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Autore: Johnee    21/05/2013    3 recensioni
“Perché hai solo bisogno di sapere che il senso di vuoto se ne andrà in un momento.”
Una ricerca minuziosa, nata da una semplice supposizione.
Shepard dovrà affrontare un conflitto interiore che la porterà a dubitare della sua stessa natura e, assieme ai suoi compagni, sarà protagonista un'indagine delicata ed estenuante per trovare un senso alla sua esistenza.
#Tra ME:2 e ME:3 #Shakarian #Progetto Lazarus
Genere: Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lenore'
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18. Reusanachd

 

 

"La facoltà d'illuderci che la realtà d'oggi sia la sola vera, se da un canto ci sostiene, dall'altro ci precipita in un vuoto senza fine, perché la realtà d'oggi è destinata a scoprire l'illusione domani. E la vita non conclude. Non può concludere.
Se domani conclude, è finita.”
(L. Pirandello)

[x]

 

 

La sensazione che qualcosa ti stia sfuggendo è legata con un doppio nodo all'incedere del tempo.
Per accorgersene basta un attimo, come ogni cosa, e quando una persona si rende conto di aver dimenticato per strada ciò a cui teneva, ecco che subentra il rimpianto.
Ho dato tutto quello che potevo dare? Mi è stato concesso abbastanza tempo per risolvere i fatti in sospeso?
Non essendo individui che vivono all'infinito, noi umani tendiamo ad essere infelici.
Infelici per le cose che non riusciamo a controllare, le esperienze che non riusciamo ad acquisire, le vite che non riusciamo a salvare.
Shepard è uno di quegli individui che credono che il mondo giri intorno alle loro azioni, e forse è così. Difatti lei, mentre combatteva al fianco dei suoi compagni, si rese conto che le sue tattiche offensive permettevano a chi la circondava di acquistare un prezioso secondo di vita in più, un minuto, forse un'ora... avulsa dalla brillante texture a nido d'ape della Fortificazione.
La battaglia su Elysium non era stata prevista dall'intelligence dell'Alleanza, nella timeline delle Cronache degli anni a venire nessuno ne parlerà, nessuno dirà che prima dei Razziatori c'è stato un conflitto di quest'entità, una vera e propria guerra civile per l'acquisizione da parte di Cerberus del controllo di zone cardine dei Sistemi dell'Alleanza.
Tutto verrà messo a tacere, perché sarebbe politicamente scorretto condannare un'organizzazione criminale che fino a poco tempo prima aveva così tanto successo tra gli umani perché unico garante nella lotta contro i Collettori. 
Cerberus ha salvato le colonie umane, Cerberus era nel giusto.
Quella Cerberus che assecondava il fratricidio, se c'era la possibilità di acquisire risorse; quella Cerberus che ha colonizzato l'interno del Portale di Omega4, creando i Corrotti.
Le persone possono venire facilmente manipolate se non sono in grado di reperire abbastanza informazioni per costruirsi una propria opinione. Shepard aveva accettato di dare fiducia a Hackett anche per questo motivo... l'immagine dell'Alleanza doveva rimanere illesa per poter permettere agli Ammiragli di lavorare su un piano difensivo per l'Avvento dei Razziatori.
Attualmente, Shepard si ritrovava a percorrere una stradina sterrata, il pavé umido di rugiada. Cerberus aveva optato per una ritirata strategica... era la fine. Il Claymore giaceva scarico tra le mani di Lenore, bollente e soddisfatto, l'armatura N7 aveva subito diversi danni, poco importanti...
Lei stessa, Lenore si sentiva poco importante di fronte ai suoi compagni, che si abbracciavano, si sostenevano l'un l'altro, complimentandosi per qualche mossa azzardata che aveva permesso al nemico di soccombere.
Cosa c'entrava lei in quella gioia, lei che non poteva provarne se non standosene in disparte? Le bastava che tutto avesse finalmente raggiunto una fine, ecco. Di più non poteva pretendere...
E se ne restava in piedi, davanti al corpo di una Nemesi, a pensare a quello che aveva perso e che avrebbe perso d'ora in avanti per assecondare le richieste dei suoi superiori.
Ripose il Claymore dietro la schiena, l'aria fredda e umida della magnifica Elysium che le penetrava nelle ossa, accompagnata da una neve fittizia, fatta delle scintille dei tubi divelti di uno degli edifici teatro dello scontro, giusto al termine della stradina.
Fiocchi luminosi che scendevano dalle tubature fino a posarsi sull'armatura del Comandante.
Attorno a lei grida di vittoria di gente comune e militari. Un Batarian le rivolse un ghigno compiaciuto, annuendo mentre le passava al fianco.
Lenore sorrise appena. Magari quell'individuo aveva pure dei parenti, su Aratoth... 
