Fuoco.
Jack vide intorno a se miriadi di fiamme,muri
di calore inestinguibile.
La sua casa,la casa della sua famiglia stava
bruciando.
Com'era potuto succedere?
Era andato ad affittare un dvd da
guardare con sua moglie e suo figlio e poi?cos'era successo?
Era tornato a
casa,felice...assaporando il momento in cui si sarebbe seduto sul divano
accocolato ai suoi cari...e invece aveva trovato la villetta immersa nelle
fiamme dell'inferno.
Si era fiondato all'interno senza pensarci due volte,nel
cuore una paura disperata...un panico incontrollabile.
La moglie giaceva in
cucina il volto completamente bruciato dalle fiamme,il respiro
flebile.
"Dov'è Danny???Dov'è Danny???"le aveva gridato quasi supplicando,ma
la donna si era limitata a mugugnare qualcosa di incomprensibile ed era spirata
tra le sue braccia.
Le sirene dei pompieri si udivano in lontananza,qualcuno
doveva averli chiamati.
L'aria resa ormai irrespirabile gli stava dando alla
testa ma nonostante ciò Jack continuava a gridare il nome del proprio figlio
nella speranza ch'egli non fosse già svenuto da qualche parte.
Si diresse
frettolosamente verso la camera del
ragazzino.
"Dannyyyy!!!!Dannyyy!!!"
"Pa...papà!Papà!!!!"aveva risposto
qualcuno dall'altra parte della porta.
Senza pensarci due volte l'uomo ne
aveva afferrato la maniglia nel tentativo di liberare il figlio da quella
prigione di fuoco e si era ustionato gravemente la mano a causa dell'altissima
temperatura a cui era arrivato il ferro.
Aveva cercato qualcosa per buttarla
giù ma niente era ormai di utilità,intorno a sè riusciva a vedere solo cenere e
distruzione.
Poi un urlo aveva squarciato
l'aria.
"Papà!!!!!Papà!!!!Aiutami papà!!!!!Papà!!!!!"
La supplica del
bambino sì era trasformata in un grido strozzato dal dolore.
Jack riusiva ad
udire i suoi gemiti di agonia e mentre le lacrime gli solcavano copiosamente il
volto,i suoi occhi presero ad ofuscarsi:stava perdendo conoscenza.
Forse era
giusto così...la sua vita doveva finire insieme a quella delle persone che aveva
amato...
Eppure,prima di chiudere definitivamente gli occhi aveva sentito
delle voci lontane...aveva visto delle persone avvicinarglisi e farfugliargli
qualcosa...
...poi più nulla.
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Jack si svegliò urlando,il volto matido di sudore e la cannottiera
appiccicata alla pelle bagnata.
L'aveva sognato di nuovo.
Aveva rivisto
ancora la notte dell'incendio.
Per quale scherzo del destino lui ne era
uscito quasi incolume?La sua coscienza non riusciva ad accettarlo e lo torturava
con quelle orrende immagini ogni notte per non permettergli di
dimenticare.
Come puoi permetterti di non ricordare ogni sacrosanto giorno
che fine hanno fatto tua moglie e tuo figlio?E' colpa tua e devi pagare per
questo!Se avessi controllato la caldaia tutto questo non sarebbe mai
successo!
Ecco cosa gli diceva la sua coscienza.E comunque anche senza quegli
incubi se ne sarebbe ricordato,ci pensava quella cicatrice sulla mano destra a
farglielo venire in mente ogni secondo della sua ormai miserabile e vuota vita.
Si alzò dal letto e si diresse in bagno.
Si ritrovò a pensare al funerale
di Carla e Danny,tutti lo consolavano goffamente dandogli qualche pacca sulla
spalla...cercavano le parole migliori per non umiliarlo ulteriormente...tutti
sapevano che quel giorno si trovavano al cimitero per colpa sua,perchè LUI non
aveva fatto il suo dovere di marito e di padre.I genitori di Carla gli avevano
inveito contro,lo avevano insultato senza alcun riguardo...LUI gli aveva fatto
seppellire in un sol colpo la figlia e il nipote.
Ma cazzo!Erano anche sua
moglie e suo figlio!Credevano che lui non soffrisse già abbastanza?
Il senso
di colpa si insinuava nel suo cuore come un'edera velenosa che pian piano lo
stritolava infettandolo col suo morbo.Il senso di colpa sarebbe stato una
campana sempre pronta a suonare per ricordargli il suo peccato.
