Libri > Alice nel paese delle meraviglie
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Autore: Alchimista93    22/05/2013    3 recensioni
E' Alice catapultata nel mondo della Pazzia, o la Pazzia che è dentro Alice?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alice, Cappellaio Matto, Coniglio Bianco, Gatto del Cheshire, Regina di Cuori
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Corri Alice. Corri lontano e fuggi via dalla tua famiglia così soffocante e austera. Segui il Bianconiglio nella sua Tana e non temere di sporcare il tuo prezioso vestito turchese o il tuo grembiulino bianco. Seguilo e meraviglie ti si pareranno dinnanzi. Il Paese ti sta aspettando.
 
“Ma che cosa…?”
La testa le girava in modo terribile e tutto attorno a lei era confuso. I colori si sovrapponevano gli uni agli altri, mentre le pareti della stanza – stanza ? Quale stanza ? – non stavano ferme proprio per niente.
“…Dove sono..?”
Si portò la mano alla fronte imperlata di sudore freddo, scostandosi i capelli biondissimi, cercando di venire a capo della situazione. Stava discutendo animatamente con quella donna circa il giorno del pane e marmellata – un giorno si e uno no, ma chissà perché non veniva mai il giorno si – quando all’improvviso era stata presa dalle guardie della Regina e accusata di qualcosa. E ora si ritrovava nella cella più strana e inquietante che avesse mai visto in vita sua, non che le avesse mai viste per davvero: era grande circa quanto la sua cameretta in citta, con nessuna finestra, tuttavia. Era tutta colorata, le pareti a strisce variopinte che formavano dei ghirigori e effetti ottici da star male.  Il pavimento sembrava essere la brutta imitazione di una coperta patchwork, in quello che sembrava essere marmo. Al centro campeggiava un tavolino di cristallo finemente lavorato che stonava terribilmente con l’ambiente generale del Paese. Raggi di luna –provenienti da un quadro appeso alla parete, l’ennesima stranezza del Paese – colpivano una scatolina dorata che era adagiata su di esso, facendola luccicare debolmente. Alice mosse alcuni passi, incerta, il vestito azzurro che frusciava ad ogni suo passo, accompagnato dal tacchettio delle scarpette in tinta che portava.  Portò la mano a quella scatolina, aprendola con dita tremanti: l’ultima volta che aveva aperto una scatolina come quella si era ritrovata gigantesca. E infatti… Ecco di nuovo quei biscotti.
Eat me.
Alice ne prese uno, soppesandolo con lo sguardo, indecisa sul da farsi. Lo doveva mangiare ? Un brivido gelido le corse lungo la schiena ripensando a quello che sarebbe accaduto il giorno dopo.
L’avrebbero uccisa. Senza “se” e senza “ma”. Chi comandava lì era la Regina.
Guardò il biscotto.
“Cosa aspetti a mangiarlo, Alice?”
Un sorriso a trentadue denti galleggiava nell’aria. Alice sgranò gli occhi, ma non si lasciò sorprendere questa volta, anche se era probabilmente non ci si sarebbe mai abituata a quel genere di comparse.
“Stregatto?”, lo chiamò la ragazza con voce incerta.
“E chi sennò?”  Fece una risatina da far gelare il sangue nelle vene, poi proseguì:”Mangia un biscotto e portali con te. Non si sa mai quando potrebbero servirti…”
“Che mi succederà se lo mangio? Diventerò grande come allora?”, chiese preoccupata rigirandosi il biscotto tra le mani.
Altra risata. Stava iniziando a darle davvero sui nervi quel tipo. “Beh, se te lo dicessi ti rovinerei la sorpresa!” e detto ciò si dissolse nell’aria, così com’era arrivato lasciandole quasi il dubbio che fosse davvero comparso e che non fosse il frutto della sua mente, provata dal Paese.
Oh, beh, fanculo.
E mangiò il biscotto. Era parecchio dolce e le lasciò sulle dita un velo di zucchero. Se le leccò appena, poi fece per riporre la scatolina in una tasca del grembiulino, ma, quasi subito, il mondo iniziò ad ingigantirsi: il tavolino, il quadro e ogni cosa era diventata gigantesca.
