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Autore: Beatit    24/05/2013    1 recensioni
"Ma prima che potessi dire o fare niente, lei mi fissò dritto negli occhi, con le mani intrecciate dietro il mio collo, mi baciò e quel bacio fu meglio di una vita passata insieme, perché capì che anche se per pochi istanti, lei era stata mia."
Una storia ha un' inizio e una fine, di solito.
La mia ha un'inizio, ma ha due finali diversi.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena, Elena/Stefan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ricordo ancora la luce del sole che infrangeva le regole di quell’autunno, ricordo le foglie di quelle grandissime querce che sventolavano nel cuore di quel pomeriggio, ricordo la mia casa, la nostra casa illuminata e quasi vuota, si vuota, perché io e mio fratello avevamo finalmente deciso.
Sette anni a Mystic Falls e tutto era cambiato: io, Stefan, il nostro rapporto. Avevamo capito, forse con un po’ di ritardo, che insieme potevamo farcela e così, quando finalmente quel piccolissimo paesino diventò un posto più ‘umano’ in cui vivere, decidemmo che gli ultimi esseri soprannaturali dovevano cambiare rotta.
Non fu facile, lo ricordo benissimo quel periodo, perché sia io, Stefan che Caroline iniziammo a gironzolare come matti per modificare i ricordi degli ultimi anni di vita a quei poveretti che ci avevano incontrato. Ci mettemmo un bel po’, ma alla fine ci riuscimmo.
Senza vampiri a Mystic Falls, nessuno sarebbe più incappato in brutte situazioni; potevamo lasciare andare finalmente le persone di cui ci importava veramente, sapendole al sicuro e con tutta una vita da vivere davanti.
Se chiudo gli occhi, mi sembra ancora di rivivere quel giorno …
Il grande camino riscaldava la casa, l’autunno era arrivato e con lui il freddo, le tende aperte facevano trapelare una luce fievole, la porta principale si aprì e le persone che ci avevano accompagnati  in quegli anni si guardarono a vicenda straniti.
Tutti tranne Bonnie, che era già a conoscenza del nostro piano e che sarebbe stata l’unica a ricordare, poiché l’unico essere soprannaturale che avevamo deciso restasse con il gruppo così da proteggerlo.
Caroline, seduta sul divano, fissava il tavolino, aveva già chiarito che non sarebbe stata lei ad introdurre l’argomento, Stefan ammutolito, così mi decisi.
-          Sono sicuro che ai vostri occhi questa riunione non avrà avuto senso. È da un po’ che non abbiamo nessuna emergenza mostri, così abbiamo deciso io, Stefan e Caroline di lasciare la città. Non ricorderete niente di noi, perché vogliamo che voi siate al sicuro da ogni minimo pericolo.
Passai in rassegna tutti: gli occhi sconvolti dello sceriffo, quelli consapevoli di Jeremy e Matt, quelli complici di Bonnie ed infine vidi rabbia e delusione negli occhi che mai avrei potuto dimenticare.
L’avrei sempre amata, nonostante il perpetuo triangolo che si era innescato fra me, lei e mio fratello, infatti, per qualche strana ragione non riusciva mai a scegliere definitivamente.
-          Lo facciamo per voi, perché vogliamo – fissai il suo sguardo – che viviate una vita felice, una vita normale, vogliamo che non vi preoccupiate per una figlia che potrebbe essere ammazzata con un paletto nel cuore, vogliamo che cresciate, che vi innamoriate e diventiate genitori, vogliamo non esservi più d’intralcio.
A quelle parole, Elena uscì sbattendo la porta, Caroline, con la madre sconvolta, non poteva di certo seguirla, guardai Stefan e con lo sguardo lo pregai di andare da lei.
 
