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Autore: Nitrogen    24/05/2013    3 recensioni
«Spero non ti faccia troppo schifo il sangue perché qua ce n'è più di quanto immaginassi.»
Genere: Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Griefers.'
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A Nitro, mio OC,
al quale non ho dedicato abbastanza spazio
nemmeno in questa one-shot narrata da lui.

 

 

~Enemy's song.


Dieci, venti, trenta secondi. Ero nascosto dietro quella serie di container da ormai troppo tempo, perfettamente immobile, trattenendo il respiro con la mano serrata sulla bocca. Supplicavo Dio di non farmi trovare da quei mostri, tenevo gli occhi chiusi perché non volevo assistere al momento in cui avrei capito che la mia preghiera non era stata ascoltata.
Nel buio in cui mi ero nascosto, tendevo l’orecchio per non perdere il rumore di un solo passo, per non farmi prendere alla sprovvista da nessuno degli uomini che correvano in ogni direzione nel tentativo di trovarmi.
Mi avrebbero torturato giorno e notte fino a farmi diventare pazzo, nel migliore dei casi mi avrebbero semplicemente ucciso alla svelta: un solo colpo alla testa per spargere il mio cervello un po’ ovunque oppure dritto in petto, forse all’altezza del cuore, per farmi vedere in quegli ultimi attimi di vita tutto il sangue che lento avrebbe macchiato i miei miseri indumenti da militare. Era l’uniforme indossata in onore della stessa nazione che mi aveva cresciuto e che avevo imparato presto a odiare.
Sei davvero un cittadino modello, Emil.
Un traditore della patria, ecco come sarei passato alla storia per le persone che conoscevo, e in quell’istante di scarsa lucidità risultava anche piuttosto divertente: i miei genitori mi avrebbero diseredato per la mia azione, i miei amici mi avrebbero guardato dall’alto in basso con disprezzo perché non ero stato capace di togliere la vita a un paio di persone. Ma io non avrei mai potuto farlo, io non ero in grado di uccidere nessuno, né miei compatrioti pronti a spararmi né i nemici della mia nazione che stavo aiutando a fuggire.
Perché io, vigliacco più di chiunque altro militare, mi ero spinto a un gesto tanto orribile per il mio Paese? Perché stavo andando contro tutti per due ragazzi che avrei dovuto voler dissanguati?
Il primo era un ragazzo sui vent’anni dai capelli rossi e i tratti duri come pochi, alto quanto un armadio ma agile allo stesso modo di una persona metà della sua stazza. L’avevo visto evitare proiettili con una disinvoltura disumana e spezzare le ossa dei miei compagni come se fossero fogli di carta, mostrando i suoi canini divertito ogni qual volta un urlo causato da lui stesso si faceva largo tra il silenzio di armi da fuoco che regnava sovrano su quell’orrendo campo di battaglia.
Era terrificante averlo al mio fianco intento a ricaricare le sue pistole con un’espressione serena disegnata sul volto, ma a spaventarmi più di lui c’era il piccolo ometto al suo fianco che a stento si reggeva in piedi per come l’avevano ridotto: mezzo cranio spaccato, rivoli di sangue che da lì scivolavano fino al collo, il petto a stento capace di alzarsi per immettere aria nei polmoni, costole ridotte in frantumi e ferite profonde a segnare ogni parte del suo corpo. Non avevo mai visto nessuno in uno stato simile essere ancora in grado di respirare e soprattutto pensare razionalmente, in realtà non avevo mai visto nessuno rialzarsi dopo cinque colpi di pistola e ridere come un pazzo dicendo di non poter morire per così poco.
«Pistole cariche. Cosa vogliamo fare, Del?»
Il ragazzo dai capelli biondi si voltò nella mia direzione sputando sangue, ma il tono che accompagnò le sue parole era fermo e per niente riconducibile a qualcuno che sarebbe dovuto già essere morto da un pezzo.