Woa… Poi realizzò: non era tutto ad essersi fatto più grande, era lei che si era rimpicciolita.
Grandioso! Ora potrò fuggire via! Riesco a passare tra le sbarre della cella!
Corse verso la porta, oltrepassando le sbarre con un misto di soddisfazione. Finalmente lo Stregatto che dava un buon consiglio, una volta tanto. Avanzò velocemente, ansiosa di andare via dalla prigione e di tornare a casa dopo quella confusione che caratterizzava il Paese. Corse per il corridoio, iniziando a stancarsi dopo un po’ dato che, ridottesi le dimensioni, le ci voleva molto di più per raggiungere l’estremità dell’androne. Improvvisamente si sentì vibrare lo stomaco e il mondo iniziò lentamente a rimpicciolirsi come prima e le cose attorno a lei assumere le giuste proporzioni. In pochi attimi tornò ad avere le dimensioni normali.
Le guardie della Regina stavano animatamente giocando “ a carte” tra di loro quando videro la bambina sbucare nel bel mezzo del corridoio. Per pochi lunghi attimi i due fronti si guardarono, gli sguardi indecifrabili, poi le guardie si lanciarono addosso alla bambina che cercò di scappare, ma in pochi istanti fu agguantata nuovamente.
“Lasciatemi, lasciatemi!”, si lamentava urlando e agitandosi tra le mani delle guardie che la stringevano saldamente per non lasciarla scappare. “Dannato, dannatissimo Stregatto!”
Alice fu trascinata dinanzi al tribunale all’aperto della Regina, dove un mucchio di carte da gioco scrutavano l’ambiente con cipiglio severo. La Regina era tutta intenta a mangiare una grande torta zuccherosa, rosa confetto con un enorme fiocco di marzapane su di essa e crema appiccicosa e densa.
“Regina?”, la chiamò una delle guardie con una vocina esile, sudando a freddo, per quanto delle carte da gioco possano sudare a freddo. Ma sua Altezza si stava leccando con gusto le dita ricoperte di pasta di zucchero e non lo stava ascoltando.
“Regina?”, la chiamo di nuovo con voce ancora più bassa e flebile.
La Regina si voltò con sguardo cattivo, i piccoli occhietti neri che luccicavano di cattiveria.
“TAGLIATEGLI LA TESTA!”, urlò con voce altissima  da soprano sbattendo sul tavolo il pezzo della torta che stava mangiando. Il Bianconiglio, che le stava affianco, esclamò animatamente “Forza, forza! Non c’è un attimo da perdere, tagliategli questa testa!” e in men che non si dica… ZAC! La testa della povera guardia che aveva osato disturbare lo spuntino – uno dei tanti – della Regina rotolava tra le rose. Nel frattempo, un uomo dallo sguardo stralunato e dal gusto della moda piuttosto singolare le si avvicinò sgusciando tra le carte.
“Cappellaio! Che ci fate qua?”, sussurrò Alice al suo indirizzo, perplessa.
“Sono il tuo avvocato Alice, sta tranquilla ho un metodo infallibile per farti rilasciare.”
Oh, cielo, se lui è il mio avvocato posso anche tagliarmela da sola la testa…
Poi ci fu il silenzio, rotto soltanto dallo schiocco della lingua di sua Altezza mentre mangiava con gusto l’ultima fetta di torta. Alice deglutì, iniziando a sudare a freddo: cosa ne avrebbero fatto di lei? Cercò lo sguardo del proprio avvocato, ma il Cappellaio sembrava tutto intento a sfilacciare la tesa del proprio cappello.
La Regina si voltò, si pulì per bene la bocca carnosa, si mise il rossetto – rosso fuoco per la cronaca – e si accomodò per bene sul trono. Poi starnutì, una, due, tre volte, si asciugò il naso con un fazzoletto meravigliosamente ricamato – tre cuori in un angolo ne delineavano l’appartenenza – e la guardò per lunghi attimi.
“Allora, di cosa è accusata questa bella bambina?”, chiese con tono più dolce inaspettatamente, le punte delle dita che si incontravano a mezz’aria.
“Questa bambina…”, fece il Bianconiglio con voce squillante, ma la ragazza lo interruppe.
“Alice!”, esclamò correggendolo, irritata.
