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Autore: raincloud    21/05/2013    0 recensioni
Ricavo questo diario di fortuna da un quaderno degli ex abitanti del rifugio in cui sono nascosto...Sono stato sorpreso da delle violente piogge chimiche. La buca in cui sono riuscito miracolosamente a ripararmi verte in situazioni davvero aberranti... Oh si, dimenticavo, in questo miserabile buco sono costretto anche a sopportare la presenza di uno di loro: un esel.
Genere: Fantasy, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Qualcosa di prezioso


10 settembre:                                                                                                                                     
Ricavo questo diario di fortuna da un  quaderno degli ex abitanti del rifugio in cui sono nascosto. Se rifugio si può chiamare questa misera stanzetta scavata nella montagna. Sono stato sorpreso da delle violente piogge chimiche. La buca in cui sono riuscito miracolosamente a ripararmi verte in situazioni davvero aberranti, deve essere stata abbandonata un bel po’ di anni fa, sicuramente apparteneva ad un’inferiore, un esel.                                                                                                   
Oh si, dimenticavo, in questo miserabile buco sono costretto anche a sopportare la presenza di uno di loro. Il selvaggio era già qui quando sono entrato, diversamente non gli avrei permesso di entrare, inquinando il mio spazio vitale. Infondo a chi importa di un servo in meno?! Il selvaggio non ha mai alzato la testa da quando sono entrato. In un primo momento non mi ero nemmeno accorto della sua presenza, e come avrei potuto? Nero come il carbone se ne sta rannicchiato in un angolo in penombra. Sono ore ormai che sta fermo nella stessa posizione. Inizio a dubitare che sia vivo, ma non voglio avvicinarmi, aspetterò un altro po’, se le piogge non smettono mi arrischierò ad avvicinarmi, quantomeno, se è morto, potrò buttare il suo cadavere fuori, ci penseranno le piogge a decomporlo.

11 settembre:                                                                                                                                                          
Le piogge ancora non accennano a cessare. L’esel non si è mosso per tutta la notte e questa mattina mi sono arrischiato ad avvicinarmi, più che certo che ormai fosse morto, invece il selvaggio, sentendomi avvicinare ha alzato il capo e mi ha guardato. Aveva ragione mio padre, somigliano più alle bestie che agli esseri umani, per un attimo mi sono come rimbombate nella testa le sue parole “gli esel, sono una razza inferiore Naive. Anche se hanno fattezze simili alle nostre, non sono come noi, sono stati creati dal nostro Dio per servirci”. Ho avuto un brivido nel rimembrare gli insegnamenti di mio padre. Ho tentato di dissimulare ordinando all’esel di cercare un modo per uscire. Lui mi ha snobbato, come se fossi IO l’inferiore, mi ha fissato per un paio di secondi ancora, poi si è accucciato su un fianco, nascondendomi il viso, come una bestia ferita. Non capisco i loro comportamenti, l’ho lasciato stare. Ciò che mi preoccupa più di tutto, anche più della vicinanza di questo selvaggio, è la mancanza di cibo.

12 settembre:                                                                                                                                                                      
Non mi sento molto bene. Ho un forte cerchio alla testa e mi sembra di avere una cassa di piombo sul petto. Quando mi sono svegliato avevo appoggiata addosso una giacca. Ci ho messo un paio di minuti a riconoscerla: è la giacca che l’esel aveva addosso l’altro giorno, sicuramente questo schifoso vuole attaccarmi qualche orribile germe, sono sicuro che sia colpa sua se sono in questo stato.  

12 settembre (più tardi):                                                                                                                                            
Le mie condizioni non migliorano, mi sembra di avere un macigno al posto del petto e la mia testa che sembra voler esplodere da un momento all’altro, a tratti mi sembra di avere minuscoli omini nel cranio che si divertono a prendermi a pugni. Vorrei dormire ma fatico a respirare e ho paura di cadere in apnea nel sonno. Da qualche tempo ormai l’esel mi squadra, sono sempre più convinto che sia colpa sua se sono in questo stato. Schifoso verme, sicuramente starà godendo nel vedermi in questo stato per merito dei suoi germi. Poco fa mi ha porto un’erbaccia mezza rinsecchita, sono piuttosto sicuro che sia velenosa, chissà forse si considera magnanimo a darmi l’opportunità di scegliere come morire. Maledetto lui e tutta la sua razza.

