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Autore: ryuzaki eru    19/05/2013    16 recensioni
(Nel cap. 1 scheda in stile "Death Note 13 How to read")
Un lento crescere di strani ed apparentemente trascurabili eventi. Una ragazza comune, preda di una situazione incomprensibile. L’apparente iniziale assenza di tutto ciò che riguarda il mondo di Death Note, così come voi lo conoscete. Ma tutto quell’incredibile mondo c’è! Kira, Tokyo, il quaderno. Ed Elle arriverà… Perché volevo continuare a vederlo parlare, muoversi, ragionare.
Elle era in piedi sul marciapiede e con gli occhi spenti la osservava, mentre strusciava svogliatamente il dorso del piede su un polpaccio...
«Ciao, Ryuzaki…» tentennò Emma «Allora…sai dove vivo… Ed io non te l’ho mai detto! Quindi…»
«Quindi?» le chiese lui vagamente irriverente.
«Quindi immagino tu sappia altro... Il punto è da quanto tempo sai!»
Elle smise di grattarsi il polpaccio e portò il piede a terra «No. Il punto è che da ora la smetterai di giocare da sola a questa partita.» la gelò.
La voce le arrivò dritta alla testa, come una tagliola affilata.
Il suo sguardo impassibile e freddo la trapassò.
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Another world'
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Grazie infinite a chi è qui adesso e mi segue ancora…
 
 
Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

 38. Punti di vista

 
Il lieve brusio dei condizionatori, costante e artificiale, era l’unico rumore nella stanza dell’albergo.
All’esterno, il disco arancio del sole era basso e schiacciato, ma faceva ancora capolino all’orizzonte, intrappolato tra le alte sagome dei grattacieli, mentre il manto denso dell’umidità e del caldo pesava sulla grande capitale nipponica. Erano le otto di sera e il buio della notte non era ancora riuscito ad imporsi sul giorno implacabile, torrido e vincente della piena estate.
Erano trascorsi tre giorni da quando il detective aveva abbandonato le spiagge di Kamekura e ora lui era di nuovo solo, circondato dalla frescura innaturale di quell’anonima stanza d’albergo.
Sì, era di nuovo solo, momentaneamente lontano dalla squadra anti-Kira e rintanato nell’ala privata dell’enorme suite che accoglieva il quartier generale.
Solo, sotto molti punti di vista…
La luce radente e ancora calda dei raggi di luglio continuava a trapassare i doppi vetri della finestra e mano a mano che i minuti passavano si inclinava sempre più, finché, ad un tratto, non raggiunse tagliente e diretta gli occhi cerchiati di Elle.  
Lui scartò lo sguardo infastidito e, rimanendo rannicchiato sul pavimento, si voltò mollemente, ruotando su stesso e trascinandosi dietro il portatile che aveva di fronte, in modo da porgere le proprie spalle curve alla finestra e alla fastidiosa luminosità e continuare a ragionare davanti al monitor, da solo.
Perché in fondo quando era solo rimuginava meglio, senza le interruzioni, le domande e il chiacchiericcio degli altri. A questo proposito però non si può certo dire che la sua concentrazione o le sue capacità risentissero della presenza del mondo che lo circondava, dato che era perfettamente in grado di pensare e fare anche più cose contemporaneamente, né si può quindi affermare che il suo desiderio di solitudine fosse una necessità; semmai si potrebbe semplicemente suggerire che in alcuni casi esso fosse una semplice preferenza.
Sullo schermo campeggiava l’oggetto del suo interesse: un lungo documento di testo, fitto e articolato come una sorta di schema in cui, per ogni voce, comparivano descrizioni e narrazioni dettagliate di determinati eventi; in alcune parti erano anche riportati dei dialoghi, mentre alcuni commenti erano disseminati ai margini, qua e là. Si trattava di un racconto piuttosto complesso, che cercava di seguire una cronologia relativa, una sequenza di eventi in cui le uniche date ferme erano due: il 31 dicembre, giorno in cui Elle si era mostrato alla squadra anti-Kira, e naturalmente il 5 novembre.
Quel documento di testo era la trama di Death Note, dettagliata il più possibile e arricchita con quanto Emma era riuscita a ricordare e rimettere insieme. Quella era la storia che la ragazza aveva narrato meticolosamente e nella quale c’erano parecchie lacune di tipo cronologico, solo a volte colmate grazie alla logica e ad alcuni appigli. Al margine infatti la giovane archeologa aveva appuntato più volte la stesso commento, seguito da svariati punti interrogativi: quando precisamente????!!!
La definizione di una cronologia precisa è stata ovviamente una questione che l’ha stressata parecchio. Nei manga il tempo reale si dilata e si restringe senza che il lettore possa rendersene conto. Pensava freddamente Elle, osservando concentrato la frequenza con cui compariva quel quesito.
Quella era la trama che Emma aveva scritto prima che il caso Kira scoppiasse, la trama che lei non aveva più modificato e alla quale non aveva più avuto accesso. Quello era uno dei file salvati sul suo hard-disk esterno depositato nella cassetta di sicurezza della banca, un file che non era stato più aperto e al quale quindi nessuno avrebbe potuto aggiungere eventi a posteriori. Nessuno, Emma compresa, aveva mai richiesto di accedere a quella cassetta di sicurezza da quando era stata affittata. Quell’hard-disk era rimasto dimenticato per mesi, ma solo due giorni prima era giunto in banca un distinto uomo di una certa età, con un cappello scuro e dei modi eleganti e gentili…
Ma anche quest’ultimo dettaglio faceva parte del piano di Emma.
Piano che era ben sviscerato su un altro documento contenuto in quell’hard-disk e che Elle adesso spulciava insieme alla trama e alle scansioni degli altri ritratti che lei aveva fatto.
Quella memoria esterna e i documenti in essa contenuti erano un’altra prova. Emma si era costruita un’ultima verifica per dimostrare che conosceva gli eventi, con l’intento di mostrarla ad Elle quando ormai molti di quei fatti si erano verificati, con la sicurezza che lui avrebbe potuto controllare ogni dettaglio e avrebbe potuto constatare che quella trama e quel piano erano stati scritti prima che Light Yagami raccogliesse il quaderno. Perché adesso Elle sapeva che il giovane e intelligente fuoriclasse aveva raccolto il quaderno davanti alla sua scuola, così come sapeva che la prima mossa di Emma, il suo piano A fallito per il semplice ritardo di un treno, era stata quella di impadronirsi per prima del death note.
Una serie di altre prove: la trama, il suo piano e le scansioni di altri ritratti. Il tutto creato prima che il caso Kira scoppiasse. Una serie di altre prove, molto più dense di informazioni, ma esattamente identiche come tipologia a quelle che mi aveva già voluto fornire all’inizio, mostrandomi i disegni scansionati di me stesso, Misa e Light, con gli Shinigami rispettivi.
In pillole. Prima quelli e adesso questo.
Avevo ragione.
E lei aveva paura. Il suo timore più grande era che io non le avrei mai creduto e queste ultime informazioni dovevano perciò arrivarmi solo quando sarei stato pronto all’ “aspetto sovrannaturale” del tutto.
Aveva pianificato tutto.