“…Alice, è accusata di aver rubato la Torta Rossa della Regina!”, terminò, i baffi vibranti dal fastidio.
Tutti i presenti – guardie, nobiltà, il Cappellaio e perfino quell’omuncolo del Re, che stava seduto al fianco della Regina con la corona di traverso, trattennero il respiro sonoramente. Anche Alice si spaventò non poco: quella “Torta” aveva proprio l’impressione che fosse scritta con la “t” maiuscola data l’importanza che sembrava avere. La Torta Rossa era la torta più preziosa della Regina, quella che veniva fatta appositamente per lei per il giorno del suo compleanno. Molti pasticceri perdevano la testa per realizzare la perfezione più assoluta di quella torta.
“Alice! Non si fanno queste cose!”, esclamò il Cappellaio verso di lei con aria di disapprovazione, schioccando la lingua.
“Ma io non ho fatto niente!”, gli disse arrabbiata.
“Avete sentito, Maestà? Ha detto che non ha fatto niente, quindi è innocente!”, disse il Cappellaio allargando le braccia come per abbracciare tutta la giuria. Sembrava che quell’unica frase fosse la sua arringa per cercare di farla rilasciare.
“SILENZIO!”, urlò la Regina sbattendo lo scettro su uno dei braccioli del trono. “Io decido chi è colpevole e chi no!”
“Ma io…!”, iniziò Alice, poi si dovette tappare le orecchie tanto che la Regina gridò forte.
“SILENZIO HO DETTO!”. Starnuto. “Ha interrotto la Regina, non una ma ben DUE volte! TAGLIATELE LA TESTA!!! E già che ci siete tagliate la testa anche al suo avvocato!”
Le guardie, allora, iniziarono ad assieparsi tutte attorno a lei, sciamando ed emanando dei gridolini di soddisfazione: finalmente una testa – anzi due – sarebbero cadute. Una doppia esecuzione era emozionante.
“Lasciatemi, lasciatemi!”, si dibatteva la ragazza. Oh, mio Dio, questi mi tagliano la testa adesso! Come devo fare, come devo fare? Agguantarono anche il Cappellaio  e, mentre li portavano al cospetto della Regina, dalla tasca del Cappellaio cadde una scatolina.
“ALT!”, esclamò la Regina. Tutto si fermò. La Regina spostò lo sguardo dal Cappellaio alla scatolina e viceversa.
“Cosa c’è in quella scatolina?”, gli chiese con aria incuriosita. Alice abbassò lo sguardo su quella scatolina, sorpresa tanto quanto il Cappellaio. Era la prima volta che la vedeva, non ne aveva idea.
“Un regalo per voi.”, fece con un sorrisetto enigmatico il Cappellaio.
“Aprila.”, tagliò subito corto la Regina, indicando Alice e fissandola con quei piccoli buchi neri che aveva al posto degli occhi. Alice, con mano incerta e tremante, aprì la scatolina. Dentro vi erano dei biscottini che somigliavano in tutto e per tutto a quelli che aveva mangiato nella cella. Poi si allontanò di nuovo dal Cappellaio che stringeva tra le mani quella scatolina.
Improvvisamente una guardia inciampò nel secchiello di vernice rossa con la quale stava dipingendo le rose bianche del giardino, facendo un gran baccano e facendo voltare le teste di tutti quanti. Con la coda dell’occhio, Alice vide qualcosa addensarsi nell’aria vicino ai biscottini. Vide un sorriso a trentadue denti e del pelo viola evanescente. Con una zampa prese i biscotti dalla scatolina, mangiandoseli in un sol boccone, per poi sostituirli con altri biscotti identici ai precedenti. Con una risata silenziosa si leccò i baffi e svanì nell’aria lasciando nessuna traccia del proprio passaggio. Alice strabuzzò gli occhi. Era lo Stregatto. Ma cos’erano quei biscottini che aveva sostituito? E cos’era quel profumo dolcissimo – così dolce da farle male alle narici – che emanavano quei biscotti?
“Portatemi quella scatolina!”, esclamò la donnona con fare imperioso, cercando di sbirciare all’interno per capire cosa vi fosse contenuto. Gli e la strapparono di mano e la portarono dalla Regina. Il profumo si dissolse e Alice capì come se avesse ricevuto un’illuminazione.