La vidi rientrare con Stefan, gli occhi lucidi si, ma aveva  una nuova luce che mi diede speranza, speranza che ce l’avrebbe fatta anche senza di me.
Caroline prese sua madre, portandola nella stanza degli ospiti, Stefan fece cenno a Jeremy e Matt, Bonnie li seguì, lasciandomi solo con Elena.
-          Stanno …
-          Si … - risposi d’un fiato.
-          Quando partirete?
-          Domani all’alba.
-          Posso chiederti un favore?
-          Certo.
-          Dammi questa notte, solo questa notte.
-          Non  … –  vidi i suoi occhi supplicarmi – … Va bene, verremo all’alba da te .
Vide lo sceriffo uscire dalla stanza e blaterale qualcosa su una festa, con lo sguardo Elena cercò risposte.
-          Dopo avergli cancellato la memoria, gli diranno che erano tutti qui per una festa … e a quanto vedo lo sceriffo si è appena convinto di averla rovinata.
-          È strano …
-          Cosa?
-          Te ne vai così come sei venuto. – non capivo – Mi hai fatto dimenticare come ci siamo incontrati e ora mi fai dimenticare persino che sei esistito.
-          Basto io a ricordare, ricorderò a sufficienza per entrambi.
Le mie mani cercarono le sue, le sue strinsero le mie.
-          Gli altri sono già andati, quando tornerai a casa mi raccomando con Jeremy, comportati come se nulla fosse.
-          Potrei restare qui. – tentò di dire.
-          No, non è una buona idea. – risposi senza neanche pensarci.
-          Vorrei averti accanto fine alla fine.
 
Fissai la finestra della sua camera per tutta la notte, poi con i primi raggi del mattino arrivarono le chiamate di Stefan e con quelle l’ inquietudine dell’addio.
Quando arrivai nella sua stanza, lei stava scrivendo, trasalì quando mi vide, ma poi si riprese, nascondendo subito un bigliettino.
-          Cosa facevi? – chiesi non curante.
-          Biglietto d’auguri, domani è il compleanno di Jeremy.
-          Dagli gli auguri anche per me – So che avrei dovuto insistere di più, ma non lo feci.
-          Pronta?
-          Non lo sarò mai per questo.
Ma prima che potessi dire o fare niente, lei mi fissò dritto negli occhi, con le mani intrecciate dietro il mio collo, mi baciò e quel bacio fu meglio di una vita passata insieme, perché capì che anche se per pochi istanti, lei era stata mia.
Quando ci staccammo, una lacrime le rigò il viso, dovevo farlo.
-          Sei riuscita a sopravvivere all’incidente con i tuoi per miracolo, non saprai mai che a salvarti fu Stefan. Dimenticati di tutti i momenti felici e non che hai passato con lui. Dimentica quello che provi e cha hai provato standoci insieme. Dimenticati delle streghe, dei lupi e dei vampiri. Dimentica tutte le morti di questi sette anni, dimentica anche e soprattutto la morte di Jeremy.
Dimentica i tuoi veri genitori.
Dimentica me e le volte in cui sono stato uno stronzo, se puoi.
Dimentica i miei occhi intenti a rubare attimi della tua vita.
Dimentica le volte in cui abbiamo litigato per poi senza neanche rendercene conto far pace.
Dimenticati le volte che abbiamo ballato, fingendo che tra noi non ci fosse nulla.
Io ti amo e ti amerò per sempre, fa che la tua mente dimentichi queste parole e che a ricordarle sia il profondo del tuo cuore. Addio, Elena.
Il vento della finestra aperta la riportò alla realtà, non capiva il motivo per il quale si era alzata dal letto e non ricordandolo si rimise a letto.
 
La mustang blu lasciava Mystic Fall proprio nel momento in cui il sole la illuminava.
-          Allora dove andiamo? – disse Caroline canzonante, spezzando l’angoscia.
-          L.A piccola. – rispose Damon ammiccando e distogliendo lo sguardo dallo specchietto retrovisore.
-          Allora c’è solo una canzone che possiamo ascoltare. – dichiarò Stefan.
Accese lo stereo e Katy Perry intonò le note di California Guls.
 
 
Come due ladri, nascosti tra gli alberi, cercavamo di scorgere il suo volto, erano passati circa sei anni dall’ultima volta che l’avevamo vista e noi due, io e Stefan, dovevamo solo accertarci che tutto nella sua vita fosse andato per il verso giusto.
-          Si è ingrassata, straformata, insomma una mostro vivente, forse è per quello che non riusciamo a riconoscerla. – iniziai io, per allentare la tensione.
-          O semplicemente oggi non è andata a lavoro.
Neanche sentì quelle parole, dalla porta principale dell’università uscì la più bella professoressa di lettere del pianeta. Aveva i capelli raccolti in uno chignon, un tailleur nero le esaltava il corpo perfetto e dei tacchi vertiginosi la facevano sembrare una dea, camminando tra i vialetti faceva cenni di saluti e sorrisi a tutti.
Mi sentì fiero della donna che era diventata.
-          È bellissima. – dissi senza neanche accorgermene.
-          Pensi stia bene?
-          Bene? È straordinaria.
-          Non mi riferivo a quello.
-          Uff – sbuffò facendo una smorfia - a me sembra di si. – replicai, scrutandola meglio.
-          Non lo so, è che …
-          Ti preoccupi ancora eh?! – esclamai divertito.
-          Mi preoccupo come è normale che sia, ma tu ne sei ancora innamorato e non vorrei spuntassero dubbi  durante il viaggio. Visto che siamo qui, informiamoci meglio, tutto qui.
-          Sei  tu che ti sei sistemato con il nemico …
-          Ne abbiamo già parlato e mi sembra che avevamo chiarito la questione. – replicò scocciato - Senti, facciamo una cosa, io vado in albergo, la chiamo e le dico che restiamo un po’ più del previsto. Tu, invece segui Elena, chiedi a chiunque tu voglia, ma accertati che stia bene.
-          Perché io?
-          Te l’ho detto, io sono andato avanti. – affermò sbuffando.
-          Quando ce ne siamo andati l’amavi ancora però, quindi perché hai mandato me quel giorno, non l’ho mai capito. – disse serio.
-          Perché lei avrebbe scelto te.  – e l’immagine gli ricomparve per l’ennesima volta in mente.
 
Si era fermata sul muretto a secco dell’entrata, guardava il vialetto scomparire nei folti alberi tricolore, non sapevo cosa dire, cosi mi avvicinai lentamente.  
       -    È difficile per tutti … è difficile anche per noi, che conserviamo i ricordi.
       -    Stefan, io non voglio dimenticare per nessuna ragione, ma soprattutto non voglio che ve ne andiate.
      -     Dobbiamo farlo,  è l’unico modo per lasciarvi andare, per lasciarti andare…
      -    È di questo che si tratta??? Chi ha avuto questa idea, me lo dici???
      -    Damon e noi siamo stati d’accordo.
      -    È così facile per lui?! Stronzo!
     -    No, non lo è per niente. Ti ama e farebbe qualsiasi cosa per te, anche questo. Vuole solo che tu sia                                    felice.
    -    Come posso essere felice, se l’unica persona che mi fa sentire così, se ne sta andando.
Quelle parole arrivarono come lame taglienti sul mio cuore.
Forse era riuscito a farla rinnamorare dell’amore, ma a farla rinnamorare della vita, ci aveva pensato mio fratello.
     -    Dopo che ti avrà modificato la memoria, non ricorderai niente e ti prometto che un giorno sarai di nuovo felice. Ora rientriamo, ha bisogno di sapere che starai bene, altrimenti si sentirà in colpa per secoli.
       -       Sono stata proprio pessima con te eh?! – disse guardandomi.
       -       Noi Salvatore abbiamo la corazza dura. – risposi sorridendo.
-          Ti dirò una cosa e probabilmente mi odierai per questo … ma non sono mai stata io. L’ho capito.
Hai solo rivisto la persona che amavi in me.
 