Un malsano masochismo la portò a pensare di rinfacciarglielo, dire a quel Batarian che non doveva ringraziarla, o ammiccare... Ti ho appena sterminato la famiglia intera, idiota, vuoi ancora sorridermi?
Ma no, non era assolutamente il caso, Elysium era diventata la pace. 
-Che gli Spiriti veglino su di voi, soldati...- mormorò Lenore, socchiudendo le palpebre.
Garrus era sempre stato accanto a lei, ricoperto di lividi e tagli, macchie blu che si confondevano con la sua vecchia armatura. Le posò una mano sulla spalla e l'attirò a sé, prendendole il viso tra le mani. 
Si scambiarono un bacio doveroso e indispensabile.
Era giunta la conclusione, erano all'epilogo di quella vicenda... ed erano sopravvissuti anche quell'ultima volta. Per quanto ancora la fortuna li avrebbe coccolati?
L'attrito di un paio di labbra non pensate per regalarsi vicendevolmente un bacio. 
Quello, ecco, quello era un gesto d'amore imparziale da parte del Turian, pensò Shepard. Assecondare un gesto per lei familiare, facendolo suo in qualche modo.
Si guardarono negli occhi per un istante, poi si chiusero in un abbraccio, si strinsero come se non ci fosse altra scelta, in quel momento.
I fiocchi di luce li avvolsero, poggiandosi leggiadri sulle loro armature, come brandelli di cenere, polvere magica. 
Una risata di cuore mentre lui la sollevava per permetterle di sovrastarlo di pochi centimetri, per poterle dare l'impressione che fosse lei ad attirare la luce delle stelle su di sé, filtrandola attraverso la sua essenza, come un fascio di luce che attraversa una cascata.
Sembrava un velo di bellezza, Lenore, che permetteva al viso di Garrus di illuminarsi. 
Un concetto umano che possiamo paragonare alla concezione Turian degli Spiriti è Apeiron.
La parte diventa il tutto, il tutto si scinde in parti, mantenendone comunque l'essenza.
Ciò che era unito si divide in masse distinte, con la consapevolezza che poi tornerà ad unirsi all'origine della sua particolarità.
"Il fato divide, la morte unisce” recita un vecchio detto romantico. Una carezza che consola un futuro di separazione.
Ma non è facile spiegare al cuore che può smettere di battere furiosamente nel petto e impedire alle lacrime di sgorgare dagli occhi. Non esiste l'addio, Shepard, non è necessario soffrire. In un modo o nell'altro vi rivedrete, in futuro...
Lenore, da anima felice divenne anima vuota, osservando mentre Virgil si avvicinava, muovendosi come i suoi piedi fossero il lento agonizzare di una campana che accompagna la processione funebre.
Quel Turian, quell'intruso appoggiò una mano sulla spalla di Garrus, facendogli chiudere gli occhi. 
-Lasciami qualche minuto, ti prego...- lo supplicò, tornando a guardare lei, stringendola a sé. Abbandonare qualcuno che ami è straziante, soprattutto se ti sorride, comprensivo. Lei sorrideva perché consapevole che l'allontanamento era necessario, sapeva i crimini che aveva commesso per meritarselo, sapeva che si sarebbero riabbracciati in un modo o nell'altro.
-Dobbiamo andarcene- lo incalzò lo Spettro, passandosi una mano sul viso.
-Ti ho chiesto qualche minuto, Virgil, non è troppo... non...- chiuse di nuovo le palpebre, mentre lei gli carezzava la testa, sorridendo tristemente.
-Garrus, va'- gemette Lenore, sorridendo sempre, cercando di non cedere al desiderio di concedergli del tempo, tempo che avrebbe utilizzato per decidere di seguirla negli inferi -Abbiamo una missione, ricordi?- 
O forse era di Lenore il desiderio di seguirlo? Di aiutarlo, di vegliare su di lui... 
No, doveva lasciarlo crescere, camminare sulle sue gambe. Senza di lei, gli altri avrebbero riconosciuto il suo valore, la sua forza, sarebbe stato leader tra i più saggi, tra i più determinati a portare la sua gente in salvo dall'estinzione.
Conscia di avere davanti a sé l'insicurezza, decise di agire dandogli un bacio leggero sulla fronte, un sorriso e una stretta di mano -Sono fiera di averti avuto sotto il mio comando, Vakarian- recitò, facendo scorrere la mano sul bracciale di lui e stringendolo, in un saluto militare affine alla cultura militare di Garrus. 
Lui mosse le mandibole e ritornò a sorridere tramite quel solito sguardo dolce, le palpebre che si chiudono appena per poi riaprirsi, gioviali -È stato un onore, Shepard...-
Anche lui aveva capito.
La stretta al cuore, i polmoni che chiedevano aria e la gente attorno a lei che gridava alla vittoria.
Lui, gradualmente si sciolse dalla presa, lasciandola con un braccio sospeso a mezz'aria, la mano a chiudersi a pugno, mentre la lentezza di quel momento sfracellava ogni intenzione di corrersi incontro, di fermare l'addio e viaggiare finalmente verso la Galassia più vicina, per sfuggire ai Razziatori e alle aspettative che loro stessi si erano creati per salvaguardare le rispettive specie.
