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Autore: whateverhappened    21/05/2013    3 recensioni
Magnus ricordava tutto, ogni singola cosa era catalogata nella sua mente ad una voce precisa. Il fatto che ora ogni singolo cassetto della sua memoria portasse ad Alec Lightwood era forse un dettaglio, ma di sicuro non di poco conto.
Gli era capitato più volte di essere preso da qualcuno, persino di essere innamorato, ma mai la sua mente era stata interamente occupata da un volto. Ora, ogni volta che ricordava qualcosa, trovava il modo di collegarvi Alec. Se vedeva un gatto nero per strada, pensava ad Alec. Quando prendeva sonno, Alec riusciva sempre a fare capolino nei suoi sogni, in qualsiasi scenario la sua mente fosse in grado di creare.
Alec era dappertutto e, Magnus lo sapeva, la cosa aveva fin troppo senso.

Ambientato dopo 'Città di vetro'.
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'ambientazione è post 'Città di vetro', ma contiene un piccolo riferimento alle Origini. Niente di spoiler, non di importante almeno, ma lettore avvisato mezzo salvato :)

 

 

 

 

Per la mia parabatai e la mia sorella-superamica-sorella,

per la pagina 122 e tutto ciò che le è venuto dietro.

 

 

Di ricordi, magliette rosse e risate leggere

 

 

Nel corso dei secoli, Magnus aveva maturato l'idea che le donne avessero ragione a non voler dire la propria età. Non perché per lui fosse avvilente dire quanti anni avesse – l'essere immortale non influiva affatto sul suo aspetto, che lo soddisfaceva a ottocento anni tanto quanto a venti – ma perché la rivelazione della sua vera età portava sempre a una serie di domande inutili e superflue. “Com'è stato assistere ai cambiamenti nel mondo?”, “È dura vedere tutto quello che conosci svanire e cambiare?”, “Ti senti mai solo?”... domande banali tanto quanto le risposte che forniva ogni volta agli sconosciuti che gliele ponevano. Solo poche volte gli era stato chiesto qualcosa di sensato, come quale fosse il look in cui appariva al meglio, se l'eleganza dell'Ottocento o le ghette degli anni Venti. Una delle domande più gettonate era, di sicuro, se ricordasse tutta la sua vita. Magnus rispondeva sempre con sincerità, dicendo che sì, con il giusto impegno mentale avrebbe anche potuto ricordare come era vestito a quel picnic fatto nelle campagne francesi nel Settecento. E Magnus sorrideva, ogni volta, allo sguardo poco convinto di quelle stesse persone che gli avevano posto la domanda.

Magnus non parlava mai della propria età ed esperienza, perché la gente non voleva mai credere alla verità. Credeva di voler sapere, ma poi non era pronta alle risposte. Nessuno voleva credere che ricordava quasi tutte le persone che avevano avuto un ruolo nella sua lunga vita, con cui aveva riso e scherzato, e che non c'erano più. Nessuno voleva accettare che una persona all'apparenza così superficiale come il Sommo Stregone di Brooklyn in realtà soffrisse ancora per delle perdite avvenute nel millennio precedente. Nessuno voleva capire che Magnus ricordava.

Lo stregone era solito paragonare la sua mente al suo armadio, sistemato in ordine e diviso per occasioni, con scatole e cassetti perfettamente etichettati e pronti ad essere aperti al momento giusto. Allo stesso modo, Magnus aveva memorizzato discussioni avvenute in diversi periodi della sua vita, persino battute scambiate in serate all'apparenza banali, e quelle gli tornavano alla mente quando viveva situazioni simili o, semplicemente, quando ne aveva bisogno.

O quando, come quella volta, qualcuno gliele ricordava.

Sospirò, ripensando agli eventi di qualche settimana prima. Quando aveva visto Tessa ad Idris non aveva potuto fare a meno di presentarle Alec e lei non si era lasciata sfuggire l'occasione per ricordare una battuta di tanti anni prima, quando aveva detto con tranquillità di non essere interessato alla distinzione fra un Lightwood e un altro. Tessa aveva scherzato, supponendo che quei ricordi fossero cari a lei soltanto, ritenendo che Magnus avesse rimosso quel particolare. Lui le aveva sorriso, lasciandoglielo credere, quando in realtà la sua mente era corsa a quel ricordo già diverse volte da quando Alec era entrato nella sua vita, così come le innumerevoli occasioni in cui aveva affermato il proprio amore per i capelli neri e gli occhi azzurri.

Magnus ricordava tutto, ogni singola cosa era catalogata nella sua mente ad una voce precisa. Il fatto che ora ogni singolo cassetto della sua memoria portasse ad Alec Lightwood era forse un dettaglio, ma di sicuro non di poco conto.