Cliccò in basso e il ritratto a matita di Near comparve sul monitor. Elle lo osservò attentamente, per l’ennesima volta.
Su quel foglio scansionato non era appuntato nessun nome o soprannome, esattamente come non ce n’era alcuno sui ritratti di Mello e di Watari e come non ce n’era stato nessuno su quello che raffigurava Elle e che Ryuzaki aveva visto ormai parecchi mesi prima. Allo stesso modo, nella trama comparivano soltanto i soprannomi. Ma Elle era certo che Emma conoscesse benissimo i nomi anagrafici di tutti loro, perché qualunque manga che si rispettasse, col tempo, avrebbe svelato quell’incognita agognata e così importante, importante soprattutto se si considerava che “quel” manga basava tutto sui nomi delle persone e sul conoscerli o meno.
Tuttavia Emma non li aveva mai messi per iscritto da nessuna parte.
Era stata cauta. Emma era stata molto cauta. E aveva ragionato tantissimo. Come sempre. Sola.
Sola. Pare che anche la sua testa ragioni meglio quando non ha nessuno intorno. Non si confonde se non è disturbata dai collegamenti mentali di qualcun altro, corretti o scorretti che siano, superiori o inferiori ai suoi. Direi infatti che abbia ragionato più lucidamente prima, mentre costruiva il suo piano, sola in Italia, o mentre portava avanti le tappe iniziali di esso prima di incontrarmi qui a Tokyo, piuttosto che dopo. In questo senso quindi immagino di essere stato in qualche modo una sorta di disturbo per lei.
Emma continuava ad essere una cavia. Elle proseguiva a testare la sua intelligenza, le sue capacità e i suoi limiti e valutava ora il suo modo di agire e le sue scelte, esattamente come aveva sempre fatto fin dal primo istante. Solo che adesso aveva il quadro completo.
La testa albina del bambino con le cuffie tratteggiato a matita campeggiava ancora sul monitor.
Elle la osservò di nuovo e poi la iconizzò in basso, ritornando a spulciare la trama. I suoi occhi si fermarono su una delle tante battute di dialogo che vi comparivano:
Near: “Se non riesci a completare il puzzle…sei solo un perdente.”
Uhm…
Elle si portò il pollice al labbro e alzò lo sguardo verso l’alto, in modo infantile, non mostrandosi affatto turbato dalla freddezza di quella frase o dalla sua presunzione o durezza, né tantomeno dallo spirito di competizione e dalla sicurezza che trasudavano. E ovviamente non lo toccò minimamente il fatto che quella battuta fosse esplicitamente collegata alla sua morte.
Le ultime tessere di un puzzle. Quindi conta solo il risultato finale, la chiusura del cerchio. Uhm… In linea di massima potrei anche essere d’accordo… Però c’è qualcosa che non mi convince… Mettiamo che ci si trovi davanti un puzzle quasi integralmente costruito, da noi o da qualcun altro; diciamo che rimangano solo alcuni tasselli vacanti. Le ultime tessere sono in genere le più semplici da inserire. Non è forse molto più facile finirlo, questo puzzle, piuttosto che iniziarlo?
Prima o poi dovrò decidermi a parlarci un po’ e gliela dovrò proprio fare questa domanda, sarei curioso della sua risposta…

Elle inclinò il capo in modo buffo e poi ritornò con lo sguardo sul monitor.
Indugiò quindi un po’ sulla dettagliata descrizione del giorno della sua morte.
Morirò io.
Morirà Watari.
E poi…

Saltò una parte consistente del testo che aveva davanti per giungere ad un’altra fase della vicenda…
Moriranno Aiber e Wedy.
Morirà Soichiro Yagami.
Morirà Matt.
Morirà Mello.