Può un organismo sintetico provare dolore?
Il dolore non è un fenomeno sensoriale, è un mezzo che consente al sistema nervoso centrale di riconoscere la presenza di un danno dei tessuti. 
Davanti a quelle sensazioni fisiche, Lenore vedeva la novità, i dati clinici al contrario confermavano una simulazione di processi già registrati dalla sua testa. 
E vedeva una novità anche trovare un'affezione così forte nei confronti di un suo compagno di squadra, cosa che era attaccabile, se osservata nello specifico. Lenore chiedeva fiducia in chi la circondava e Garrus non aveva aspettato un secondo nel darle aiuto. Affezionarsi, poi innamorarsi... è normale.
Anche quella era un'esperienza già affrontata da Lenore. L'oggetto era diverso, ma la sostanza combaciava... 
E la lontananza... oh, la lontananza! La stessa che lei aveva provato quando i suoi amici l'avevano abbandonata. 
È facile mentire a una macchina, darle l'impressione di sentirsi viva. Un'IA registra i dati che arrivano dall'esperienza, li immagazzina e li confronta con i dati preesistenti nella sua banca dati, infine, in base alle situazioni che si presentano, la macchina decide come rapportarsi. 
Libero arbitrio? No, solo l'impressione che le scelte siano dettate da quello.
Shepard aveva mantenuto un codice morale specifico, derivato dalla coscienza. 
Se però la Tecnologia specifica dei Razziatori li accomuna per perseguire uno scopo, allora perché non uniformare la programmazione di Lenore in direzione di quello? Mistero. 
E qual'era lo scopo di Shepard? 
Distruggerli, vivere, avere i giusti mezzi per concedere alle persone attorno a lei di sopravvivere... ecco la risposta. E questa doveva bastare per mettere in pace chi sapeva cos'era in realtà Lenore.
Quando raggiunse suo padre su quel campo di battaglia, Shepard era sicura di essersi svegliata da un brutto incubo, pronta a ricominciare la sua battaglia con determinazione.
Sintetico, organico, macchina, essere vivente... sono semplici epiteti, risultano ininfluenti se si ritiene importante opporsi, sopravvivere alla morte, vivere in funzione di uno scopo.
Lenore si portò su una sporgenza rocciosa, inerpicandosi per avere una visuale più ampia del prezzo che aveva dovuto pagare per la sua lotta. Poteva vedere Elysium allungarsi davanti ai suoi occhi, poteva sognare di afferrarla con le dita e farla sua mentre i difensori di quella piccola roccaforte si riunivano sotto di lei.
Una Turian sollevò lo sguardo, con lei Catfish, poi Klein, addirittura, coprendosi gli occhi con una mano per poterla mettere a fuoco sotto l'invasiva luminosità dell'alba su Elysium.
Lenore estrasse il Claymore, impugnandolo, poi lo sollevò in aria mentre il vociare dei soldati dell'Alleanza diventava un applauso, poi un grido di vittoria.
L'ultima battaglia, prima del raccolto. L'ultima vittoria, prima che le pareti della Galassia collassassero e si tramutassero finalmente in rovine.
La Veela si alzò in volo e passò leggiadra sopra la sua testa, la freccia che viaggia per colpire un bersaglio.
Shepard la seguì con lo sguardo per poi voltare la testa verso la luce del sole mattutino, in direzione della sua scomparsa, i raggi che volteggiavano sulla sua sagoma, in un circolo di fasci di luce.
Un sorriso radioso sulle labbra di Lenore, gli occhi azzurri frastagliati di topazio.
Due mani che si reggono a una ringhiera, osservando la donna allontanarsi dall'obbiettivo della telecamera. Due mani che vogliono strappare il divisorio in metallo per abbracciare un'immagine olografica, dolorosa crocifissione.
Il Cic della Veela restava in silenzio, conscio del dolore che Garrus non riusciva ad esternare, dolore che permeava dal suo sguardo, tragicamente limpido. 
Non è uso dei Turian piangere in questi casi, perché non è una cosa che ha senso. Le lacrime sono associate a motivi puramente fisiologici. 
Garrus si passò una mano sul viso, disperato.
Léannan era arrivata, aveva scalzato Reusanachd, entità che garantiva la sopravvivenza di Shepard e Vakarian nel mondo degli individui razionali, poi si era lentamente insinuata nelle loro vite, chiedendo loro di soffrire, in un momento in cui la sofferenza andava combattuta.
Il Turian staccò le mani dalla ringhiera metallica, voltandosi finalmente a guardare negli occhi Virgil, al suo fianco.
-Torniamo a casa, amico mio- esalò, evitando di prestare attenzione ad ogni scintilla di compassione che andava formulandosi nello sguardo dello Spettro.
Quest'ultimo sospirò appena, cingendogli le spalle con un braccio.
E si volsero entrambi a guardare la sagoma della Normandy alzarsi in volo, pronta a dirigersi verso Vancouver, ultimo porto sicuro prima del nero abisso del raccolto.

