Serie TV > Arrow
Ricorda la storia  |      
Autore: nes_sie    23/05/2013    5 recensioni
Sono trascorsi quattro anni dall'ultima volta che si sono visti...
Del tuo passato rimangono solo macchie imprecise che seppure indelebili riesci a nascondere bene, perfino e soprattutto a te stessa.
Adesso esiste Heather Brooks.
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Helena Bertinelli, Oliver Queen
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Questioni in sospeso.





 

 

«Helena. Quello che ho fatto. Tutto quello che ho fatto, l'ho fatto... perché tengo a te.»
«Peccato che io non possa dire lo stesso.»

Arrow, 1x08

 


 

 

Suona la campanella, ti annuncia che la lezione di Letteratura Inglese è conclusa e gli alunni ti ringraziano e salutano, chi con un sonoro sbadiglio, chi stiracchiandosi braccia e gambe; Allison Scott seduta al primo banco, dove tiene il libro di matematica già disposto per l'ora successiva, ti rivolge un “A domani, signorina Brooks”, tu ricambi con un sorriso. Il resto intorno a te è un concerto di voci, risate tra compagni che si punzecchiano a vicenda, i due nell'ultima fila a sinistra accanto alla finestra si lamentano della mole di pagine da studiare che hai loro lasciato; arrivano rumori cacofonici dai corridoi. Il silenzio non ti piace più, te ne sei resa conto da quattro anni a quella parte.
Raccogli la borsa, dove hai appena riposto il libro de L'Otello che stavi leggendo alla classe fino a qualche minuto prima, afferri il registro con l'altra mano e ti avvii verso la sala dei professori.
«Ehi, Heather, hai saputo? Il professor Allen si sposa. Chissà chi è la poveretta, non la invidio proprio.»
Samantha Estrin insegna educazione fisica, nonostante non sia per nulla sportiva e odi sudare, ma il padre voleva che seguisse le sue orme (insegna fisica e chimica in un college nel New Jersey) e lei lo aveva accontentato, così le piace puntalizzare sempre.
«Senti, ora devo seguire una classe – credo li ammazzerò di addominali –, che ne dici se domani sera andiamo a prenderci un aperitivo? È venerdì!» ti chiede con entusiasmo e tu non puoi fare altro che accettare. Bruce dice che mantenere rapporti con le persone è essenziale perché ti tiene ancorato alla realtà ed è un ottimo modo per evitare domande, lo sai anche tu. Samantha, poi, ha la tua età e in fondo ti piace stare in sua compagnia. Con lei è impensabile il silenzio.
«Certo, perché no.» Ti congedi con un saluto veloce, ti infili nei corridoi tutti uguali dell'edificio. Un'altra giornata è trascorsa, ti senti bene, hai fatto il tuo lavoro e lo hai fatto con la tua solita passione, sei soddisfatta e appagata. Una sensazione che hai imparato a scoprire da poco. Del tuo passato rimangono solo macchie imprecise che seppure indelebili riesci a nascondere bene, perfino e soprattutto a te stessa.
Adesso esiste Heather Brooks.

 

 

«...Helena.»
Ti irrigidisci al suono di quella voce che pensavi non avresti mai più udito. Rimani immobile, con la mano che tiene ancora la maniglia dello sportello della tua auto, ma la presa è serrata e il tuo riflesso sul finestrino fa crollare per un attimo le certezze che con tanta fatica avevi acquisito. Sai che è ancora lì, dietro di te, così ti volti e la donna che avevi visto prima non c'è più.
«Ciao, Oliver. Ne è passato di tempo.»
È come lo ricordavi, la tua mente ritorna indietro nel tempo e riconosce tutti i suoi tratti, ma c'è qualcosa che senti vi divide, lo noti da una luce diversa negli occhi... consapevolezza?
Lui sa.
«Che ne diresti, se prendessimo qualcosa da bere insieme?»
Annuisci meccanicamente, lui si volta e prende a camminare; lo raggiungi con facilità e adesso siete l'uno accanto all'altra.
Perché sei qui, Oliver?