Il bar universitario era gremito di ragazzi,  alcool, musica e urla dappertutto, sarei passato inosservato.
Mi avvicinai al bancone e chiesi una birra.
Non aveva più la tenuta da lavoro, sicuramente era lì per un incontro informale; un paio di jeans, t- shirt bianca e scarpe da tennis, stava giocando a biliardo ... da sola, strano.
Senza volerlo iniziai a fissarla.
-          O prendi una stecca e giochi o penserò che sei un maniaco. – disse beffarda.
-          Giochi da sola, coma mai? – chiesi non curante.
-          Non sono poi così brava e per di più sono professoressa, pensano che battendomi potrei sfogarmi durante gli esami.
-          Bè, io non ho esami da fare, quindi posso sfoggiare tutta la mia bravura. – sorrisi ammiccando.
-          Professoressa così giovane?! Chi hai corrotto, il diavolo? – continuai.
-          Se vuoi una cosa la ottieni mio caro! – rispose seriosa.
Giocammo per circa venti minuti, vinse la partita, ma solo perché l’avevo deciso io.
-          Niente esami, eppure hai lasciato che vincessi!!!
-          Rimango sempre un cavaliere e comunque non sei stata male. – sorrisi ancora.
-          Cavaliere, eh? Ma non avevano terminato il marchio di fabbrica?!
-          Beh, diciamo che io sono stato uno dei primi ad essere prodotto. – replicai tentando di celare la verità.
-          Allora, cavaliere, mi offri una birra?
Guardai l’orologio e decisi che potevo rimanere un altro po’.
-          Fidanzata? – Fece cenno all’orologio.
-          No, fratello minore.
-          Allora non ti trattengo.
-          Può aspettare ancora un po’ , tranquilla.
Ci sedemmo ad un tavolo e fui grato di quella serata passata con lei. Aveva ragione Stefan: ero ancora dannatamente innamorato di lei, ma dovevo comunque ritornare alla mia noiosissima vita il giorno dopo, quindi solo una cosa m’interessava, la sua felicità.
-          Facciamo un gioco. Sono sicuro al 99 % che dopo questa sera non ti rivedrò più, quindi sincerità a qualsiasi domanda.
-          Come mai così sicuro?
-          Sono solo di passaggio, domani riparto.
-          Sincerità eh??? – chiese con una punta di dispiacere.
-          Sincerità. – confermai.
-          Inizio io. È veramente da tuo fratello che devi andare?
-          Non ti fidi eh. Si, comunque. – risi.
-          E’ strano incontrare uomini sinceri …
-          Sei felice? – domandai, senza  curarmi del sottile complimento.
-          Cosa? – chiese stranita.
-          Sei felice? – ripetei.
-          Si, cioè faccio una bella vita, ho un bel lavoro e un fidanzato perfetto … si. Come mai lo chiedi?
-          Mi dispiacerebbe se fosse il contrario, sei una bellissima donna.
-          Grazie. – arrossì- E tu, cavaliere, hai il tuo vissero per sempre felici e contenti?
-          Credevo di averlo trovato.
-          Poi cosa è successo? – chiese incuriosita.
-          Per forze maggiori abbiamo dovuto allontanarci. Se ami qualcuno rendilo libero.
-          Se è veramente stato tuo, tornerà e rimarrà per sempre. La ami ancora?
-          Non ho mai smesso di amarla. – la guardai negli occhi, volevo che sentisse che quelle parole fossero per lei .
Balliamo, ti va? – volevo stringerla ancora tra le mie braccia.
Non conoscevo quella canzone. Era un lento, uno di quei lenti da fare avvinghiati, quel lento mi ricordò tanti momenti e fece cadere le ultime barriere rimaste.
-          Tu sei stato sincero. Io forse un po’ meno.
-          Cosa vuoi dire? – chiesi interessato.
-          Ho una bellissima vita, è vero, ma a volte è come se mi mancasse qualcosa, non lo so, cioè io amo David, ma ogni volta che sono con lui mi sento schiacciata dal senso di colpa, come se amassi di più qualcun altro, qualcuno che forse non conoscerò mai, ma che io so che esiste.
-          Perché non cercarlo?
-          Perché sarebbe inutile.
-          Non capisco.
-          Quella persona potrebbe essere innamorata e non rendersene conto, per esempio.
-          Penso che quando si incontri la persona giusta, lo si senta.
-          Tu lo stai sentendo?
-          Hai un fidanzato. Non sei il tipo. E sono pericoloso.
-          Cosa sei un serial killer???
-          Potrei esserlo – si mise a ridere, poi mi fermai, la guardai negli occhi intensamente, quasi sperando che ricordasse – Fatti bastare questa serate come sto cercando di fare io.
-          Mi sembra di conoscerti da una vita. Una vita che non riesco a ricordare.
Lo squillo del cellulare interruppe la conversazione che stava prendendo strade sconosciute.
-          Dimmi tutto, fratellino! – esclamai, allontanandomi da lei.
 
