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Autore: damnhudson    22/05/2013    0 recensioni
«La tua mamma almeno c’è.» Rispose la bambina, alzando di nuovo lo sguardo, notando che il bambino ora si avvicinava a lui, stranito.
«Tu hai un papà. Siamo pari, non pensi?»
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Finn Hudson, Santana Lopez
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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7.07 - Happy ending

I festeggiamenti aspettavano Finn Hudson e la sua squadra. Quella sera avrebbero dato il meglio di loro, esagerando con la birra, dandosi alla pazza gioia con urla e schiamazzi che mai avevano sentito prima le pareti di quella stanza. I Jets avevano perso l'ultima partita di campionato, eppure era come se l'avessero vinta. Come se si fossero portati a casa il titolo finale, il titolo che spettava ai vincenti. Non erano usciti da vinti, mai. Il quarterback della squadra, Finn Hudson, aveva fatto un discorso che aveva impedito loro di abbattersi. Andava tutto bene. Erano tra amici, e quell'estate si sarebbero dedicati semplicemente alla spiaggia, al calcio sulla sabbia e agli allenamenti sporadici. Si sarebbero riuniti di tanto in tanto per mangiare una pizza tutti assieme e a metà Agosto sarebbero tornati sul gigantesco campo e sarebbero tornati i Jets di sempre, pronti alla loro rivincita contro i Giants.
Nonostante i suoi due migliori amici "abitassero" nell'altra squadra, Finn aveva deciso che voleva che ci fossero anche loro nel suo festeggiamento personale. L'amicizia era amicizia, lo sport era un'altra cosa. Anche se quello era il loro lavoro, ormai.
«Okay, okay... Ne ho una io. - Fece Matt, il vecchio Matt Rutherdoff alzandosi col suo boccale di birra pieno. Lo poggiò sul tavolo e spingendo sulle gambe saltò sul tavolo, recuperandolo. La squadra si zittì per un momento infinito, ascoltando Matt. - Porca miseria! Non vi ho mai sentiti così silenziosi in tutta la mia vita! Comunque. Era il terzo anno di liceo. Finn Hudson, il qui presente, stava con una bomba sexy, chiamata Quinn Fabray.»
La maggior parte dei ragazzi che stavano a quel tavolo, si girarono a guardare Noah, il quale rideva a crepapelle, perché quella al momento era la sua ragazza. « Beh, mica posso spaccargli la faccia perché ha detto la verità. Avete visto tutti Quinn alle mie partite!»
Alcuni annuirono, altri spostarono direttamente lo sguardo su Matt, pendendo dalle sue labbra, aspettando che tornasse a parlare. Finn, Mike e Noah sapevano benissimo dove il ragazzo di colore sarebbe andato a parare, ma lo lasciarono andare, perché erano un po' tutti brilli e non avevano voglia di alzare il culo dalla sedia.
«Grazie Puck, dicevo... Finn stava con Quinn Fabray, la quale faceva parte del club della castità. Come ogni ragazzino della sua età che ancora non aveva mai avuto l'onore di toccare nulla di... sostanzioso - Noah gli lanciò un'occhiata, forse stava esagerando. Alzò le mani al cielo e sorrise. -, una volta, diventarono talmente intimi da andare a pomiciare in una piscina con l'idromassaggio e Finn... beh, Finn, credette di venire. Simultaneamente a questo incontro ravvicinato, il qui presente Noah Puckerman si era fatto la Fabray, mettendola incinta, boom, non lo sapevate? »
«Si chiama Beth, è bionda come la madre ed è stata data in adozione. Ma continuiamo a vederla, perché è la nostra piccola bimba perfetta.» Noah spiegò il tutto, evitando gli sguardi degli altri. Matt gli fece un cenno col capo. Non si stava scusando, gli stava solo ricordando quanto quella fosse la scelta giusta da fare e lui fosse orgoglioso del ragazzo con la cresta da mohicano. Si erano tutti comportati da amici, quando era successo tutto quel casino e sebbene Noah e Quinn non stessero più assieme al tempo, gestirono la cosa nel migliore dei modi. Fu in quel frangente, che Finn si accorse che erano fatti l'uno per l'altro.