 

 

«Perché sei qui, Oliver?»
Siete seduti all'interno di un cafè a pochi passi dalla Gotham High School, mentre lui sfiora il bicchiere mezzo vuoto di fronte a sé e tu smetti di sorseggiare il succo di frutta alla pesca.
Lui distoglie lo sguardo, alla ricerca delle parole giuste da dire, lo vedi in difficoltà e ti fa quasi tenerezza; senza il ricordo di quell'ultima sera di quattro anni prima, sembrereste un uomo e una donna qualsiasi ad un appuntamento galante. Sorridi.
«E così fai l'insegnante...»
«Oliver. Nel nostro... rapporto, non c'è mai stato spazio per i convenevoli, perché vuoi cominciare proprio adesso? Avanti, dimmi quello che devi.»
«Ho bisogno di un piccolo favore... dalla Cacciatrice,» sospira e tu non te lo aspettavi. Bevi un altro sorso di succo, il liquido scende lentamente, appoggi il bicchiere sul tavolo con calma quasi irreale, mentre Oliver aspetta che tu lo mandi una volta per tutte all'inferno. Forse dovresti farlo.
Alla fine posi il tuo sguardo su di lui, lo guardi con attenzione: noti rughe nuove attorno agli occhi, occhi così espressivi e malinconici che ti fanno sentire di nuovo la fragile Helena a cui avevano ucciso l'amore della sua vita e vedeva tutto quanto crollare attorno a sé. Gli stessi occhi che ti avevano guardata mentre prendevano la mira e lui scoccava una freccia per ucciderti come fossi un delinquente qualunque.
«Volevi uccidermi.»
«Hai avuto la tua vendetta,» ribatte senza esitazione e tu senti un brivido lungo la schiena e una morsa al petto che per un attimo ti lascia a corto di fiato.
«Il tuo biasimo è compreso nel pacchetto, insieme al “piccolo favore”?» controbatti sprezzante, per zittire le voci nella tua testa, quelle che hai sentito tempo fa supplicarti prima di mettere fine ad una storia che ti ha consumato l'anima e ti ha divorato il cuore.
Perché sei qui, Oliver?
«Non voglio discutere delle tue scelte. Non più,» risponde Oliver con rammarico.
«Sentiamo, allora. Cos'è che vuoi dalla Cacciatrice?»
«Sto cercando una persona.»

 

 

Hai smesso di chiederti il perché tu abbia accettato di aiutarlo; ormai è troppo tardi, ti rendi conto, sopra il tetto di uno dei magazzini vicino al porto. Il vento piacevolmente freddo della notte ti scompiglia i lunghi capelli che tieni sciolti. Stringi forte la balestra quando senti una presenza dietro di te.
«Vedo che hai tenuto il costume.»
«Mi piace,» dici sovrappensiero, dopo esserti voltata verso di lui. Non riesci a vedergli gli occhi, sotto il cappuccio verde che li cela. Gli fai un cenno del capo e lo inviti a raggiungerti sul bordo del tetto.
«Vedi quello? Lì dentro il tuo amico Cliff Holland sta ritirando merce di contrabbando,» affermi sicura.
Oliver annuisce. «Hai fatto in fretta a scovarlo.»
«Questa è la mia città, adesso.» Lo dici con convinzione e senti che è così. «Non sei l'unico ad avere gli agganci giusti. A proposito, come sta la biondina?» sorridi e ammicchi, guardandolo con la coda dell'occhio. Lui si irrigidisce appena.
«Avresti potuto farle del male.»
«Ma non l'ho fatto, giusto? Andiamo,» dici infine, e ti getti nel vuoto.

 

 

Sono dieci in tutto, concludi, e anche Oliver ha fatto lo stesso. Lo vedi lanciarti un'occhiata, scuote la testa su e giù e hai capito. Rimani nascosta nel tuo nascondiglio dietro a cumuli di lamiere, pronta a scattare al momento giusto.
Oliver, dal lato opposto, esce allo scoperto e infilza primo uno, poi due, tre dei dieci uomini che cadono come birilli. Tocca a te, adesso, la balestra è ormai come il prolungamento della tua mano, amica fedele che mai ti ha tradita.
Uno degli uomini si avvicina, lo senti arrivare alle tue spalle, ma i tuoi riflessi sono pronti, così fletti le gambe e prepari il colpo da assestare con il gomito dritto nel suo addome. Lui si piega per il dolore e ne approfitti per colpirlo alla nuca, fino a lasciarlo a terra privo di sensi.
Ne arriva un altro, ti spara due, tre colpi contro, ti getti a terra cercando riparo dietro il furgone pieno di refurtiva. Attendi qualche secondo, mentre senti il respiro pesante e affaticato del tizio, e lo vedi chiaramente riprendere fiato e abbassare la guardia, proprio ciò che aspettavi. La balestra fa il suo lavoro e il brutto ceffo crolla a terra con una freccia sul petto e gli occhi sbarrati.
Lo scansi facilmente e ti volti verso Oliver impegnato in un corpo a corpo con un ciccione alto due metri. Non corri ad aiutarlo, il tuo obiettivo è un altro e ti dirigi verso di lui che in mezzo al trambusto di spari e scoccate, urla e gemiti di dolore, ha imboccato la via d'uscita.
Non mi scappi.
Salti agilmente sul tettuccio di uno dei furgoni, scavalchi un cadavere riempito di piombo e lo vedi: Holland è proprio davanti a te, prendi la mira e fai pressione sul grilletto.
Il suo urlo di dolore arriva alle tue orecchie come la più dolce musica, sorridi mentre ti avvicini a lui che si è accucciato e con mano tremante per la rabbia si tocca la coscia grondante di sangue, su cui è infilzata la tua freccia.
«Cosa vuoi da me, eh?» Sputa a terra, sotto il tuo sguardo impassibile. «Allora? Cosa aspetti ad uccidermi?»
«Ti sbagli, io non voglio ucciderti,» gli rispondi e la tua voce è dolce e accondiscendente. Lo vedi portare una mano sulla tasca interna della giacca, ma non gliene dai il tempo: con il piede lo colpisci al polso e senti l'osso frantumarsi sotto al tacco. «Ma potrei decidere di farti molto male.»
Holland urla ancora, così ti abbassi su di lui, sei come un'ombra pronta a divorarlo, e afferri la freccia sulla coscia per poi affondarla ancora di più nella carne.
«Uccidimi, puttana!»
«Mi pare di averti appena detto di non avere alcuna intenzione di ucciderti. Perché pregarmi così?»
Dei passi dietro di te e ti rialzi.
«È tutto tuo, Arciere...» dici e ti incammini verso Oliver, che senza dire una parola ti lascia passare.

 

 