13 settembre:                                                                                                                                                    
Sempre più debole per la mancanza di cibo, questa mattina presto (ancora non era sorto il sole ) ho ceduto alla debolezza e in un momento di follia ho mangiato l’erba che il selvaggio mi aveva avvicinato ieri, sono piuttosto sorpreso di non essere ancora spirato. La testa mi fa un po’ meno male e ho ripreso a respirare più o meno decentemente. Ciò che più mi preoccupa è la mancanza di cibo, sento costantemente i morsi della fame, se non fosse controproducente mi azzannerei il braccio.                                                                                                                                                                 
E così, spinto dalla fame ho deciso di rivolgermi nuovamente all’esel.                                               
 “credo sarebbe meglio cercare del cibo” ho buttato lì. Spero vivamente che il mio tono sia stato sufficientemente distaccato e autoritario, come mi è sempre stato detto che bisognava rivolgersi a qualcuno di inadeguato, non ne sono sicuro però perché il selvaggio non mi è sembrato affatto intimidito, ha semplicemente fatto spallucce e mi ha fatto notare che “non c’è modo di procurarci cibo, siamo bloccati qua dentro”. Questa risposta mi ha quasi fatto arrossire per la sua stupidità, ma ho obbiettato “intendevo dire che si dovrebbe cercare del cibo qua dentro” l’esel non ha risposto e da buon sottoposto si è alzato e si è messo alla ricerca di qualcosa di commestibile. Non sono sicuro che non lo abbia fatto per farmi stare zitto e dimostrarmi in qualche modo di avere ragione, ma sicuramente deve essere una mia paranoia; questi animali non sono in grado di pensare in una maniera così fine. Se c’è una cosa che gli esel sanno fare bene è sgobbare, riconosco, ora che lo osservo setacciare la stanza in lungo e in largo, non per niente sono dei somari.                                                                                                 Dopo un tempo incredibilmente lungo il mio servitore ha trovato una cassa. Non l’ha notata subito perché quasi del tutto sotterrata. Ha dovuto faticare un po’ per tirarla fuori, ma alla fine VITTORIA: la cassa contiene del cibo in scatola e della carne salata messa sotto vuoto più qualche bottiglia. Quantomeno non moriremo di fame. L’esel ha proposto di razionare il cibo, onde evitare di rimanere senza provviste se le piogge dovessero durare più del previsto. Non vi ho trovato nulla da obbiettare. Però, una volta razionato il cibo e presa la parte di questa sera l’esel ha insistito per farmi avere la maggior parte del cibo, strano, lui è il servo, io il padrone, non è possibile il contrario, è stato lui oggi a lavorare per me, non il contrario. E allora perché tanta premura? In più, fatico ad ammetterlo, ma mi sono sentito in colpa nell’osservare l’esel faticare per entrambi e non aiutarlo in nessun modo e ora ricevervi anche un guadagno, forse è un qualche strascico del malessere di ieri ... Non importa ora, l’unica cosa che voglio fare è mangiare.