Se Emma voleva farmi capire che la mia morte non converrà a nessuno e che anzi scatenerà una catena funesta di eventi che coinvolgeranno persone che mi circondano o che mi hanno circondato in qualche modo, be’, se Emma voleva questo, immagino che ci sia riuscita perfettamente.
E il punto è che voleva esattamente questo.
Voleva salvare soltanto me.
Perché allora avrebbe inserito nella sua trama anche tutta la vicenda dei miei successori senza però costruire nessun piano a riguardo? Perché l’ha inserita se non era sua intenzione fermare Kira, indipendentemente da me?
Non l’ha fatto per scrupolo o per caso. Neanche lei fa nulla per caso.
Ha descritto in modo dettagliato anche la trama successiva al 5 Novembre esclusivamente perché voleva che io la conoscessi e perché sapeva che mi sarei mosso di conseguenza.
L’ha fatto perché ha pensato che, trattandosi solo della mia morte, io avrei calibrato una certa dose di rischio, ma mi sarei invece fatto venire qualche scrupolo in più conoscendo anche la sorte degli altri. Non che io voglia morire o che non mi curerei di salvarmi la pelle, ma devo ammettere che, stando così le cose…
E lei voleva innescare esattamente questi miei pensieri.
Ha fatto delle scelte immaginando ciò che io avrei deciso.
Emma, ti sei azzardata a leggere nella mia testa e a prevedere le mie future mosse!
E ora, sulla base delle informazioni che mi hai dato, vuoi che sia io a costruire un piano che mi permetterà di salvarmi. Vuoi che sia io perché sai benissimo che soltanto io potrei idearne uno vincente.

Già.
Elle naturalmente aveva capito alla perfezione le intenzioni di Emma.
Lei aveva costruito un binario. Ma non era andata oltre, perché non sarebbe stata capace di farlo, perché quello per lui doveva essere solo una traccia da cui far scaturire qualcosa. Emma pensava, o perlomeno sperava, che quegli input avrebbero portato Ryuzaki a costruire un piano anche in funzione della propria salvezza. Un piano. Uno di quelli che solo Elle poteva ideare. Elle o Light…
Emma, il tuo disegno è fin troppo perfetto. Avevi stabilito tutto fin dall’inizio, prevedendo le mie scelte.
Di nuovo mi ritrovo a pianificare in base a quello che tu hai voluto e a seguire la traccia che tu hai stabilito, immaginando le mie mosse!