«La storia comunque è quella che è, difatti, Finn credeva di aver messo incinta la sua ragazza di allora, venendo in piscina. Insomma, come i bimbi che non si toccano la mano per paura di avere un bambino.»
«Ah-ha. - Finn si battè una mano sul busto, facendo finta di ridere. Era divertente sentire quelle storie, essendo passato così tanto tempo, aveva paura di averle dimenticate, ed invece erano scolpite nella memoria dei suoi amici e la cosa lo faceva sorridere e gioire allo stesso tempo, perché significava che loro c'erano stati, sempre e comunque, anche se Matt parecchio tempo dopo si era trasferito in un'altra scuola. Era contento di averlo ritrovato. Aveva fatto un po' il giro del mondo, ma era stata una piacevole sorpresa, quando si era ritrovato con lui alla Pace University. - Jolene, fammi un altro giro, per favore!»
Fanculo, era ricco, poteva permettersi tutti i giri che voleva di birra e poteva permettersi anche di pagare tutto a tutti.
Non c'era nulla nell'aria che lo rendesse triste. Erano quei momenti in cui pensava che la sua vita lo soddisfasse a pieno, che non avesse proprio nulla di cui pentirsi. Come poteva mai averlo deluso la vita? Nessuno lo aveva mai mancato di rispetto, quando era uscito dal liceo, aveva intorno le persone che desiderava, Quinn, Puckerman, Rachel e Jesse, che erano un pacchetto completo ormai. Dove andava uno, andava l'altro, per forza. Mercedes, che sentiva di tanto in tanto, Sam, Tina che era ancora la "storica ragazza dell'altro asiatico", Artie che gli aveva proposto di girare un documentario con lui, Sugar che era la ragazza di un suo qualche compagno di squadra. Aveva rivisto persino Brittany alla quale aveva deciso di non portare rancore, perché le cose andavano come andavano, lui non comandava il cuore di nessuno.
Gli mancava solo Santana, all'infinito appello. Una sola persona che avrebbe scambiato con la metà di quelle, anche solo per una telefonata, un messaggio, un incontro sporadico. Esagerava, chiaro. Non avrebbe mai scambiato nessuno dei suoi amici, ma spesso Santana, l'ispanica tutto pepe, gli mancava come l'aria. Forse un motivo per essere triste c'era eccome.
E con quei pensieri, una risata con gli amici ed un boccale di birra perennemente pieno, si fece tarda notte, e gli amici incominciarono a congedarsi. Tina e Quinn furono richiamate dai loro ragazzi stessi, affinché andassero a prenderli, visto come avevano bevuto. Avevano chiesto a Finn se volesse un passaggio e lui aveva accettato di buon grado, con la promessa che sarebbe tornato l'indomani a prendere la sua adorata macchina, Anita. L'aveva chiamata così. Quella con Anita era la cosa più vicina che aveva ad una relazione amorosa.
Fu una volta in macchina, mentre guardava l'amore infinito di Tina e Mike, che si rese conto di una cosa. Quei due ragazzi si conoscevano da una vita, dal primo anno di liceo. Tina avrebbe potuto scrivere un libro sulla biografia di Mike, con annessi i difetti e i pregi, sapeva tutto e probabilmente se si girava la cosa, anche Mike avrebbe potuto farlo. Era strano, ma si era ritrovato ad invidiarli, tanto, troppo. Così, una volta arrivato a casa, prese la cornetta del telefono e compose il numero di Rachel, aspettando che quella rispose.
« Pronto? » Una voce maschile e piena di sonno rispondeva al telefono.
« Oh, porca... - Finn non continuò ma per il semplice motivo che scoppiò a ridere pesantemente, ubriaco fradicio. - Ciao, mi sa che ho sbagliato numero.»
