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Autore: dragon_queen    20/05/2013    2 recensioni
Dal cap.II:
"Eileen, come se niente fosse successo, si chinò a raccogliere il pacchetto, estraendo il suo dalla tasca e lasciandolo sul divano. Dopodichè fissò intensamente Melany, il cui sguardo pareva adesso dispiaciuto e colpevole, mentre delle involontarie parole le salivano in gola:
-Vorrei che gli gnomi ti portassero via, all'istante-"
Dal cap.III:
" -Sai ragazzina, non pensavo fossi realmente così patetica- disse una voce che la fece sussultare.
Era maschile, ma non apparteneva a Tom, tantomeno a Mel. Era carezzevole, ma allo stesso tempo pungente, rassicurante, ma anche derisoria"
Dal cap.VIII:
"-Maledetto me e il giorno in cui ti vidi. Dannata la mia anima nel momento in cui ti scelsi. Tu mi porterai alla rovina- e detto questo le voltò le spalle e fece per andarsene.
-E' un destino che ti sei scelto da solo, principe- rispose di rimando Eileen, per poi allontanarsi dalla parte opposta"
Dal cap.IX:
"-Io ti vedo, ti sento, sempre ti troverò. Il mio marchio sempre mi dirà dove sei. Nessuno potrà fuggire, perchè io sono il Labirinto-"
***
Bene, una next generation.
Una ragazza più testarda di Sara si scontra con il figlio del Re di Goblin.
Curiosi?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jareth, Nuovo personaggio, Sarah
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO

L'uomo, poggiato ad una delle robuste colonne che sorreggevano la volta dell'ampia anticamera, fissava l'orizzonte che si intravedeva dall'unica terrazza presente.

Pareva tranquillo, pensieroso, imperscrutabile.

Poi l'ennesimo grido si propagò al di là di un nero portone e la sua mascella si irrigidì. Le palpebre calarono per un istante, mentre il volto spigoloso si voltava verso l'uscio d'ebano, provando una impotenza che quasi assomigliava ad un pugno nello stomaco.

Ricordava come fosse ieri quando colei da lui a lungo bramata era comparsa dinnanzi alle porte del suo castello, gli aveva semplicemente sorriso e sussurrato quanto la prima volta si fosse sbagliata, quanto in quegli anni avesse sentito la mancanza di quel regno e soprattutto del suo re. Certo, lo aveva odiato, più di qualunque altro, ma quel sentimento era affiancato anche da qualcosa di diverso, qualcosa che lei all'inizio non era riuscita pienamente a comprendere o più semplicemente non voleva accettare.

L'uomo, sentito dentro di sé abbattersi tutte le barriere di rancore e vendetta che aveva eretto in previsione di quel momento, si era alzato dal suo semplice trono e le era andato incontro. Nonostante fossero trascorsi degli anni, gli occhi della sua preziosa non erano cambiati di un tono, mostrando ancora quella forza e determinazione che aveva intravisto la prima volta che l'aveva incontrata.

Quando le era giunto a pochi passi, lei che ancora non aveva smesso di sorridere, aveva alzato una mano sfiorandole il viso, come a volersi accertare che la sua presenza non fosse solo un miraggio. L'aveva sognata così tante volte in quegli anni che mai si sarebbe aspettato di ritrovarsela davanti, le spoglie da piccola quindicenne completamente abbandonate e indossate quelle di una giovane e bellissima donna.

No, non era una visione, una mera proiezione dei suoi innumerevoli sogni, ma era reale. Finalmente quell'amore a lungo sofferto e combattuto, il quale lo aveva a poco a poco fatto precipitare in una sorta di oblio, e con lui l'intero regno, era tornato e in quel momento giurò a se stesso che mai e poi mai l'avrebbe lasciata andare.

E così era accaduto: aveva fatto di lei la sua regina, promettendole amore e rispetto per tutti gli anni a venire e per lui era realmente un tempo molto lungo.

Da quando l'aveva ritrovata, si sentiva diverso, migliore, non più solo in un mondo troppo grande.

Si erano amati, completamente, e in quel momento lei, sola, stava scontando i risultati della loro unione.

Ogni grido che la sua preziosa lanciava, lui sentiva il petto trafitto da un milione di acuminati pugnali. Strinse una mano al bavero dell'elegante giacca scura, come se di colpo l'ossigeno faticasse a riempire i polmoni.

Poi, di colpo, tutto tacque, lasciando al posto delle urla qualcosa di diverso: il pianto di un neonato, acuto e stonato, che quasi gli fece dolere le orecchie, ma che al tempo stesso gli fece scaldare il cuore.