Dopo tanto
pensare aveva deciso di dare le dimissioni dal suo lavoro,aveva venduto la casa
e si era trasferito a North City,una grande metropoli piena di grattacieli,nella
speranza di poter scomparire come un fantasma in mezzo agli otto milioni di
abitanti che la popolavano.
Lì aveva un amico di vecchia data,il suo migliore
amico ai tempi del liceo:Matthew Evans.
Anche lui conosceva Carla,loro tre
avevano passato insieme una bellissima adolescenza!
A diciannove anni Jack e
Carla si erano sposati,innamoratissimi,e neanche un anno dopo era arrivato
Danny.Matthew li aveva sempre sostenuti,si era persino offerto di fare da
padrino al bambino quando si era trattato di farlo battezzare.
Al solo
ricordo l'uomo ebbe come un gemito involontario.Aveva appena ventotto anni ed
era già vedovo,senza un lavoro e perennemente ubriaco...perchè solo l'alcol
riusciva a fargli dimenticare per qualche ora i dispiaceri della vita.
Il
telefono del piccolo appartamento in cui abitava squillò.
"Ciao Jack,sono
Matthew,come stai?"chiese pacatamente una voce al di là della cornetta.
"Il
solito..."fu l'unica cosa che riuscì a rispondere l'uomo.
"Quando pensi di
trovarti un lavoro?Non puoi rimanere chiuso in casa per sempre!"
"Tra un
po'"
"Sono sei mesi che mi dici - tra un po'- !E dato che tu non ti decidi,ci
ho pensato io per te!Oggi pomeriggio alle cinque ti ho organizzato un colloquio
con il mio capo.Abbiamo bisogno di un contabile e sono sicuro che tu sia la
persona che fa al caso nostro.Datti un ripulita,passo a prenderti per le
quattro."
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"Penso tu gli abbia fatto una buona impressione!Alla fine del colloquio ti ha
sorriso e ti assicuro che nessuno ha mai visto sorridere Arthur Miller dal
lontano 1978!"sghignazzò Matthew assaporando un altro sorso di birra.
Jack lo
guardò con aria dubbiosa,poi rivolto al barista ordinò il suo quarto
scotch.
"Vacci piano con quelli Jacky,se no chi ti riporta a casa?Rose non mi
permetterà mai di ospitarti a casa nostra,non sopporta che io non la avverta per
tempo quando porto a casa degli amici.E per di più sbronzi!Non vuole che i
nostri due gemellini prendano esempio da me o dai miei conoscenti!Aspetta com'è
che dice?Non voglio assolutamente che diventino come il loro padre degenere che
va a bere in giro anzichè leggergli le favole della buona notte!"rise.
Era da
poco passata mezzanotte quando Jack e Matthew uscirono dal bar.
La via in cui
si trovavano era deserta,in lontanza ogni tanto si poteva udire qualche sirena
della polizia e l'abbaiare solitario di qualche cane randagio.
"Ci sentiamo
domani campione!Ti chiamo verso le due per farti sapere qualcosa sul
lavoro.ok?"sorrise Matt.
"Si certo!A domani"tagliò corto Jack.
Iniziò ad
incamminarsi verso la metropolitana,gli occhi fissi sul marciapiede.Si sentiva
sobrio quasi come se sino a cinque minuti prima avesse ingurgitato della
semplice acqua.
Aveva un dannatissimo bisogno di bere!Ma a quell'ora non
aveva nessuna voglia di girovagare per la città in cerca di una bettola in cui
rifugiarsi.
Scese lentamente gli scalini,dirigendosi verso la banchina vuota
in attesa arrivasse il suo treno.Guardò l'orologio.Ma passavano ancora treni a
quell'ora?Non se lo ricordava.Stette una ventina di minuti ad aspettare l'arrivo
di un ipotetico convoglio,poi stanco fece per andarsene.
Proprio mentre stava
per allontanarsi dalla panchina su cui era stato seduto sino a qualche instante
prima,un treno iniziò ad avvicinarsi.
L'uomo cercò di leggere la destinazione
che solitamente era scritta in testa al primo vagone,ma con sua somma sorpresa
sembrava che quel treno non l'avesse.
Le porte si aprirono con una specie di
lamento sofferente.
Jack rimase fermo qualche secondo,titubante.E se quel
treno fosse stato diretto dall'altra parte della città?In una direzione
completamente opposta a casa sua?
Improvvisamente e senza alcuna spiegazione
la cicatrice sulla sua mano destra incominciò a duolergli quasi come se la pelle
stesse bruciando nuovamente in preda alle fiamme dell'incendio.
Il moro
decise di salire sul treno:voleva tornare a casa a tutti i costi,voleva
imbottirsi di antidolorifici e cercare(coscienza permettendo)di dormire almeno
qualche ora.
