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Autore: Nike93    24/05/2013    0 recensioni
Maxim gli avrebbe anche permesso di fare l’amore con un altro uomo, solo per sdraiarsi accanto a lui e appoggiare la testa sul suo ventre caldo.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Avvertimento: la storia è ambientata nel 1835, ma non ho messo l’etichetta “storico” perché, in realtà, non c’è nessun particolare che lo sottolinei. Giusto per saperlo :)
Poi, avevo crato un banner per la storia, ma non riesco ad inserirlo nel testo. Eccolo qui: http://oi40.tinypic.com/ei61wg.jpg

 

Je t'aime comme ça

 

 

Maxim gli avrebbe anche permesso di fare l’amore con un altro uomo, solo per sdraiarsi accanto a lui e appoggiare la testa sul suo ventre caldo.
Sì, Adrien era meraviglioso dopo il sesso; giaceva scomposto, con il volto incorniciato dai capelli biondi sparsi disordinatamente sul cuscino, a formare una sorta di girasole dorato. Giaceva scomposto, respirava un po’ rumorosamente fissando chissà cosa sul soffitto – perché il suo sguardo imponeva che stesse fissando qualcosa di preciso e di importantissimo, o non avrebbe lasciato trasparire quella sua assordante inquietudine; e intanto lasciava che le gocce di sudore tracciassero percorsi quasi invisibili lungo il collo e il petto. Maxim sapeva quanto gli desse fastidio, ma Adrien lasciava comunque che tutto tornasse al proprio posto, continuando a guardare fisso davanti a sé.
Era come se tirasse le somme della propria vita, come se ogni amplesso lo portasse sull’orlo di un precipizio che gli facesse avvertire l’urgenza di fare un bilancio di quella che era stata la sua esistenza. Con tranquillità, però. Senza fretta. Sapendo di dover cadere.
In quei momenti, Maxim dimenticava di essersi sentito tanto deplorevole per aver ceduto alla passione per un ragazzino di quasi dieci anni più giovane, – in quei momenti, Adrien sembrava anziano. Le sue occhiaie diventavano di colpo scure e profonde, e la voce non sembrava arrochita dallo sforzo, ma dalla vecchiaia.
I suoi diciotto anni sfiorivano nella fatica di una vita intera.
Se gli avesse detto che lo faceva perché gli piaceva, perché lo faceva sentire bene, Maxim lo avrebbe lasciato libero di portarsi in quel letto chiunque volesse. Sarebbe stato male per questo, non sarebbe passato un giorno senza che pregasse affinché Adrien sentisse che con gli altri era diverso, ma lo avrebbe lasciato libero. Ma la verità era che, senza averlo mai visto, sapeva bene cosa succedeva dopo: l’amante di turno non sollevava la testa, non intercettava quello sguardo perso né tantomeno cercava di indirizzarlo sul proprio volto per rassicurarlo. Non accarezzava il calore del suo ventre. L’amante di turno si alzava, si ricomponeva abbottonandosi addosso la maschera perfetta dell’uomo d’alta società e, con un misto di ironia e commiserazione – già, proprio commiserazione, proprio loro – depositava un sacchettino di tela sul comò di fronte al letto. Adrien non distoglieva nemmeno per sbaglio lo sguardo da quel qualcosa di così importante sul soffitto, e dentro di sé mormorava anche questa è fatta, rilassando appena i muscoli quando sentiva la porta chiudersi.
Naturalmente Adrien non gli aveva mai raccontato niente del genere, si sarebbe tagliato la lingua piuttosto che lasciarglielo intuire. Ma quando Maxim lo prendeva fra le braccia, lui smetteva di fare affidamento sulle proprie forze e si lasciava raccogliere come un uccellino ferito, quasi modellandosi addosso al corpo del giovane amante. Quando si addormentava, troppo stanco per tirar via le lenzuola rimbeccando Maxim con un secco ora devi andartene, il suo volto improvvisamente perdeva la maschera della vecchiaia e tornava ai suoi leggeri, luminosi, bellissimi diciotto anni. Non aveva più bisogno di respingere le carezze a muso duro, non era più costretto – da chi, poi? – a dimostrare di essere indipendente da qualsiasi parvenza di sentimento. Eppure, se era vero che dopo il loro primo incontro era stato sempre Maxim a cercarlo, comunque Adrien non lo aveva mai rifiutato, non gli aveva mai chiesto dei soldi dopo aver passato la notte insieme – e se lo avesse fatto, semplicemente, Maxim non sarebbe più entrato in casa sua, e non certo per evitare di ripulirsi il portafoglio.
