Anime & Manga > D.Gray Man
Ricorda la storia  |      
Autore: neme_    24/05/2013    1 recensioni
Simulare il dispiacere è molto più facile di quanto si creda. Quante ho fatto finta di essere triste nel salutare qualcuno: “mi dispiace, vorrei tanto restare, mi mancherai, ci rivedremo però, sicuramente”. Le ho dette tante volte, queste frasi, in quarantanove registrazioni a cui ho partecipato.
Adesso però… mi è difficile il contrario. Direi che mi è quasi impossibile fingere di essere tranquillo, nel salutare qualcuno. Dire addio, in questo momento, mi suona come una punizione.

[Crossover Bleach/D.Gray-man][LaviRuki][Introspettivo][POV Lavi]
Sequel a quattro mani di "Dieci volte tanto"
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio , Rabi/Lavi
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Innanzitutto: io e Angy siamo commosse. Per due motivi: il primo è che era da un po’ che non ci facevamo vive su questo sito, il secondo è che decidiamo di tornare alla carica con un LaviRuki. E chi ci conosce sa che reazioni abbiamo quando questi due vengono nominati assieme.
Ma andiamo con ordine: ciao, garzoncelli! Chi vi scrive è Neme, e tenta di dare un’introduzione più o meno professionale di questa one shot. Ma chi vogliamo prendere in giro? Professionalità è una parola distante anni luce.
Perché questa one shot, dunque? In principio fu il LaviRuki, che io tanto amo e che tanto ama Angy e che, lo sappiamo, tanto amano altre persone. Starei a parlare per centinaia di pagine di questi due, ma cercherò di evitare e di andare al sodo. A scatenare questo esperimento è stata una raccolta firmata dalla sottoscritta, “Dieci volte tanto”, che come da titolo, raccoglieva dieci one shot incentrate su questo crosspair che tanto ci piace. Talmente tanto che dieci fan fiction non bastavano, e neanche una singola autrice. Così, quella straordinaria persona e autrice che è Angy_Valentine, un bel giorno mi scrisse “perché non facciamo una one shot sulla fine dell’alleanza Soul Society/Ordine Oscuro e scriviamo qualcosa sull’addio tra Lavi e Rukia?”. Potevo rifiutarmi? Essendo fan del LaviRuki no di certo. Ed essendo un angster patologica, no di certo.
Ma visto che a questi due vogliamo talmente bene, e l’idea che non si vedranno più ci uccide dentro (qualcuno mi passi un fazzoletto, please) questa one shot è nata sì per essere angst, ma con un finale, se vogliamo, dolceamaro. Capiteci. Abbiamo faticato tanto per farli mettere insieme, farli mollare sì che sarebbe troppo per il nostro cuore angst. Perciò quanto segue è dettato unicamente dal nostro istinto di fan, che poi è questo che fa nascere le fan fiction. Ci siamo divertite un sacco (e sofferto un sacco) ma ci riteniamo abbastanza soddisfatte del lavoro svolto, dividendoci i POV a vicenda. Angy infatti si è accollata l’ingrato compito di dar voce a Rukia, che non è un’impresa da poco (forse sono solo io, ma a volte vien voglia di prenderla a capate, la Kuchiki, nelle questioni di cuore), e io ho dato voce a Lavi, idem con patate. Chi avrà letto la raccolta “Dieci volte tanto” potrà farsi un’idea di cosa troverà. In caso contrario, è comunque supponibile che la one shot si possa leggere anche così, come puro intrattenimento, grazia ai “riassunti” disseminati qua e là. E tanto angst. Ma anche dolcezza.
Approfitto di questo spazio per ringraziare di cuore quella santa donna di Angy che ha proposto il progetto, mi ha fatto compagnia nella stesura e mi ha dato preziosi consigli, e anche per il semplice fatto che tutto ‘sto casino conigliesco è nato con lei. Da quando ho scoperto il LaviRuki e il crossover non mi sono mai divertita tanto, e spero che tutti voi che avrete la grazia di leggere proverete la stessa cosa. La voglio ringraziare di cuore per gli incoraggiamenti, per le serate passate a scherzare, a impegnarsi e anche un po’ a soffrire per i “blocchi” da scrittore o da disegnatore. E anche per quello che producono le sue mani d’oro, fate un salto sul suo profilo e capirete di cosa sto parlando. Voglio ringraziare anche chi si è unito a noi nei nostri deliri e si è fatto due risate con noi, ma si è anche appassionato. Speriamo di cuore di non aver deluso le loro aspettative e speriamo di riscontrare qualcosa di buono, da questa one shot scritta a quattro mani, a cui abbiamo dedicato tempo e tanta pazienza. Ci divertiamo molto in quello che facciamo, che è indispensabile, ma ci mettiamo anche impegno.
Basta, mò, che sono una valle di lacrime. Manco stessi per morire. E come volevasi dimostrare, mica è uscita un’introduzione tanto professionale. Ma se non si sclera qua, dove lo si fa? Capiteci, utenti di EFP. Siamo davvero emozionatissime all’idea di pubblicare questo progetto. E non preoccupatevi, che ci faremo risentire presto con altri progetti, singoli o, chissà, “le vie del Signore sono infinite” e nulla ci vieta di ributtarci in imprese del genere. In ogni caso, ci rivedremo senz’altro. Nel frattempo buona lettura, fateci sapere presto cosa ne pensate, incrociamo le dita e vi auguriamo buona lettura!
Il POV di Rukia potete trovarlo QUI