«Non hanno ancora capito che ci hanno circondati. Se riuscissi ad alzarmi potremmo attaccarli tutti e andarcene alla svelta…»
«Stai fermo. Questa volta sei vivo solo per culo e se ti sforzi ancora finirai all’altro mondo prima di potertene rendere conto.»
Il biondo digrignò i denti ma non ribatté in alcun modo la decisione del compagno. Si limitò a prendere una delle pistole ricaricate e a far scricchiolare il suo braccio sinistro probabilmente indolenzito, poi con uno scatto rapido della testa si voltò ancora nella mia direzione.
«Cosa suggerisci di fare, traditore?»
La domanda mi scosse più del dovuto: quel che io pensavo poteva avere importanza, adesso?
«Non guardarmi con quella faccia…», mi ammonì roteando l’arma tra le mani. «Adesso siamo tutti e tre nella stessa merda, collaborare ci tirerebbe probabilmente fuori dai guai. E poi ci hai aiutati a uscire dall’edificio, salderemo il debito solo portandoti in un posto sicuro lontano dal perimetro di questo posto.»
Il rumore dei passi era incessante oltre i container. Non volevo porre fine alla mia vita uscendo allo scoperto, ma prima o poi qualcuno sarebbe corso nella nostra direzione e ci avrebbe tirati fuori, uccidendoci comunque senza ripensamenti. La paura di morire non mi faceva ragionare, invidiavo la calma di quei due ragazzi che non sembravano però rendersi davvero conto della situazione in cui eravamo finiti.
Schiusi le labbra nel tentativo di parlare, ma le mie corde vocali non emisero alcun tipo di suono.
Il rosso mi osservò perplesso: «Del, dici che è spaventato?»
«Penso di sì. Forse è normale.»
«Tu hai mai avuto paura di qualcosa?»
Ci ronzavano intorno persone che volevano ucciderci, eppure loro conversavano come se fossero stati seduti tranquillamente in un bar a prendere un caffè.
«Quando ero piccolo avevo paura di essere abbandonato dai miei genitori. Poi l’hanno fatto davvero e l’unica paura che avevo è sparita di colpo. Bello, no?»
«Ah, non me l’avevi mai detto.», rispose l’altro mettendo il broncio.
L’insensibilità nella sua voce non disturbò il biondo, che diede un rapido sguardo oltre i container facendo una smorfia che non mi piacque per nulla. Seguii lo sguardo del ragazzo e prima di poter rendermi conto di cosa stesse accadendo, il rosso si alzò di scatto sparando a tutta forza sugli uomini che avevano iniziato ad avvicinarsi. Si accasciarono al suolo sette uomini, ma altrettanti iniziarono a spararci contro ed io non feci altro che restare accovacciato dietro il container con le mani sopra la testa. Vidi il biondo alzarsi e sparare a sua volta, scavalcando il muro di lega metallica dietro il quale ci eravamo nascosti, assolutamente non curante di quello che gli sarebbe potuto accadere.
Spari, spari e ancora spari, persone che urlavano e tonfi delle stesse che si accasciavano al suolo, ferite o ormai senza vita. Non so quanto tempo passò prima che quel frastuono cessasse, ma quando finalmente il vero silenzio fu l’unica cosa percettibile dalle mie orecchie, il rosso mi tirò i capelli per farmi alzare e sorrise euforico, pulendo delle gocce di sangue che gli erano finite sul viso.
«Spero non ti faccia troppo schifo il sangue perché qua ce n’è più di quanto immaginassi. Però non preoccuparti, traditore, adesso andiamo via di qui. Forza, alzati.»

 


[Prima revisione - 17.11.2013]
Note dell'autore.
Finalmente tra una pagina di Francese e l'altra sono riuscita a scrivere qualcosa. So che qualitativamente fa abbastanza pena, ma è una "bozza" di un qualcosa molto più "grande" di una one-shot. L'ho scritto di getto e penso si noti, sarebbero da migliorare i dialoghi e tante altre cose che non vi sto a dire.
Spero comunque possiate perdonarmi per questo, però avevo davvero voglia di pubblicare qualcosa.
E per la cronaca: un commento sul tutto non guasterebbe.


[Nitrogen.]
   
 
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