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Autore: Vanderbilt    26/05/2013    5 recensioni
Bella, ragazza di diciotto anni con una famiglia apparentemente perfetta. Desidera innamorarsi per la prima volta.
Edward, un passato difficile, non si è mai innamorato.
Entrambi si conosco da molti anni, ma non sono mai riusciti ad instaurare un rapporto a causa del carattere introverso di Edward.
Abitano a Savannah, sognano di andare al college, ma ora dovranno affrontare l'ultimo anno di liceo, pieno di imprevisti a grattacapi...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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We still have everything

... Always

 

I'll be your dream
I'll be your wish I'll be your fantasy
I'll be your hope I'll be your love
Be everything that you need
I'll love you more with every breath
Truly, madly, deeply do
I will be strong I will be faithful
'cause I'm counting on
A new beginning
A reason for living
A deeper meaning, yeah
Truly Madley Deeply, Savage Garden

 

 

Inutile parlare della nottata che passai dopo aver inviato il messaggio a Edward. Quando mi misi a letto ero esausta, le lacrime continuavano a scendere senza freni e dopo solo cinque ore di sonno agitato, mi svegliai con un mal di testa atroce e gli occhi gonfi a causa del pianto. La mia gola era secca e inghiottii mezza bottiglietta d'acqua, che solitamente tenevo sul comodino per abitudine.

Mi tirai su lentamente, appoggiandomi alla tastiera del letto e passandomi una mano tra i capelli leggermente annodati. Sospirai esausta e svuotata da ogni emozione disperata. Non ce la facevo più, questa era la semplice verità.

La prima cosa che feci fu prendere il cellulare in mano e controllare se Edward mi aveva risposto prima di andare a lezione, visto il fuso orario. Nulla. Nada. Nothing.

Accarezzai il pelo di Rain e restai in silenzio, ascoltando il mio respiro leggermente veloce. La forza per alzarmi dal letto mi aveva del tutto abbandonata. Mille domande e paranoie mi frullavano in testa. Perché non aveva risposto? Era così impegnato da non avere il tempo di rispondere alla sua ragazza? O forse si era stancato di noi? Non avevo risposte. E faceva dannatamente male.

Mentre allontanavo il telefono dalle mie mani come se scottasse vibrò, segno che c'era una chiamata in attesa. Guardai il nome che compariva e aggrottai la fronte.

«Pronto, Alice?».

«Oh, ciao, Bella. Scusa, forse non è il momento adatto...», iniziò la mia amica con voce tesa.

«No, no, nessun problema, ora va benissimo. È successo qualcosa?», domandai preoccupata. Il mio pensiero corse subito a Edward. Non lo sentivo dal pomeriggio prima.

«Edward, lui è irraggiungibile e ci chiedevamo se lo avessi sentito nelle ultime ore». Appena pronunciò il suo nome i miei sensi si misero allerta.

«Come sarebbe a dire? Non riuscite a rintracciarlo?!», urlai terrorizzata che fosse successo qualcosa.

«No, purtroppo da ieri pomeriggio nessuno di noi l'ha sentito. Abbiamo provato a chiamare al suo appartamento, ma nulla neanche lì. Mia madre ha appena provato a chiamare al college e questa mattina non si è presentato alle lezioni. Siamo preoccupati, Bella. Pensavamo che avesse parlato almeno con te, invece nulla, sembra scomparso».

«O mio dio, Alice, dio santo! E se gli fosse successo qualcosa? Magari si è sentito male in casa, oppure...», cominciai a tirare fuori teorie assurde, che io in primis mi rendevo conto quanto suonavano ridicole appena uscivano dalla mia bocca.

«Ehi, Bella, calmati! Probabilmente non è nulla di grave, magari ha perso il telefono o è impegnato con lo studio». Sentivo Alice che cercava di convincere entrambe con le sue teorie e intanto pensavo a dove poteva essere.

Sì, forse eravamo tutti troppo apprensivi, in fondo nessuno lo sentiva da circa quattordici ore, non una tragedia, ma Edward era sempre raggiungibile, non spariva mai così, telefonava sempre. Sempre.