Dieci volte tanto – Ancora una volta, Rukia



POV Lavi


Io sono il successore di Bookman. Il mio compito è quello di registrare, con assoluta imparzialità, il corso degli eventi, infiltrarmi in ogni piccola fessura per coglierne i segreti e memorizzarli. È una vita che ti porta a spostarti continuamente, a incontrare molti visi diversi, parlare con loro, riceverne le confidenze. Tutto per lavoro. Per quasi tutta la mia vita è stato inevitabile fingere. Fare l’amicone sorridente con tutti, senza eccezione, ormai era un meccanismo automatico. Simulare il dispiacere è molto più facile di quanto si creda. Quante ho fatto finta di essere triste nel salutare qualcuno: “mi dispiace, vorrei tanto restare, mi mancherai, ci rivedremo però, sicuramente”. Le ho dette tante volte, queste frasi, in quarantanove registrazioni a cui ho partecipato.

Adesso però… mi è difficile il contrario. Direi che mi è quasi impossibile fingere di essere tranquillo, nel salutare qualcuno. Dire addio, in questo momento, mi suona come una punizione.
Mi ritrovo ad affrontare una di quelle classiche situazioni che prevedi da tempo, eppure, una volta arrivati al momento fatidico, ti rendi conto di aver sbagliato qualcosa. Devo aver commesso un errore per forza di cose, per arrivare a provare questi sentimenti. Forse fin dall’inizio non ho fatto altro che sbagliare. Tuttavia, anche il solo pensare a tutto questo come a un errore… mi fa male.

Non voglio pensarlo, non riesco ad accettarlo. Sono giorni in cui, all’Ordine Oscuro, c’è parecchia confusione. La guerra contro il Conte del Millennio è ormai giunta a una svolta decisiva. Succede che gli esorcisti sono in netto vantaggio, praticamente abbiamo vinto. In sostanza, ormai possiamo cavarcela da soli, e un aiuto al momento è addirittura superfluo. L’alleanza con la Soul Society è finita. Se ne vanno. Con gli onori, ovviamente. Il loro contributo in questa guerra è stato fondamentale, è una vera fortuna abbiano deciso di parteggiare per noi. Oggi, semplicemente, non servono più.

Sono frasi che ho sentito ogni giorno ed ogni minuto della mia vita. Ma adesso non le voglio sentire. Non vorrei nemmeno vedere nessuno, in tutta onestà, perché dire addio per sempre a qualcuno oggi mi fa male. E so che fa male anche a lei. A Rukia. Ah ah ah… ora che ci penso, è davvero da un sacco di tempo che non la chiamo più così. Ruki. Ecco, suona meglio.

Finora sono riuscito a ridurre considerevolmente i contatti con chicchessia, specialmente con gli shinigami che si preparano al ritorno a casa. Naturalmente sono stati ringraziati a dovere, con una bella cerimonia. All’Ordine non si festeggiava in questo modo da anni. Sembravano tutti contenti, festeggiavano la partenza di qualcuno, il che è ironico, no? Come fai ad essere felice quando una persona che conosci se ne va, a meno che non ti stia antipatica? È una farsa. È quello che ho pensato per tutto il tempo, fingendo di sorridere e guardando il meno possibile lei. Almeno all’inizio.
Purtroppo non riesco neanche ad ignorarla più di tanto. Perché, cazzo, io… la amo. Non voglio che se ne vada. Si sapeva sin dall’inizio che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato, però mi sembra che sia arrivato troppo presto. Avrei preferito che non arrivasse mai. Che razza di cretino. Mi sono innamorato sapendo benissimo a cosa andavo incontro. Ma che altro potevo fare? È successo tutto contro la mia volontà. Ehm, detto così potrei essere frainteso. Allora diciamo che innamorarsi, di per sé, succede quando gli pare e piace. E tu non puoi fare molto per affrontarlo, se non viverlo.
So che anche Ruki pensa esattamente le stesse cose. Lo capisco dai suoi occhi, che non sorridono come le sue labbra. Vedo che mi cerca, in piccolissimi gesti, per potermi parlare. Ma non ci riesco, ed in questo modo passo per lo stronzo della situazione che la ignora, “è stato bello finché è durato ma ora non ti accollare”. Una volta l’avrei detto senza paura di beccarmi un ceffone, oppure, in alternativa, avrei finto di dispiacermi. È così dannatamente facile fingere. Ma con Ruki non ci riesco più, perché la amo. Fosse per me, andrei in camera sua, dove sta terminando i preparativi per il ritorno, chiuderei la porta a chiave, la gettarei sul letto e farei l’amore con lei come se non ci fosse un domani e non uscirei più da quella camera. E invece no, va tutto a monte, per due semplici motivi. Il primo è che sicuramente in questo momento non è da sola, difficile che riesca a trovare un proprio momento, magari adesso la sta aiutando Renji. E poi perché deve andare così, punto e basta, l’alleanza è finita e pace. Non ci rivedremo più.

Eppure il pensarci mi fa piangere. Per una strana ironia della sorte, l’unica che potrebbe aiutarmi in questo momento è proprio Ruki, ma con che faccia le dico che ho bisogno d’aiuto? So benissimo che ci sta male quanto me, sarebbe come darle un ulteriore colpo al cuore. Invece devo abituarmi sin da subito a quello che succederà una volta che se ne sarà andata. Badare a me stesso come ho sempre fatto, sorridere come ho sempre fatto, fare l’amicone come ho sempre fatto. Fingere, stare da solo, pensare solo al lavoro e a qualche buon libro per svagarsi. Abituarmi all’idea di non vederla più. Perché finita l’alleanza, non ci sarà più nessun motivo di continuare ad avere contatti. Addio, Rukia Kuchiki.

ma riuscirò a chiamarla così, quando sarà il momento?

