavia urlava ‘Niente AF, io sono lesbica!’, Andrea e Amelia si scambiavano il loro primo bacio.

 

«Sai di cipolla» constatò il ragazzo.

«Lo so».

«Sai di carciofi» aggiunse poi.

«Lo so».

«Mi piacciono» concluse.

«Bugiardo» rise Amelia.

Rise tra le braccia di quel ragazzo che poi tanto forte non era, tolta la muscolatura.

Perché Andrea un po’ impaurito lo era.

Perché Amelia era troppo fragile, troppo importante.

Aveva paura di perderla, di romperla.

Perché Andrea era un coniglio.

 

E se lui poteva amare le cipolle e i carciofi, allora lei poteva amare i conigli.


Bonjour! 
Questa OS nasce per caso, mentre pensavo ai vari cliché.
Non so se farla cadere nel cliché 'Protagonista si innamora del migliore amico della sorella' oppure metterla contro al cliclé 'Protagonista che si innamora del migliore amico'.
Mi ispirava e, udite udite, l'ho scritta tutta nell'arco di due ore!
Mi sono sentita molto orgogliosa. LOOL
Idiozie a parte, spero che questi piccoli momenti vi siano piaciuti.
Se così fosse, mi piacerebbe leggere i vostri pareri.
Se così non fosse, mi piacerebbe leggere ciò che non vi ha convinto.
Insomma, mi piacerebbe sapere cosa vi è sembrato! :')

Per chi ama il cliclé 'Migliori amici loveforever!', ahimé, mi ci sono buttata di testa ed ho iniziato questa long.

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1695148&i=1
P
ubblicità? Io? No, mai!

Bene, evito di sputtanarmi ulteriormente e mi rintano. 
Grazie di aver letto!

Bisou, 
Martowl.

   
 
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