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Autore: Beb270987    12/12/2007    2 recensioni
Mi è venuta voglia di scrivere una storia yaoi sui vampiri(spero vi piacerà^^)Siate clementi.Che dire...se volete scoprire di che parla,leggetela.perchè non mi viene in mente nessuna introduzione adeguata.
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fuoco.
Jack vide intorno a se miriadi di fiamme,muri di calore inestinguibile.
La sua casa,la casa della sua famiglia stava bruciando.
Com'era potuto succedere?
Era andato ad affittare un dvd da guardare con sua moglie e suo figlio e poi?cos'era successo?
Era tornato a casa,felice...assaporando il momento in cui si sarebbe seduto sul divano accocolato ai suoi cari...e invece aveva trovato la villetta immersa nelle fiamme dell'inferno.
Si era fiondato all'interno senza pensarci due volte,nel cuore una paura disperata...un panico incontrollabile.
La moglie giaceva in cucina il volto completamente bruciato dalle fiamme,il respiro flebile.
"Dov'è Danny???Dov'è Danny???"le aveva gridato quasi supplicando,ma la donna si era limitata a mugugnare qualcosa di incomprensibile ed era spirata tra le sue braccia.
Le sirene dei pompieri si udivano in lontananza,qualcuno doveva averli chiamati.
L'aria resa ormai irrespirabile gli stava dando alla testa ma nonostante ciò Jack continuava a gridare il nome del proprio figlio nella speranza ch'egli non fosse già svenuto da qualche parte.
Si diresse frettolosamente verso la camera del ragazzino.
"Dannyyyy!!!!Dannyyy!!!"
"Pa...papà!Papà!!!!"aveva risposto qualcuno dall'altra parte della porta.
Senza pensarci due volte l'uomo ne aveva afferrato la maniglia nel tentativo di liberare il figlio da quella prigione di fuoco e si era ustionato gravemente la mano a causa dell'altissima temperatura a cui era arrivato il ferro.
Aveva cercato qualcosa per buttarla giù ma niente era ormai di utilità,intorno a sè riusciva a vedere solo cenere e distruzione.
Poi un  urlo aveva squarciato l'aria.
"Papà!!!!!Papà!!!!Aiutami papà!!!!!Papà!!!!!"
La supplica del bambino sì era trasformata in un grido strozzato dal dolore.
Jack riusiva ad udire i suoi gemiti di agonia e mentre le lacrime gli solcavano copiosamente il volto,i suoi occhi presero ad ofuscarsi:stava perdendo conoscenza.
Forse era giusto così...la sua vita doveva finire insieme a quella delle persone che aveva amato...
Eppure,prima di chiudere definitivamente gli occhi aveva sentito delle voci lontane...aveva visto delle persone avvicinarglisi e farfugliargli qualcosa...
...poi più nulla.

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Jack si svegliò urlando,il volto matido di sudore e la cannottiera appiccicata alla pelle bagnata.
L'aveva sognato di nuovo.
Aveva rivisto ancora la notte dell'incendio.
Per quale scherzo del destino lui ne era uscito quasi incolume?La sua coscienza non riusciva ad accettarlo e lo torturava con quelle orrende immagini ogni notte per non permettergli di dimenticare.
Come puoi permetterti di non ricordare ogni sacrosanto giorno che fine hanno fatto tua moglie e tuo figlio?E' colpa tua e devi pagare per questo!Se avessi controllato la caldaia tutto questo non sarebbe mai successo!
Ecco cosa gli diceva la sua coscienza.E comunque anche senza quegli incubi se ne sarebbe ricordato,ci pensava quella cicatrice sulla mano destra a farglielo venire in mente ogni secondo della sua ormai miserabile e vuota vita.
Si alzò dal letto e si diresse in bagno.
Si ritrovò a pensare al funerale di Carla e Danny,tutti lo consolavano goffamente dandogli qualche pacca sulla spalla...cercavano le parole migliori per non umiliarlo ulteriormente...tutti sapevano che quel giorno si trovavano al cimitero per colpa sua,perchè LUI non aveva fatto il suo dovere di marito e di padre.I genitori di Carla gli avevano inveito contro,lo avevano insultato senza alcun riguardo...LUI gli aveva fatto seppellire in un sol colpo la figlia e il nipote.
Ma cazzo!Erano anche sua moglie e suo figlio!Credevano che lui non soffrisse già abbastanza?
Il senso di colpa si insinuava nel suo cuore come un'edera velenosa che pian piano lo stritolava infettandolo col suo morbo.Il senso di colpa sarebbe stato una campana sempre pronta a suonare per ricordargli il suo peccato.