Le porte si chiusero dopo pochi secondi,quasi avessero solo
aspettato che lui si decidesse a salire.
Il giovane si guardò intorno:C'erano
altre persone oltre a lui su quel mezzo solitario.
In un angolo un ragazzo ed
una ragazza vestiti in una specie di stile dark bisbigliavano tra loro:Lui
indossava un paio di jeans sbiaditi e strappati,una maglietta bianca ed un lungo
giubbotto di pelle che gli arrivava più o meno alle caviglie.Aveva un viso molto
lungo coronato da un mucchio di capelli neri ingellati e tagliati a spazzola.I
suoi occhi erano neri quanto gli abiti che portava.Lei era vestita come molte
ragazze che capitava di vedere in giro.Aveva una gonna nera e delle calze a rete
bucate in più punti.Portava una magliettina rossa di almeno due taglie inferiore
alle sue misure e al collo aveva una piccola collanina da cui pendeva un
teschio.
Una folta chioma di ricci rossi le ricadeva vaporosamente sulle
spalle contornandole i due grandi occhi color smeraldo che le spiccavano sul
volto.
Da un'altra parte un uomo i giacca e cravatta,dall'aspetto assai
distinto guardava i due adolescenti con viso schifato,quasi a volerli giudicare
per il loro modo di presentarsi in pubblico.
Erano già quindici minuti che
Jack era salito su quella metro ed il treno non aveva ancora accennato a
fermarsi.Ma dove diavolo stava andando?
Sentì come un panico crescente
diffonderglisi sin nelle viscere.Si alzò di scatto.
"Dove diamine è diretto
questo treno?Insomma!Io voglio scendere!"urlò quasi istericamente.
Sembrava
una donniciola in preda ad un attacco di nervi.
Iniziò a battere
vigorosamente i pugni contro i vetri delle porte del vagone:"Voglio
scendere!Fatemi scendere!"
Ormai un panico quasi irrazionale aveva iniziato
ad impossessarsi di lui.
Gli altri passeggeri scoppiarono in una risatina
sommessa.
Dopo pochi istanti il treno arrivò miracolosamente ad una stazione
e come se niente fosse le porte che sino a quel momento erano state chiuse
ermeticamente si aprirono emettendo nuovamente un cigolio simile al lamento di
un' anima dannata.
Jack uscì dal mezzo senza pensarci due volte.Si guardò
indietro e poco prima che le porte scorrevoli si richiudessero alle sue spalle
notò che tutti e tre i suoi compagni di viaggio gli sorrisero,quasi a deriderlo
della sua goffa claustrofobia e della sua impazienza di avere uno stralcio di
terra ferma sotto i piedi.
Il convoglio ripartì indifferente e si perse nel
buio della galleria in cui si era inoltrato.
Jack si ritrovò nuovamente
solo.Non aveva la più pallida idea del luogo in cui si trovava.
Cercò
l'uscita più vicina della metro ed una volta che ebbe raggiunto la superficie si
sentì quasi come un uccello liberato dalla propria gabbia.
Trasse un
profondo respiro e cercò di darsi una calmata.Forse si era innervosito per
niente,aveva avuto una reazione eccessiva.
Cercò di deglutire ma la saliva
gli si fermò in gola.Sentiva di avere un bisogno assoluto di bere
qualcosa.
Prese una via a caso sperando di ritrovare prima o poi un posto a
lui familiare.
Iniziò a guardarsi intorno.In quale quartiere si trovava?Non
ne aveva la più pallida idea.
Dopo una decina di minuti di camminata la sua
attenzione fu attirata da una piccola insegna luminosa che sbucava da un piccolo
palazzo a un centinaio di metri da dove si trovava.Aguzzò la vista e lesse quasi
inconsciamente ad alta voce:"Black Rose Cafè".
Forse qualcuno avrebbe saputo
indicargli la più vicina stazione di taxi...o dell'autobus.Male che
andava,avrebbero almeno saputo dirgli dove si trovava.
Chissà se servivano
alcolici?
Vicino alla porta d'ingresso,un uomo alto e robusto era occupato a
fare la guardia.Squadrò Jack con aria dubbiosa,poi senza proferire parola gli
fece cenno di entrare.
Il locale era abbastanza grande.Non c'erano
finestre,ma nonostante ciò una ventina di tende bordeaux cadevano dal soffitto
delineando piccole zone Privè in cui alcuni uomini accompagnati da
intrattenitrici erano intenti a divertirsi.I muri erano di un blu scuro e le
luci soffuse creavano un 'atmosfera intima e particolare.Una musica quasi
assordante fuoriusciva da alcuni autoparlanti posizionati poco sotto il
soffitto.Gli pareva fosse rock.