« No, cretino, sono Jesse. Sono le cinque di mattina, dove cazzo sei?» Il ragazzo, Jesse St.James si stava alzando dal letto, per non disturbare il sonno della sua principessa ebrea. L'aveva lasciata mentre le sorrideva, gentile e pieno d'amore.
« Uhm? Ciao, Jesse! No, sono a casa mia. Volevo... parlare con Rachel. Devo... chiederle scusa.»
« Per cosa, Giant? Sta dormendo, domani ha la seconda audizione per il remake di Funny Girl.» Rispose Jesse, chiudendo la porta della veranda alle spalle e accendendo la sigaretta che lasciò tra le labbra.
« Perché l'ho delusa. L'ho delusa tante volte, quando stavamo assieme. Credeva fossi il suo vero amore...»
« Meno male che ha ri-incontrato me, allora! Non avrei permesso mai che la sua vita fosse un'illusione.»
Ci fu un momento di silenzio, con Finn che ponderava o forse che si era addormentato. Aveva chiamato Rachel, ma aveva risposto Jesse. Anche questo lo fece pensare. Aveva bisogno di una persona che rispondesse alle sue chiamate? Che lo lasciasse dormire per sbrigare una faccenda importante? Lui era davvero importante come credeva di essere? Forse per se stesso, sì. Ma per gli altri...
« Cazzone, svegliati. - Jesse lo rimproverò e Finn riemerse dai suoi pensieri.»
« Sono sveglio, ma ho bevuto... tanto, tantissimo. »
« Ci hai chiamato per dirci che ti manca Santana? Ancora, Finn?»
"Ancora"? Allora lo faceva spesso? I suoi amici erano stufi di lui, sapeva che Jesse andava a mirare lì. Stava cercando di dirgli che doveva andare avanti o chiamarla. Forse doveva chiamarla. Jesse St.James non era mai stato famoso per la sua pazienza, ne aveva ben poca con chiunque non si chiamasse Rachel Berry.
« Giant, domani a cena, chiederò a Rachel di sposarmi. Ho comprato un anello con un diamante, spargerò casa nostra con petali di rose bianche. Lo farò solo per lei, per ricordarle che la amo e che voglio passare il resto della mia vita con lei. Quand'è stata l'ultima volta che hai preso una decisone sensata nella tua vita?»
« Prima di ridurmi in questo stato. Ho deciso che Tom dovesse fare un blitz per difendere la nostra linea. »
« Ti è sembrata una buona decisone? A me no. Avete perso contro i Jets, e io ho perso la mia dannata scommessa.» Jesse respirò il fumo e poi lo lasciò andare fuori, godendosi l'accenno di alba che iniziava ad uscire allo scoperto.
« St.James! Hai scommesso su di me? Aww, è la cosa più carina che tu abbia mai fatto per me, dopo il fatto di avermi detto di non dover mai più danzare vicino alla tua ragazza. - Finn respirò a lungo e poi si buttò sul letto. - Se il blitz non conta allora non prendo decisioni decisive dal terzo anno di liceo.» Quando aveva lasciato Santana. Una vita fa, praticamente.
« Chiamala e non romperci più il cazzo la notte! Buonanotte, Giant.»
« Buonanotte, Jesse. Dì a Rachel di cantare Next to me! E falle i miei più cari auguri!»
« Non si dice-... »
Ma Finn aveva chiuso, lasciando un Jesse basito davanti a tutta quella faccenda. Se avesse dovuto interrompere ancora il suo sonno, sarebbe andato a prenderlo a pugni, lo giurava.

(*)

Erano passate tre ore da quella chiamata, Finn non aveva chiuso occhio ed era entrato in doccia, dopo aver bevuto una quantità immane di acqua e soprattutto di caffé. Adesso si sentiva super attivo ed aveva deciso che andare a correre lo avrebbe aiutato a smaltire la sbornia. Incontrò fan, paparazzi... Incontrò giornalisti, che gli chiesero di descrivere il suo stato d'animo nei confronti della sconfitta e della vittoria dei Giants, ma tutto quello che seppe dire fu: " Sono contento per Chang e Puckerman. "
Diplomatico e modesto come al solito. Gentile, onesto... I Jets si vantavano sempre di questo quando parlavano in conferenza. Il loro quarterback era ricercato da tutte le squadre, in quel periodo, come se tutti volessero averlo con loro, ma Finn nonostante tutto, non avrebbe mai lasciato i suoi compagni d'avventure.