Per ora riesco solo ad evitare di incrociarla. In altre parole, sto scappando. Essere Bookman ti comporta anche a questa strategia, la fuga. Ti intrufoli in una guerra e, appena sei soddisfatto delle informazioni raccolte, vai via, senza curarti di chi lasci indietro. Come un coniglio. Effettivamente, mi chiamano spesso in questo modo, per un’assonanza che il mio attuale nome ha con questo animale; ma, se ci penso bene, sono un coniglio fatto e finito. Sto sempre nella mia tana, esco solo lo stretto indispensabile –in questo caso, se mi chiamano per andare nell’ufficio di Komui, non posso rifiutarmi- e quando mi fa comodo, scappo. Ma sono anche in grado di amare. E in questo il coniglio è un maestro.

In questo momento non posso fare a meno di pensarci. A quella notte, all’ultima notte trascorsa con lei. Inconsciamente, tutti e due volevamo viverla in modo… speciale. Bè, fare l’amore, per una coppia, è una cosa normale. Ma quando sai che è l’ultima, maledetta volta, ha un profumo diverso. Riesco ancora a sentirlo, nella stanza. Mi sono rintanato qui perché non voglio vedere nessuno, e sottolineo nessuno. In un primo momento volevo rifugiarmi in biblioteca, o in camera mia, dal momento che essere circondato da libri è la cosa che mi rilassa di più al mondo. Ma sarebbero stati posti troppo ovvi, e una persona, quando scappa, va nel posto in cui è sicuro di non essere trovato. Come questa stanza in cui non entra nessuno, poiché tutti convinti che ci siano fantasmi. Ce ne sono un paio, di stanze così, ora vecchi magazzini, prima laboratori su cui conducevano esperimenti umani. La sezione scientifica ogni tanto ci nasconde gli assurdi marchingegni di Komui, proprio perché sicuri che i fantasmi allontaneranno chiunque. Che risate mi sono fatto, quella volta in cui li ho beccati in flagrante. Ora, però, non riesco a ridere. Questa stanza odora così tanto di… di lei, che mi sta dando alla testa, mi entra nel sangue, è come una droga, sto andando in overdose. Fa male, ma è così piacevole. Quella notte è stata così dannatamente sublime, perché c’era lei, e c’ero io, nudi come mamma ci ha fatti, a fare l’amore senza dirci una parola, per far spazio a quei sospiri che la mia memoria di Bookman non può in alcun modo dimenticare. Lei era bellissima. Mi stringeva tanto, con le sue braccia magrissime, quando vuole sa sfoderare una forza invidiabile, per me l’ha tirata fuori. Non mi parlava, ma non staccava gli occhi di dosso da me, dal mio corpo, dai miei occhi, tutti e due. Non c’è benda che tenga, con Ruki ormai non ho segreti. È stata l’unica a meritare di assaggiare tutto di me, senza provare disgusto per l’occhio che nascondo sempre. Lo guardava e sorrideva. Ma non era felice, quell’ultima notte, non del tutto. Sicuramente, come me, avrebbe voluto gridarlo, a costo di farsi sentire da tutti.

Non lasciarmi! Non lasciarmi! Non lasciarmi!

Ho fatto di tutto per rendere i nostri ultimi momenti speciali. Ho organizzato tutto alla perfezione, in modo che lei non avesse tempo di pensare a ciò che sarebbe successo dopo. Per me era una missione: farla ridere il più possibile e poi, appena avuta l’occasione, farla godere il più possibile. L’ho fatto, in parte, anche per egoismo, ma non me ne vergogno. Fra noi due… c’è un’intesa atipica ed irripetibile, e questo non ce lo può togliere nessuno. Ricordatelo, Ruki, quando tornerai alla tua Soul Society. Nessuno ti farà sentire così, laggiù. Egoista, no?

D’altra parte, anch’io penso che non riuscirò mai a trovare un’altra Rukia, in tutta la vita. Non dovrei nemmeno cercarmela, per via del mio lavoro. Una volta mi sarei buttato fra le braccia della prima bella ragazza che mi passava accanto, troppo debole per resistere alle tentazioni che una donna esercita senza volere. Ero stupido e immaturo. Poi hanno scelto come mia partner Rukia, per questa alleanza, e la trovavo sì carina, ma così distante dalla persona che avrei potuto amare. Sembra uno strano scherzo del destino che sia stata proprio una creatura non umana a farmi scoprire ed accettare sentimenti umani. Perché io sono così, non posso far altro che vivere in questo barbaro mondo pieno di guerre con tutti i pro e i contro, e a niente serve ignorare la mia condizione umana. In questo non siamo poi così diversi, gli shinigami e noi; i sentimenti ce li hanno anche loro. In fondo sono stati umani e certe cose non si dimenticano. È grazie a questo che Rukia e io ci siamo potuti ritrovare. Serviva solo un po’ di tempo e tanta pazienza, ma alla fine il mio pezzo mancante lo avevo trovato. Riunirsi a lei ogni volta, in questa stanza dimenticata da tutti, era un angolo di Paradiso. O di Soul Society. L’idea di non poter stare più con lei, di non vederla più la mattina e sedermi accanto a lei per fare colazione, gli sguardi furtivi e le piccole carezze date di nascosto che non potrò più darle, il non poter più combattere spalla a spalla con lei. Proteggerla, rallegrarla, consolarla, non poterla più spogliare, prenderla in braccio e farle fare notti in bianco piene di piacere, o per farmi perdonare di qualche torto che le avevo fatto… non ci sarà più, tutto questo. Non ci saranno più sorrisi, addio a lei, ai suoi occhi, alle sue parole. Ai “ti amo” detti al momento giusto. Quanto vorrei che me lo dicesse adesso. E invece se ne andrà, in un posto che non conosco e non potrò vedere finché non… morirò, se mi andrà bene.

Per alcuni, brevissimi attimi, mi è anche passato per la mente di seguirla. Ma se non si muore, per un umano è impossibile. Ma ci sono tanti modi, per esempio buttarsi dalla finestra, impiccarsi, darsi una bella pugnalata o bere un veleno. Ne ho visti di suicidi, nel corso delle guerre. Di modi per togliersi la vita ce ne sono un’infinità, uno più fantasioso dell’altro. Ma no… non posso.
Nel profondo io non voglio morire. Amo la vita, so che è una sola e non voglio sprecarla. Il vecchio panda dice sempre che dovrei morire più o meno alla sua età per avere così tutto il tempo di addestrare il successore che avrò scelto. A me, francamente, non interessa se vivrò trent’anni o novanta, voglio solamente vivere, senza però lasciarmi scivolare addosso i giorni che passano. Quindi gettarmi dalla finestra o darmi una pugnalata non rientra certo nei miei progetti. Inoltre, Rukia si strazierebbe l’anima a sapere che qualcuno è morto per colpa sua, per starle accanto nell’impossibile. Si ucciderebbe anche lei, ne sarebbe capace. Sembra una parodia di “Romeo e Giulietta”, e non è decisamente la mia storia preferita, per quanto Shakespeare abbia tutta la mia stima.
Non posso seguirla, dunque, sarebbe fin troppo egoista. Io devo vivere la mia vita, lei lo dice sempre. Ed è giusto che lei si faccia il suo percorso. Però l’agitazione mi resta. D’ora in avanti svolgerà missioni da sola, senza di me. E se viene attaccata alle spalle? Si rimane ferita a tal punto da non potersi muovere? Se resta uccisa? Chi ci sarà a proteggerla? Chi farà le mie veci?
Mentre penso a tutte queste cose, a lei, ai pericoli che incontrerà, alla notte passata a fare l’amore in questa stanza, tutta la notte, incantevole e fatidica, all’addio ormai imminente… un paio di lacrime scendono sulla mia guancia. Anzi, altro che “un paio”. Sono una fontana. Ho resistito per giorni, adesso sto letteralmente scoppiando. Ho fatto di tutto per non piangere davanti a lei, e di certo non piangerò davanti a tutti quanti, quando ci saluteremo. Ma da qualche parte lo devo pur fare, e allora tanto vale piangere adesso che sono solo, in una stanza che profuma su ogni millimetro di lei e del suo sesso. Penso di essere ormai calmo e di essermi sfogato a sufficienza, ma ecco che riparto in quarta. Non ho mai pianto così tanto in vita mia. Nemmeno quando mi sono ritrovato Linalee tra le braccia, viva per miracolo. Mi piaceva tanto, Linalee. Tuttavia, Rukia ormai fa parte di me. Per me adesso c’è solo lei, il suo profumo, la sua forza d’animo, il suo portamento nobile, la sua voce che mi rilassa in ogni momento, sia quando mi sgrida, che quando ride, sia quando è tremolante per le preoccupazioni, sia quando sospira di fronte alle mie spinte che non le lasciano tregua. C’è soltanto lei, per pochi momenti ancora, però. Poi, più niente. Sarà come se non l’avessi mai vista. E questo mi strazia, mi fa male, mi uccide dentro. E non ci potrò fare niente, il che è insopportabile. Non voglio che finisca così, non voglio che se ne vada, non voglio lasciarla, non voglio pensarla chissà dove a morire. Non voglio vederla per l’ultima volta con gli occhi gonfi e arrossati per il pianto, se ne accorgerebbe e renderebbe l’addio ancor più tremendo. Vorrei baciarla, invece. Potrei anche portarmela in braccio e scappare, così al diavolo Ordine Oscuro e Soul Society, al diavolo le guerre, al diavolo il vecchio ed anche tutti gli altri, nonostante sia ormai affezionato a loro. Da bravo coniglio quale sono. Ma, se conosco bene l’Ordine e soprattutto suo fratello che non sa di noi ma forse sospetta qualcosa, altrimenti non mi guarderebbe ogni volta come se mi augurasse la morte, ci riporterebbero all’ovile in men che non si dica, dopo una bella sculacciata. Pensare di non poter fare proprio niente, in una circostanza del genere, nella quale la donna che amo soffre e siamo entrambi impotenti, le lacrime salgono ancora. E torno a piangere, finché sono da solo.

Esco dalla “nostra camera” dopo parecchio tempo, usando tutti i metodi possibili per non far vedere che ho pianto. Non ho messo la bandana, così i capelli confonderanno un po’ il mio sguardo, e mi sono coperto per bene con la sciarpa, per nascondere al meglio quella collana. Bè, non è proprio il termine esatto. È soltanto una catenina con appeso un anello, e non uno qualunque. È una fede nuziale. Perché Rukia l’ho addirittura sposata, in gran segreto, dopo una missione, firmando semplicemente dei fogli. E appena avuta l’occasione, con a complicità di padre Federico, il prete che ci ha offerto questa occasione, abbiamo comprato gli anelli. Per ovvie ragioni non possiamo sfoggiarli, ma fa parte della nostra relazione. Guardarceli nei momenti di intimità, solamente noi due, ci rendeva ancora più complici e uniti. Ma lei sta per andare via, e quindi anche questi anelli perderanno di significato. Ho paura che… se lo toglierà, una volta tornata a casa. Mi sono detto in continuazione che non è possibile, non lo farebbe mai, eppure… in un certo senso, saremo costretti a farlo. Perché tra poco sarà come se non ci fossimo mai conosciuti. Se ci penso, mi viene da piangere di nuovo, ma mi trattengo con tutte le forze. Non posso più scappare, devo affrontare la realtà delle cose. Ormai la loro partenza è imminente, devo salutarli per l’ultima volta.
Komui si sbraccia in saluti e ringraziamenti. Tutti sembrano un po’ tristi ma anche rasserenati in un certo modo, perché la guerra è praticamente finita e possono passare più tempo a ridere e a pensare a cose belle, parlano tutti di progetti futuri, si augurano buona fortuna, c’è gran confusione. Do un paio di strette di mano e saluti semplici e amichevoli, a Shao –scusate, il capitano Soi Fon- sempre seria e ligia al dovere, ma voglio pensare che anche lei sia triste per la partenza. In fondo ne ha passate tante, con noi. Saluto Renji –lo invidio da matti. Ha passato una vita con Rukia e continuerà a passarla, mentre io me ne devo stare qua, lontano da lei- faccio qualche battuta a Kennino e alla piccola Yachiru, sembrano essere gli unici totalmente indifferenti alla partenza. Ma mi sono affezionato comunque a loro e mi dispiace l’idea di non giocare più con la piccola e di fare scherzi al capitano dell’undicesima compagnia. Lei cerca di mantenere le distanze da me, sembra aver paura di incrociare il mio sguardo ma mi cerca quando crede che sono distratto. Tentiamo di rimandare l’inevitabile, come degli stupidi. Restiamo un po’ così a elargire falsi sorrisi, perdendoci in saluti di rito per noi quasi insignificanti e tristi. Sembra serena, ma io ormai la conosco bene, è più tesa di una corda di violino. Mi cerca con lo sguardo e poi lo distoglie, più triste che mai. Sa che è rischioso, ma in cuor suo vorrebbe quelle ultime attenzioni, come le voglio io. Tanto da non resistere più, talmente tanto da scostarmi furtivamente da tutti ed avvicinarmi a lei, afferrarla per il polso e trascinarmela via quatto quatto. Mi guarda in un misto tra interrogazione e felicità. Quando si rende conto che la sto portando proprio lì, nella “nostra camera”, lascia spazio unicamente a me e alla gioia. Non si allontana da me neanche mentre sto chiudendo la porta a chiave. Non dice una parola, si fa spogliare, si lascia baciare, mi abbraccia e mi toglie la sciarpa di rimando, mi scosta i capelli per guardarmi bene, ma non voglio farle capire che ho pianto fino a poco prima, così me la prendo in braccio e poi la faccio sdraiare, senza darle tregua con tocchi audaci. Si stringe a me con così tanta foga, è un incanto…

Abbiamo già passato la nostra ultima notte, ma non ci basta, soprattutto adesso. Non ce la facciamo più. Neanche perdiamo troppo tempo nei preliminari, abbiamo i minuti contati, facciamo l’amore subito, con vigore, avvinghiati in modo tale che le catenine dei nostri anelli sembrano intrecciarsi tra loro. Sarebbe bello se si legassero davvero e ci impedissero così di separarci, è l’unica cosa a cui penso in questi momenti. Ci ritroviamo sudati nel giro di poco tempo, rischiamo di soffocare nei nostri abbracci –e poi ci stiamo dando dentro con l’attività fisica, diciamocelo- ma è bellissimo. So che abbiamo poco tempo, ma non voglio smettere. Vorrei continuare a stare così per altre dieci ore, se fosse possibile, sperando che gli altri magari, non vedendola tornare, partano senza di lei. È bellissima, tutta quanta, fantastica, possessiva come non l’ho mai vista da quando la conosco. Ma stavolta incrocia il mio sguardo per pochi secondi, poi si nasconde sulla mia spalla, graffiandomi la schiena per trattenersi. Inconsciamente, mi graffia sempre quando sta per venire, ed infatti qualche secondo dopo esplode, si sfrega attorno a me, le gambe sono mosse da moti irrefrenabili. È una delle cose più belle del fare l’amore con Rukia, sentirla raggiungere il limite e guardarla, gongolarsi per lo splendido lavoro fatto nel vederla così soddisfatta. Io la seguo poco dopo, in un senso di liberazione che provo raramente. Separarmi da lei è l’ultima cosa che voglio, perciò mi prendo qualche minuto per riprendere fiato. Continua a stringermi forte e a nascondere il viso. ma adesso so perché lo fa. Lo sento sulla mia spalla, anche se sono sudato. Certe cose si riconoscono bene.
«Perché stai piangendo, Ruki…?» è una domanda stupida. So benissimo perché lo fa. Ma voglio sentirglielo dire comunque, voglio che si sfoghi con me un’ultima volta. Ora o mai più.
Ma Rukia è così orgogliosa che fino all’ultimo si tiene i dispiaceri dentro, per non far soffrire gli altri.
«Non sto piangendo.» è una bugia stupida, che non riesco ad accettare in un momento simile. Alzo la testa per incontrare i suoi occhi finalmente in maniera decente. Per un po’ sta sulle sue e mi evita, le blocco il viso allora, la costringo a vedermi. Non riesce comunque a dirmi niente. Ha sempre avuto difficoltà a esprimere correttamente le sue emozioni. In questo siamo simili. Io lo faccio per dovere, lei per natura, forse.