Cercai di trovare la lucidità che serviva in quel momento. Inizia seriamente a capire quali fossero le mie priorità in quell'istante e di certo non comprendevano oziare e struggermi di dolore. Dovevo tornare a casa, subito, anche se solo per un giorno. Edward era in cima alla lista delle priorità in quel momento.

«Okay, Alice, tranquilla, ora cercherò di chiamarlo e... Torno a casa».

«No! Non ci provare, Bella, i tuoi nonni hanno bisogno di te lì. Sono certa che abbiamo tirato su un casino per nulla. Ti chiamo io appena riusciamo a sentirlo. Ora papà va a vedere all'appartamento e... Aspetta in linea, ho un'altra chiamata». Attessi qualche minuto con il telefono muto premuto contro l'orecchio e intanto iniziai a organizzarmi mentalmente.

«Bella? Ci sei?», mi richiamò Alice.

«Sì, sì».

«Edward non è sparito», disse allegramente.

«Era lui?», chiesi speranzosa.

«Ehm, no, ma tranquilla, è tutto okay, come al solito ci eravamo preoccupati troppo!».

«E dov'era? Perché non rispondeva?», chiesi sospettosa. La voce di Alice si era fatta troppo allegra e sentivo che mi stava nascondendo qualcosa, la conoscevo come le mie tasche.

«Uh, ma è tardissimo! Devo andare al lavoro, ne riparliamo più tardi, okay? Ciao, tesoro, buona giornata!».

«Alice! Non provare a riatt-». Sentii il tu-tu insistente del cellulare e fissai scioccata l'aggeggio che avevo tra le mani. Mi aveva buttato giù il telefono! Oh, ma l'avrebbe pagata cara, eccome!

Provai a chiamare Edward, ma il cellulare squillò a vuoto. Edward non rispondeva. Eppure aveva chiamato qualcuno della sua famiglia poco fa, perché non rispondeva proprio a me? Che cos'era successo? Perché Alice mi aveva appena mentito per poi riattaccare senza darmi una spiegazione? Mi nascondeva qualcosa e lo avevo percepito appena aveva ricevuto la chiamata misteriosa.

Dio, non riuscivo a vivere con queste insicurezze, dovevo andare a Savannah e vedere con i miei occhi cosa stava succedendo!

Guardai fuori dalla finestra, appoggiai la fronte al vetro freddo che a contatto con il mio respiro si appannò subito. La pioggia scendeva fitta con delle raffiche di vento che facevano ondeggiare i rami degli alberi. Non era certo la giornata adatta per volare, ma non importava. Nulla aveva più importanza.

Mi collegai al sito della compagnia aerea Virgin e cercai il primo volo disponibile. Presi una borsa ampia e ci misi il necessario per un giorno, il resto lo avrei preso passando da casa mia.

Scesi a dare la notizia ai miei nonni e li trovai entrambi sul divano; nonna stava facendo una puntura contro il dolore a mio nonno, il quale appena mi vide mi sorrise facendomi segno di avvicinarmi.

«Ciao, tesoro», mi salutò mio nonno con una strizzatina alla mano. Mi sedetti accanto a lui appoggiando la mia testa sulla sua spalla.

«Cosa succede, Bella?», mi chiese mia nonna sempre attenta ai miei stati d'animo.

«Torno a casa per un giorno, sono preoccupata per Edward, non risponde al telefono e... Ho bisogno di vederlo», risposi tristemente.

«Bambina mia, ti abbiamo detto tante volte che era meglio tornassi a casa, qui le cose stanno migliorando», mi rimproverò dolcemente il nonno. Sì, era vero, insistevano spesso perché riprendessi in mano la mia vita a Savannah, ma non erano ancora pronti e io non volevo lasciare mio nonno in condizioni precarie.

Osservai il suo viso solcato da leggere rughe. Ultimamente aveva ripreso più colorito e aveva smesso di perdere peso, ma i suoi occhi segnati, la debolezza a cui era soggetto continuamente facevano capire che la malattia non era ancora sparita.

