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Autore: Kaleidoscope_    20/05/2013    1 recensioni
Quelle parole mi rimbombarono nella testa. Non volevo crederci. L'idolo che ho adorato per tutto questi anni poteva avermi detto ciò?
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Mark Hoppus, Nuovo personaggio, Tom DeLonge, Travis Barker
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ero finalmente a casa ed ero piena di dolori.
Il viaggio era stato terribile, avrò vomitato cinque volte sia in aereo che sulla terra ferma.
Era mattina, ma il jetlag mi fece addormentare appena toccai il divano, tanto che mi risvegliai alle nove di sera. Dovevo dirlo almeno ad Alex, così mi feci accompagnare da Marta a casa sua.
Bussai e ad aprirmi fu proprio lui. Per fortuna non reagì troppo male, forse aveva visto che il mio stato non era dei migliori.
“A-Alex, devo parlarti”
Mi fece cenno di entrare e così feci, sedendomi sul divano.
“Se è per quel che è successo un mese fa, ormai è acqua passata. Ero sicuro che sarebbe finito” disse accarezzandomi un braccio.
“No, non è per questo che sono qui” mormorai.
“E allora perché?”
“Io..sono incinta. E devo sapere se è tuo o di Tom.”
Lui sbiancò e si alzò, iniziando a camminare nervosamente.
“E' impossibile che sia mio, avevo messo il preservativo! E non si era neanche rotto, ne sono certo”
Non risposi perché cercavo di trattenere le lacrime.
“Se ti può far stare più tranquilla, potremmo fare un test di paternità, anche domani se vuoi. Mio padre è un medico e ci faranno passare avanti”
Feci cenno positivo con la testa e poi mi alzai.
“Puoi passarmi a prendere tu?” chiesi con voce flebile.
“Certo, domani mattina alle dieci.”
“Grazie, a domani allora”
“Un'ultima cosa!” fece trattenendomi per un polso. “Tom lo sa?”
“No. E non lo deve sapere.”
Mi allontanai e uscii, per poi tornare in macchina di mia sorella.
“Com'è andata?”
“Domani faremo il test di paternità, mi accompagni?”
Lei sorrise e mi accarezzo il viso.
“Ma certo che ti accompagno, adesso torniamo a casa.”
Entrai e andai in camera mia, togliendo definitivamente tutti i poster, cd e quant'altro.
Mi sdraiai sul letto e per un attimo mi passarono davanti tutti i bei momenti passati con lui. Faceva male, più male del previsto e forse un po' mi pentivo di non avergli detto nulla ma ormai non potevo rimediare. Mi addormentai per un paio d'ore, finché non mi risvegliai di soprassalto per una fitta al ventre. Il dolore era fortissimo, così chiamai mia sorella.
“Che succede?”
“Tom, ho bisogno di lui” dicevo tra le lacrime.
Continuavo a ripetere il suo nome, mentre mia sorella cercava di calmarmi.
“Non hai bisogno di nessuno, tu sei forte”
“Fa male”
“Passerà, adesso calmati”
Ma il dolore non cambiò, così Marta decise di chiamare un medico, che arrivò in men che non si dica.
Mi tolse la maglietta e mi visitò, per poi somministrarmi una medicina.
“Ha avuto traumi di recente in questa zona?”
“Sì, ero ad un concerto e ho preso qualche botta, ma non sapevo ancora nulla!”
“E' fortunata, la situazione non sembra grave ma deve stare il più possibile a riposo o potrebbe avere delle complicazioni. Non faccia sforzi e si muova di casa il meno possibile, niente fumo e niente alcol.”
Avevo fatto le peggior cose proprio nell'ultimo mese e fu un miracolo che le sue condizioni fossero stabili. Ringraziai il dottore che se ne andò, per poi riaddormentarmi.
Mi risvegliai con un po' di mal di testa, ma non sarebbe stato quello a fermarmi. Andai a farmi una doccia e dopo essermi vestita, andai a fare colazione.
Era già tutto pronto, e c'era un bigliettino di Marta così capii che aveva cucinato tutto lei.
Purtroppo, appena iniziai a mangiare qualcosa sentì lo stomaco rivoltarsi, così corsi in bagno e vomitai. Dopo essermi pulita la bocca mi sedetti a terra, ero veramente stanca di tutto ciò e mi maledii per non essere stata attenta. Stetti per un po' così, pensando a quello che avrei passato nei mesi successivi.
Poi però sentii bussare alla porta, così scesi e aprii, trovandomi Alex davanti.
“Pronta?”
“S-sì”
Mi prese per mano ma io la tolsi, non volevo.
Salimmo in macchina e in silenzio ci dirigemmo all'ospedale.
Appena arrivati incontrammo suo padre che ci portò a fare i prelievi del sangue. Aspettammo in sala d'attesa e i miei dolori ricominciarono a farsi sentire.
Mi alzai e cercai di fare qualche passo ma mi dovetti risedere subito.
Alex se ne accorse e si avvicinò.
“Va tutto bene?”
Feci cenno negativo con la testa, spostandomi i capelli dal viso.
In quel momento uscì la dottoressa con i risultati e appena me li diede, mi pietrificai, così li aprì lui.
Lo vidi rilassarsi, per poi farmi leggere “negativo” sul foglio.
A quel punto, sapevo che il bambino era di Tom, ma non volevo comunque dirglielo. Avrei rovinato la sua carriera, la band, tutto.
Chiesi ad Alex di riportarmi a casa e quando ci arrivai, andai in camera per sfogare tutta la tristezza e la rabbia che avevo dentro di me.