 

 

 

 

 

 

 

 

Epilogo

Il cimitero di Cipritine era disposto su un esteso manto erboso, giusto davanti a uno dei maggiori templi dedicati agli Spiriti Turian.
Non aveva importanza sapere a chi fosse dedicato quel maestoso esempio di architettura religiosa, non aveva senso esplicarlo, dato che il caldo era opprimente, quel giorno.
Un caldo umido, che si consolida in lacrime, che rigano le placche del viso fino a solleticare la morbida pelle del collo, proprio dove i vestiti la dividono dal collare metallico.
La credenza che i Turian piangano quando il caldo si fa opprimente è risaputa nell'esercito dell'Alleanza. Quando ci si trova al fianco di uno di quegli alieni e loro sembrano commossi non è mai perché la situazione è drammatica o triste, è perché la temperatura ha raggiunto vette talmente alte che loro sono costretti a espellere in quel modo i sali.
Tombe monumentali aveva il cimitero di Cipritine, tombe che sembravano uscire dal terreno come artigli. L'unica piccola lapide bianca (in quel abuso di marmo e acciaio) era fronteggiata da due Turian, vestiti del colore dell'infinito nelle loro divise militari.
Davanti a loro, dei tulipani terrestri giacevano ritti in un vaso... erano stati geneticamente modificati in serra per poter resistere alle rigide temperature di Palaven.
Garrus aveva voluto così, per onorare sua madre.
Il rosso e il giallo sembravano aver assorbito la luce di Trebia, riposti ordinatamente in una porcellana dello stesso colore del marmo.
Le usanze funebri, secondo la tradizione dei Turian, non prevedono omaggi floreali, bensì l'impiego del fuoco.
Ovunque, in quel cimitero, c'erano delle torce accese, bacchette di incenso sature del loro classico odore pungente e, infine, piccole lanterne a olio site al fianco delle tombe.
Il padre di Garrus non era riuscito a comprendere il perché di quei tulipani, ma aveva accettato comunque quella stranezza, porgendo un candido vaso al figlio e spingendolo a proseguire quel rituale inconsueto.
Se ne stavano lì, osservando quei fiori bere avidamente l'acqua del vaso, turgidi eppure fragili.
Garrus non aveva fatto in tempo a presenziare al funerale della madre, non era stato al suo fianco durante le ultime fasi della sua malattia. In effetti, quella era la prima volta che la vedeva dopo più di due anni.
-Non ti colpevolizzare- 
Suo padre aveva rotto il silenzio con la sua solita voce roca e flessuosa, poi si era chinato ad accarezzare uno di quei tulipani, rosso come Trebia.
-Avevi delle priorità ben più urgenti, Garrus- riprese, riordinando i fiori nel vaso come se non fossero ancora perfetti. Teneva a quell'incontro, il genitore, ed era nervoso forse più del figlio. Rivolse uno sguardo dolce alle incisioni sulla lapide, come per trarre la forza necessaria per continuare a parlare -Lei aveva capito, al contrario mio e di Sol...-
Garrus raggiunse con le dita il visore, prendendolo tra le mani, lo sguardo fisso sulle lettere argentate dell'iscrizione, delicate ed armoniose, come il nome di sua madre.
-Mi potrai mai perdonare?- mormorò.
Suo padre sospirò sommessamente, ancora accucciato. Poi si sollevò in piedi, raggiungendo il figlio e prendendogli il visore dalle dita. Corrucciato, lo osservò brillare per degli istanti, prima di assumere un'espressione carica di dolcezza.
-Vedi, Garrus, tu hai sempre ricercato la giustizia, facendo tutto ciò che era in tuo potere per ottenerla- disse, mentre riponeva l'oggetto sul viso del suo legittimo proprietario -Sei stato un ottimo figlio, hai reso fiera tua madre e hai portato onore nella nostra famiglia... a modo tuo, certo- si allontanò di un passo, mantenendo un'espressione amorevole -Siamo sempre stati fieri di te, figlio mio-
Garrus cercò i suoi occhi, infine scosse la testa, sospirando una risata -Se lo potessi raccontare a Shepard, di certo non mi crederebbe...-
I due si scambiarono un'occhiata intrisa di tenerezza, poi tornarono a fissare i tulipani che danzavano, mossi da una leggera brezza.

 

 

