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Autore: AmaleenLavellan    26/05/2013    2 recensioni
"Il Moulin Rose. Un nightclub, una sala da ballo e un bordello. Proprietà di Sandy Ryerson, regno dei piaceri notturni, dove i ricchi giocavano con le giovani e bellissime creature di malaffare. La più bella di tutte queste era l’uomo che amavo. Kurt. Un cortigiano, vendeva il proprio amore agli uomini. Lo chiamavano il “Diamante Splendente”. Ed era la star… del Moulin Rose. Non ho idea del perché stia scrivendo tutto questo. Sono un compositore squattrinato, non uno scrittore. Ma sento che il mondo dovrebbe conoscere la nostra storia. L’uomo che amavo, è…"
Blaine è un musicista e sognatore, appena trasferitosi a New York contro il volere dei propri genitori.
Kurt, tanto bello quanto stupefacente, è la star del Moulin Rose, il locale più famoso - e diffamato - di tutta la Grande Mela.
Questa è la storia del viaggio che hanno dovuto intraprendere per scoprire che la cosa più grande che potrai imparare è amare e lasciarti amare.
[Versione ambientata ai giorni nostri del musical Moulin Rouge!, Klaine]
Genere: Commedia, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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There was a boy
A very strange, enchanted boy
They say he wandered very far, very far
Over land and sea
A little shy
And sad of eye
But very wise
Was he

 
Il Moulin Rose. Un nightclub, una sala da ballo e un bordello. Proprietà di Sandy Ryerson, regno dei piaceri notturni, dove i ricchi giocavano con le giovani e bellissime creature di malaffare. La più bella di tutte queste era l’uomo che amavo. Kurt. Come una cortigiana, vendeva il proprio amore agli uomini. Lo chiamavano il “Diamante Splendente”. Ed era la star… del Moulin Rose. Non ho idea del perché stia scrivendo tutto questo. Sono un compositore squattrinato, non uno scrittore. Ma sento che il mondo dovrebbe conoscere la nostra storia. L’uomo che amavo, è…
 

La cosa più grande che potrai imparare è solo amare e lasciarti amare.

 



Blaine fece un passo nel suo nuovo appartamento e lasciò cadere lo zaino sul pavimento, spalancando le braccia, mentre un sorriso abbagliante gli illuminava il volto.
Eccolo lì. Contro il volere dei propri genitori e di tutta la famiglia. Ce l’aveva fatta.
Certo, quell’appartamento vecchio e polveroso – situato al quinto piano di un edificio dall’aria fin troppo pericolante - non era la villa di lussuosa in cui era cresciuto, ma non gli importava. Ci avrebbe fatto l’abitudine, alla fine.
Chiuse la porta dietro di sé e si avvicinò alla finestra, fissando con occhi adoranti la città che si agitava inquieta sotto di lui. Suoni di clacson giungevano alle sue orecchie come melodie lontane; perfino la luce sembrava più splendente, qui. New York era stupefacente tanto quanto l’aveva sempre sognata – perfino il suo quartiere più malmesso.
Era cosciente che probabilmente – o meglio, sicuramente – avrebbe potuto avere l’appartamento più bello e costoso di tutta l’Avenue A, se solo l’avesse voluto: avrebbe dovuto semplicemente chiamare i suoi genitori, e pronunciare le parole “Mi dispiace, padre. Mi rimangio tutto. Diventerò un avvocato, te lo prometto.”
Ma non era ciò che voleva dal suo futuro. Non voleva diventare un avvocato, sposare una donna che non avrebbe mai potuto amare e perfino avere dei bambini, e tutto questo solo per rendere felici i propri genitori. Ciò che davvero voleva dalla propria vita era scrivere canzoni che parlavano di libertà, verità, bellezza, e ciò in cui credeva più di qualsiasi cosa: l’amore. Voleva creare, aiutare la gente, magari trovare l’uomo dei propri sogni.
 
Non gli importava. Non gli importava di dover vivere in un monolocale puzzolente e che probabilmente era infestato da ratti, scarafaggi e chissà cos’altro. Non gli importava di dover sopravvivere con quel po’ di soldi che suo fratello Cooper riusciva a mandargli senza che i loro genitori lo venissero a sapere.
Questo era tutto ciò che desiderava. Questo era tutto ciò di cui aveva bisogno.
Quindi spalancò la finestra, lasciando entrare una ventata d’aria fresca, e incrociò le braccia.
La sua nuova vita era appena cominciata.
 
 
 
 
 
Blaine afferrò una penna e piantò gli occhi su quella pagina, che, bianca contro la scrivania di legno scuro, sembrava sfidarlo con una certa aria di sufficienza.
Quello era il momento che tanto aveva atteso. Avrebbe scritto una canzone. No, si corresse mentalmente, non una canzone – lacanzone. La canzone che avrebbe parlato d’Amore.
Con uno slancio fiducioso d’entusiasmo avvicinò la punta al foglio, ma si bloccò un istante prima che la pagina immacolata venisse violata dall’inchiostro scuro.
Aveva appena realizzato una cosa.
Non era mai stato innamorato.
 
Improvvisamente, udì uno schianto fragoroso che quasi lo fece cadere dalla sedia. Con gli occhi spalancati dalla paura, si voltò lentamente, pronto a gridare o a chiamare aiuto se ce ne fosse stato bisogno.
 