Dopo tanto pensare aveva deciso di dare le dimissioni dal suo lavoro,aveva venduto la casa e si era trasferito a North City,una grande metropoli piena di grattacieli,nella speranza di poter scomparire come un fantasma in mezzo agli otto milioni di abitanti che la popolavano.
Lì aveva un amico di vecchia data,il suo migliore amico ai tempi del liceo:Matthew Evans.
Anche lui conosceva Carla,loro tre avevano passato insieme una bellissima adolescenza!
A diciannove anni Jack e Carla si erano sposati,innamoratissimi,e neanche un anno dopo era arrivato Danny.Matthew li aveva sempre sostenuti,si era persino offerto di fare da padrino al bambino quando si era trattato di farlo battezzare.
Al solo ricordo l'uomo ebbe come un gemito involontario.Aveva appena ventotto anni ed era già vedovo,senza un lavoro e perennemente ubriaco...perchè solo l'alcol riusciva a fargli dimenticare per qualche ora i dispiaceri della vita.
Il telefono del piccolo appartamento in cui abitava squillò.
"Ciao Jack,sono Matthew,come stai?"chiese pacatamente una voce al di là della cornetta.
"Il solito..."fu l'unica cosa che riuscì a rispondere l'uomo.
"Quando pensi di trovarti un lavoro?Non puoi rimanere chiuso in casa per sempre!"
"Tra un po'"
"Sono sei mesi che mi dici - tra un po'- !E dato che tu non ti decidi,ci ho pensato io per te!Oggi pomeriggio alle cinque ti ho organizzato un colloquio con il mio capo.Abbiamo bisogno di un contabile e sono sicuro che tu sia la persona che fa al caso nostro.Datti un ripulita,passo a prenderti per le quattro."

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"Penso tu gli abbia fatto una buona impressione!Alla fine del colloquio ti ha sorriso e ti assicuro che nessuno ha mai visto sorridere Arthur Miller dal lontano 1978!"sghignazzò Matthew assaporando un altro sorso di birra.
Jack lo guardò con aria dubbiosa,poi rivolto al barista ordinò il suo quarto scotch.
"Vacci piano con quelli Jacky,se no chi ti riporta a casa?Rose non mi permetterà mai di ospitarti a casa nostra,non sopporta che io non la avverta per tempo quando porto a casa degli amici.E per di più sbronzi!Non vuole che i nostri due gemellini prendano esempio da me o dai miei conoscenti!Aspetta com'è che dice?Non voglio assolutamente che diventino come il loro padre degenere che va a bere in giro anzichè leggergli le favole della buona notte!"rise.
Era da poco passata mezzanotte quando Jack e Matthew uscirono dal bar.
La via in cui si trovavano era deserta,in lontanza ogni tanto si poteva udire qualche sirena della polizia e l'abbaiare solitario di qualche cane randagio.
"Ci sentiamo domani campione!Ti chiamo verso le due per farti sapere qualcosa sul lavoro.ok?"sorrise Matt.
"Si certo!A domani"tagliò corto Jack.
Iniziò ad incamminarsi verso la metropolitana,gli occhi fissi sul marciapiede.Si sentiva sobrio quasi come se sino a cinque minuti prima avesse ingurgitato della semplice acqua.
Aveva un dannatissimo bisogno di bere!Ma a quell'ora non aveva nessuna voglia di girovagare per la città in cerca di una bettola in cui rifugiarsi.
Scese lentamente gli scalini,dirigendosi verso la banchina vuota in attesa arrivasse il suo treno.Guardò l'orologio.Ma passavano ancora treni a quell'ora?Non se lo ricordava.Stette una ventina di minuti ad aspettare l'arrivo di un ipotetico convoglio,poi stanco fece per andarsene.
Proprio mentre stava per allontanarsi dalla panchina su cui era stato seduto sino a qualche instante prima,un treno iniziò ad avvicinarsi.
L'uomo cercò di leggere la destinazione che solitamente era scritta in testa al primo vagone,ma con sua somma sorpresa sembrava che quel treno non l'avesse.
Le porte si aprirono con una specie di lamento sofferente.
Jack rimase fermo qualche secondo,titubante.E se quel treno fosse stato diretto dall'altra parte della città?In una direzione completamente opposta a casa sua?
Improvvisamente e senza alcuna spiegazione la cicatrice sulla sua mano destra incominciò a duolergli quasi come se la pelle stesse bruciando nuovamente in preda alle fiamme dell'incendio.