 
 
Era ormai dicembre e gli ultimi otto mesi non furono i migliori.
Per due dovetti rimanere bloccata a letto per delle complicazioni, rischiai di perdere il bambino.
Lasciai la scuola, gli amici e tutta la mia vita, tranne Evelyn.
Le cose tra lei e Mark erano diventate più serie, lui veniva a trovarla una volta al mese ma non sapeva nulla di me, Evelyn gli diceva che mi ero trasferita dai miei. Loro lo vennero a sapere al quinto mese, ma non gli importò un granché, ma non ci feci troppo caso dato che a loro non era mai interessato nulla di me, ero sempre la loro delusione.
Evelyn tornò pochi giorni dopo il mio ritorno in Italia e stette sempre vicina a me. Mi riavvicinai anche a mia sorella, dormì con me quando ero piena di dolori.
A quel punto, la mia pancia era decisamente cresciuta ma mi sarei aspettata di peggio. Quando sentivo i calci del bambino, piangevo. Avrei voluto Tom vicino a me, volevo che anche lui sentisse i suoi movimenti, ma invece non si fece più sentire.
Cambiai colore di capelli, li tinsi del mio colore naturale : castano scuro. Ed infine tolsi i piercing.
Ero davanti al camino, seduta sul divano mentre mi accarezzavo la pancia.
Il giorno dopo sarebbe stato il mio compleanno, compivo 17 anni.
Non voletti sapere il sesso del bambino, volevo che fosse una sorpresa. Sarebbe dovuto nascere dopo due settimane e l'idea di passare le vacanze in ospedale non mi ispirava un granché.
Erano le undici di sera ed Evelyn sarebbe dovuta arrivare dopo poco, così mi preparai una cioccolata calda.
La versai ma non feci in tempo a berla che sentii bussare la porta, così andai ad aprire.
La tazza mi cadde di mano, perché la persona davanti a me non era Evelyn, ma Tom.
Cercai di nascondermi, ma lui mi fermò ed entrò.
Stava evidentemente male, aveva delle occhiaie tremende e i capelli spettinati.
Addosso avevo un poncio nero e la luce era soffusa, quindi la pancia non si notava molto, così mi allontanai.
Lui però si avvicinò, ma il suo sguardo non prometteva nulla di buono.
“T-tom, cosa vuoi?”
“Hai anche il coraggio di chiedermelo?”
Abbassai lo sguardo, era arrabbiato.
“Mi hai lasciato senza motivo, sono stato di merda a causa tua. Volevo tornare qui appena finito il tour ma mia madre si è sentita male. Adesso sono qui ed esigo spiegazioni.”
“Te l'ho detto, è troppo per me”
Si avvicinò ancora di più.
“Mi hai mentito! Avevi detto di amarmi!” gridò.
“Io ti amavo” mormorai, trattenendo le lacrime.
“Bugiarda!”
Quell'urlo ancora più forte mi fece male, tanto che ebbi una contrazione che mi fece accasciare a terra. Tom mi guardava confuso, così accese la luce e vide la mia pancia.
Sbarrò gli occhi e sbiancò, indietreggiando.
“Tu sei..”
“Incinta.” dissi finendo la frase.
“P-perché non me l'hai detto?”
Esitai un po' prima di rispondere, poi presi un bel respiro e parlai.
“Non ero sicura che fosse tuo”
“Ti prego, dimmi che quando avevamo litigato non sei andata a letto con quello.”
Mi morsi un labbro e una lacrima mi rigò il viso.
“TROIA!” mi urlò.
“Non volevo farlo! Ero ubriaca, non so cosa mi sia preso, ma ti prego non urlare!”
“Urlo quanto cazzo mi pare! Sono stato malissimo per tutti questi mesi e quando torno ti trovo incinta e perlopiù di un altro!” gridò ancora più forte, quasi mi faceva paura.