14 settembre:                                                                                                                                                              
Non lo avrei mai ammesso, ma devo dire che gli esel sanno essere piuttosto ingegnosi quando ci si mettono, questa sera mi era venuta l’idea di accendere un fuoco per ripararci dal freddo, peccato che non vi sia acciarino o aggeggi simili in questa topaia, ma a quanto pare gli esel posseggono una strana capacità di accendere il fuoco senza l’ausilio di pietra focaia. Ammetto che sono rimasto piuttosto ammirato. Forse è stato grazie al silenzio prolungato di questi giorni, ma alla fine di questa serata io e il mio ospite abbiamo intrattenuto una breve conversazione. Pare che l’esel faccia di nome Minder e che sia di qualche anno più vecchio di me. Per quanto il suo nome si addica alla sua specie non si addice  molto alla sua persona: da ciò che ho potuto notare Minder è abbastanza forzuto, precisamente quello che mio padre avrebbe definito “un buon animale da lavoro”. Da ciò che ho scoperto Minder sa leggere e ha letto alcuni testi classici di quelli che il mio precettore mi costringeva a studiare. Suppongo sia un tipo molto riservato, ho scoperto che ha una compagna nella sua città, gli esel vivono in quartieri recintati, separati dalla vera e propria città, dove vivono gli uomini come me, gli esel, ho scoperto, ci soprannominano besitzer. Minder però non ha voluto dirmi a in quale città vivesse, sembrava quasi preoccupato nel parlare di se stesso, mi chiedo come mai.

16 settembre:                                                                                                                                                    
Niente  di rilevante in questi giorni. Le piogge persistono, a volte si interrompono per qualche minuto e poi riprendono. Ancora non vogliamo arrischiarci ad uscire. Inizio ad apprezzare la compagnia del mio ospite. Minder si dimostra un piacevole interlocutore, è attento e curioso, avrebbe fatto la felicità del mio precettore, e poi adoro vedere la sua espressione stupita e un po’ ammirata quando gli parlo di tutte quelle noiose cose che ho appreso durante le ore di studio, ma lui pare molto interessato nel sentirsi dire quanti siano precisamente gli abitanti del nostro continente o sciocchezze del genere, e personalmente ho sempre amato sentirmi ammirato. Sono ancora leggermente convalescente, ma mi sto riprendendo in fretta, Minder mi fa da infermiera, qualche volta mi ricorda paurosamente una chioccia, il pensiero mi fa ridere, neanche mia madre si premurò mai così tanto per la mia salute.

17 settembre:                                                                                                                                                          
Oggi le piogge hanno smesso. Per un po’ non abbiamo arrischiato a mettere il naso fuori dal rifugio per paura di poter essere sorpresi di nuovo dalle intemperie, ma forse sarebbe stato meglio: circa dieci minuti dopo la fine delle piogge, quando stavamo per uscire, siamo stati sorpresi da un drappello di soldati. Normalmente ciò non mi avrebbe preoccupato, ma sapevo di essere in territorio vietato. Di fatti questo gruppetto di imbecilli, che senza l’aiuto di un superiore non saprebbero neanche da che parte tenere il fucile, hanno deciso che era meglio farci fare una lunga ed estenuante marcia fino al loro campo base (dove si trova il superiore) piuttosto che ascoltare la mia versione dei fatti e lasciarci andare.  Branco di babbei.                                                                                      
A quanto pare il superiore è il tipo di uomo che avrebbero molto compiaciuto mio nonno. Ha creduto alla mia versione dei fatti. C’è solo un piccolo neo: il superiore è sicuro, anzi no, convinto, che Minder sia il responsabile di una specie di epidemia che si sta diffondendo tra i suoi uomini i cui sintomi sono spaventosamente simili al malessere che ho avuto questi giorni passati, la notizia mi ha fatto impallidire per pochi istanti. Ho provato a spiegare al superiore che Minder è sempre stato costretto con me in questi giorni, e che quindi non c’è modo che abbia potuto infettare i soldati. Il superiore è cocciuto, secondo lui Minder si è rifugiato nella grotta per sfuggire all’epidemia da lui stesso provocata e il mio malessere, secondo lui, non fa che avvalorare la sua tesi. Mi è anche stato dato ad intendere che ad un occhio meno indulgente io potrei essere visto come favoreggiatore, o peggio, come soldato ribelle e di conseguenza essere condannato. Non ho avuto il coraggio di ribattere. L’esecuzione è fissata per domani.