Il moro decise di salire sul treno:voleva tornare a casa a tutti i costi,voleva imbottirsi di antidolorifici e cercare(coscienza permettendo)di dormire almeno qualche ora.
Le porte si chiusero dopo pochi secondi,quasi avessero solo aspettato che lui si decidesse a salire.
Il giovane si guardò intorno:C'erano altre persone oltre a lui su quel mezzo solitario.
In un angolo un ragazzo ed una ragazza vestiti in una specie di stile dark bisbigliavano tra loro:Lui indossava un paio di jeans sbiaditi e strappati,una maglietta bianca ed un lungo giubbotto di pelle che gli arrivava più o meno alle caviglie.Aveva un viso molto lungo coronato da un mucchio di capelli neri ingellati e tagliati a spazzola.I suoi occhi erano neri quanto gli abiti che portava.Lei era vestita come molte ragazze che capitava di vedere in giro.Aveva una gonna nera e delle calze a rete bucate in più punti.Portava una magliettina rossa di almeno due taglie inferiore alle sue misure e al collo aveva una piccola collanina da cui pendeva un teschio.
Una folta chioma di ricci rossi le ricadeva vaporosamente sulle spalle contornandole i due grandi occhi color smeraldo che le spiccavano sul volto.
Da un'altra parte un uomo i giacca e cravatta,dall'aspetto assai distinto guardava i due adolescenti con viso schifato,quasi a volerli giudicare per il loro modo di presentarsi in pubblico.
Erano già quindici minuti che Jack era salito su quella metro ed il treno non aveva ancora accennato a fermarsi.Ma dove diavolo stava andando?
Sentì come un panico crescente diffonderglisi sin nelle viscere.Si alzò di scatto.
"Dove diamine è diretto questo treno?Insomma!Io voglio scendere!"urlò quasi istericamente.
Sembrava una donniciola in preda ad un attacco di nervi.
Iniziò a battere vigorosamente i pugni contro i vetri delle porte del vagone:"Voglio scendere!Fatemi scendere!"
Ormai un panico quasi irrazionale aveva iniziato ad impossessarsi di lui.
Gli altri passeggeri scoppiarono in una risatina sommessa.
Dopo pochi istanti il treno arrivò miracolosamente ad una stazione e come se niente fosse le porte che sino a quel momento erano state chiuse ermeticamente si aprirono emettendo nuovamente un cigolio simile al lamento di un' anima dannata.
Jack uscì dal mezzo senza pensarci due volte.Si guardò indietro e poco prima che le porte scorrevoli si richiudessero alle sue spalle notò che tutti e tre i suoi compagni di viaggio gli sorrisero,quasi a deriderlo della sua goffa claustrofobia e della sua impazienza di avere uno stralcio di terra ferma sotto i piedi.
Il convoglio ripartì indifferente e si perse nel buio della galleria in cui si era inoltrato.
Jack si ritrovò nuovamente solo.Non aveva la più pallida idea del luogo in cui si trovava.
Cercò l'uscita più vicina della metro ed una volta che ebbe raggiunto la superficie si sentì quasi come un uccello liberato dalla propria gabbia.
Trasse un  profondo respiro e cercò di darsi una calmata.Forse si era innervosito per niente,aveva avuto una reazione eccessiva.
Cercò di deglutire ma la saliva gli si fermò in gola.Sentiva di avere un bisogno assoluto di bere qualcosa.
Prese una via a caso sperando di ritrovare prima o poi un posto a lui familiare.
Iniziò a guardarsi intorno.In quale quartiere si trovava?Non ne aveva la più pallida idea.
Dopo una decina di minuti di camminata la sua attenzione fu attirata da una piccola insegna luminosa che sbucava da un piccolo palazzo a un centinaio di metri da dove si trovava.Aguzzò la vista e lesse quasi inconsciamente ad alta voce:"Black Rose Cafè".
Forse qualcuno avrebbe saputo indicargli la più vicina stazione di taxi...o dell'autobus.Male che andava,avrebbero almeno saputo dirgli dove si trovava.
Chissà se servivano alcolici?
Vicino alla porta d'ingresso,un uomo alto e robusto era occupato a fare la guardia.Squadrò Jack con aria dubbiosa,poi senza proferire parola gli fece cenno di entrare.
Il locale era abbastanza grande.Non c'erano finestre,ma nonostante ciò una ventina di tende bordeaux cadevano dal soffitto delineando piccole zone Privè in cui alcuni uomini accompagnati da intrattenitrici erano intenti a divertirsi.I muri erano di un blu scuro e le luci soffuse creavano un 'atmosfera intima e particolare.Una musica quasi assordante fuoriusciva da alcuni autoparlanti posizionati poco sotto il soffitto.Gli pareva fosse rock.