Iniziai anche io ad urlare e lì sembrò un vero e proprio inferno, gli insulti volavano come niente. Tutto si placò quando un'ulteriore contrazione – decisamente più forte del solito – caddi letteralmente a terra. I dolori non si fermavano, aumentavano sempre di più, tanto che gridavo dal male. Mi sentii bagnata e pensai al peggio.
“T-tom chiama un'ambulanza”
“Io n-non so c-cosa fare” farfugliava impaurito.
“UN'AMBULANZA, CAZZO!” urlai.
Lui sembrò riprendersi e corse verso il telefono, componendo il numero dell'ospedale.
Tornò da me dopo poco, mi prese tra le sue braccia – con qualche difficoltà – e mi portò sul divano.
Iniziò ad accarezzarmi, così mi calmai un po'.
“E' tuo, Tom” mormorai.
“Cosa?”
“Il bambino, coglione”
“Come fai ad esserne sicura?”
“Ho fatto un test di paternità con Alex e i risultati sono negativi, è tuo figlio” conclusi, prima di sentire l'ambulanza arrivare.
Tom salì con me e mi stesero su un lettino.
Appena arrivati all'ospedale venni portata in una stanza e mi cambiarono, per poi farmi stendere su un altro letto, con Tom di fianco.
Gli stringevo la mano, avevo paura che stesse succedendo qualcosa di brutto al bambino.
La dottoressa che mi stava visitando si decise a parlare.
“Signorina, le si sono rotte le acque, partorirà nelle prossime ore”
“Cosa?!”
“Stia tranquilla. Adesso le mando un'ostetrica”
La vidi uscire e subito dopo iniziai a piangere.
“Piccola, calmati, andrà tutto bene. Ci sono io qui con te”
“Scusami Tom, dovevo dirtelo ma avevo paura della tua reazione e ti avrei rovinato la carriera” continuai singhiozzando.
“Non avresti rovinato nulla e non lo rovinerai mai.”
Entrò l'ostetrica e mi visitò.
“Sei dilatata di 6 centimetri, dobbiamo aspettare i 10 e poi procederemo al parto naturale. Vuoi fare l'epidurale?”
“Se calmerà questi dolori, sì fatemela!”
Lei ridacchiò e mi sorrise.
“Certo che li calmerà, chiamo i medici e procediamo”
Annuii e dopo poco arrivarono, facendomi una puntura nella spina dorsale.
Mi riappoggiai lentamente sul letto e dopo una mezz'ora il dolore diminuì.
“Va meglio?” mi chiese Tom, accarezzandomi il viso.
“Decisamente.”
Lui sorrise e ancora una volta sentii le farfalle nello stomaco, dopo tempo.
“Tom, ti amavo veramente e non ho mai smesso di farlo.” dissi con voce tremante.
Lui senza dire nulla si avvicinò e mi baciò.
Mi mancavano i suoi baci, i suoi sorrisi, i suoi occhi, le sue mani, il suo piercing, tutto.
Si staccò e strofinò il suo naso con il mio, asciugandomi le lacrime rimaste.
“Promettimi che non scapperai mai più” mi sussurrò.
“Te lo prometto, anzi, te lo giuro” conclusi sorridendo.
Dopo poco ricevetti una chiamata di Evelyn, preoccupata non avendomi trovata in casa.
“Dove sei finita?”
“In ospedale, sono in travaglio!”
“Oh mio dio, sto arrivando” disse chiudendo.
Presi la mano di Tom e la appoggiai sulla mia pancia. Appena il bambino scalciò, i suoi occhi diventarono lucidi.
“Era lui?” chiese timidamente.
“Sì, tuo figlio si diverte da almeno tre mesi a darmi calci”
“Nostro figlio.” disse ghignando.
Entrò Evelyn seguita da Mark, che indietreggiò vista la situazione insolita. Lei si avvicinò a me.
“Come ti senti? Fa male?”
“No, ho fatto l'epidurale!”
Sorrise e mi fece una carezza.
“Mark, sei vivo?” dissi riprendendolo dato che era immobile sulla soglia della porta.
“Emh, diciamo di sì, cioè oddio. Tom diventerà padre? Non ci credo ancora!” esclamò.
Quelle parole sembrarono turbare Tom, che si alzò velocemente e uscì. Mark lo seguì ed io rimasi con Evelyn, avevo capito il perché della sua reazione. Aveva paura, e non era l'unico.
 