La porta si aprì silenziosamente e Watari entrò nella stanza, posò il leggero panama che indossava e si avvicinò a Ryuzaki, poggiandogli al fianco la confezione di pasticcini che aveva con sé.
Il detective non sollevò lo sguardo concentrato dallo schermo e il signor Wammy con calma si sedette su una poltrona lì vicino, leggermente affaticato dal caldo, e poi disse «Quindi?»
Elle allora trasferì la sua attenzione sulla confezione infiocchettata che Watari gli aveva portato e iniziò a scartarla lentamente, toccando i nastri e la carta alimentare con la punta delle dita. Quando ebbe finito, puntò flebilmente l’indice sul monitor «Leggi qui.»
Wammy si sporse appena per scorgere le righe che Ryuzaki gli aveva indicato.
Rem: “Light Yagami, se tu non salvi Misa sappi che io non esiterò ad ucciderti!”
Poi Elle fece scorrere rapidamente il testo fino all’ultima pagina, dove era riportata una serie di regole, tra le quali Elle ripescò quella che lo stuzzicava di più e la indicò, sempre per mostrarla all’attenzione di Watari…
Un Dio della morte morirà se userà il quaderno per allungare la vita a un essere umano per cui prova simpatia.
Riprendendo a scartare i pasticcini, Elle continuò «Quando ho catturato Misa Amane, Rem non mi ha ucciso. Quando l’ho imprigionata in quel modo, Rem non mi ha ucciso. Ma lo farà all’istante quando sarà ventilata la possibilità che lei finisca sulla forca… Tutto ruota intorno alla vita della Amane, che peraltro sarà dimezzata ulteriormente con un secondo scambio degli occhi. E questo Rem lo saprà…»
Wammy replicò «…Già. Ma se non sbaglio Miss Emma ti aveva parlato di questo dettaglio già a Kamekura e tu ne avevi tratto queste stesse conclusioni…»
«Sì. Ma in quel momento mi ero limitato a collegare ogni elemento soltanto al caso Kira e alla sua evoluzione e non ad Emma…»
Elle iniziò a disporre alcuni biscotti uno sopra l’altro, ordinatamente e lentamente «…Ma ora mi sono molto più chiare anche altre cose. Adesso capisco bene il perché di tutti quei discorsi sulla “pena di morte”…» aggiunse con delicatezza e cura un altro pasticcino sulla torre che oscillava precaria davanti ai suoi occhi «Ecco perché Emma si infervorava così tanto sull’argomento. Voleva sondare cosa pensassi a riguardo per insinuare qualcosa e per vedere se sarei stato recettivo a questo tipo di discorso».
Watari assottigliò lo sguardo, interessato forse più al suo Elle che a tutto il resto, perché aveva intuito dove il pupillo voleva andare a parare e la cosa lo incuriosiva «… Be’, Miss Emma è un’ottima pianificatrice…»
Elle posò un altro biscotto traballante sopra gli altri e i suoi occhi si fissarono sulla torre che aveva costruito, seri e con una strana luce sfavillante in quelle pupille enormi, nere e profonde.
Emma lo aveva scrutato dentro un’altra volta, per far procedere il suo piano di salvarlo. E in quel particolare frangente lo aveva fatto senza che lui lo sapesse o se ne potesse rendere conto.
O meglio, Elle aveva capito bene fin dall’inizio che nessun discorso di Emma era mai nato per caso, ma ricostruire adesso con tutti gli elementi quel suo piano così articolato e “manipolatore” risvegliava in Elle una condizione quantomeno singolare…
Di fronte a quel silenzio del detective, Watari proseguì «… Ma non mi stupirei più di tanto, sapevi che lei avesse una bella testa… Anche Light Yagami ha articolato piani complessi, dimostrandosi un calcolatore eccellente, proprio come te, ma questo in fondo ti ha sempre e solo stuzzicato, facendo nascere una competizione e una indubbia forma di “stima” nei confronti delle capacità del tuo rivale.»
Elle ribatté senza alcuna apparente inflessione nella voce atona «Non provocarmi Watari. Si tratta di tutt’altra situazione: sai benissimo che la partita con Light Yagami è ancora in corso. Nessuno dei due ha ancora battuto l’altro. Il che mi spinge a proseguire, perché il vincitore devo essere io.»
«Questo vorrebbe dire che la “partita” con Miss Emma invece è finita?» chiese con apparente ingenuità il signor Wammy, che voleva continuare quel discorso.
Elle si limitò a indicare altre righe di quel documento aperto sul monitor, in particolare si trattava di un commento di Emma alle regole del quaderno che lei aveva riportato.
Ci sono altre regole oltre a queste, ma io non le ricordo… Sono tantissime! Ce ne sono anche altre che non sono riportate nel manga e che forse solo gli Shinigami conoscono e anche loro possono essere carenti su questo (vedi Ryuk!)
ATTENZIONE!!!