18 settembre:                                                                                                                                          
È mattina presto. Neanche l’alba. Sono ancora piuttosto sconcertato da quanto possa essere rapida la condanna a morte di un uomo, senza prove o sentenza. Minder, seduto di fianco a me, non ha chiuso occhio per tutta la notte, se ne sta fermo e buono accucciato con le ginocchia al petto a fissare il muro di fronte. Con una mano gli sfioro la spalla, cercando (credo) di dargli conforto. “l’ho capito sai?” dice, all’improvviso “giravano voci qualche tempo fa: i soldati ribelli volevano tentare il colpo grosso andando ad indebolire l’esercito con l’ennesima arma biologica, mi ero informato prima di essere cacciato dalla mia città. Quest’arma sarebbe stata in grado di riprodurre all’incirca gli stessi sintomi di un’embolia polmonare più una forte cefalea. Avrebbe dovuto indebolire i soldati poco a poco per poi portarli alla morte. Cos’è andato storto? Come ne sei entrato in contatto?”                                                                                                                                           
“devo aver toccato per sbaglio la provetta” rispondo atono. Per un momento avevo pensato di mentire, non so cosa mi fece cambiare idea, forse una parte di me sentiva di doverglielo “non sapevo quali fossero i sintomi, sono solo un sottoposto”                                                                    “in un primo momento non ho ricollegato i vari sintomi, è stato il vecchio a mettermi la pulce nell’orecchio. Una vera fortuna  che tu abbia contratto una forma leggera di virus, non credo saresti ancora vivo altrimenti”                                                                                                                                             “potresti denunciarmi ora - dico improvvisamente - avresti salva la vita” Minder scuote la testa, come se gli avessero appena detto una barzelletta schiocca “e a quale scopo, ad ogni modo non ho più un luogo cui tornare. Questa guerra non è di nessun interesse per la mia gente, vi combattete tra di voi per ottenere una posizione migliore, ma intanto radete al suolo le nostre case” ci fu un attimo di silenzio, in cui la colpa si faceva largo nel mio stomaco, strisciando “non sono arrabbiato. – dice - Forse in un primo momento lo sono stato, ma sai una cosa? Questa vostra inutile guerra mi ha portato via tutti gli affetti che avevo, non mi era rimasto nulla, ho perso di vista Wehmut, la mia donna, durante  il martellamento del nostro quartiere, non so se sia ancora viva. Naive, fino a pochi giorni fa ero un’ombra, senza più luogo o persona cui tornare. Sono felice di averti incontrato, mi hai reso di nuovo proprietario di una cosa, ed è mio dovere proteggerla” non feci in tempo a chiedergli cosa fosse: era ormai l’alba.


Mi hanno sempre detto, mentre da bambino osservavo il mio raggrinzito nonno starsene a morire nel suo letto, che man mano che si invecchia ci si asciuga, ci si rapprende, finché non si diventa rinsecchiti come le prugne d’inverno e che man mano anche il cervello si rapprende, fino a diventare lui stesso una prugna. Sinceramente, ora che sono vecchio non sento il mio cervello molto più raggrinzito di quanto non lo fosse quando ero giovane, sarà che mi sto rimbambendo … ripenso spesso a Minder e alle sue ultime parole. Ora come ora mi chiedo spesso cosa avesse trovato di così prezioso nei nostri giorni di convivenza, sono arrivato a considerare le sue ultime parole come uno squisito indovinello. Serbo per me un dolce ricordo dai giorni trascorsi insieme, ovviamente non posso definirli come i più brillanti o i più felici della mia vita, ovviamente no. Ma in quei giorni mi resi conto di quanto poteva essere idiota la razza umana. Ripenso spesso all’indovinello di Minder, ma ancora non arrivo a decifrarlo, forse perché sono un vecchio testone che ancora non vuole accettare l’idea di un’amicizia tra un esel e un besitzer.
 
 
 
 
 
Angolo autore:ho scritto questa storia per un concorso scolastico, non  ho vinto, ma mi sembrava una vera crudeltà lasciarla a marcire in un angolino del mio computer. Comunque, se siete arrivati fino a leggere le note finali tanto male non deve essere …
  
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