Un leggero suono di passi lo avvertì che qualcuno stava uscendo, così si fece vicino alla porta, ansioso di sapere le condizioni della sua regina. Il battente si schiuse con un noioso rumore di cardini, mentre sulla soglia comparve una delle nutrici.

-Dunque, sta bene??- chiese l'uomo con sguardo severo, anche se il tono tradiva la sua preoccupazione.

-Tutto è andato per il meglio. La madre e il bambino stanno bene. Potete entrare se volete-

Lui non se lo fece ripetere e schiuse ulteriormente la porta. Fu allora che la vide, semidistesa sull'ampio letto con la schiena poggiata su morbidi cuscini. Il volto era stanco, più pallido del solito, ma comunque bellissimo, e la capigliatura d'ebano leggermente arruffata le dava un'aria selvaggia.

Quando l'uomo entrò, dimenticandosi anche di chiudersi la porta alle spalle che però fu accostate dal gruppo di nutrici che uscì in seguito al suo arrivo, lei alzò lo sguardo dal piccolo fagotto che teneva tra le braccia. Nel momento in cui i loro occhi si incontrarono, la regina gli sorrise.

-Vieni avanti, amore mio. Guarda cosa il cielo ci ha donato- disse allora lei a mezza voce.

Quello obbedì, anche se il passo era lento e, il cuore, per la prima volta, batteva così forte da sembrare che volesse uscirgli dal petto.

Di colpo ogni insicurezza, paranoia, paura, gli piombarono addosso come un macigno.

Non fermò però la sua avanzata fino a quando non si trovò al fianco dell'amata, la quale lo fissava con amore e ammirazione.

Quando l'uomo abbassò finalmente lo sguardo, trovò, oltre agli occhi adoranti della sua donna, anche un paio bicolori in tutto e per tutto uguali ai suoi. I pochi capelli, appicicati sulla piccola testa, erano neri corvo, proprio come quelli della madre.

Lui rimase affascinato da quella creaturina. Negli anni ne aveva visti tanti di bambini, ma mai ne aveva sentito uno suo. Quello che invece lo stava ancora guardando rappresentava la sua discendenza, il proseguimento della sua dinastia.

Come se di colpo le gambe fossero divenute molli come budini, l'uomo si sedette sul letto, passando un braccio attorno alle spalle della sua regina, posandole poi un delicato bacio tra i capelli.

-Sono fiero di te, mia preziosa- sussurrò appena.

-Di noi, vorrai dire- ribattè lei, impertinente come al solito.

-Certo si, di noi- rise lui.

-Come lo vuoi chiamare?- chiese allora la regina.

Lui ci pensò un attimo, prendendosi il mento con una mano e alzando gli occhi al cielo segno che stava pensando. Voleva un nome importante, degno del nobile sangue che quel neonato portava con sé. Dopo aver vagliato numerose possibilità, riuscì finalmente a trovare quello che più gli piaceva.

-Il suo nome sarà Ràl, erede al trono del regno di Goblin-

 

* *

 

Mentre nell'Underground l'erede veniva alla luce, anche nell'Aboveground qualcuno vedeva il mondo per la prima volta. Si trattava di una bambina, alla quale era stato dato il nome di Eileen.

I pochi e radi capelli della piccola erano del colore del grano maturo, mentre gli occhi avevano le tonalità proprie del cielo, terso e impenetrabile. Era silenziosa, non piangeva.

Stava là, tra le braccia di quella donna che la riteneva solo un errore, forse sperando nel piccolo cuoricino un affetto che non avrebbe mai ricevuto.

Una delle infermiere, presa tra le braccia la piccola e fissato con odio e pietà la donna che piangeva la sventura di una figlia non voluta, uscì sul lungo corridoio che portava alla nursery. Per un attimo abbassò lo sguardo, incontrando i due occhi celesti della piccola, la quale, nonostante avesse solo un paio di ore di vita, inarcò un poco le fini labbra come se avesse voluto sorriderle, come se sapesse cosa quella donna avrebbe fatto per lei.

Quella le accarezzò lentamente una delle guance, per poi fermarsi dinnanzi una delle finestre e sospirare.

-Non temere piccola, mi prenderò io cura di te-

Nel cielo le stelle brillavano, le stesse che rischiaravano la notte del Sottosuolo, mute e silenti testimoni di due destini che si erano inevitabilmente intrecciati.

  
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