«Ruki. Io lo so.».

A quel punto torna ad abbracciarmi, la mia spalla si bagna ancora, questa volta ci sono dei singhiozzi a fare da sottofondo. Mi secca sentirla piangere, davvero, ma in questo momento non c’è nient’altro da fare. Per noi è la fine di tutto, non ci resta altro che questo sfogo. Abbiamo combattuto assieme, ci siamo innamorati, ci siamo uniti, ci siamo sposati, e tutto questo sembra non essere assolutamente niente. Ci siamo impegnati per portare avanti questa relazione e non ci spetta nemmeno la briciola di una ricompensa. Di fronte ad un’ingiustizia così grande, non ci resta che piangere. Mi rendo conto solo quando posa le mani sulle mie guance, che sto piangendo anch’io.
«Non fare così…».

«“Così” come…?».

«Non piangere…».

«Scusa…».
«Dovresti essere addirittura contento. Tu tornerai a diventare il Bookman perfetto, quello per cui ti sei impegnato per così tanti anni.».

«Io sono il futuro Bookman perché non avevo nessun’altra alternativa. Io ho scelto, Ruki, di sposare proprio te, di stare con te, “nella buona e nella cattiva sorte, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, finché morte non ci separi”.» mi rigiro la sua fede tra le dita. Non sa cosa rispondermi, in un primo momento, essendo consapevole di quanto abbia preso a cuore la nostra promessa di matrimonio. Proprio il fatto che l’abbia sposata, sia pure in maniera non tradizionale ed alquanto sbrigativa, le fa capire che il mio futuro da Bookman non è niente al confronto.

«Nemmeno la morte potrebbe separarci, vista la nostra situazione.».

«Già. Ma lo fa questa partenza.».

Le lacrime tornano a scenderle, ed anche le mie. Non riusciamo più a trattenerci, per quanto prima mi sia ripromesso di non farlo. Non riesco più a nasconderle niente, e neppure lei, con me.
«Grazie…».
«Per cosa?».

«Per avermi portata qui… un’ultima volta… prima pensavo che… insomma, cercavo di avere un contatto con te, anche piccolissimo, ma tu… a stento mi guardavi di sfuggita, perciò… ho pensato che… n-non volessi… più saperne di me…».

«Ma che ti viene in mente, sciocca?! E dire che a questo punto dovresti capire tutto di me! Sai benissimo che, se fosse per me, ti terrei al mio fianco per sempre… ma non posso, e questo mi fa impazzire! L’idea che tu scomparirai dalle mie dita tra pochi minuti… ecco, lo sto rifacendo. Come faccio a non piangere per tutto questo, giunti a tal punto, Ruki?!».

Ho alzato un po’ la voce nel risponderle. L’idea che abbia pensato una cosa simile adesso mi fa star male. pensavo che lei avesse davvero compreso quanto ho dato per lei. So che si sente in colpa nei miei confronti perché mi ha praticamente stravolto la vita, ma non la odio per questo, non potrei mai, l’ho addirittura sposata, diamine! Perché farsi cogliere da simili pensieri?

Rimane in silenzio, distoglie lo sguardo, si sente a disagio, sicuramente, e mortificata per me, per ciò che ha detto. Non voglio stare a sentirla in scuse del tutto inutili o giustificazioni di sorta, non me ne faccio niente. Voglio solo lei. La bacio, ripetutamente. Siamo ancora appiccicati e di alzarci e rivestirci non abbiamo nessuna voglia. Dobbiamo sbrigarci, lo sappiamo. Ma vogliamo anche salutarci nella nostra maniera guadagnando e rendendo prezioso ogni singolo secondo. Bacia così bene, Ruki, anche quando è nervosa per il nostro addio. La amo, sono così felice di amarla. Sono contentissimo di averla conosciuta, mi sento benissimo accanto a lei. Grazie ai baci, il nostro saluto sembra meno aspro. Mi chiedo se mi farà sentire così anche quando sarà lontana anni luce da me, se mi guarderà in ogni caso, appena avrà un po’ di tempo libero, se si farà sentire, se riuscirà a trovare il modo di tornare qua, tra una cosa e l’altra. Ti supplico, Ruki, ti scongiuro.
«Non abbandonarmi, una volta tornata là…».

Mi rendo conto solo dopo di averlo detto a voce alta.

Lei mi guarda con gli occhi sgranati, sembra non credere a quel che ho appena detto. Si rabbuia, boccheggia, un po’ è delusa. Non voglio farla sentire così proprio il giorno della sua maledetta partenza, ma d’altra, oramai, non riesco più a nasconderle niente. Ho il vizio di parlare troppo, anche inconsciamente, ma un lato di me, per certe cose, sente di doverglielo. Anche se si tratta di cose dolorose, così possiamo affrontarle insieme, un’ultima voglia. Vorrei parlarle a cuore aperto, scusarmi, sfogarmi su tutto, ma non me lo lascia fare. Fa esattamente quel che ho fatto io poco prima, mi bacia di continuo, con foga. Non che la cosa mi dispiaccia, ben inteso. Ma sono le parole a rimanere, in ogni caso. Soprattutto in questo caso.