“Maestà, non mangiate quei biscotti!”, disse Alice tendendo una mano verso di lei. In cambio ricevette una occhiataccia da parte della suddetta e da parte del Cappellaio, mentre stringeva tra le mani piccole e grassocce quella scatola.
“Zitta tu, che sto cercando di farti rilasciare!”, sussurrò il suo avvocato con cipiglio irritato. “Sennò qua cadono le teste di tutti e due!”
“Non hai capito, non sono gli stessi bi-…”, iniziò quando la Regina le fece segno di tacere o le avrebbe tagliato la testa. Poi fece cenno alle guardie che la imbavagliarono con rapidi e bruschi movimenti.
“Mmm…Biscotti.”, disse con aria da intenditrice osservandoli da sotto le lunghe ciglia nere. “”Mangiami”. Si penso che lo farò.” e detto ciò ne prese uno e lo accostò alla bocca per poi fermarsi all’ultimo e cambiare idea. “Prima tu, Cappellaio.”, e gli e ne porse uno.
“Ma sono di sua Altezza…”, replicò con fare lusinghiero il Cappellaio e un sorriso da adulatore professionista.
“Insisto.”, disse con gelida fermezza la Regina incrociando le dita dinanzi a se e restando a guardarlo.
Non potendo rifiutare un’offerta simile, il Cappellaio prese il biscotto in mano.
Non sa niente dello scambio…
Alice fece per fermarlo, ma una delle guardie la trattenne con la forza lanciandole uno sguardo ammonitore. Il Cappellaio Matto prese il biscotto con tutta tranquillità e se lo mangiò, assaporandolo con gusto. Alice trattenne il fiato, incapace di dire loro cosa fosse successo, imbavagliata com’era.
Il Cappellaio si voltò verso di lei sorridendo e mimando un “ Visto?” con le labbra, poi si voltò verso la Regina profondendosi in un inchino fino a terra. Alice tirò un sospiro di sollievo: che lo Stregatto avesse voluto solo farla preoccupare inutilmente ?
Il Cappellaio si riavvicinò alla Regina per baciarle l’anello che recava con sé all’indice e si era appena inginocchiato dinanzi a sé quando iniziò a tossire. Il cuore di Alice perse un colpo e prese a forsennatamente. Che cosa era successo? Cosa stava succedendo? L’ennesimo colpo di tosse lo sconvolse  e questa volta una macchia di sangue fece seguito, macchiando la mano della Regina.
“Toglietemelo subito di dosso!”, proruppe la Regina cercando di allontanarsi e strappando via la mano dalla sua presa, gettando la scatolina lontano da sé. Il Cappellaio ricadde all’indietro iniziando ad agitarsi sulla schiena come in preda a crisi epilettiche. Una schiuma rossastra gli fuoriusciva dalla bocca mentre orribili gorgoglii gli risalivano dal fondo della gola. Poi smise di agitarsi, dopo un lunghissimo minuto di agonia, il sangue che gli usciva dalle labbra in un piccolo rivoletto scarlatto. Ci fu il silenzio per interminabili attimi, poi la confusione generale: carte che correvano in tondo agitando le picche, i Cuori, i più sconvolti, che gridavano e innalzavano un lamento acutissimo mentre la Regina minacciava di far rotolare teste se non avessero immediatamente ripulito la sua “preziosa mano regale”. In quel caos nessuno badò più alla povera Alice che approfittò della propria temporanea invisibilità per sgattaiolare via dal Tribunale e dal Giardino, iniziando a correre a più non posso. Corse via prendendo la prima strada che incontrò dinanzi a sé. Era calata la sera sul Paese delle Meraviglie e una strana luna campeggiava in cielo. Un paio di uccellini erano posati su di un albero e non appena la ragazza si avvicinò a loro questi presero a strillare come se fossero impazziti, prendendo il volo. Continuò il suo vagabondare per tutta la notte, le lacrime che le rigavano il viso. Quel Paese non era per niente come se lo era immaginato e ora il Cappellaio era anche morto… Pianse lacrime amare mentre tutto ormai le sembrava minaccioso: i rami spogli degli alberi erano dita adunche che cercavano di ghermirla e di riportarla