Avverti dei passi attraversare la stanza, oltre la porta. Quegli stessi passi si arrestano, e puoi immaginare Oliver di fronte a te in un attimo di esitazione, la stessa che hai avuto tu nel ritrovarti su quel pianerottolo.
È stato uno sbaglio, pensi, e in quell'istante la porta si apre e rivedi i suoi occhi che sono insolitamente freddi e distaccati.
«Ciao, Oliver.»
Aspetti che ti inviti ad entrare, ma non lo fa; ti volta le spalle e si dirige verso il letto su cui è poggiato un borsone e dei maglioni. La porta rimane aperta e tu con un sospiro entri e la chiudi dietro di te.
«Fai già le valigie? Credevo saresti rimasto qualche altro giorno,» butti lì. Ti avvicini lenta a lui e senti il suo profumo che ti accorgi di non aver dimenticato, e ricordi di quella t-shirt adesso impilata alla rinfusa nel borsone su cui un tempo avevi versato dello champagne, quando vi ritrovavate a letto, nudi e appagati, senza quel peso a comprimerti il cuore e liberi di essere voi stessi, quando ancora pensavi che esistesse qualcuno in grado di comprenderti.
«I miei affari qui sono terminati. Non c'è nulla che mi trattenga,» risponde, senza guardarti negli occhi.
«Nulla...» ripeti con un soffio, incapace di capire il perché ti senta ferita dalla sua affermazione.
Lui raggiunge la finestra e osserva fuori.
«Helena, ieri sera...»
«Vuoi davvero parlare di ieri sera?»
«È questo che fai? Usare le tue abilità per-»
«Per cosa? Per aiutare la gente di Gotham? È quello che faccio e se tu mi conoscessi bene come credi, sapresti che dico la verità. Facciamo esattamente la stessa cosa.»
«Helena, ti avevo chiesto di aiutarmi a prendere Holland, invece per poco non moriva dissanguato perché gli hai reciso l'arteria femorale, e ora si trova ricoverato in ospedale sotto la custodia della polizia di Gotham.»
«Ma non è morto e lo hai consegnato alla giustizia.»
«Doveva essere consegnato alla giustizia di Starling City.»
«Una vale l'altra. È stato fermato, non potrà più fare del male o truffare la povera gente, è questo che conta!»
Oliver scuote la testa. «Ma non così. Questo... Non è questo ciò che ti ho insegnato. Tempo fa-»
«Hai detto bene, “tempo fa”... Oliver, so che non approvi i miei metodi, lo leggo chiaramente nei tuoi occhi, ma devi fidarti di me quando dico che adesso perseguiamo gli stessi obiettivi.»
«A quale costo? Come posso fidarmi?»
«Io l'ho fatto. Volevi uccidermi, ricordi?, e due giorni fa ti ho ascoltato, ieri ti ho aiutato a catturare quel criminale. Mi sono fidata di te ancora una volta nonostante tutto.»
«Perché mi stai dicendo questo?»
Ti avvicini di più a lui e per un attimo vedi Oliver spogliato di tutte le sue riserve.
«Perché pensavo che rivederti non avrebbe significato nulla... che una volta che ti avessi aiutato saremmo tornati di nuovo alle nostre vite come se nulla fosse accaduto.»
«Helena...»
«...hai mai pensato a come sarebbero andate le cose tra noi?» chiedi con un sorriso malinconico.
«Volevamo cose diverse. Ma ora è tardi, abbiamo avuto la nostra occasione e non è finita bene.»
«Già.»
Gli lasci una carezza, esiti, senti la pelle di lui incresparsi sotto il tuo tocco.
«Mentire mi riesce bene, in fin dei conti.»
Gli sfiori le labbra con le tue e una parte di te teme possa scostarti bruscamente ma non lo fa; ti accorgi che è rimasto immobile e tu premi maggiormente le labbra, assaporando la consistenza delle sue.
Provi ad approfondire il bacio, ma lui ti prende per le braccia.
«Helena, no...» Non lo pensa realmente. Lo vedi da ogni singola fibra del suo corpo che ti desidera, che l'attrazione provata l'uno per l'altra non si è mai spenta, ma è una miccia pronta ad esplodere al minimo contatto.
«Non ci rivedremo mai più e lo sai.»
Una lacrima rabbiosa scende sulla tua guancia e non puoi fare nulla per fermarla. Oliver la raccoglie con il pollice, il palmo accarezza la tua pelle con una delicatezza che avevi ormai dimenticato.