Fu un cartellone pubblicitario a stravolgergli la giornata. Uno di quelli in mezzo alla strada, abnormi e che attiravano l'attenzione. Tipo quelli che avevano una donna nuda sopra, con solo le mutande e il seno coperto. In questo c'era la faccia di Santana, con i capelli sciolti neri che le cadevano sulle spalle e un sorriso che andavano a pubblicizzare West Side Story.
Era stata una perfetta Anita, al tempo. Nonostante non sapesse che parte le fosse toccata, era sicuro che sarebbe decisamente andato tutto bene, perché Santana Lopez spaccava i culi.
Era una decisione presa sul momento, ma si stava infilando una cravatta ed una camicia, comprava dei fiori e li faceva recapitare nel camerino di Santana. Broadway non era mai stato il sogno di nessuno dei due, ma adesso si sentiva così strano ad esserci dentro, a prendere posto e guardare un palco con ansia, mentre non aveva nessuno dei suoi migliori amici attorno. Se ci fossero stati Mike, o Puck, avrebbero di certo schernito i capelli della signora davanti o si sarebbero chiesti se l'uomo che stava al suo fianco aveva o meno il collo... invece era solo, ad aspettare Santana. Che si sarebbe esibita come Maria. Rachel Berry l'avrebbe uccisa, Dio solo sa quanto. Chissà chi sarebbe stato il Tony della ragazza. Sbuffò e d'un tratto le scene si oscurarono e tutto venne a mancare, perché c'era Santana, più bella che mai.

(*)

« Lolita? Questi fiori? » Santana si sedette esausta alla poltrona, dove avrebbe tolto la metà del trucco e si sarebbe accasciata. Stanca, esausta e stremata. Le venivano in mente più sinonimi per esprimere il tutto.
« No se. Me siento, Santie. » Rispose con un perfetto accento spagnolo. Le sciolse i capelli e li pettinò con cura.
« Sono molto stanca... »
« Però sei stata eccezionale, pequenita. » Lola le fece eco, annuendo alle sue stesse parole. Era un talento, quella ragazza. Tanto pagata quanto talentuosa. Guadagnava davvero molti soldi e se li meritava tutti, insomma. Santana si strinse nelle spalle quando dietro di lei comparve una grossa figura, quella di Andy, probabilmente, il suo nuovo ragazzo. Uscivano assieme da nemmeno un paio di settimane, forse tre settimane, nemmeno un mese. A Santana non interessava molto, ma comunque era un buon passatempo, uscire e divertirsi un po' ed evitare di pensare.
In effetti, era da un paio di settimane che non guardava i notiziari sportivi, che non si interessava a nulla che riguardasse il football. Nulla di nulla, aveva lasciato alle spalle o almeno ci provava a lasciarsi alle spalle lo sport. Lontano dal cuore, lontano dalla mente, o qualcosa del genere. Non aveva mai imparato i modi di dire, strano a dirsi, visto che sapeva a memoria ogni cosa riguardasse un copione, compresi i sospiri... Questo le ricordava, per chissà quale motivo, che una sera lei e il suo primo ragazzo, Finn, l'avevano passata a guardare il football, mentre lui le spiegava con cura ogni cosa potesse servirle un giorno.
Strano a dirsi, sebbene fosse stata tutta colpa sua, le mancava Finn. Non si era mai lasciata alle spalle la loro relazione.