«Sai cosa significa questo?» chiese Elle in modo retorico, continuando a fissare la sua torre di biscotti «Significa che lei sapeva benissimo che io avrei letto questo documento da solo. Significa che questi commenti erano destinati a me. Significa che io dovevo essere al corrente dei dubbi e delle lacune che lei sapeva di non poter colmare. Era perfettamente cosciente del fatto che non avrebbe potuto dirmi di persona certe cose. Questi sono dei messaggi per me. Messaggi che io avrei letto da solo e ai quali lei sapeva che non avrebbe potuto aggiungere nulla, semplicemente perché sapeva che non sarebbe più stata in contatto con me. Tutta la storia dell’hard-disk nasce con questo intento e questa consapevolezza. Sapeva che, una volta costruito il quartier generale, non ci sarebbe stato spazio per lei: le telecamere ovunque, i controlli all’ingresso, le manette che mi legheranno a Light, lo Shinigami in giro a partire dalla cattura di Higuchi. Per me è stato fuori discussione fin dal primo istante che Emma non sarebbe mai potuta stare al quartier generale. Ed era fuori discussione anche per lei. Ed ecco l’utilità dell’hard-disk esterno.» prese un altro biscotto e lo sollevò per poggiarlo sopra gli altri.
«Quindi, senza saperlo, avresti agito secondo il suo volere? È questo che non ti va giù, Ryuzaki? Però tu ora sei libero di fare come vuoi…»
«Davvero?» Elle strinse il frollino che aveva tra le dita e lo frantumò «Sono libero di costruire il mio piano e di battere Kira a mio piacimento. Ma sono “libero” di farlo perché lei ha voluto che io lo fossi e perché naturalmente aveva piena fiducia nel fatto che avrei pianificato tenendo conto di quanto sapevo grazie a lei! Fin dal primo istante lei si è mossa in questo senso. Voleva salvarmi, ma voleva che da questo momento in poi fossi io stesso l’artefice della mia salvezza. Sapeva che le cose sarebbero andate in questo modo, che ci sarebbe stato un momento in cui mi sarei trovato solo e avrei fatto delle scelte basandomi sulla trama e sugli input che lei mi ha dato. Mi ha manipolato, conoscendo i fatti e la mia indole nei suoi lati più biechi. Ed io ora non posso che costruire un piano secondo quanto lei ha stabilito. È un binario, Watari. Mi ha costretto in un binario fin dal primo istante, indipendentemente dall’esito del caso Kira, che è un’altra partita ancora in corso. Ma il match con Emma è concluso. Io non ho scelta. Emma ha vinto!»
«Mi sembra che anche tu l’abbia manipolata a dovere e in modo definitivo a Kamekura, calcolando tutte le sue reazioni in base ai suoi sentimenti e alla sua indole e bluffando…» lo provocò ancora una volta Watari.
«Sì. Ma il punto della vittoria l’aveva già affondato lei, tanto tempo fa, costruendo il suo piano. Indipendentemente dal modo che io avrei usato per allontanarla, sapeva benissimo che l’avrei fatto. Tuttavia…» Elle prese l’ultimo pasticcino, quello che traballava in cima alla torre, e se lo ficcò tutto in bocca, voracemente in un solo colpo «…immagino che ciò che conti di più adesso sia la possibilità che lei mi ha offerto di battere Kira, indipendentemente dalle modalità con cui ha voluto raggiungere questo obiettivo e indipendentemente dalla sua “vittoria”.»
Come suo solito, Elle stava chiudendo il discorso “Emma”, che poteva di certo affrontare solo con Wammy, ma che tuttavia era durato fin troppo. Avrebbe dovuto e voluto dare a quell’argomento molta meno importanza.
Era sempre stato così. Elle dava valore solo alle cose importanti. O perlomeno lo faceva quando era nel bel mezzo di un caso. E in quel momento il fatto stesso di aver indugiato su quel discorso lo irritava inconsciamente, perché era quanto lui stesso avrebbe definito “sterile”.
Ma Wammy non voleva proprio abbandonarlo quel discorso… «Indubbiamente ora hai carta bianca. Miss Emma ti ha permesso di fare come vuoi, adesso.»
«Non vuoi mollarlo proprio questo discorso, vero? …Certo. Emma mi ha lasciato carta bianca.» disse con un vago sorriso di sarcasmo «Non si è presa, per esempio, la briga di dirmi di sostituire quel frammento di quaderno dall’orologio di Light. Quindi ha lasciato a me la piena “libertà” di scelta:  permettere che Light uccida Higuchi o no?» concluse caustico.
«Immagino sia perché in lei non alberga la tua stessa freddezza e perché non riesca a prendersi determinate responsabilità…» si intromise Watari.
«Esatto. Non può prendersi determinate responsabilità, ma se le scelte “immorali” e “sporche” le prendo io, le va benissimo e non le salta proprio in mente di opporsi. Watari. Miss Emma non è così “pura”.» ingurgitò un altro biscotto.
«Uhm…» mugugnò il signor Wammy «Mi era parso che questo aspetto ti piacesse di lei… So benissimo che hai fatto la tua scelta decisa su Miss Emma. E quindi mi chiedo se… Ryuzaki, ti dà veramente così tanto fastidio di aver “perso” con lei?»
Elle allungò le dita sottili verso un altro biscotto e, prendendolo, la pila di pasticcini vacillò e poi crollò davanti ai suoi occhi… Il detective, senza spostare lo sguardo dai frollini ora sparsi sul pavimento, rispose in modo glaciale «Watari, perché ci sei andato?».
 