Chiudi gli occhi e senti Oliver baciarti con impeto, quasi con urgenza. Gli leghi le braccia al collo, mentre la sua lingua continua a giocare con la tua, le sua mani sono frenetiche ma delicate e tirano sempre più su l'abitino azzurro che hai indossato quella mattina.
Raggiungete a fatica il letto, dopo aver urtato una sedia crollata miseramente a terra e sbattuto contro il tavolinetto su cui si è versata la birra che stava sopra. Oliver scosta senza troppe cerimonie il borsone, il cui contenuto fuoriesce e si sparpaglia un po' ovunque sulla moquette grigia, portando con sé gran parte della trapunta che ricopriva il letto.
Crollate insieme e senti il suo corpo schiacciarti piacevolmente sul materasso, le sue mani si insinuano sotto al vestito e tu inarchi la schiena per quel contatto improvviso. Riprendi lucidità e forse con troppa foga gli sbottoni la camicia, saltano diversi bottoni ma non te ne curi, sei troppo occupata a sentire la sua lingua sul collo e poi di nuovo nella bocca. La camicia finisce appallottolata tra il comodino e il letto, il tuo abito sta per fare la stessa fine mentre supplichi che Oliver metta fine a quella tortura nell'abbassare con troppa lentezza la cerniera dietro la schiena. Un colpo di reni e ora ad avere le redini del gioco sei tu e ti senti pervadere da una strana sensazione quando lo vedi sorridere e assecondare i tuoi gesti. Così ti sfili l'abitino e rimani con l'intimo nero addosso, per poi piegarti di nuovo su di lui e riprendere a baciarlo; la tua lingua assapora la sua pelle che quasi la senti scottare e percorre il collo, il pomo di Adamo che fa su e giù frenetico, vai più in basso e raggiungi l'ombelico e ti fermi alla cintura dei pantaloni, mentre con la mani accarezzi le sue cicatrici che per te sono così familiari. Ti fermi giusto il tempo per guardarlo negli occhi con un sorriso impertinente che preannuncia la fine dei giochi e inizi a sfilare la cintura dai passanti, fino a quando le tue mani vengono sostituite da quelle di Oliver, che con un movimento deciso della mano la sfila definitivamente e con l'altra sbottona i pantaloni ormai troppo stretti. E tu sorridi, non puoi fare a meno di sorridere.
Lo aiuti a disfarsi dei pantaloni una volta per tutte e insieme ad essi vanno via anche i boxer. Rimani ferma ad ammirarlo e ti compiaci a vederlo pronto per te.
Ora, le parti si invertono ancora e tu sei tra lui e il materasso, provi un leggero fastidio a contatto con le lenzuola ruvide ma non te ne curi troppo, perché le sue dita hanno scostato le mutandine e si sono insinuate dentro di te. Inarchi la schiena e ti lasci andare ad un gemito, mentre il suo viso è schiacciato tra i tuoi seni e vorresti averlo ancora più vicino.
Riprendete entrambi fiato e vi guardate per un tempo che sempre interminabile.
«Helena, ce ne pentiremo,» dice lui in un sussurro, il petto si alza e si abbassa e sotto la tua mano senti il battito accelerato del suo cuore.
«Lascia che succeda, allora.»
E non c'è più spazio per le parole e i ripensamenti.
Gli afferri il viso con entrambe le mani e lo avvicini al tuo, assaporando ancora una volta la sua bocca, la sua lingua, sapendo che sarà l'ultima.
Poi lui si scosta e ti soffermi a fissargli il profilo, le spalle larghe e rassicuranti, i muscoli tesi su cui svettano cicatrici di cui non ricordavi l'esistenza. Ritorna su di te e senti il corpo pervaso dal calore che vi sta divorando, mentre allarghi le gambe e lui entra dentro di te con un'unica spinta. All'inizio lo lasci fare e ti adatti ai suoi movimenti, ma quando senti di star raggiungendo l'apice del piacere ti fai più esigente ed è lui ad assecondare te e ad ogni spinta ti aggrappi di più a lui, come a non volerlo lasciare andare, le unghie si conficcano nella sua carne, lui geme vicino al tuo orecchio. Ti lasci sopraffare dalle emozioni: è il tempo di non pensare.

 

 

«Dovresti essere più silenziosa.»
La voce di Oliver è una secchiata d'acqua gelida. Credevi stesse dormendo e ne hai approfittato per riprendere i tuoi indumenti e scappare via di lì, lontano da lui, nonostante sai che ti costi più di quanto credessi lasciare il tepore di quelle lenzuola ruvide che sanno di voi due.
Sei di spalle e non può vederti mentre ti mordi il labbro inferiore a sangue, fino a sentirne il sapore ferroso.
«Scusami, non volevo svegliarti.»
«Ero già sveglio.»
Cosa si dice in questi casi? Addio e grazie per il magnifico sesso? Non sai come continuare quella conversazione che di logico non ha nulla, così continui a rivestirti in silenzio, pregando che lui ti lasci andare.
«Helena.»
Come ti sbagliavi...
«Tranquillo, non lo spiffererò alla tua fidanzatina.»
«Non volevo dire quello.»
«Bene,» dici e sai che è la parola che mette fine a tutto.
Infili le scarpe e ti alzi dal letto, ma senti il fruscio delle lenzuola che vengono scostate e vedi Oliver raccattare qualcosa, si è infilato i boxer e sta per raggiungerti.
Vuoi far finta di nulla e arrivare alla porta, ma Oliver ti ferma e la mano sul tuo polso ti fa rivivere gli attimi in cui eravate una cosa sola.
«Perché renderlo ancora più pietoso?»
«Volevo solo dirti... non hai idea di quanto sia difficile.» Chiude gli occhi e fa un respiro profondo. «Se le cose non hanno funzionato tra noi, è anche colpa mia. E mi dispiace.»
«Cosa ti dispiace, esattamente?»
«Di non essere stato quello di cui tu avevi bisogno.»
Gli passi le dita tra i capelli, gli accarezzi leggera la nuca mentre cerchi di reprimere quel senso di smarrimento e allo stesso tempo di consapevolezza nell'accettare che l'uomo di fronte a te è stato molto di più che una parantesi da dimenticare, nella tua vita.
Come ti sbagliavi...
Sorridi debolmente, ti sporgi verso di lui e lo baci. Un bacio leggero che gli sfiora appena le labbra e te ne vai, chiudendoti la porta alle spalle, insieme a quella storia che non ha mai avuto inizio. 




Note:
Non ci credo anch'io, ma eccomi di nuovo qui, stavolta con una Helliver (Helena/Oliver)! 
Per scrivere questa What if? mi sono "ispirata" al fumetto de La Cacciatrice, infatti secondo questo lei è vigilante di Gotham CIty e fa l'insegnate alla Gotham High School (Wiki docet), così ho pensato: che succederebbe se a distanza di tempo Oliver ed Helena si incontrassero di nuovo? Ed è venuta fuori questa storia. So che forse la seconda persona può risultare fastidiosa, ma approcciarsi ad Helena mi risulta difficile e in questo modo sono riuscita ad immedesimarmi meglio nel personaggio. *ragionamento contorto*
Il Bruce che viene citato è ovviamente (sì?) Bruce Wayne, che sarà una sorta di mentore per Helena. 
Tengo a precisare che la storia è stata scritta per quella squisitissima personcina che è la HappyCloud, la quale fracassa come al solito le maracas della sottoscritta e la esorta a scrivere quante più Helliver possibili (mi ha già chiesto un seguito di questa -.-''). 
Inoltre, partecipa alla challenge Un bacio tira l'altro [Arrow] con il bacio n. 10 - "Un bacio dal sapore amaro".
Grazie a chi si è avventurato fino a qui e siate clementi per la parte "pornazzosa", è la prima volta che ne scrivo una e mi sono vergognata come una ladra. 
A presto! 

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Arrow / Vai alla pagina dell'autore: nes_sie