La figura ancora identificata come quella di Andy, si andò a sedere su una poltrona nera, posta dietro quella di Santana e quando questo alzò lo sguardo e Santana lo incontrò, ebbe un fremito. Fu qualcosa di veloce, come in quei film dove vicino alla propria morte, tutti i ricordi tornavano alla mente. Non poteva dire se era o meno piacevole rivivere la sua adolescenza da capo, compresa l'infanzia, ma sul suo volto si fermò un sorriso, perché nella sua memoria un ricordo con Finn si era fermato. Adesso il ragazzo era proprio lì. Sentiva il cuore che le batteva all'impazzata, non sarebbe potuta diventare famosa perché quel giorno le sarebbe venuto un infarto. Era bello, bello come il sole, bello come sempre. I capelli pettinati in un crestino basso, con una bananina come chiamava la madre quella pettinatura. Aveva un'espressione stranamente stanca in volto e qualcosa le diceva che il campionato era finito, non sapeva perché, ma aveva visto quell'espressione beata una volta, al party Berry, il secondo, quando quella volta non era lui l'autista desiganto. Era in uno stato confusionale, stanco ma allo stesso tempo felice. Ed era felice anche lei.
« Finnocence. - Si era decisa a parlare, perché il ragazzo continuava a stare sulle sue a guardarsi intorno dentro il camerino. Lui era abituato a spogliatoi unti e puzzolenti, mentre quello era il posto preferito di Santana ormai. - Qual buon vento? »
« Ti ricordi il mio posto preferito, Santana? E' cambiato. »
« L'amaca tra i due alberi davanti a casa tua, ma sei sempre stato un po' indeciso. Un giorno era quello, l'altro il campo da football. Adesso quale è? » Chiese lei, senza capire il nesso del discorso che il ragazzo si stava preparando ad affrontare. Avrebbe voluto leggergli nella mente, perché adesso che lui la guardava, poteva chiaramente sentire le ginocchia cederle. Non aveva mai più incontrato uno sguardo del genere, dal vivo. Aveva conosciuto attori e attrici, visto il mondo, seguito Finn alla televisione, eppure vederlo dal vivo era tutta un'altra cosa.
« Il mio posto preferito è decisamente il campo da football. Ed è seguito dal mio momento preferito: quello in cui a testa bassa entro nel campo e quando poi alzo lo sguardo, vedo tutta quella gente lì per me, per supportare la mia squadra. E allora mi rendo conto di una cosa, una sola.»
Santana lo osservava, mentre era assorto in qualcosa che le sfuggiva, ma non chiese nulla, lo conosceva, avrebbe a breve ripreso a parlare, così le avrebbe spiegato tutto quello strano blaterare.
« Quando tutto cambia, non te ne accorgi, lo sai? Te ne accorgi in cinque giorni, al massimo. Il primo giorno ti svegli in una stanza diversa, il secondo mentre ti guardi allo specchio, inizi a pensare che forse non sei così brutto e stupido come ti dicevano al liceo. Il terzo giorno, mentre vai a lezione, incontri una ragazza che ti chiede di prendere un caffé con lei e allora si rafforza il punto due. Il quarto giorno ti offrono un contratto di quattro anni nella squadra migliore del mondo di football, rafforzando in maniera lata il punto due, ancora. Il quinto giorno, ti stabilisci all'università, da solo, senza nessuno e ti rendi conto di non aver bisogno di nessuno. Al contrario di quanto pensavi nemmeno due settimane prima. Il giorno sei, sei una persona totalmente diversa che quasi non ti riconosci allo specchio, quando parli, quando mangi. E allora sei cambiato! Ne hanno dette così tante su di me... Un giorno ero stupido, l'altro grasso, quell'altro ancora brutto da fare paura. Hanno detto che mio padre aveva lasciato mia madre e che quest'ultima faceva finta di piangere la sua morte, ma che se l'avessero cercato in Brasile, l'avrebbero trovato a ballare la samba alla faccia nostra. Hanno detto che non avrei mai combinato nulla di buono, di mettere da parte tutti i miei sogni e di lavorare con Burt. Sai quale è la cosa peggiore di tutte, Santana? Il fatto che io abbia iniziato a sottovalutare me stesso perché ci credevo: io credevo a loro. Ho iniziato a prendere a pugni il mondo, senza accorgermi che era lui che mi prendeva a pugni, lasciandomi senza fiato ogni volta che cadevo. E sono caduto tante volte, ce n'erano alcune che credevo che sarei morto lì e mi rallegravo, perché se fossi morto, avrei dimostrato al mondo che mio padre mi stava aspettando lì. - Anche se non sembrava, il ragazzo si prendeva della pause, non gli sarebbe mai passata la delusione verso quel mondo che adesso si era costretto a chiamare casa, probabilmente non gli sarebbe mai passata nemmeno la paura di ritrovarsi nuovamente col sedere per terra, piangendo come un bambino. - Ma sai cosa ho imparato nel corso degli anni, da persona stupida che dicevano che ero? Che la vita va avanti e che non la puoi controllare. E anche se chiedi perdono per la persona che sei, è come scartare i regali e non trovarci nulla, capisci la metafora?»