dalla Regina, i Fiori Canterini erano bestie pronte a sbranarla e ad ogni suono sussultava perchè gli scagnozzi della Regina erano sempre più vicini. A quanto pare si erano accorti della sua assenza ed ogni tanto sentiva un “ tagliatele la testa!” sbraitato da sua Maestà in lontananza. Ad un certo punto inciampò e cadde al suolo, storcendosi la caviglia, graffiandosi le braccia con un arbusto secco. Rallentata a questo modo, iniziò a temere che non ce l’avrebbe fatta. Zoppicò, il dolore pulsante onnipresente che le impediva di pensare lucidamente. Ad un certo punto i cani della Regina la raggiunsero. Li sentiva ansimare e sbavare dietro di lei, ringhiare, pronti ad azzannarla non appena si fosse fermata per riprendere fiato. Le faceva male il petto ed ogni boccata di aria era una stilettata. Poi la raggiunsero del tutto ed uno dei cani la morse alla gamba facendola cadere al suolo urlando. Con le lacrime agli occhi per il dolore cercò di trascinarsi più avanti in preda ad un solo pensiero: mi devo allontanare dalla Regina. Poi la sua mano afferrò il vuoto, facendola cadere in avanti. La ragazza gridò, cadendo nel buco del terreno che l’aveva salvata da tutti loro, ma che l’avrebbe ammazzata vista l’altezza. Il dolore le appannava la vista e cercava di farla sprofondare nel sonno, ma si trattenne. La caduta sembrava interminabile, ma attese. Stava sprofondando fino al centro della Terra ? Perse la cognizione del tempo. Era passati secondi, minuti, ore o giorni da quando era caduta? Non sapeva darsi risposte.
Alla fine arrivò, atterrando solo con un leggero tonfo – sorprendentemente – su quella che sembrava erba verde e morbida. Si guardò: aveva il vestito sporco e lacero ed era tutta coperta di tagli e lividi ovunque. Inoltre la caviglia era gonfia e non riusciva a poggiarla per rimettersi in piedi. Sentì Morfeo impadronirsi di lei mentre scivolava in un sonno profondo e senza sogni.
                                                                                                      ∞
“Alice? Alice!”
Dove sono?
“Alice svegliati!”
Lasciatemi in pace, fatemi dormire.
“Alice apri gli occhi!”
La ragazza aprì gli occhi. Tende di broccato rosa antico circondavano il proprio letto a baldacchino mentre nell’aria si diffondeva un profumo d’incenso fortissimo. Voltò il capo da una parte incontrando lo sguardo preoccupato della propria sorella minore.
“Alice!”, esclamò abbracciandola forte.
“Ugh, piano…”, mormorò Alice sentendo dolore ovunque.
“Scusa!”, si affrettò a dire la sorella lasciandola subito. “Mamma, mamma! Si è svegliata!”, e corse via.
La mamma si precipitò nella stanza in una nuvola di capelli dorati come le due figlie, poi le piantò quegli irritanti occhi azzurri addosso, squadrandola.
“Finalmente ti abbiamo trovata.”
Non sembrava contenta di vederla. Alice rimase in silenzio.
“Hai idea di quanto tempo tu sia stata via?”, continuò con lo stesso tono piatto e neutro di prima.
Alice scosse la testa pentendosi subito di averlo fatto: le doleva ovunque.
“Sei stata via tre mesi da casa. Pensavamo fossi morta.”
“Non sei contenta di rivedermi?”, chiese la ragazzina sconfortata. Per cosa era scappata dal Paese? Per tornare in quella casa dove sembrava che nessuno le volesse bene eccetto sua sorella?
“Hai rovinato l’onore della nostra famiglia e ci hai messi in ridicolo. Dove pensavi di scappare?”, la incalzò la madre con uno sguardo arrabbiato.
“Ma io… io non sono scappata… Sono caduta nella tana del Bianconiglio… e la Regina ha cercato di tagliarmi la testa… Ma poi sono scappata, è stato terribile… E poi…”, iniziò a spiegare, ma la madre la interruppe con una espressione scioccata.
“Sei cosa? Bianconiglio? Regina? Alice potevi davvero inventarti una scusa migliore.”, disse la madre con tono di profonda disapprovazione.
“Ma è vero, ma’… Sono caduta nel Paese delle Meraviglie e non riuscivo a tornare a casa… Lo Stregatto mi ha incastrato e il Cappellaio Matto è morto mentre quella pazza della Regina continuava a urlare “ tagliatele la testa!” e… e poi ancora e ancora…”, riprese la ragazza incespicando nelle parole dalla foga di raccontare, quando la madre si scostò e fece cenno a qualcuno in corridoio.
Ve lo avevo detto che era pazza…Rinchiudetela…” la sentì bisbigliare Alice ad un uomo e ad una donna completamente vestiti di un bianco sporco e slavato.
Ci pensiamo noi signora, non si preoccupi”
Le si avvicinarono con fare apparentemente tranquillo, ma Alice si mise subito in allerta.
“Che volete farmi?!”, esclamò cercando di alzarsi dal letto, ma la inchiodarono alle lenzuola. “Lasciatemi, lasciatemi!”
“Stai buona, piccola, hai solo bisogno di un po’ di aiuto e noi siamo qua per fornirtelo.”, disse la donna con un sorriso falso sul volto infilandole un ago nel braccio.
“Lasc-…”, fece per dire, ma la lingua le sembrava essere diventata improvvisamente infinitamente pesante, impedendole di parlare. In poco tempo si addormentò.

Alice si svegliò in una stanza completamente bianca, ricoperta di gomma e tessuto altrettanto bianchi, le palpebre ancora un po’ pesanti a causa del sonno indotto. Le sbatté confusamente per qualche secondo per poi cercare di mettersi in piedi.
Tump. Cadde lunga distesa e fortunatamente non si fece male grazie a quella insolita protezione che le forniva la stanza. Una camicia di forza le impediva di muovere le braccia.
 Oh cielo, sono in manicomio. Non mi hanno creduto e ora sono in manicomio.
Il panico la assalì, cercò di rimettersi in piedi ma niente. Alla fine, strisciando verso la parete riuscì a rimettersi più o meno seduta. Fissò il vuoto per lunghi istanti.
Cosa mi vogliono fare…? L’elettroshock? Tenermi qui a vita…?
Passarono le ore e la luce del sole che filtrava dall’unica finestra – o per meglio dire feritoia – nella stanza si fece sempre più fievole fino a svanire del tutto. Venne la notte, con le sue ombre ed il buio più totale. Un gelido terrore iniziò a insinuarsi dentro di lei, risalendo la schiena e facendole formicolare la nuca.
E poi giunsero le voci.
Voci, da un angolo della stanza, dall’incontro tre le due mura imbottite.
Prendetela!
Tagliatele la testa, tagliatele la testa!
Acciuffatela!
Non lasciatevela scappare!
Un buco si aprì nella gomma di protezione mentre dita artigliate grattavano e graffiavano la gomma cercando di ghermirla e chiamandola per nome.
Alice!
La ragazza urlò e si agitò, cercando di togliersi la camicia, con l’unico risultato di avvicinarsi solo di più a quel buco nel muro.
“Aiutatemi! Aiutatemi! La Regina mi vuole tagliare la testa, aiuto, aiuto!”, gridò sbattendo i piedi contro le pareti nella speranza di farsi sentire mentre gli strilli eccitati della Regina erano sempre più vicini mano a mano che il buco si allargava. Intravedeva le picche delle carte cercare di infilzarla, ogni istante più vicine a lei. Arrivarono a sfiorarla e sentì il sibilo dell’aria che le picche fendevano al passaggio.
“Aiutatemi vi prego!”, urlò ancora.
Una guardia fece irruzione nella stanza guardandosi attorno.
“Stai zitta! Sto cercando di dormire!” le sbraito contro, per poi richiuderla dietro di sé.
Non vedeva niente. Stava immaginando tutto.
Oh, mio Dio, sono impazzita. Chiuse gli occhi. Passeranno, è solo la mia immaginazione.
Al di là della porta, la guardia sentì un urlo agghiacciante provenire da Alice. Si alzò svogliatamente pronto a zittirla un’altra volta. Guardò attraverso il buco che serviva per darle da mangiare.
Alice era sparita.
  
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