Emma varcò l’uscita secondaria della stazione dei treni, quella meno affollata e meno nota, con lo zaino sulle spalle e il passo lento.
Sola.
A Tokyo faceva caldo. Erano le sei del pomeriggio, ma l’afa non avrebbe abbandonato le strade della città neppure la notte.
I suoi giorni al mare erano finiti, ma non la sua breve settimana di vacanza. Aveva infatti lasciato Kei e Misao a concludere le ferie a Kamekura, mentre lei se n’era tornata a Tokyo.
Questa era stata una sua scelta fin dall’inizio e aveva infatti prenotato l’albergo in funzione di questa decisione. Passare del tempo tutti e tre insieme era un desiderio condiviso, ma Emma aveva voluto anche che i suoi due amici potessero godersi la loro privacy, la loro vacanza di coppia, fatta di tutte quelle cose che solo a loro potevano piacere, senza l’intrusione di nessun altro a criticarli, a metterci bocca, a disturbarli o a prenderli in giro per le loro smancerie. Era sacrosanto che fosse così. Ogni coppia doveva poter vivere la propria vita a due come meglio voleva. E  per fare questo, ogni coppia doveva poter vivere determinati momenti in solitudine.
E così Emma se n’era andata, non senza doversi sorbire le lamentele dei suoi due amici, che fin dall’inizio le avevano detto che non sarebbe stato assolutamente necessario che lei andasse via prima.
Emma però di certo non avrebbe mai pensato che andarsene sarebbe stato così difficile. E non se lo sarebbe mai aspettato semplicemente perché non la spaventava minimamente stare da sola. Anzi. L’idea di starsene qualche giorno a Tokyo, in relax, senza l’impegno del lavoro, senza nemmeno la tentazione di dover uscire con gli amici, senza assolutamente nulla da fare, be’ quest’idea l’aveva stuzzicata parecchio. Era una vita che non aveva tempo di dedicarsi al “nulla”…
Ma le cose erano cambiate. Ed erano cambiate per colpa di Elle e di quello che lui aveva fatto, solo tre giorni prima.
Adesso stare da sola significava pensare tanto. Pensare troppo. E farlo senza possibilità di essere distratta dalle chiacchiere, dagli amici, dal mare…
Per questo ripartire era stato molto più difficile di quanto Emma non si sarebbe mai aspettata. Ma nonostante questo, il suo carattere rigido non le aveva permesso di cedere e, ai suoi amici che insistevano, aveva detto così, sorridendo «Misao, Kei, è proprio perché io me ne vado adesso che noi tre saremo sempre liberi di stare insieme con questa tranquillità.»
E così Emma adesso camminava lentamente lungo la strada, diretta verso una casa che non vedeva da mesi…
Camminava da sola.
La cosa paradossale era che in fondo era stata sola anche quando era ancora con Misao e Kei… Sola perché loro naturalmente non sapevano nulla di ciò che era successo. Sola perché nessuno dei due poteva minimamente immaginare il motivo dello stato d’animo di Emma, nonostante gli strani silenzi della ragazza italiana negli ultimi due giorni.
Forse le mancava Ryuga, aveva pensato Misao, percependo che qualcosa nell’amica non andava…
Questa era la cosa che faceva più male ad Emma.
Adesso, con la mente sciolta e libera di pensare senza alcuna distrazione piacevole, si stava rendendo conto di quanto fosse stata “sola” anche in compagnia, a Kamekura. E questo era terribile. Se non fosse ripartita non se ne sarebbe mai resa conto. Perché se non l’avesse fatto non avrebbe avuto la tranquillità e il tempo per pensarci.
E così ritornava al punto di origine: ripartire significava pensare e lei invece non voleva farlo.
La sua testa in quel momento era il suo peggior nemico ed era un nemico inarrestabile. E nessuno sapeva che lei stava combattendo quella lotta, perché nessuno sapeva cosa le era accaduto, né l’avrebbe mai potuto sapere. Quindi nessuno poteva perlomeno capirla o condividere quello che lei stava provando, anche stando semplicemente in silenzio.
Si accese una sigaretta.
Ciò che Emma aveva temuto inconsciamente si era rivelato in tutta la sua prepotenza.
Elle l’aveva presa in considerazione solo perché lei aveva letto Death Note.
Nei pensieri più reconditi della ragazza c’era sempre stata l’insoddisfazione di sapere che Elle, se anche incuriosito da lei, lo fosse solo ed esclusivamente per ciò che lei sapeva di lui. Semmai Emma aveva “stupito” o quantomeno interessato Elle, grazie alla sua capacità di comprenderlo in alcuni dei suoi lati più oscuri; semmai Elle si fosse reso conto del fatto che Emma non aveva avuto fin dal primo momento il minimo timore nell’avvinarsi a lui, a quel soggetto considerato strano ed inavvicinabile dalla maggior parte delle persone; semmai tutto questo era successo, non era stato merito del suo essere “Emma”.
I suoi amici l’apprezzavano per come lei era.
Elle l’avrebbe al massimo considerata una “persona” interessante solo perché lei aveva letto Death Note e perché sapeva più di quanto chiunque avrebbe mai potuto sapere.
Emma aveva barato.
Questo era stato uno dei suoi timori reconditi.
Ma ora il tutto era ancora più umiliante di quanto lei non avesse pensato.
Elle era stato interessato da Emma e la curiosità c’era stata per ciò che lei conosceva, cioè per aver letto Death Note. Ma con tutt’altro significato… Emma sapeva adesso che non era esistita alcuna approvazione, stima o curiosità nei confronti della “persona” Emma, aiutata o meno dalla lettura del manga.
Elle aveva solo avuto la necessità di sfruttare le conoscenze legate al caso Kira che lei aveva.
Chiunque ci fosse stato al mio posto, sarebbe stata esattamente la stessa cosa… Le persone non contano. Contano soltanto i fatti…
Emma non aveva versato nemmeno una lacrima. Non che avesse evitato di farlo, né che si fosse trattenuta, quando di notte rimaneva sola nella sua stanza al mare.
Non aveva pianto, anche se l’avrebbe voluto tanto. Quelle poche volte che si era ritrovata a pensare a quello che era successo, era stato come ragionare con un filtro.
Era come se una spessa corazza separasse la sua mente dalle sue emozioni. Era come se quei fatti la toccassero, ma non in prima persona. E allora sentiva la gola chiudersi e i muscoli del corpo irrigidirsi. Ma non saliva nessun singhiozzo e il peso che la zavorrava rimaneva nel suo stomaco, immobile e profondo e da tristezza si trasformava in angoscia.    
E nemmeno in quel momento pianse. Continuò a camminare sotto il sole basso di quel tardo pomeriggio di luglio e continuò a pensare.
Ogni cosa pensasse si ricollegava ad altro.
La umiliava anche il fatto di essersi fatta avanti ben sapendo che sarebbe stata sfruttata.
E con la chiarezza disfattista di quel momento, non poteva fare a meno di sentirsi esattamente come Misa…
…Aveva proprio ragione lui: Elle e Light sono alla pari su tutta la linea… Si sono trovati due perfetti assi nella manica. Anzi, se li sono trovati davanti senza nemmeno doverli andare a cercare!
E le salì la rabbia di nuovo.
Dannazione! L’ho sempre saputo che sarebbe andata così! E adesso mi lamento che Elle sia stato incuriosito da ciò che sapevo? Ma se sono stata proprio io a pianificare tutto in questo senso! Se sono stata io a sfruttare Death Note e ciò che conoscevo per avvicinarlo, essendo pienamente cosciente che solo qualcosa del genere l’avrebbe interessato!
Sapevo che sarei stata allontanata! Lo sapevo benissimo! L’idea dell’hard-disk nella cassetta di sicurezza non era nata soltanto perché Elle avrebbe dovuto avere altre prove solo quando sarebbe stato pronto! Quell’idea è nata perché lui ad un certo punto avrebbe dovuto avere tutte le informazioni indipendentemente da me! E così avrebbe costruito il suo piano. Io sapevo che sarei stata allontanata…