La voce della sua coscienza – che si rifiutava di paragonare ad un grillo parlante, molto meglio una bella farfalla – gli suggeriva ormai da tempo che Alec fosse quello giusto. Gli era capitato più volte di essere preso da qualcuno, persino di essere innamorato, ma mai la sua mente era stata interamente occupata da un volto. Ora, ogni volta che ricordava qualcosa, trovava il modo di collegarvi Alec. Se vedeva un gatto nero per strada, pensava ad Alec. Quando prendeva sonno, Alec riusciva sempre a fare capolino nei suoi sogni, in qualsiasi scenario la sua mente fosse in grado di creare.

Alec era dappertutto e, Magnus lo sapeva, la cosa aveva fin troppo senso.

Si morse un labbro, prima di girarsi appena nell'abbraccio di quello stesso ragazzo che riempiva i suoi pensieri. Alec lo stringeva con delicatezza, accarezzandogli lo stomaco con quegli stessi movimenti calmi che avevano viziato il Presidente Miao in quell'ultimo periodo. Poteva sentire il suo respiro calmo, cadenzato, attraverso quella maglietta rossa che lui stesso gli aveva comprato. Stava facendo finta di dormire, come lui del resto, ma Magnus riteneva se stesso un attore di gran lunga migliore.

Era bello condividere con Alec quei momenti di pura pace, lontano dal caos della città e ancor più dai rumori delle battaglie combattute fino a poco tempo prima. Erano solo loro due, nessun altro a spezzare quell'equilibrio che avevano delicatamente raggiunto con grandi sforzi da parte di entrambi. Magnus ancora non poteva capacitarsi di tutto quello che aveva fatto Alec ad Alicante, uscire allo scoperto come se fosse stata la cosa più importante in quel momento, quando invece la sua città era sotto assedio. Non se lo sarebbe mai aspettato e, sebbene lo avesse riempito di orgoglio e rafforzato quell'amore che già si era accorto di provare, aveva anche la fastidiosa paura che fosse troppo per lui.

Magnus non era mai stato modesto, sapeva di essere brillante e uno dei più grandi stregoni in circolazione, oltre ad avere una buona dose di fascino da poter sfruttare a pieno. Aveva sempre considerato come dovute forse fin troppe cose, ma gli era sempre andata bene così. Alec, per la prima volta, gli aveva fatto temere di non meritare qualcosa. Sapeva, sperava, che tutti i gesti di Alec erano un segno della forza dei sentimenti del ragazzo, che forse nemmeno lui sapeva di provare. Lo sapeva, eppure aveva l'insano terrore che una mattina Alec si presentasse alla sua porta per dirgli che gli dispiaceva, ma non valeva la pena di rischiare ogni cosa per lui. Era stato bello, saluti e baci e buona continuazione di esistenza.

Si morse il labbro con più forza, cercando di scacciare quel pensiero come faceva ogni volta, relegandolo al cassetto della sua mente che aveva ribattezzato come “ripostiglio delle cose brutte”, insieme ai ricordi di se stesso con abiti anni Ottanta. Il respiro di Alec sul suo collo, però, rendeva difficile accantonare quelle riflessioni: la paura di perdere quei momenti con il ragazzo lampeggiava nella sua mente come le insegne al neon del suo quartiere.

«Ehi».

La voce, sebbene fosse solo un sussurro, lo distolse immediatamente da qualsiasi pensiero. Si irrigidì appena, sentendo Alec muoversi alle sue spalle, seguendo quella voce che aveva imparato ad associare al fastidioso nodo allo stomaco dettato dalla gelosia.

Jace.

Fece finta di niente, mentre Alec si alzava e si avvicinava alla porta, dove probabilmente si trovava il suo parabatai. Magnus sapeva che non avrebbe dovuto essere geloso di Jace, non più. Non ora che Alec aveva fatto chiarezza nei suoi sentimenti e Jace era finalmente libero di poter stare con Clary, eppure non poteva negare quella nota di fastidio che portava la presenza del ragazzo. Sapeva di doversela far passare, vista l'importanza che ricopriva nella vita di Alec, ma non era necessario farlo proprio in quel momento. Cercò di rilassarsi, aguzzando però i sensi per poter sentire quello che si stavano dicendo i due.

«Vado in non so che locale con Clary» stava dicendo Jace. «Isabelle viene con noi, credo ci sia anche quel vampiro».

«Simon» lo corresse Alec. Magnus si ritrovò a sorridere, immaginando l'espressione infastidita che doveva avere Jace in quel momento.

«Sì, come ti pare. Tu... Voi venite?»

Magnus quasi trattenne il fiato, quando Alec rimase in silenzio per qualche istante.

«No... Penso che staremo qui. Grazie dell'invito».

«Come vuoi» rispose Jace e Magnus riusciva ad immaginarselo perfettamente mentre alzava le spalle, noncurante. Sentì i suoi passi allontanarsi e si rilassò, salvo poi ricredersi quando Jace tornò indietro.

«Alec» lo sentì chiamare.

«Che c'è?» rispose l'altro ragazzo, molto più vicino a lui di quanto non fosse due minuti prima.

«Devi proprio essere innamorato se metti quella maglietta» gli disse.

Magnus lo sentì soffocare una risata, ma non c'era cattiveria o sarcasmo nelle sue parole. Tese maggiormente l'orecchio per captare la risposta di Alec, che però era in silenzio. Poteva immaginarlo mentre si tormentava un labbro, fissando l'orlo della maglietta in questione. Quando lo sentì sbuffare leggermente, capì che aveva rialzato lo sguardo e che di sicuro aveva quel sorriso mezzo storto, un po' imbarazzato, che aveva sempre quando parlavano di loro.

«Penso proprio di sì».

Non poté impedirsi di sorridere, tutti i suoi dubbi di poco prima scacciati via da poche parole borbottate. Sentì appena Jace raccomandarsi di sfruttare a dovere l'assenza di tutti gli abitanti dell'Istituto, la sua mente era già occupata a studiare tutti i modi possibili per stuzzicare Alec e vederlo sorridere in quella maniera timida che tanto amava. Quando sentì il materasso piegarsi al peso del ragazzo si voltò, allungando le braccia fino a stringere la vita di Alec.

«Lo sapevo che non stavi dormendo» disse lui, ridendo, mentre si abbandonava al tocco dello stregone.

«Non lo sapevi. A ottocento anni, Alexander, si impara a fingere di dormire» rispose con lo stesso tono, attirando Alec fra le sue braccia proprio mentre quello scuoteva la testa.

«Ho sempre saputo che eri sveglio. Quando dormi...»

«Io non russo, Alexander Lightwood, non provare nemmeno a prendere questa scusa» lo interruppe, ridendo, ma Alec scosse di nuovo la testa.

«No, non russi. Però fai dei versi strani...» Magnus cercò il suo sguardo, dubbioso.

«Versi strani?» chiese. Era una cosa nuova, quella. Nessuno, in tutta la sua vita, gli aveva mai detto qualcosa di vagamente simile. Osservò Alec, che era arrossito appena e gli stava rivolgendo quel sorriso impacciato che tanto aveva bramato.

«Sì, ecco... Sembra quasi...» si interruppe, mordendosi il labbro, e Magnus si ritrovò a sorridere. Gli prese la mano e seguì con le dita il profilo della runa permanente che vi era disegnata.

«Dillo. Sono curioso, dai. Giuro che non ti mangio» ridacchiò. Alec sospirò, quasi a prendere coraggio. Magnus si chiese se non parlasse la lingua degli stregoni, nel sonno. Quello sì che sarebbe stato inquietante.

«Ecco... Sembra quasi che fai le fusa» borbottò Alec, arrossendo, quasi avesse rivelato chissà quale verità imbarazzante, quando in realtà sarebbe dovuto essere Magnus ad essere imbarazzato.

«Non lo sapevo. Vorrei dirti che proverò a smettere, ma sai, dormendo...»

«No!» Alec lo bloccò di colpo, gli occhi azzurri spalancati. «No, cioè, voglio dire... mi piace. Sembri sempre rilassato, in pace. È... bello, rassicurante».

A quelle parole, Magnus lo guardò a bocca aperta. Non si stupì nemmeno di quella reazione, così poco da lui, che aveva sempre la risposta pronta. Con Alec le parole spesso sparivano, nascondendosi in qualche strano recesso della sua mente, lasciandolo totalmente in balia degli eventi. In quei momenti, Magnus non aveva a disposizione ottocento anni di esperienza, ma solo quello che gli veniva suggerito da un istinto che finiva sempre ed inevitabilmente per spingerlo fra le braccia di quel diciottenne scarmigliato. Quella volta non fece eccezione e, mentre cercava le labbra di Alec per tentare di comunicargli una minima parte di quello che agitava dentro di lui, pensò che ottocento anni di ricordi potevano tranquillamente finire nel ripostiglio delle cose brutte per lasciar spazio alla risata leggera di Alec.

 

 

*

 

 

 

 

Una piccola nota finale per ringraziare tantissimo chi ha letto questa cosetta in anteprima e mi ha convinta a pubblicare (soffro di ansia da pubblicazione, sapete, e l'essere nuova nel fandom non aiutava XD).

Un grazie particolare, poi, a Somuccia. Grazie dei “devi leggere Shadowhunters, devi, devi amare i Malec” che mi hanno portata qui <3

   
 
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