Scossi il capo per far capire loro che non volevo sentire ragioni. I primi mesi erano stati duri, durissimi. Nonno peggiorava e io lo guardavo impotente mentre la malattia me lo stava strappando dalle braccia. Ma dopo le notizie positive del dottore stavo riacquistando le speranze, anche se continuava a essere dura stare senza Edward, ero contenta che mio nonno si stesse riprendendo lentamente. Questo era quello che mi continuavo a ripetere per tirare avanti, non contemplavo un dirottamento. Nonno non doveva peggiorare, non lo concepivo.

Mia nonna sospirò sapendo che non c'era verso di farmi cambiare idea. «A che ora hai il volo? Non hai ancora prenotato?», mi chiese tutto ad un tratto ansiosa per l'imminente viaggio.

«A mezzogiorno, comprerò il biglietto là così mi faranno un prezzo stracciato». Solitamente le compagnie aeree mettevano a disposizione gli ultimi posti dell'aereo un'ora prima della partenza a prezzi molto convenienti. Dov'era la truffa? Non sempre si era sicuri che c'erano posti disponibili. Un rischio che per questo volo non avrei corso visto che le richieste di posti per Savannah erano poche.

«Sarò di ritorno massimo domani sera, così mercoledì possiamo andare in ospedale per la terapia», continuai informandoli dei miei progetti.

Era presto, erano solo le sei e mezza del mattino. Le lancette dell'orologio scorrevano lente mentre le fissavo insistentemente. Presi il cellulare dalla tasca e riprovai a chiamare Edward. Ancora libero, ancora nessuna risposta.

«Vado... vado un attimo di sopra», sussurrai ai miei nonni prima che si accorgessero delle lacrime che avevano iniziato a solcare le mie guance. Corsi a perdifiato sbattendo la porta della camera per poi appoggiarmi contro.

Ero così emotiva... Non ricordavo un momento della mia vita in cui piansi così tanto. La mia mente continuava a ripetere il nome di Edward incessantemente. L'ora del volo si avvicinava e la mia voglia di vederlo aumentava in modo incontenibile.

Stetti in quella posizione, a fissare il vuoto di fronte a me per un tempo infinito, poi Rain iniziò a sentire il bisogno di uscire dalla camera e mi decisi ad essere almeno una buona madre. Presi il cellulare dal pavimento e scendemmo al piano di sotto.

«Nonna, porto Rain a fare un giro!», gridai quasi dalla porta di casa.

«Va bene, ma copriti altrimenti prenderai un malanno con questo tempo».

«Okay!».

Quando aprii la porta di casa sgranai gli occhi e per poco non mi prese un infarto. Davanti a me, sulla soglia di cosa, si stagliava la figura di Edward con il pugno alzato pronto a bussare.

Rimasi immobile, incredula. Era reale quello che stavo guardando? Era lui? «Edward», dissi con un filo di voce. Lui fece un passo avanti, gocciolante d'acqua piovana e mi prese tra le braccia.

Appena mi avvolse con il suo corpo sospirai di soddisfazione, come se dopo una lunga apnea sott'acqua potessi di nuovo respirare a pieni polmoni.

«Amore», mi sussurrò stringendomi sempre più forte. «Mi sei mancata troppo, non ce la facevo più a resistere senza di te». E, finalmente, le sue labbra si posarono sulle mie. Dopo mesi assaporai di nuovo il piacere delle nostre labbra che si muovevano all'unisono, inizialmente timidamente e poi sempre con maggior confidenza e intimità. Era il momento perfetto, uno di quegli attimi che ricorderai sempre e custodirai nel tuo cuore con gelosia perché non sempre capitano. La perfezione esisteva e stava nei piccoli gesti, nei momenti in cui tutto è al posto giusto: qui risiede l'eccellenza, non nelle persone. Nessuno di noi era perfetto né lo sarebbe mai stato.

 

Pov's Edward

 

Finalmente era di nuovo tra le mie braccia, potevo toccarla realmente, sentire la sua voce a due centimetri di distanza e non più attraverso uno stupido oggetto tecnologico, - per quanto fossero stati la mia salvezza qualunque tipo di aggeggio che mi aveva fatto restare in contatto con lei.

Erano stati mesi infiniti, sembrava non ci fosse mai una fine alla nostra lontananza. Come avevo potuto lasciare che partisse senza di me? