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Autore: WillBeForever    25/05/2013    0 recensioni
Sapevo che era giusto quando si inumidė le labbra con la lingua, fissando la mia bocca, prendendo ad accarezzarmi la guancia; sapevo che era giusto trovarmi lė, con il ragazzo che mi piaceva da impazzire sotto un cielo nero pieno di stelle su di una trascurata barca a vela. Sapevo che a momenti mi avrebbe baciata e sapevo anche che era giusto quando percepii il suo respiro pių accelerato sul mio viso a poca stanza dal suo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Penso di essere strana, non mi sembra di appartenere alle mentalità classiche del genere umano, qualcosa nel mio cervello non quadra alla perfezione, mi sembra tutto in soqquadro.
 

La gente normale è sempre tentata di seguire l'istinto, e fin qui ci siamo. L'istinto umano porta sempre all'autodistruzione, e fin qui ci siamo. L'istinto umano segue l'illogicità del caso, e anche questo combacia. Ma perché ogni qual volta che reagisco d'istinto mi sembra come se reagissi con il cervello? L'istinto è problematico: hai un cinquanta percento di possibilità che ti possa andare bene e l'altro cinquanta che invece ti possa portare a cadere nell'oblio più profondo ed oscuro. Perché allora quando io reagisco d'istinto mi sento già di essere nel buio?

È difficile da esprimere, non mi sento una persona normale, quando prendo una decisione di botto mi sento già con un piede nel burrone che trascina l'altro, si proprio così: per togliere il piede dal burrone devo reagire con l'intelletto, devo ragionare senza lasciarmi trascinare dal panico e capire che per uscirne devo darmi la spinta con l'altro piede. Ecco, è proprio così che reagisce il mio istinto, mi porta alla soluzione più logica e meno rischiosa; facile, veloce e indolore, ma il mio organismo ha dovuto pur rinunciare a qualcosa per ottenere questo fantastico - secondo me ultra sviluppato - istinto. Si, perché lo spazioso posto che avrebbero dovuto occupare dolore e delusione è stato rimpiazzato da un enorme rimorso che si nutre di occasioni perse e inutilizzate.
Va sempre così: le proposte allettanti vanno sempre a finire nel dimenticatoio, perché io mi rendo conto della fantasticità del caso, ma senza sapere il perché a priori il mio istinto tende spazzare tutto quanto, tempo due minuti e il rimorso inizia a rodermi l'anima consumandomi in una maniera brutale ma indolore, una sensazione indescrivibile e stranissima, come se riuscissi a far combaciare nello spazio vuoto un pezzo di puzzle sbagliato. E così successe anche quella volta: la prima di un lunga e soffocante serie, quando in quella calorosa estate di San Lorenzo mi sembrava tutto perfetto. Quella barca a vela trascurata da un po' di mesi sembrava fatta apposta per noi, sembrava essere stata lasciata in quel punto nascosto e strategico della spiaggia in attesa di due come noi che cercavano una bolla per offuscarsi dalle risate e parole della gente. Mi ritrovai con quel ragazzo da cui mi facevo inseguire involontariamente da tempo, perché avrei voluto fermarmi e lasciarmi prendere una buona volta per tutte, quel dannato ragazzo bello e impossibile che mi aveva giurato che avrebbe lasciato quella biondona tutta tette e niente cervello se solo gli avessi assicurato il mio cuore. Quello bello da far girare la testa e simpatico come pochi, quello popolare che riusciva a mettere in secondo piano il suo strepitoso aspetto posteggiandoci il fascino da ragazzo popolare e ribelle.
Sapevo che era la realtà quando le sue dita mordicchiate si mossero dal loro posto sopra il ginocchio per scostarmi una ciocca di capelli dietro l'orecchio mentre i miei occhi agivano sotto il suo sguardo velenoso. Sapevo che era giusto quando si inumidì le labbra con la lingua, fissando la mia bocca, prendendo ad accarezzarmi la guancia; sapevo che era giusto trovarmi lì, con il ragazzo che mi piaceva da impazzire sotto un cielo nero pieno di stelle su di una trascurata barca a vela. Sapevo che a momenti mi avrebbe baciata e sapevo anche che era giusto quando percepii il suo respiro più accelerato sul mio viso a poca stanza dal suo. Eppure divincolai il destino sottomettendomi all'istinto che mi fece togliere la sua mano dalla mia guancia e mi fece scendere da quella dannata barca a vela lasciandolo lì immobile con una strana espressione mista tra delusione e tristezza. Eppure il rimorso mi raggiunse presto, come se lo stessi aspettando inquieta da tanto tempo, come se non volessi nient'altro che lui, come se preferissi lui a Giorgio.

 
 
 
 
 
  
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