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Autore: Nereisi    26/05/2013    1 recensioni
Piccola fanfiction di due capitoli sul pairing Orihime/Ulquiorra.
Si svolge durante il periodo di prigionia a Las Noches, durante il quale la ragazza e il demone si troveranno a condividere momenti intimi. Mentre Orihime capirà come comprendere l'Espada, Ulqiorra capirà cos'è un rapporto e, nello specifico, il significato di due parole in particolare, che lo riguardano molto da vicino.
Spero vi piaccia!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inoue Orihime, Schiffer Ulquiorra
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Oyasumi – Goodnight my drug

BUONANOTTE




Era notte a Las Noches. O meglio, era il periodo di tempo durante il quale la femmina umana riposava; quindi quella era “notte”. Quando era sveglia si chiamava “giorno”. Ma tanto a lui non importava.
Ulquiorra camminava tranquillamente per la fortezza. Non aveva niente da fare e stava sperimentando lo stato d’animo chiamato “noia” dagli umani.
Gli Hollow non hanno bisogno di riposare. Alcuni facevano finta di dormire, ma era solo per sfizio; niente di più. Il Cuarto, invece, lo riteneva solo un inutile spreco di tempo.
Guidato dalla forza dell’abitudine, finì col percorrere la strada che portava alle stanze dell’umana.
Lì si fermò, e stava per aprire la porta quando sentì dei rumori. Si bloccò e stette ad ascoltare.
Ansiti, gemiti, parole e rantoli soffocati provenivano dall’interno delle quattro mura, intervallati da brevi grida.
Dopo qualche istante di esitazione, spalancò la porta, la mano ben stretta sull’elsa della spada, fermandosi in ascolto nel buio. Non percepiva nessun’altra presenza.
Guardingo, si avvicinò al letto della ragazza e la vide dibattersi tra le lenzuola, sudata e accaldata in viso, mugugnando e a volte strillando, ma con gli occhi chiusi.
Si chinò sopra di lei, per studiare quello strano fenomeno. Nell’ammasso di memorie altrui  che lo componevano, qualcosa si smosse. La sua mente catalogò quel fenomeno con il nome di “incubo”; anche se non riusciva a carpire il significato di quella parola.
La sua inespressiva curiosità lo portò ad abbassarsi a livello delle labbra di Orihime.
<< Kuro… saki… kun… >>
Sorpreso, fece saettare lo guardo verso i suoi occhi. Aveva un’espressione dolorosa, la fronte corrugata e le sopracciglia aggrottate; ma le palpebre erano chiuse.
Affascinato, allungò un braccio; e stava per posare un dito sulla fronte di lei, quando all’improvviso ai lati della test della ragazza si illuminarono i fermargli, sigilli del suo misterioso potere e si trasformarono in piccole “fatine” che si piazzarono davanti alla ragazza, come per difenderla.           L’Espada non se ne curò: non gli costò il benché minimo sforzo fare pressione con il dito sulla “barriera” e raggiungere la pelle della femmina. Lasciò vagare per un po’ il dito, sfiorandola con la punta dell’unghia e spostando alcuni capelli fuori posto.
Le “fatine” lo tennero costantemente d’occhio. Poi, quando dedussero che non aveva cattive intenzioni, ritornarono alla forma di fermagli.
Giocò un poco con il suo viso il tepore della morbida pelle umana era così diverso dal freddo e duro Hierro…               
Percorse il contorno delle labbra, poi passò lungo il profilo del mento, seguì il percorso della giugulare sul collo e arrivò sopra al cuore. Tutta quella carne pulsava di vita; vita che, una volta, era appartenuta anche a lui. Una volta, appunto.
Orihime mugugnò infastidita e aggrottò di nuovo le sopracciglia.  Ulquiorra tornò a mettere il dito al centro della fronte. Poco a poco, i sospiri della ragazza si attenuarono e tornò a dormire serenamente. Restò per un po’ in quella posizione, poi, lentamente, si staccò e se ne andò, lasciando la Fullbringer a dormire, ignara di tutto.
 
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Orihime si svegliò con un terribile senso di mancanza e nostalgia, che convergeva al centro della fronte. In quel punto avrebbe dovuto esserci qualcosa che invece non c’era.
Si toccò la fronte e sorrise. Poi si diresse verso la finestra, attendendo una colazione che arrivò presto. Aveva molta fame quel giorno.
Non dovette attendere molto.
La porta si aprì. I passi fruscianti si avvicinarono. La voce parlò.
<<  Il tuo pasto, donna.  >>
<< Buongiorno! >> esclamò lei, trattenendo a fatica un sorriso.
<< Questo dovrebbe essere quello che gli umani chiamano buon umore. >>
Lei annuì, gli occhi sorridenti. Lui non se ne curò.
<< Mangia.  >>
Una volta tanto la rossa non si fece pregare e iniziò a mangiare di gusto. Molte volte si era chiesta da dove provenisse il cibo, vito che nell’Hueco Mundo non credeva che ci fosse qualcuno che ne avesse bisogno.
Il filo dei suoi pensieri venne interrotto quando si accorse che l’Espada la stava fissando. La forchetta si bloccò a metà del suo viaggio e lei drizzò la schiena, aspettando una domanda che non tardò ad arrivare.
<< Cosa sono gli incubi? >>
Non si sorprese più di tanto. Alcune volte Ulquiorra le faceva delle domande che riguardavano gli umani, alcune banali, altre molto singolari, sempre mantenendo l’inespressività del volto.
Ma gli occhi tradivano sempre la sua curiosità.
Una volta Orihime gli aveva chiesto il perché delle sue domande e la sua risposta fu “ho dimenticato”.
 