-          Mi sento in colpa, forse dovresti andare. – disse, appena terminata la telefonata.
-          Si, dovrei.
-          Non ti ho chiesto neanche come ti chiami! – esclamò.
-          Damon, mi chiamo Damon. – si avvicinò per salutarla con un bacio sulla guancia e delicatamente in un sussurro le disse – Addio, Elena.
 
Scappò via in un secondo, lei rimase lì, impassibile e sconvolta da quell’incontro. Pensò e ripensò a quell’uomo, poi ricordò, lei non gli aveva detto di chiamarsi Elena.
Il suo viso, l’aveva già visto.
Uscì dal pub, entrò in macchina e iniziò a rovistare nel cruscotto, in fondo alle tante riviste e giornali, scorse quello che cercava.
Sul fondo bianco, scritto in pennarello nero: Nonostante tutto, ti amerò sempre. Elena. Le lacrime cominciarono a rigare il suo viso, prese coraggio e voltò quella foto: Si rivide diciottenne insieme ad un ragazzo,  lo stesso ragazzo che gli aveva appena detto di chiamarsi Damon.
Chi era? Cos’ era? E perché non ricordava quella foto?
 
FINALE
 
Guardò il cielo illuminato da una bellissima luna piena e incredibilmente sopraffatta da emozioni inspiegabili si ritrovò a piangere. Cosa le stava succedendo?
Un uomo bussò al finestrino, si asciugò gli occhi con il dorso della mano e sorrise quando capì che era il suo uomo.
-          Ehi, cosa fai qui dentro? – chiese preoccupato.
-          Niente, cercavo solo una cosa, tranquillo.
-          Allora entriamo?
-          Non mi sento tanto bene, preferirei andare a casa. – Era sincera, un peso allo stomaco la inchiodava sul sedile.
-          Senti, lo so, che non è luogo e a quanto ho capito non è momento, ma in fondo chi o cosa decidono come o quando farlo …
-          Non ti seguo.
-          Saremmo dovuti entrare, avremmo bevuto qualcosa e poi saremmo usciti, ti avrei portato al mare. Guarda la luna è perfetta, come lo sei tu questa sera e come lo sei sempre. Elena, non è un segreto, io ti amo e non ho paura a dirti che ti amerò per sempre.
       Quindi, ti chiedo, sposami.
Quella sera aveva incontrato l’unica persona che sarebbe riuscita a stravolgerle la vita, ma si era rivelato un fantasma o qualcosa del genere.
Decise che quella era la risposta dell’universo: era riuscita ad incontrare l’uomo che aveva sempre saputo di amare, ora doveva andare avanti dicendo di si all’uomo a cui sempre avrebbe voluto bene.
 
Vide e sentii tutto, sorrise malinconico e sparì nel silenzio di quella notte stellata.
Ora toccava a lui andare avanti.
 