La prima parola che venne in mente a Jack fu:gotico.Quel locare aveva un nonsochè di sinistro e tuttavia affascinante.
La prima cosa che lo colpì entrando fu una specie di odore metallico,quasi ferroso che impregnava l'aria.In realtà questo odore era quasi del tutto coperto dal profumo d'incenso che scaturiva da alcune candele posizionete qua e là per il bar.
Il giovane si avvicinò al bancone e fece per ordinare qualcosa al barista,quando un uomo sulla sesantina lo avvicinò.
"Lei è nuovo di qui o sbaglio?Non mi sembra di averla mai vista!"
"Infatti,sono qui di passaggio.In realtà avrei bisogno di un'informazione.Dovrei tornare a casa ma non ho la minima idea di dove mi trovo!Che quartiere è questo?"
Il vecchio scoppiò in una risata:"Oh,non si preoccupi.Le darò io le indicazioni che le occorrono,ma prima perchè non rimane un po' qui a divertirsi?Venga con me,da questa parte"
Il tizio si alzò dalla sedia facendo cenno a Jack di seguirlo.Probabilmente il vecchio era il direttore,perchè aveva un modo molto suadente di trattare con le persone e perchè aveva l'aria di uno che sapeva il fatto suo...insomma un vero e proprio capo.
"Dato che è la sua prima volta al Black Rose questo giro lo offre la casa."sorrise l'uomo facendolo accomodare su un divano di pelle nera in un angolo piuttosto isolato del locale.
"Mi scusi solo un momento"fece rivolto al giovane:"Torno fra un istante."
Jack stette qualche secondo immobile fissando distrattamente il tavolino di vetro di fronte a sè.Che quell'anziano e scaltro signore fosse un poco di buono?Magari quel locale serviva a coprire qualche traffico illecito...droga?
"Questo giro lo offre la casa"che diavolo voleva dire?Forse intendeva dire...che gli avrebbe offerto da bere?
Il sesantenne tornò accompagnato da due avvenenti signorine:Una bionda e una mora.
"Bene ragazze,è tutto vostro."
Le due giovani sorrisero,un sorriso che a Jack sembrò quasi maligno.
Gli si sedettero accanto,una a destra e l'altra a sinistra.Poi la bionda prese a sussurrare qualcosa all'orecchio del giovane...qualcosa ch'egli non riuscì a percepire.
L'odore ferroso che sino a poco prima gli aveva dato appena fastidio prese ad impregnargli le narici,il ragazzo iniziò a sentirsene quasi nauseato.Ebbe come un mancamento ed iniziò a vedere l'ambiente intorno a sè come ofuscato.Le due ragazze che gli stavano accanto gli presero le braccia ed entrambe con l'unghia del proprio indice gli praticarono un taglietto lungo circa tre centrimetri sui polsi,da cui iniziò a scivolare un rivoletto di sangue.
Lo guardarono nuovamente,questa volta però sorridendo di gioia.
Jack ebbe come un brivido freddo.Avevano dei denti bianchissimi tra cui spiccavano prepotentemente una coppia di canini appuntiti.
Senza indugiare oltre iniziarolo tutte e due a leccare(una sul polso destro,l'altra sul sinistro)il sangue che placidamnete sgorgava dai piccoli ma prondofondi tagli che avevano appena inferto con le proprie mani al povero e ignaro cliente che gli era capitato a tiro.
Pian piano iniziarono entrambe a succhiare,quasi avidamente,il nettare rosso che imbrattava la candida carnagione di Jack.
L'uomo per un momento si sentì mancare.Nella testa mille pensieri sconnessi girovagavano quasi all'impazzata.Sentì forte,quasi da perforargli le tempie,l'urlo disperato di suo figlio la notte in cui morì.
Poi,più nulla:nè disperazione,nè rimorso,ne paura.Solo eccitazione,solo uno strano ed immenso piacere che lo travolgeva come un droga.
Guardò un'ultima volta le due intrattenitrici accanirsi morbosamente sui suoi polsi,le labbra scarlatte e la lingua impiastricciata di sangue.
Involontariamente sorrise.
Non capiva...non riusciva veramente a capire che tipo di servizio prestasse il Black Rose Cafè...ma una cosa la sapeva...qualsiasi cosa gli stessero facendo...gli piaceva.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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