Forse però non immaginava che sarebbe stata allontanata in “quel” modo… O forse sapeva anche quello…
Sapevo con chi avevo a che fare. Un bastardo, cinico e senza scrupoli. Sono entrata nella piscina di uno squalo bianco con una ferita aperta… Cosa mi aspettavo? Che non mi avrebbe divorata?
E con chi me la posso prendere adesso? Con lo squalo? Forse gridare al mondo che lo squalo è un grandissimo stronzo mi farebbe sentire meglio?
E perché allora non riesco a smettere di pensarci… Perché ho ancora paura che lui muoia… Perché? Perché? Perché? Oddio!
Non voglio che muoia… Ma se lo avessi qui davanti adesso, lo picchierei senza pietà!

Gettò il mozzicone di sigaretta, strinse i pugni e voltò l’angolo, ritrovandosi nella solitaria via della sua casa. Quella dove Elle la era andata a prendere, praticamente sequestrandola, col suo consenso. Anche allora per la strada non c’era stato nessuno.
Emma raggiunse la porta e tirò fuori le chiavi.
«Miss Emma…» la raggiunse una voce nota e gentile alle sue spalle «…Ero venuto a prenderla alla stazione, ma non l’ho vista uscire, quindi mi sono permesso di attenderla qui. Credo sia importante farle subito presente che ci sono soltanto io…»
Emma si voltò e Watari le sorrise, sotto l’ombra del panama che aveva sul capo.
Ma lei non seppe rispondere nulla. Sentì solo una strana sensazione di liberazione nello stomaco. Le spalle contratte le si rilassarono improvvisamente e una bretella dello zaino le scivolò lungo il braccio.
Poi finalmente le parole le vennero «… Vogliamo entrare…? Fa così caldo qua fuori…» e si ritirò su la bretella del suo zaino.
Wammy annuì togliendosi il cappello e si avvicinò.
L’interno della casa era fresco e profumato di pulito. Tutto ciò che Emma aveva portato via per intraprendere le peregrinazioni nei vari alberghi era stato risistemato al suo posto.
«Mi sono permesso di prenderle qualcosa. Si tratta di sciocchezze, ma ho immaginato che sarebbe tornata accaldata o che avrebbe voluto stuzzicare un nonnulla.» riprese Watari col suo linguaggio forbito, british e appena un po’ antiquato.
Emma osservò il tavolo della cucina e vide che sopra c’era un enorme pacco di patatine.
«In frigorifero ci sono delle birre. Mi sembra che lei le gradisca parecchio.» continuò Wammy.
Emma avanzò come un automa verso il frigo e prese una delle birre gelate che c’erano all’interno.  
«Si accomodi… Le preparo un tè…» fu tutto ciò che riuscì a dirgli.
E poi si ritrovarono di nuovo seduti intorno a quel tavolo, in silenzio, l’uno sorseggiando il suo tè, l’altra la sua birra.
«… Grazie…» disse finalmente Emma «So che non è venuto qui per giustificare lui… Io credo che lei mi conosca bene e, anche se sa che non mi imbarazzerei, non credo che sia venuto per parlarmi di lui, perché lei sa che non approverei questo genere di cose…» poggiò la bottiglia sul tavolo e abbassò lo sguardo «… però non riesco a capire perché allora sia venuto qui da me…» e di nuovo quella sensazione di liberazione la assalì, arrivandole questa volta fino alla gola e strozzandole le parole.
«Sono qui perché lei sappia di non essere sola, Miss Emma.»
La giovane ragazza trattenne il respiro, rimanendo col capo chino sul tavolo, e Watari proseguì «Nessuno deve stare da solo. Anche chi non vuole parlare, anche chi si chiude in se stesso e non riuscirà mai a tirare fuori ciò che ha dentro, anche costui ha bisogno di sapere che c’è qualcuno che conosce la sua storia e che in silenzio può condividere quanto gli è accaduto. Possono essere sciocchi problemi quotidiani o sofferenze più grandi. Basta sapere che l’altro sappia, per non essere soli. E io ho sempre cercato di non lasciare solo nessuno. Ho tentato di stare silenziosamente al fianco di chi aveva perso quanto di più caro avesse al mondo ed era troppo piccolo per poter affrontare ciò che questo comportava. E quindi sono qui, perché lei non sia sola, perché io so cosa è successo, so che lei non può parlarne con nessuno, so che è sola.»
Emma chiuse gli occhi e finalmente le si sciolse il nodo nella gola...
Incrociò le braccia sul tavolo, si chinò su di esse e sommessamente iniziò a piangere.
Wammy con delicatezza le portò una mano sul capo scosso dai leggeri fremiti e rimase così, attendendo pazientemente che la giovane ragazza sfogasse tutto ciò che aveva tenuto dentro…
 