FINALE ALTERNATIVO
 
Con la foto ancora in mano e seduta in auto, iniziò a chiamare tutti gli alberghi della città. Aveva deciso di cominciare dai più costosi, qualcosa le diceva che non era tipo da ostelli o motel.
Nonostante la selezione, gli alberghi erano tanti, troppi. Poi, quando le speranze la stavano per abbandonare, sentì nella voce del receptionist una breve e lieve inclinazione. Vedendo davanti a sé una flebile possibilità, rincarò la dose.
-          Senta, so che non ha l’autorizzazione necessaria, ma è questione di vita o di morte. Ho appena assistito ad un incidente in cui era coinvolto il fratello di un ragazzo che si chiamava Damon, gli sono stata vicina finché non è arrivata l’ambulanza, l’unica cosa che ripeteva era di avvisare suo fratello che alloggiava nel vostro Hotel.
-          Signorina si calmi e respiri.
Anni fa, sotto consiglio di Bonnie aveva seguito un corso di recitazione dell’’università, ringraziandola tacitamente e ricordando la tecnica del piagnisteo, iniziò a singhiozzare.
-          Va bene, va bene signorina. Mi lasci controllare. Il sig. Salvatore alloggia nella stanza 303 - sorrise per averlo finalmente trovato - vuole che gli lasci un messaggio?
-          No, non è una notizia che può essere data tramite terzi.  Devo farlo io.
-          Capisco, capisco.
 
L’hotel era uno dei più belli e costosi del Carolina, l’architettura e gli interni rimandavano ad uno stile classico, così come la musica rilassante che accompagnata la hall, forse Rossini.
Senza farsi scorgere dai receptionist, entrò nell’ascensore marmoreo.
-          Mi scusi – chiese gentilmente ad un’anziana signora – saprebbe in quale piano si trova la stanza 303?
-          Ultimo piano. È la suite. – rispose gentilmente.
Al suono squillante dell’ascensore, Elena  si ritrovò a contemplare un bellissimo corridoio con quadri e statue, in fondo una porta bianca sicuramente di legno pregiato.
Prese coraggio e bussò.
La porta si aprì e un ragazzo sulla ventina, le aprì la porta. Capì subito che non si aspettava quella visita, perché rimase ammutolito.
-          Salve, mi scusi per il disturbo, ma cercavo Damon …
Mentre Stefan non sapeva cosa fare o dire, la voce del fratello tuonò dall’altra parte della stanza.
-          Fratellino, che fai lì?
Con un gesto automatico, Stefan spalancò la porta.
 
La fecero entrare, ma la tensione era palpabile, così come la rabbia di Stefan.
-          Potremmo parlare nella hall… - tentò di dire la ragazza, percependo la situazione già abbastanza tesa.
-          No. – rispose Stefan – Me ne vado io.
-          Cosa dovrei fare? Non gli ho detto mica io di venire qua? – rispose Damon, noncurante della ragazza che li stava a sentire.
-          Fai quello che ti pare: dille la verità oppure no, basta che sistemi questo casino.
 