Tom
“Emh, diciamo di sì, cioè oddio. Tom diventerà padre? Non ci credo ancora!” esclamò il mio migliore amico.
Come una scossa mi percorse tutto il corpo, tanto che mi alzai ed uscii dalla stanza.
Solo in quel momento iniziavo a realizzare cosa stesse succedendo.
Stavo per diventare padre, l'avevo scoperto due ore prima e avevo paura.
Paura di non essere pronto, di non essere un buon padre, un buon fidanzato e forse anche marito.
Volevo andarmene da lì, ma quando uscii dalla struttura, Mark mi fermò.
“Tom, dove cazzo stai andando?!”
“Via da qui”
“Non puoi farlo!”
“Sì che posso, non voglio rimanere qui!”
“Dannazione Thomas, quel bambino è tuo!” mi disse alzando il tono di voce.
“Ma ho paura! Non sono pronto, non posso diventare padre!”
“Pensi che Giorgia non abbia avuto paura per tutti questi mesi? Lei ha tenuto il segreto per te, per la tua carriera, per la nostra band. Ha sopportato le pene dell'inferno pur di tenere vostro figlio e tu cosa fai? La lasci sola?!”
“Ci sono Evelyn e Marta con lei.”
“E questa ti sembra una buona scusa per abbandonare Giorgia e tuo figlio? Tu non sei il Tom DeLonge che conosco, non sei il mio migliore amico. Lui si sarebbe fatto coraggio in questa situazione e sarebbe rimasto con loro.”
Strinsi i pugni e non risposi, mi voltai.
Ripresi a camminare, finché Mark non mi si piazzò davanti.
“Togliti!” gli urlai.
“Ti rendi conto di cosa stai facendo?”
“Me ne rendo conto eccome”
“Scappi, DeLonge?!”
In quel momento mi ritornarono in mente i momenti in cui vidi mio padre andare via di casa.
Quanto piansi, quanto lo pregai di tornare indietro. Lui voleva scappare, non ne voleva sapere né di me, né di mia sorella, né tantomeno di mia madre.
Lo odiai a morte per questo e lì capii.
“Devo andare a comprare una cosa, puoi accompagnarmi?” chiesi.
“Che cosa?”
“Ti spiego strada facendo.”
 
Giorgia
Dato che le contrazioni iniziarono ad essere più frequenti, mandai Evelyn a chiamare l'ostetrica – il cui nome era Kayla – che entrò e mi fece un controllo.
“Sei a otto centimetri, ancora due e il tuo bambino verrà alla luce! Sai già il sesso?”
“No, voglio che sia una sorpresa!”
“Perfetto, a dopo allora”
Uscì e rimasi nuovamente sola con Evelyn. Non parlammo, ero stanca e volevo riposare un po'.
Un'ora passò velocemente e si fece mezzanotte meno cinque. Mi svegliai dalle forti contrazioni che erano tornate all'attacco, così chiamai l'ostetrica. Di Tom però, non c'era traccia.
“Sei pronta per il parto, sentiti fortunata per le poche ore di travaglio! C'è gente che sopporta una giornata intera!”
Il cuore iniziò a battermi velocemente, avevo troppa paura, ma proprio mentre stavo per avere una crisi di panico, arrivò Tom.
“Piccola perdonami, sono un codardo, lo so.”
“Adesso sei qui, è questo che conta”
Fecero uscire Mark ed Evelyn e mi misero in posizione per il parto.
“Tom ho paura”
Non rispose perché probabilmente l'aveva anche lui.
“Bene, può iniziare a spingere! Tre respiri lunghi tra una spinta e l'altra, mi raccomando.”
Strinsi forte la mano di Tom e così feci, iniziai a spingere più forte che potevo.
Quattro, cinque, sei spinte e finalmente alla settima sentimmo il pianto di un bambino.
Rimanemmo entrambi pietrificati, come se avessimo paura di lui.
“E' un maschietto! Signore, vuole tagliare il cordone?” chiese l'ostetrica a Tom.
Lui annuì con la testa e si avvicinò, prese in mano le forbici e lo tagliò.
Pulirono il bambino e me lo posarono in braccio. Era la copia ridotta di Tom, se non fosse stato per gli occhi blu. Con una mano Tom accarezzava il bambino e con l'altra la mia guancia.
“P-piccolo..” fece lui con voce tremante.
Quando mi voltai per vederlo meglio, vidi qualcosa di inaspettato : stava piangendo.
“Allora, il nome per il bambino?” chiese Kayla.
“Jonas. E' così che volevi chiamare il tuo primo figlio, vero?” dissi riferendomi a Tom.
Lui annuì e lei segnò i dati.
“Bene, quindi lui è Jonas DeLonge, nato il 13 Dicembre 1998, 3 kg e mezzo e ben 51 centimetri! Congratulazioni!”
Sorridemmo entrambi, tra le lacrime di gioia.
Lo portarono via – a malincuore – e rimasi sola con Tom, dopo che il dottore finì la ricucitura.
“Buon compleanno, Tom” dissi tirandolo verso di me.
“Buon compleanno a te, Giorgia” continuò lui, per poi baciarmi.
Ci addormentammo dopo poco, stremati entrambi.
Al mio risveglio, mi ritrovai sola ma dopo poco vidi arrivare Evelyn.
“Oddio, è stupendo! Jonas poi è un nome magnifico, sono troppo felice per te!”
Subito dopo arrivò anche Mark con un sorrisone in faccia.
“Un mini-delonge! E' un mini-delonge!” esclamò, facendomi ridere.
“E' vero, è vero.” conclusi poi.
Per ultimo entrò Tom, con Jonas in braccio.
Senza saperne il motivo, vidi Evelyn e Mark uscire dalla stanza e lasciarci soli.
“Gio, prendilo in braccio”
Lo presi e rimasi a bocca aperta dopo aver visto cosa c'era scritto sul body che vestiva Jonas.
 
Vuoi sposarmi? -T
 
“Io..”
“Tu?” chiese impaziente, con un ghigno in faccia.
“Sì che voglio sposarti!”
Lui si avvicinò e mi baciò, ma la cosa che mi fece diventare ancora più felice fu una risatina di nostro figlio come sottofondo.
Ti amo, Thomas”
“Anche io ti amo, Giorgia. E ti amerò finché il tempo finirà.”





Kaleidoscope's space : 
E finalmente siamo giunti alla fine di questa storia! 
Forse un pochino mi mancherà, infondo mi sono divertita scrivendola.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto/recensito!

Questa fanfic è dedicata ad una mia cara amica a cui mi sono legata molto in così poco tempo, che mi sono sopresa di me stessa. Ho scritto per vederla felice, odio sentirle dire che è triste. Spero che l'abbia aiutata a ridere un po'  in qualche brutto momento, il mio scopo appunto era quello.
Ti voglio bene!
  
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