Capiva, capiva alla perfezione la metafora, Santana Lopez, mentre lo guardava dallo specchio. Non aveva voglia di piangere, non particolarmente. L'unica cosa che voleva fare era abbracciare il ragazzo, dirgli che le dispiaceva per tutto, ma che comunque non si pentiva. Come aveva amato Brittany, aveva amato lui. Forse era stato questo a distruggerlo, ma non era così egocentrica da pensarlo. A Finn Hudson l'aveva distrutto il mondo intero, con i suoi pugni, come aveva detto lui stesso. Era stato distrutto da quando era piccolissimo, ma lei l'aveva osservato tanto e l'aveva visto rimettere a posto ogni santissimo pezzo del suo cuore, attaccato con la colla ma solido e aveva fatto attenzione a non farselo rompere mai ignaro. Perciò lei aveva annuito e basta, pensando che forse era ora di far sentire al ragazzo la sua voce, anche.
« Finn, mi dispiace averti fatto del male. C'è stato un momento della mia vita in cui tutto sembrava così dannatamente sbagliato, compreso stare con te. Mi sentivo così sbagliata per tutto il mondo che quasi non volevo starci più. E sai quanto sia pesante sentirsi in questa maniera. Sai quanto sia triste, guardarsi intorno e non vedere nulla. Tu lo sai. »
« Non ti ho mai fatto una colpa per avermi lasciato, Santana. Vorrei dedicarti una canzone, oggi, ma non vorrei fare brutta figura. Mi hai reso quello che sono, e io sono un guerriero, lo sono sempre stato. Mi hai solo svegliato, ma non sono qui per questo, sono qui per chiederti se vuoi uscire con me. »
E perché sebbene non lo avrebbe mai ammesso, le mancava. A Finn Hudson mancavano i modi scontrosi di Santana Lopez e aveva tutta una vita per riprovarci con lei, anche se quella volta gli avesse detto di no, sarebbe tornato allo spettaccolo del giorno dopo, presentandosi con un mazzo di fiori diverso, chiedendole di uscire, ancora una volta, perché Santana era l'amore della vita di Finn e l'aveva lasciata andare via una volta, ma non questa.




Sinceramente non mi aspettavo di finirla! Anche perché c'è stato un momento in cui me la sono proprio dimenticata come storia e mentre pensavo alla storia che scrivo, mi é giunta in mente. Inoltre siamo in periodo di maturità e io sono piuttosto indietro! Comunque questo é l'ultimo capitolo e forse é il mio preferito, a dire la verità. Questa é l'ennesima Finntana che aggiungerò alla mia collezione. Però m'é piaciuta tanto scriverla. :)
Voglio ringraziare tutti coloro che l'hanno letta, recensita etc e voglio mandare un abbraccio e un ringraziamento speciale a chi me l'ha betata, fangirlizzata e tutto. Sei la mia salvezza. E lo sai. <3
Buona permanenza su efp, torno quando meno ve l'aspettate.
- Marti
   
 
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