Sedersi dopo anni.
Ecco l'impressione che ebbe Garrus entrando nel suo vecchio appartamento, sito nella periferia di Cipritine. 
Dopo essere tornato in una Palaven sconvolta dalla furia dei Razziatori, aveva scelto di non occupare la sua stanza, nella casa paterna. Lo sguardo indagatore di Solana era qualcosa di insopportabile, mentre lo puntava sulla vistosa cicatrice del fratello, cercando una spiegazione che non avrebbe più ottenuto.
Si ritrovava in una casa polverosa, Garrus, intrisa di vecchi ricordi e piccole ribellioni alla famiglia. Datapad ammucchiati su un tavolinetto rettangolare, circondato da un vecchio divano liso. C'era ancora una tazza, sopra l'impronta di un vecchio caffè spanto.
E poi tanti quadri, quadri di immensa bellezza per lui, ma che in realtà non erano altro che articoli sulle imprese di eroi che suo padre detestava, che sua madre approvava silenziosamente per non andare contro alle idee del marito così incline a discussioni noiosissime sull'ordine e sulla disciplina...
Appoggiò il borsone in un posto dove non sarebbe passato inosservato, sollevando una fitta nuvola di polvere. Tre anni a finestre chiuse rendono una topaia anche l'appartamento più confortevole.
Si ritrovò a pensare Len stesa sul suo divano, mentre si lamentava di qualcosa, brandendo il Claymore contro qualche animaletto che abitava la dispensa.
Non volle pensare alla dispensa, o peggio, alla sua camera. Chissà con quali inquilini avrebbe dovuto condividere l'alloggio, chissà con quanti.
Rabbrividì, mentre raggiungeva il divano, appollaiandosi a gambe incrociate, come faceva Samara nelle sue meditazioni. Si riscoprì nostalgico quando collegò il factotum alla vecchia cornice di olofoto che teneva sul tavolino. Al suo interno c'erano diverse immagini, alcune di posti sconosciuti, altre della leva, altre con un paio di femmine. Si ricordò della sua prima indagine, quando era un adolescente... pensava che suo padre tradisse la madre nei lunghi periodi che segnavano le sue assenze. Alla madre era appena stata diagnosticata la croce che si sarebbe portata avanti negli anni... e lui non ne era ancora al corrente; un olofilm celebre diceva che quando le femmine impazziscono è perché il loro compagno le ha tradite. 
Fu in quell'occasione che Garrus s'interessò di programmazione. Recuperò la documentazione necessaria e si procurò le giuste risorse per infilarsi di nascosto nel factotum di suo padre. Morale della favola, il genitore gli aveva tolto il saluto per almeno due mesi e sua madre, pia donna, l'aveva presa sul ridere, offrendogli dolci e carezze per quella strana dimostrazione d'affetto.
Dopo una risata liberatoria, Garrus continuò a scorrere le varie olofoto... 
Rimase impietrito quando apparve dal nulla una foto di Lenore, scattata in occasione dell'addio alla Normandy SR-1, alla sua destra Wrex, alla sinistra lo stesso Garrus, intenti a lanciarsi qualche insulto dietro alle spalle di un Comandante stravolto dagli eventi.
Garrus spalancò gli occhi. Perché quella foto? Quando mai l'aveva avuta? Non si ricordava nemmeno il momento esatto nel quale era stata scattata.
Una morsa allo stomaco e la sensazione che le sue informazioni erano state estrapolate e inserite nell'esatto ordine nel quale erano state precedentemente inserite. Quella foto era la prova del misfatto. Un'errore dell'hacker o una firma? 
Spiriti, qualcuno sapeva, qualcuno era riuscito a bypassare il suo firewall senza che lui se ne fosse minimamente accorto, raggiungendo i dati temporali e leggendo tutto ciò che si era accuratamente premurato di nascondere.
Le dita scorrevano tremanti nella diagnostica del sistema, cercando almeno una traccia, un segno di quell'individuo misterioso che era entrato nel suo privato.
Un file sconosciuto, probabilmente un virus. Garrus spalancò gli occhi quando vide la scritta, in linguaggio galattico, recante la dicitura “Importante”.
Decise di rischiare. Aprì il suo terminale, sito in una stanza attigua, e collegò il factotum, attendendo con impazienza che i suoi programmi individuassero la percentuale di pericolosità di quel file.
Dopo uno scatto nervoso delle mandibole, Garrus si portò una mano a coprirsi la bocca, mentre vedeva apparire la data di creazione di quel file, un file video.