«Non… non potrei mai, Lavi.»

Lo so. Non potrebbe mai. Ma deve, accidenti, ed io non posso farci niente. E una volta tornata là, quando troverà un momento per me, per noi? Come giustificherà eventuali permessi, come verrà qui?
«N-non ci vedremo più, è vero. Non farò più parte di questo mondo, ma non per questo… non per questo voglio mandare in frantumi quanto abbiamo costruito insieme. Anche se lo sappiamo solo noi… sei l’uomo che amo, Lavi, l’uomo a cui ho fatto un giuramento che voglio mantenere.»
Certo, certo che lo so, Ruki. Il problema sarà come portare avanti questa situazione. Io non so proprio che pesci pigliare e non ho idea di come ci riuscirai tu.

Il tuo sguardo però sembra più deciso, per un brevissimo istante, insieme all’infinita tristezza che ci porta questo giorno. E in un attimo capisco quel che ho sempre saputo: Rukia Kuchiki mantiene sempre la parola data. In un modo o nell’altro. In fondo, sei piena di risorse, chi meglio di me può saperlo? Ci rivedremo, lo so. Magari ti infilerai in un gigai e busserai alla porta della mia stanza come se niente fosse, ah ah. Sarebbe bellissimo.

«Non toglierò mai quest’anello, dovessi sentirne il peso nei momenti brutti, dovesse ricordarmi che non sei con me, ma non lo toglierò mai. Non che serva per ricordarmi di noi… ma è qualcosa di nostro che neanche questa separazione può toglierci. Tenterò qualcosa… troverò un modo. Farò il possibile per… per poterti rivedere ancora, Lavi.».

Ma quando succederà? Quanto dovremo aspettare? Cioè, io posso attendere anche tutta la vita, eh, però… ho paura, adesso, di restare solo. Di portare questa fede in missione da solo, senza più averti al mio fianco per chissà quanto tempo. Ho paura di tutti i fardelli che mi aspettano, che accanto a te sembrano cose così piccole, ed alcune lo sono davvero, ma sai com’è. L’essere umano è stupido, capace solo di fare guerra o di appesantirsi le spalle con pesi inesistenti. Purtroppo o per fortuna sono umano anch’io, Ruki, e ho paura della mia natura che tu, invece, sembri conoscere come le tue tasche e “domarla” di conseguenza. Ho paura di cadere, d’ora in poi, se non ho più la certezza di vederti davanti a tendermi la mano per aiutarmi oppure a prendermi in giro. “Stolto, cosa inciampi? Guarda quanto tempo mi fai perdere, per delle cose così!”. Probabilmente mi avresti detto questo, e io avrei riso, ti avrei risposto per le rime, tu ti saresti offesa, ma alla fine mi sarei fatto perdonare tutto. L’idea che tutto questo non ci sarà per chissà quanto tempo mi spaventa. Ma succederà, un giorno. E io lo aspetto, Ruki. Aspetterò soltanto te.

«Te lo prometto.»


** ** **


È stata dura abbracciarla senza particolare enfasi, di fronte al senkaimon, sotto gli sguardi di tutti. Ci sforziamo di sorridere, almeno un po’. “Stammi bene”, viene ripetuto continuamente, anche noi ci atteniamo a questo straziante rito. Però “addio”, chiaro e tondo, non riusciamo a dircelo. L’unica frase che riesco a pronunciare a denti stretti è “ti amo”.

«Ti amo, Ruki. E ti aspetto. Sai dove trovarmi.»

Lei sorride debolmente, infine è costretta a darmi le spalle ed andarsene. Per sempre, in via teorica. Ma me lo ha promesso. Tornerà da me, un giorno. Non so quando di preciso, ma lo farà senz’altro. Perché mi ama, ci siamo perfino sposati e a questi anelli che per noi significano tanto, non rinunceremo mai.


** ** **


X mesi dopo


Sono in missione a Kyoto. La vita continua ad andare avanti come sempre. Agli occhi di tutti, sono la stessa persona, l’amicone sorridente con tutti, per Yu uno stupido coniglio, per Chaoji il “signor Lavi”. Mi diverto a canzonarlo un po’, perché è una new entry tra gli esorcisti ed è così ingenuo, in missione. Lo sfido a fare meglio di me. Se ci fosse stata un’altra persona, invece, l’avrei osservata a lungo per accertarmi che stesse bene, e non avrei certo avuto la presunzione di sfidarla. Bè, forse. Dopotutto, non mi sono mai sprecato in battute, neanche con lei.

Portare questo anello da solo è pesante, come avevo immaginato. L’unica cosa che riesce a farmi forza è pensare che per Rukia sia lo stesso. Chissà se anche lei, ogni tanto, si ritrova a svegliarsi a notte fonda con le lacrime agli occhi, o di stringere nel pugno la fede per farsi coraggio prima di una missione. Non ho la minima idea di cosa stia facendo laggiù. Sarà in missione, sicuramente, ma chissà se starà bene. E chissà quanti uomini le ronzano attorno, lei che è nobile, luogotenente, bella, infinitamente dolce.