La prima parola che venne in mente a Jack
fu:gotico.Quel locare aveva un nonsochè di sinistro e tuttavia
affascinante.
La prima cosa che lo colpì entrando fu una specie di odore
metallico,quasi ferroso che impregnava l'aria.In realtà questo odore era quasi
del tutto coperto dal profumo d'incenso che scaturiva da alcune candele
posizionete qua e là per il bar.
Il giovane si avvicinò al bancone e fece per
ordinare qualcosa al barista,quando un uomo sulla sesantina lo avvicinò.
"Lei
è nuovo di qui o sbaglio?Non mi sembra di averla mai vista!"
"Infatti,sono
qui di passaggio.In realtà avrei bisogno di un'informazione.Dovrei tornare a
casa ma non ho la minima idea di dove mi trovo!Che quartiere è questo?"
Il
vecchio scoppiò in una risata:"Oh,non si preoccupi.Le darò io le indicazioni che
le occorrono,ma prima perchè non rimane un po' qui a divertirsi?Venga con me,da
questa parte"
Il tizio si alzò dalla sedia facendo cenno a Jack di
seguirlo.Probabilmente il vecchio era il direttore,perchè aveva un modo molto
suadente di trattare con le persone e perchè aveva l'aria di uno che sapeva il
fatto suo...insomma un vero e proprio capo.
"Dato che è la sua prima volta al
Black Rose questo giro lo offre la casa."sorrise l'uomo facendolo accomodare su
un divano di pelle nera in un angolo piuttosto isolato del locale.
"Mi scusi
solo un momento"fece rivolto al giovane:"Torno fra un istante."
Jack stette
qualche secondo immobile fissando distrattamente il tavolino di vetro di fronte
a sè.Che quell'anziano e scaltro signore fosse un poco di buono?Magari quel
locale serviva a coprire qualche traffico illecito...droga?
"Questo giro lo
offre la casa"che diavolo voleva dire?Forse intendeva dire...che gli avrebbe
offerto da bere?
Il sesantenne tornò accompagnato da due avvenenti
signorine:Una bionda e una mora.
"Bene ragazze,è tutto vostro."
Le due
giovani sorrisero,un sorriso che a Jack sembrò quasi maligno.
Gli si
sedettero accanto,una a destra e l'altra a sinistra.Poi la bionda prese a
sussurrare qualcosa all'orecchio del giovane...qualcosa ch'egli non riuscì a
percepire.
L'odore ferroso che sino a poco prima gli aveva dato appena
fastidio prese ad impregnargli le narici,il ragazzo iniziò a sentirsene quasi
nauseato.Ebbe come un mancamento ed iniziò a vedere l'ambiente intorno a sè come
ofuscato.Le due ragazze che gli stavano accanto gli presero le braccia ed
entrambe con l'unghia del proprio indice gli praticarono un taglietto lungo
circa tre centrimetri sui polsi,da cui iniziò a scivolare un rivoletto di
sangue.
Lo guardarono nuovamente,questa volta però sorridendo di
gioia.
Jack ebbe come un brivido freddo.Avevano dei denti bianchissimi tra
cui spiccavano prepotentemente una coppia di canini appuntiti.
Senza
indugiare oltre iniziarolo tutte e due a leccare(una sul polso destro,l'altra
sul sinistro)il sangue che placidamnete sgorgava dai piccoli ma prondofondi
tagli che avevano appena inferto con le proprie mani al povero e ignaro cliente
che gli era capitato a tiro.
Pian piano iniziarono entrambe a succhiare,quasi
avidamente,il nettare rosso che imbrattava la candida carnagione di
Jack.
L'uomo per un momento si sentì mancare.Nella testa mille pensieri
sconnessi girovagavano quasi all'impazzata.Sentì forte,quasi da perforargli le
tempie,l'urlo disperato di suo figlio la notte in cui morì.
Poi,più nulla:nè
disperazione,nè rimorso,ne paura.Solo eccitazione,solo uno strano ed immenso
piacere che lo travolgeva come un droga.
Guardò un'ultima volta le due
intrattenitrici accanirsi morbosamente sui suoi polsi,le labbra scarlatte e la
lingua impiastricciata di sangue.
Involontariamente sorrise.
Non
capiva...non riusciva veramente a capire che tipo di servizio prestasse il Black
Rose Cafè...ma una cosa la sapeva...qualsiasi cosa gli stessero facendo...gli
piaceva.
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