01/02/2164

Lei era morta in quel giorno.
“Oh, dannazione, eppure dovrebbe essere semplice contattare uno sbirro idio--... oh, sta registrando?”
La voce di Lenore colpì il viso di Garrus come la sferzata di un vento gelido.
Si era dimenticato del suo viso prima della rinascita, il rumore della sua voce così decisa e fredda... il Turian si abbandonò sulla sedia davanti al terminale, gettandocisi, come se le gambe non lo reggessero più.
“Garrus,” la Lenore del messaggio era corrucciata “Non riesco a contattarti in nessun modo...” protestava, mentre regolava la camera del suo terminale.
I suoi capelli stavano già iniziando a ricrescere, notò Garrus, la mano fissa a coprirsi la bocca.
“Volevo avvisarti che sarò di ritorno fra una settimana” fece lei attraverso il video, con un sorriso tra le labbra “Tempo di controllare un ultimo sistema... delle navi sono scomparse e ho paura che ci sia lo zampino dei Geth.” aveva intrecciato le mani sul tavolo, guardandosi attorno. Sembrava quasi in imbarazzo mentre si passava in continuazione una mano sulla testa.
“Faremo scalo alla Cittadella giusto il tempo che tu ritornerai a studiare sui libri e mollerai la pratica sul campo. Mi chiedo il perché di un addestramento sul campo così breve... mah!” aveva assunto una smorfia palesemente contrariata, Lenore, scuotendo la testa.
“Ai miei tempi ti lasciavano sulla luna con un palombaro di un secolo precedente e dovevi sopravvivere anche a costo di perderci la sanità mentale...” dopo esseri morsa il labbro inferiore, aveva sorriso, evitando l'obbiettivo della webcam, persa in chissà quale ricordo.
“Il videomessaggio è il mio ultimo tentativo,” Shepard si era abbandonata sullo schienale della sua sedia “dopodiché, verrò personalmente a tirarti fuori da quel buco che chiami appartamento nella Cittadella e tornerai sulla Normandy... ho cercato di contattarti in ogni modo, Garrus, ma i messaggi venivano rispediti al mittente... Cristo, siamo tornati al paleozoico, companach... e non c'è nemmeno Tali a farmi i fottuti backup... sai che vuol dire ricevere notizie e non riuscire nemmeno a, oddio, a formulare una fottuta risposta?” fece una pausa, osservando per un istante l'obbiettivo, assumendo un'espressione rammaricata.
Poteva Lenore provare del rammarico a quei tempi? Garrus si costrinse a non premere il tasto d'arresto, si costrinse a continuare a guardare. 
“Sì, perché tu stai aspettando un mio segnale da settimane... Cristo...” proseguiva Lenore, coprendosi il viso con una mano
“Ma certo che mi fa piacere averti a bordo, idiota! Una mano in più non fa mai male... sto iniziando ad odiare tutti questi umani... tu e Wrex mi mancate... dannati bastardi, la prossima volta che ci vediamo dobbiamo fare in modo di contattare pure lui... no, forse no.” alzò gli occhi verso un punto alla sua sinistra, spostando le labbra, come per pensare velocemente alle conseguenze di quella frase. Poi ritornò a fissarlo, con un'espressione devastante.
“Non so proprio cosa dirti... mi sono disabituata al suono della tua voce e sembra quasi che stia parlando con un estraneo. Forse è anche questo che mi spinge a parlarti da pari e non da Comandante... mi sento davvero stupida, ma vorrei cercare di... non lo so...”
STOP.
Fermare la riproduzione, una pausa doverosa per Garrus. Doveva respirare, doveva costringersi a guardare negli occhi quell'immagine... eppure si sentiva così vuoto, così colpevole. Perché non era rimasto sulla Normandy? Perché... 