Quando Adrien si accoccolava in quella stretta, quasi sorridendo nel sonno, il giovane pensava che avrebbe dovuto essere felice d’avere il potere di donargli quel sollievo, ma la verità era che, semplicemente, non ne era capace. Non voleva donargli niente che assomigliasse a quell’effimero balsamo; non voleva incontrarlo ogni volta come se fosse appena uscito da una selva popolata di bestie sanguinarie, perché vederlo rilassarsi mentre gli medicava le ferite non lo rendeva consapevole di star facendo la cosa giusta. La cosa giusta sarebbe stata non solo uccidere le bestie, ma impedirgli di entrare in quella selva.
Le ferite si sarebbero riaperte e avrebbero fatto male ancora di più, a causa di quel sollievo temporaneo. Maxim desiderava invece di cancellarne addirittura la memoria. Desiderava promettere ad Adrien che non avrebbe più incontrato nessun animale feroce in vita sua, ma soprattutto desiderava che il suo amato gli credesse. Proprio Adrien, che quando lo sentiva dire ti amo prima rideva e poi si adirava, quasi fosse stato insultato. In fondo delle parole non se ne faceva nulla, era invece così morbosamente compulsivo nel suo continuo tentare di portare l’amante a mandarlo al diavolo, che sembrava che la sua anima fosse affetta da una qualche malattia che gli imponeva di mettere la gente alla prova.
A cosa mi serve sentirti pronunciare belle parole,sembrava chiedere, quando so che ti basterà una mossa sbagliata da parte mia per farti scappare?
Maxim non sapeva quale macchia nel suo passato gli avesse aperto quella voragine nel cuore, che il ragazzo tentava ossessivamente di riempire più con il dolore che con qualunque cosa che potesse dargli conforto, come se fosse più facile farsi del male che trovare un po’ di pace. Quando Adrien sedeva scompostamente sul letto, fumando una sigaretta e tornando ad avere cinquant’anni, Maxim lo guardava quasi affascinato, invece che orripilato, rapito dall’apparente perfetta padronanza di quello sfascio totale che era la sua esistenza. E, suo malgrado, si chiedeva come tutto quello potesse stare dentro un corpo così piccolo e dietro due occhi così grandi.
Il desiderio di portarlo via da quella spirale in cui si era gettato da solo era così struggente che Maxim non trovava il coraggio di dirglielo, sicuro che un sorrisetto insolente sarebbe stata la risposta.
- Perché lo fai? –
Lo guardava sinceramente curioso. Addolorato no, lo avrebbe fatto innervosire.
- Perché faccio cosa? –
Del resto, perché addolorarsi?
- …Quello che fai di solito. –
Era quello che Adrien faceva.
- Perché mi rende indipendente. –
Era quello che Adrien voleva. Forse.
- E quanto costa l’indipendenza? –
Un’alzata di spalle e una boccata di fumo.
No, non era proprio il caso di dirglielo.

 

 

Dans ce silence amer j'ai décidé de pardonner
Les erreurs qu'on peut faire à trop s'aimer […]

Je t'aime, je t'aime
Comme un loup, comme un roi
Comme un homme que je ne suis pas
Tu vois, je t'aime comme ça

 
 
 
 
Note
Questa cosa non è nemmeno il caso di definirla “storia”, ma per me è importantissima. Maxim e Adrien sono i miei primi personaggi originali “seri” ed era da anni, giuro, da anni che tentavo di scrivere qualcosa su di loro. Di solito si prestano di più all’elaborazione grafica, ma meritavano anche quella verbale, ecco.
Storia, personaggi, disegno e banner appartengono a me medesima. La canzone che ho citato, Je t’aime, è invece di Lara Fabian. “In quest’amaro silenzio ho deciso di perdonare / gli errori che si possono fare amandosi troppo. […] Ti amo, ti amo / come un lupo, come un re, come un uomo che io non sono / vedi, è così che ti amo.”
 
  
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