-          Perché sei qui? Come hai fatto a trovarmi? – esclamò, alzando di un tono il volume della voce.
-          Mi spiace, non volevo disturbare, ma avevo bisogno di parlarti.
Damon ordinò di calmarsi, in fondo lei non aveva nessuna colpa, se non quella di essere troppo testarda.
-          Scusaci, ma non siamo abituati alle sorprese.
-          Tuo fratello sembrava aver visto un fantasma. – sorrise, ma era ancora evidentemente tesa.
-          E in effetti l’ha visto. – affermò con un soffio di voce.
-          Cosa?
-          Niente. Perché sei qui, Elena?
-          Conservo una cosa da un po’ di anni ormai, non ho mai capito cosa fosse o significasse. E poi ti ho visto.
Dalla tasca dei jeans, tirò fuori una foto e la porse al vampiro. Erano insieme e ridevano, sembravano felici.
-          Ho preso in considerazione fratelli, cugini e persino chirurgie plastiche.
Prese quel cartoncino e lo osservò con attenzione,  lo voltò e lesse la frase; era quello il biglietto d’auguri per Jeremy?! Sorrise, per quella ragazza che nonostante tutto non si era arresa. Oltrepassò la stanza, arrivò vicino alla porta, prendendo con sé la chiave.
-          Cosa intendeva tuo fratello con “verità” e “sistemare questo casino”.
-          Quello nella foto non è mio fratello, né mio cugino, non ho fatto operazioni, mai e di nessun tipo.
-          Non è possibile che tu sia rimasto uguale a otto anni fa.
-          Si, invece. – Le pupille da azzurre diventarono del colore del sangue, piccole vene gli delinearono il contorno degli occhi, mentre due canini affilati gli spuntavano fuori dalla bocca.
In quel momento realizzò l’errore che aveva commesso andando in quell’albergo. Tutte le immagini più mostruose che aveva visto o letto in film e libri gli si mostrarono davanti. Eppure nonostante il grande scossone per la rivelazione, non riusciva a provare paura.
-          Cosa sei? – riuscì a dire.
-          Lo sai.
-          E quella foto, quella frase? – chiese, consapevole di aver deviato l’argomento.
-          Mi faccio vedere in questo stato e tutto quello che vuoi sapere è da dove esce quella foto?! Pensavo di conoscerti e invece non finisci mai di stupirmi. – Ad un tratto il suo viso diventò quello del bel ragazzo di sempre. – Perché non scappi? Potrei ucciderti.
-          Se l’avessi voluto sarei già morta e non scappo, perché non posso vivere con i dubbi per il resto della mia vita.
-          Potrei farti dimenticare tutto; il pub, l’hotel e me.
-          Potrei non voler dimenticare. Penso di aver dimenticato già abbastanza. Ora voglio solo sapere e voglio essere io a scegliere per me.
Era chiaro che non ricordava, ma la sua perspicacia era impressionante, come il suo coraggio.
-          Potrei farti ricordare tutto.
-          Non voglio che tu mi faccia semplicemente ricordare, voglio che sia tu a raccontarmi di noi.
-          Perché? – chiese sorpreso.
-          Puoi avermi cancellato la memoria, ma le emozioni che si provano in determinate situazioni le ricordi per tutta la vita. Voglio solo sapere se attraverso le tue parole, potrei riuscire a sentire quelle sensazioni. Solo così accetterò di riavere indietro i ricordi ed entrare in un mondo che credevo appartenesse solo alla fantasia. E per inciso, non mi fai paura.
-          Dovresti, invece. Quando mi hai conosciuto ne avevi paura, e tanta. Ti odiavo, odiavo il fatto che tu avessi semplicemente una vita. A Katherine non le era stato permesso.
Pensavo di amarla, come mai nessuno sarebbe riuscito a fare. Ho sacrificato mio padre, mio fratello per lei. Fu lei a trasformarci e a dividerci.
Pensavamo fosse morta. E così io e mio fratello andammo avanti, scegliendo stili di vita e strade diverse, fino al momento in cui non ci ritrovammo a Mystic Falls.
Lui ti amava. Tu lo amavi. Mentre io odiavo entrambi. Quando scoprimmo che Katherine era viva, pensai di poter finalmente vivere la mia vita con lei, ma era solo un’illusione:  aveva solo e sempre amato Stefan.
Da una parte mi fece bene capire questo, dall’altra però mi diede qualche ragione in meno per odiarti e qualcuna in più per volere la tua amicizia.
Nonostante siate uguali, i vostri caratteri sono diversissimi.
-          Uguali? – si permise di chiedere allarmata.
-          Uguali. Comunque, iniziammo ad avvicinarci e quando Stefan si allontanò da te, mi vergogno a dirlo, ma ne approfittai. Mi piaceva ridere, litigare, ma soprattutto mi piaceva che tu contassi su di me, che volessi la mia protezione. Non mi fermasti quando ti baciai e nessuna delle cose terribili che avevo fatto ti fermarono dal ribaciarmi, poi.
Provavi qualcosa per me. Ma Stefan era il tuo amore epico. Ti aveva salvata dall’incidente sul ponte. Scegliesti lui.
 Poi ti trasformasti in vampiro e qualcosa cambiò. O forse, mi piace pensare che riuscisti solo ad    accettare, accettare quello che provavi.
Tra noi due non sei stata tu a sbagliare, insomma, non riuscivo a capire perché tu avessi scelto me e quando la situazione si complicò, scappai.
Passammo gli ultimi anni sfuggendoci a vicenda. Io, te, mio fratello.
Situazione già vissuta, così una volta sistemati gli equilibri e riusciti a riportarti nel regno dei vivi, ci dicemmo addio, pensando che sarebbe stata la cosa migliore per te, per tutti.
-          Poi cosa è successo? Avete cambiato idea e siete ritornati dopo anni di assenza? – chiese arrabbiata.
-          Dovevamo controllare che tutto fosse andato bene. Ma mi sono fatto prendere dall’entusiasmo e mi sono esposto più del dovuto. – affermò colpevole.
-          Sarebbe facile cancellare tutto di questa serata, non ricordare più nulla, vivere una vita normale.
Ma sei io non volessi la normalità nella mia vita? Se volessi qualcosa di più? Voglio ricordare a costo di pentirmene per il resto della mia vita.
-          Mio fratello mi ucciderebbe, se lo facessi. Agirei per l’ennesima volta da egoista.
-          Se voler stare con la persona che si ama è egoista, allora lo sono.
-          Potresti ricordare e scoprire di amare mio fratello e non me.
-          Io non ho trovato foto di tuo fratello. Ma una tua foto, voglio solo sapere come sono arrivata a scrivere una cosa così forte, perché adesso non sarei capace di farlo.
-          Io non sono il ragazzo che hai conosciuto questa sera. Ferisco tutti, soprattutto le persone a cui tengo di più.
-          Invece è il vero te stesso che ho visto questa sera. Ti comporti da cattivo, ma non lo sei.
Sai perché lo so? Mi hai chiesto se fossi felice. Mi hai pregato di accontentarmi di questa serata, come lo stavi facendo tu. Non voglio più accontentarmi.
Si avvicinò lentamente a lei, con il dorso della mano le accarezzò il volto.
-          Mi sei mancata. – A quelle parole lei sorrise. – Ricorda, Elena. Ricorda tutto ciò che ti ho fatto dimenticare.
Sbatté gli occhi e lo fissò, ammutolita.
 