Tante domande, tanti rimpianti. 
PLAY.
“Saremo pari, Garrus, questo mi conforta in parte... perché forse ora potrai capire perché ho dovuto compiere certe scelte, perché ho dovuto affrontare certe decisioni che magari non condividevi. Ecco... non ridere! Ti prego, non ridere... ma ecco... io mi sento molto sola, nemmeno Liara riesce a capire il perché di molte delle mie azioni... mi sta accanto, sì, ma non può capire cosa mi costa. Il fottuto conto alla fine dell'abbuffata...” Lenore si portò i polpastrelli sulle palpebre “sono dannatamente stanca.”
“Non vedo l'ora di chiudermi in un bar con te,” proseguì, riprendendo l'ombra di un sorriso “parlare dei vecchi tempi e ubriacarmi alla salute del tuo nuovo incarico di Spettro...” ridacchiarono insieme, e le loro voci furono per un attimo congiunte nella stessa stanza.
“Quindi, incontriamoci al bar. Offro io. Stammi bene, Turian... e cerca di non morire, intesi?”
Un sorriso, poi una risata mentre cercava di spegnere la webcam, impacciata come non mai. E le immagini continuavano comunque, mentre lei perdeva la pazienza e chiamava chiunque per spegnere la comunicazione.
Fa' che non si fermi... fa' che continui. Questo era quello che pensava Garrus, osservando il suo vecchio Comandante, osservando Len. 
Dopo un buon quarto d'ora, Lenore si ritrovava ad offendere Adams, mentre si occupava di spegnere personalmente il video.
Garrus rimase davanti all'immagine di anteprima del video, la mano tremante a coprirgli il viso.
Chi mai avrebbe potuto fargli uno scherzo simile? Chi mai poteva volergli così male?
E si ricordò, mentre il sorriso di Lenore si allontanava di nuovo dalla sua memoria, si ricordò mentre le labbra scoprivano i denti, mentre si chiudevano sulle sue, arricciandosi, imponendosi in modo fragile. Una sensazione che non avrebbe mai sostituito.
Si ritrovò a fantasticare, svegliandosi assieme a lei in un abbraccio doloroso, nella penombra di uno squallido motel, artigli che percorrono la fronte, le tempie, poi scivolano sulle labbra, schiudendole.
Poi vide sé stesso in una camera più ampia, un comodo letto dalle lenzuola perlacee, una nuova Lenore, priva di impianti e cicatrici, raggomitolata e di schiena.
Inseguì quell'immagine fragile e pacata in una corsa troppo lenta. Questo suo universo di decisioni e di incompletezza stava iniziando a sfocarsi, come una vecchia olofoto che viene eliminata tra le tante perché l'hard-disk non riesce più a leggerla.
L'immagine si sostituì con lo schermo del suo terminale, con quella voce che riprendeva a scusarsi, a dirgli che si sarebbero incontrati presto, davanti a un bicchiere di liquore... davanti a quel fantomatico bar.
Se li poteva immaginare, un Turian sfregiato e una bellissima donna umana, vestiti ancora delle loro armature, un bicchiere tra le dita e tante storie da raccontare.
Non è una notizia risaputa che i Turian abbiano imparato a piangere.
L'evoluzione porta all'acquisizione di nuovi modi per soffrire, nuovi modi per esplicare la sofferenza... nessuno può farci nulla, nemmeno Garrus, le mani ad afferrare qualcosa di invisibile nell'aria e i polsi a scontrarsi sulle palpebre.
“Quindi incontriamoci al bar. Offro io.”
Il terminale si chiuse, così come le palpebre di chi soffriva alla sua vista. 
La cornice sul tavolo brillava dell'intensità del Sole, in un sorriso composto e due occhi azzurri come il limpido mare di Scozia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