«Watari, perché ci sei andato?»
Il signor Wammy rispose calmo «Ryuzaki, credo che tu sappia benissimo il motivo per cui l’ho fatto. Dovresti saperlo meglio di chiunque altro. Se la mia indole non fosse solita compiere azioni di questo genere, tu non saresti quello che sei, non saresti qui adesso, né io sarei al tuo fianco.»
 
 
 

Allora…
Prima di tutto grazie infinite a quelli che stanno leggendo queste righe e che dopo tutto questo tempo mi seguono ancora…
Inutile dire quanto io sia stata impegnata, perché il tempo trascorso parla chiaro. Le mie scuse quindi sono fondamentali, ma ormai quasi ridicole, quindi posso veramente solo ringraziare con tutta me stessa la pazienza e la fiducia di chi è rimasto.
Sappiate però che nell’ultimo mese il ritardo è stato dovuto ad una mia scelta precisa: ho pianificato, riletto il manga, stabilito tutti gli eventi precisamente e fino alla fine, con tutta la struttura narrativa annessa. E soprattutto ho scritto molto di più di questo singolo capitolo.
Non vi dirò quanti ne ho già scritti, né quanti ne mancheranno alla fine.
Ho dovuto fare questa scelta, prima di tutto perché l’ansia e il senso di colpa per l’inevitabile ritardo mi stavano stressando troppo, e poi perché la fase finale di questa storia è un po’ complessa e dovevo avere in ogni momento sotto mano tutti i singoli eventi che, disseminati nei diversi capitoli, porteranno all’epilogo. E non potevo rischiare, pubblicando, di dimenticare qualcosa di fondamentale per i capitoli successivi. Tutto doveva tornare (e spero che tutto torni e chi si capirà tutto… Ma non sono mica la Ohba, quindi Inshalla!! ^^)
Inoltre, data la trama un po’ articolata, non volevo che passasse troppo tempo tra un capitolo e l’altro, perché la memoria di chi legge avrebbe potuto così perdere colpi e cancellare qualche passaggio per via di ritardi biblici. Perciò, visto che a breve sarò di nuovo parecchio impegnata, ho voluto scrivere quanti più capitoli potevo, avvantaggiandomi in un momento relativamente tranquillo (sono due settimane che non faccio che scrivere in ogni momento libero…sono stremata ah ah ah!).
E ormai ho quasi finito. Credo che entro la prossima settimana concluderò.
Perciò, da adesso in poi potrò pubblicare ogni 10 giorni, fino alla fine, perché la maggior parte dei capitoli è già scritta. Dico 10 giorni perché dovrò lasciarmi il tempo per rileggerne ciascuno prima di postarlo (ho scritto abbastanza di getto e non si sa mai…).
Spero che possiate accettare questa mia scelta, spero che vi interessi e che chi mi segue ancora trarrà giovamento da questa mia decisione, che ha rallentato ulteriromente la pubblicazione di questo capitolo 38, ma ha ravvicinato tutte le successive…
Non voglio devastarvi con i miei soliti deliranti commenti su questo chappy appena postato, che in realtà potrebbe sembrare abbastanza a sé, ma in realtà racchiude delle cose importanti, anche per i futuri sviluppi…
So che è introspettivo, che sembra che non accada nulla, che sembra una sorta di capitolo cuscinetto… E dopo tutto questo tempo questi elementi non sono proprio il massimo, specialmente per chi ha aspettato tanto…
Mi dispiace, ma non potevo cambiare la trama… Non avevo scelta… :(
I prossimi comunque saranno parecchio diversi…
Spero che mi perdonerete e che chi è qui adesso possa averlo apprezzato!!
Grazie infinite a tutti!!
Torno a scrivere adesso ^_^
 
Un abbraccio e ci vediamo qui fra 10 giorni all’incirca (be’, voi non lo so, ma io di sicuro ci sarò ^^)

Eru

 
PS Per tutti: ho creato un account su Google+ per comunicare avvisi extra e quant’altro connesso ad EFP e a questa storia --->click (vi si accede comunque anche dal bottone in alto sul mio profilo)
Per Hanny: ho ancora due tuoi disegni da pubblicare qui, ma mi sono dovuta comprare il pc nuovo, perchè il vecchio mi ha abbandonata, e devo ancora copiare tutto il backup che ho fatto e quindi ritrovarli!! Col prossimo chappy li pubblicherò!!
Ciauuuuuuuuu

 

 

   
 
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