 
 
Ma non trovò voce per urlare, perché lì, appesa ad una corda, appena caduta da un gigantesco buco nel soffitto, coperta da polvere e intonaco, stava una donna bellissima e priva di conoscenza.
Prima che potesse anche solo realizzare cosa diamine stesse succedendo, una ragazza bassa, vestita da suora, si fiondò nella stanza, quasi comparendo dal nulla. “Come va?” chiese con un sorriso splendente, continuando poi a parlare senza attendersi una risposta. “Mi chiamo Rachel Barbra Patti Lea Berry. Beh, in realtà Patti e Lea non fanno parte del mio vero nome, sono solo nomi d’arte, hai presente? Come Patti LuPone e Lea Salonga. Perché loro sono star. E lo sono anche io.”
 
Arrancò attraverso la stanza, cercando di evitare i calcinacci, e si avvicinò alla donna svenuta, senza smettere di parlare.
Il viso di Blaine era paralizzato dallo shock. Seriamente, che diavolo-
“Sono terribilmente dispiaciuta”, dichiarò la donna, appoggiandosi una mano sul petto con delicatezza, “eravamo di sopra a provare uno spettacolo.”
“Che?!” riuscì finalmente a squittire Blaine, strabuzzando gli occhi in maniera quasi ridicola.
Uno spettacolo. Dio, era sempre stato il suo sogno recitare in uno spettacolo e scriverne la musica. Un vero spettacolo, con professionisti e un palco e i riflettori e il pubblico ad applaudire e piangere e ridere sguaiatamente-
“Uno spettacolo, ho detto! Il più stupefacente e da togliere il fiato che tu abbia mai visto. Si chiama Spectacular Spectacular. È ambientato in Svizzera!”, annunciò, con gli occhi che brillavano dalla meraviglia.
 
Blaine fece scorrere lo sguardo tra lei e la donna appesa, sbattendo le palpebre lentamente, cercando di mantenere la calma. 
In conclusione, c'era una ragazza appesa ad una corda nel suo salotto, perché lei e la suora - Rachel - stavano facendo le prove per uno spettacolo ambientato in Svizzera. Certo. Bene. Nient'affatto strano.
Comprendendo forse la sua confusione, Rachel abbassò d'improvviso la voce, coprendosi la bocca con una mano come se stesse per rivelare un pericolosissimo segreto. 
"Lei è Santana. È ispanica", disse, indicandola con il pollice, "soffre di attacchi di rabbia. Almeno con me. Se le saltano i nervi, probabilmente comincerà a urlare qualcosa riguardo un posto chiamato Lima Heights e poi ti prenderà a pugni finché non perdi i sensi. Quindi, qualche volta, sì, insomma, ogni volta che posso, le verso nell'acqua una... Medicina, diciamo. Me la procura un mio amico, Sandy; è estremamente affidabile, lo posso garantire! Anche se in realtà non riesco a sopportarlo la maggior parte del tempo. Comunque, quando il battito cardiaco di Santana comincia ad accelerare troppo, la dro- voglio dire, la medicina, fa effetto ed eccola lì, pronta a picchiarti un momento prima prima, svenuta il momento dopo. Giuro che lo faccio per lei! La rabbia non fa bene all'organismo e fa venire le rughe. L'ho letto. Da qualche parte", blaterò tutto d'un fiato, senza nemmeno tentare di respirare. Poi scoppiò a ridere.
Blaine aprì e chiuse la bocca a vuoto, senza riuscire a dire una parola. Stava sognando. Questa non poteva essere la realtà. Nella vita reale le donne non cadevano dai tetti e le persone non drogavano i propri amici perché questi si arrabbiavano facilmente. Nemmeno a New York.
... Giusto?
In quel momento, due volti femminili spuntarono dal buco sul soffitto: una ragazza dai lineamenti asiatici e i lunghi capelli neri, e l'altra, di colore, con uno strano cappello calato sul viso.
"Come sta?" gridò una voce maschile dal piano di sopra; Blaine non riusciva a vedere a chi appartenesse.
"Magnifico! Miss So-Tutto-Io è svenuta", sbottò la ragazza nera, chiaramente nervosa, "ora non finiremo mai in tempo per presentare lo spettacolo a Ryerson domani!"
Quella asiatica aveva l'aria di essere sul punto di scoppiare a piangere da un momento all'altro. "Rachel, io non ho ancora finito la musica!" si lamentò, disperata.
"Oh, vi prego! A Broadway non permetterebbero mai che una sciocchezza simile interrompa le prove! Qualcun altro leggerà la parte," ribatté Rachel, agitando la mano con nonchalance, come se la cosa non la turbasse minimamente.
"E dove vuoi trovare qualcuno che legga la parte di un 'giovane e sensibile poeta svizzero', per l'amor del cielo?" gridò la ragazza nera di nuovo.
Rachel lanciò un'occhiata a Blaine, ancora intento a fissare le due figure sopra di lui.
Lei gli picchiettò sulla spalla, le labbra incurvate in un sorriso inquietantemente ampio e per nulla rassicurante. Fu nel momento esatto in cui Blaine si volse verso di lei, e notò la sua espressione, che capì che quella banda strampalata e tutto ciò che gli stava accadendo non l'avrebbero portato a nulla di buono.






Ed eccoci qui con una nuova ff! 
I capitoli saranno abbastanza corti, ma posterò con regolarità (e questa volta è una promessa) dato che in realtà avevo già scritto questa fanfiction in inglese, quindi per i primi 10-11 capitoli devo solo tradurla :)
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacione dalla vostra Ivy <3

P.S. Fate un salto dalla mia pagina facebook, 
IvyTheMoonBlossom - EFP :) Vi adoro!
   
 
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