J's logbook

Maggio 21, 2013

Ultima pagina del mio logbook, ultimo capitolo di una storia sofferta e sentita.
Non mi sento di aggiungere nulla se non con un ringraziamento a chi c'è sempre stato, a chi c'è stato per poco e a chi ha scoperto la storia solo ultimamente e non ha voglia o tempo di recensirla o di mandarmi affancuore per via dell'editing barcollante (e non solo).
Ho molta paura di riprenderla in mano, ora come ora, nonostante gli errori siano tanti e le correzioni siano doverose. Ho appuntato tutto nel mio diario N7, prometto che, una volta finite le beghe accademiche, revisionerò sia DaY che IaM. Lenore deve camminare da sola e trovare la sua personale conclusione (io terrei d'occhio la sezione fra qualche giorno, fossi in chi ha apprezzato la storia :P). Ho osato parecchio, mi sono data delle tempistiche idiote e a volte ho davvero provato a crogiolarmi in un masochismo estremo. Cose belle! Sono soddisfatta! <---ma guardala come se la dice e se la canta da sola!
Ma 'via, ringraziamenti genuflessi a chi ha messo la storia nelle Preferite e nelle Seguite.
Ringrazio i miei meravigliosi aiutanti, consiglieri, amici, fratelli di Sdrogo: andromedahawke e MrMurkrow, che sono al mio fianco sin dall'inizio con discussioni appassionanti, headcanons a raffica e tanta comprensione. Con voi mi sento in grado di sconfiggere qualsiasi Platino con i Collettori (“my body is ready” cit. Virgil). Ahem... non da subito, però... *saluta Progenie con la manina*
Un ringraziamento speciale va ad Altariah e a shadow_sea, che hanno recensito capitolo per capitolo, sorbendosi i miei vaneggi nelle risposte e trasalendo scompostamente (immagino) per i dannati erroracci grammaticali D: una statua in marmo di carrara in arrivo! (a forma di crostatina giganorme)
Non mi dimentico di lubitina, che ha all'attivo una storia iniziata meravigliosamente ed è una persona altrettanto meravigliosa. Un abbraccio gigantesco!
Manca qualcuno? Uhm... se manca qualcuno vi prego di perdonarmi ç-ç sono sull'emozionato andante, non mi aspettavo che avesse questo successo e non mi aspettavo di finirla così presto.
Vabbè, nota lunghissima... ma non d'addio :3 purtroppo vi toccherà sorbirvi la sottoscritta per dell'altro tempo prima che esaurisca la vena da scribacchina. 
Arrivederci, insomma.
La vostra J. di quartiere.

   
 
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