Posò il piatto e lo invitò a sedersi. Cosa che, ovviamente, lui non fece. Sospirò.
<< Gli incubi sono dei brutti sogni. I sogni >> continuò, precedendo la domanda nascente dell’altro << sono delle immagini che appaiono nella mente degli esseri viventi mentre dormono. A volte sono casuali, a volte si intrecciano per formare una trama,  e si può essere il protagonista, di queste storie, così come uno spettatore onnisciente. >>
<< Quindi i brutti sogni, gli incubi, sono “storie” che non finiscono bene o sono brutte in sé? >>
<< Diciamo di sì. Ma non solo: gli incubi rappresentano qualcosa che ti spaventa, ti terrorizza, non vuoi che accada. >>
Stette sulle sue per un po’. Poi chiese: << Come si fa a scacciarli? >>
<< Gli incubi? >> questa volta era un po’ sorpresa.
Annuì impercettibilmente.
<< Beh… ci sono vari modi… avere qualcuno di cui ti fidi vicino a te… svegliare la persona in questione, così da interrompere l’incubo… o, più semplicemente, si augura la buonanotte. >>
Rimase a fissarla. Lei sorrise. << “Buonanotte” è una formula che nel nostro mondo usiamo per augurare una notte tranquilla e priva di incubi alle persone a noi care. >>
L’Espada passeggiò sul posto. << E funziona? >>
<< Se è detto con sincerità sì. >>
 
Ulquiorra assottigliò gli occhi. La sessione di domande era finita. Il freddo carceriere era tornato.
<< Finisci il tuo pasto, donna. >>
<< Orihime, mi chiamo Orihime. >>
Non ricevette riposta.
Ormai lo ripeteva come un mantra, nella speranza di forgiare la mente del Cuarto, ma a poco a poco si stava arrendendo.
Finì di consumare il pasto in silenzio.
Due arrancar entrarono nella stanza a raccogliere le stoviglie e le misero su un carrellino, e le portarono via.
Dopo poco, Ulquiorra lì seguì, facendo svolazzare il mantello bianco, lasciando di nuovo Orihime da sola a bramare il suo ritorno.
 
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Orihime aprì lentamente gli occhi, assonnata.
Sussultò lievemente, vedendo che sopra di lei troneggiava il volto di Ulquiorra, a poca distanza dal suo. Restarono immobili a fissarsi.
Una mano bianca si staccò dal fianco dell’Espada e un pallido dito si posò al centro della sua fronte. La ragazza sapeva che, se solo avesse voluto, con quel dito così esile avrebbe potuto ucciderla. Ma non aveva paura.
Non era la prima volta che Ulquiorra faceva delle incursioni notturne. Puntualmente, Orihime si svegliava; e ogni volta il Cuarto le posava un dito gelido sulla fronte, come una carezza appena accennata che significava “ non è ora, dormi ”.
La rossa sapeva bene che illudersi era inutile: anche se sapeva che il suo carceriere provava dei sentimenti, di certo non li esternava; come testimoniavano il suo volto inespressivo e il tono atono della sua voce.
Ancora una volta, la ragazza si rilassò e chiuse gli occhi, addormentandosi sotto il tocco freddo del dito del suo custode.
Prima che il torpore avvolgesse i suoi sens, Orihime scorse le labbra di Ulquiorra pronunciare qualcosa.
 
 
 
Oyasumi…..

 
 
 
ANGOLINO SCLERI
ma salve, popolo di EFP!
in realtà questo doveva essere il secondo capitolo di un’altra mia ff UlquiHime, “smooth”, ma… quando o cominciato a scrivere mi è venuto fuori questo, che non c’entrava un picchio! D:
perciò, ho deciso di usarlo come regalo, per ringraziare chi mi segue/legge occasionalmente le mie storie/ha semplicemente sbagliato a cliccare e vuole capire che caspita sta scrivendo questa scema :D
questa storia sarà breve, divisa in due capitoli.
chi mi sta per linciare per le altre storie che ho lasciato in sospeso si dia una calmata e se la prenda con il greco e il latino, che ce l’hanno con me e vogliono, evidentemente, farmi separare da voi! :’C
XD scherzo, ho già in cantiere qualche capitolo!
ok, qui passo e chiudo!
                                               animelover
  
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