Io e Chaoji siamo stanchi e un po’ provati. Gli abitanti del villaggio, capita l’antifona, ci offrono ospitalità e un buon pasto. È uno dei pochissimi momenti in cui riesco a rilassarmi, almeno un po’, guardando i volti felici di chi viene salvato, oppure sentendo l’odore di un buon piatto locale. Una ragazza ci ha accolto in casa sua e ci ha fatti sedere alla sua tavola imbandita in fretta e furia per “i salvatori” –che ridere, quando ci chiamano così- e devo dire che è parecchio carina. Anche Chaoji lo riconosce, e da come la guardano molti altri ragazzi del villaggio, è molto ambita. Sì, è molto carina. Ma, guarda un po’, non vado oltre, non mi interessa più sapere chi è, che cosa fa e se abbia il ragazzo, né tento minimamente di scoprire se ci sta. Sono sposato, io. C’è una persona che non voglio deludere e che mi sta certamente guardando. Almeno, dalla Soul Society, può vedermi quando vuole. Io aspetto, come sempre, ma mi manca tanto da star male.

Mangio in fretta, tratto tutti con gentilezza ma anche con un certo distacco. Pensano tutti che sia troppo stanco, la ragazza in questione si prodiga subito con tè e altre pietanze speciali per farmi riprendere, ma non ho neanche tutta questa fame, sinceramente. Mi rivolge spesso la parola, mi pone tante domande e non si fa scrupoli ad andare per il sottile. Mi chiedo quali idee si faccia una persona normale quando vuole “approfondire la conoscenza” con un esorcista. Dal momento che ho salvato il suo villaggio, questa qui mi vede come un eroe e siccome ho più o meno la sua età, è come se fossi servito su un piatto d’argento. Non posso certo dirle che sono sposato, ma posso sempre farle capire che sarebbe meglio per lei puntare ad altro. Con me è quasi impossibile trovare la tranquillità, una vita stabile, la certezza di esserci in ogni caso. Per come sono fatto, non ci riuscirei a mettere le radici, insomma, io sono il futuro Bookman.

Solo Rukia ci è riuscita, in un’impresa così mastodontica.

Per fortuna sono riuscito a “scappare”. Se ne occuperà Chaoji, di intrattenere tutti quanti, ora ho bisogno di pace e silenzio. Con la scusa di rilassarmi e di leggere un libro, mi dirigo verso quello che dovrebbe essere un fiume, ma è molto più banale. Forse le piogge scarseggiano, da queste parti, o sarà così di natura. Bè, l’acqua almeno è pulita. Mi siedo, per starmene ad ascoltare il rumore dell’acqua che scorre e per vederne i riflessi, e subito dopo alzo lo sguardo al cielo. Ho appena espresso il desiderio di poter vedere la Soul Society, attraverso il riflesso dell’acqua. Sempre che poi si trovi su e non giù. Non so neanche quale direzione prendere, per andarci, se non morire, ma una volta morti si va giù o su? Glielo dovrò chiedere, quando ci rivedremo. … se ci rivedremo davvero.
Improvvisamente ho un colpo di freddo. Dei brividi mi percorrono lungo le spalle ed ho la sensazione che qualcosa si sia impigliato tra i capelli, anzi, sarebbe più corretto dire che è come se un fiocco di neve mi fosse caduto sulla testa, eppure non sta nevicando. Sento ancora i brividi. Mi viene spontaneo irrigidirmi, ma ho anche la vaga idea che non ci sia niente di cui preoccuparsi.
Davanti a me, vedo volare una farfalla nera. E i brividi tornano a percorrermi.

Lei è qui.

Mi volto come uno stupido, pensando di poterla vedere, ma è un gesto incontrollato. Sorrido comunque, anche se di fronte a me non c’è nessuno. Fisicamente, certo, so che è qui e che mi sta abbracciando. Sorrido, e straordinariamente, non mi viene da piangere. Sono così felice che sia venuta a trovarmi. Non mi ha abbandonato. Mi guarda, mi ama ancora, si preoccupa per me. Ed io faccio lo stesso, Ruki, amore mio. Questi brevi momenti di “incontro”, valgono i giorni che passo all’Ordine da solo. Ti prego di continuare a guardarmi, e di tornare qui da me, appena avrai l’occasione. Continua a mantenere la parola.

«Grazie.»
Se un passante mi vedesse, penserebbe che io sia uno scemo che parla da solo. Ma si dà il caso che non ci sia nessuno e posso dunque prendermi tutte le libertà che voglio. So che mi sta ascoltando. Mi avrà sicuramente sorriso, e dato un bacio.

«A presto, Ruki.»

Continuerò ad aspettarti. Perché questi momenti fanno valere tutti gli sforzi che faccio per andare avanti senza di te, all’Ordine. Perché non vedo l’ora di tornare a baciarti come feci la prima volta, e tutte le volte successive. Perché voglio rivederti ridere per una mia battuta, portarti ad una festa, lo abbiamo fatto, ricordi? Qui a Kyoto fanno un sacco di feste tradizionali bellissime, ma ci sono un sacco di posti che si sprecano con le fiere favolose. voglio rivederti per poterti dire nuovamente che ti amo e sentirmi rispondere con un timido “anch’io”. E fare l’amore, quanto lo vorrei fare, Ruki. Stringerti e accarezzarti come se fossimo nati unicamente per questo, per unirci, per trovarci, per vederci insieme la mattina seguente, nudi, felici e talmente vicini da farci rivenire la voglia.

Rivoglio te, Ruki, e quando finalmente riesci a trovare questi momenti, mi ricarico. Sento che posso aspettare, ancora un po’. In fondo, me l’hai promesso, e tu mantieni sempre le tue promesse.

Ci rivedremo, amore mio. Tanto, lo sai, mi troverai sempre qui.


   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > D.Gray Man / Vai alla pagina dell'autore: neme_