3 ANNI DOPO.
 
Uscì esausta e si sedette sul divano della veranda.
Chiuse gli occhi e inspirò profondamente, non sentì l’aria entrare nei polmoni, ma l’essenza di quella giornata, di quella notte stellata e della neve che aveva imbiancato gli alberi.
Stava per addormentarsi, quando un manto soffice di piuma si posò su di lei.
-          Ho smesso di sentire freddo da un po’ di tempo ormai. -  lo guardò sorridendo.
-          Lo so, ma una parte di me non si abituerà mai a questo e poi mi piace prendermi cura di te, quindi lasciamelo fare.
Scostò la coperta, si alzò e si accoccolò sul suo petto, cingendolo con le braccia e iniziando a muoversi.
Ballarono sulle note del silenzio.
-          Ti sbagliavi … dicesti che non ci saremmo più rivisti.
-          Non mi sbagliavo, io dissi che al 99% non ci saremmo più rivisti. Speravo in quel 1%.
-          Ti amo, lo sai vero?
-          Ti amo anche io.
Passarono quella notte accoccolati sul divano. Non entrarono in casa. Lui si addormentò subito, lei, guardandolo, ripensò alla giornata appena passata.
Era stata dura, ma bellissima. Avere tutte le persone care vicine era sempre una gioia, soprattutto a Natale, sorrise ripensandoci: Klaus e Caroline, sempre intenti a litigare, ma a fare pace l’attimo dopo, Stefan e Katherine, ancora doveva abituarsi a vederla così spesso, ma almeno Stefan era felice, senza contare i gemellini di Jeremy e Bonnie e il loro padrino, Matt, sempre intento a stare dietro ai capricci di Rebekah.
Si, avevano i loro alti e bassi, ma si amavano tutti ed erano una grande famiglia.
Poi il braccio pesante di Damon la strinse ancora più forte a sé, quasi per reclamarla, e sorridendo lo strinse più forte anche lei.
La neve cadeva leggera, così come un leggero vento carezzava i loro visi addormentati, la luna invece illuminava, facendo penetrare la sua luce persino negli angoli più remoti della casa e in mezzo a tanti ostacoli, scelse dove posarsi.
Su una foto, in cui due ragazzi ridevano innamorati: Nonostante tutto, ti amerò sempre.
  
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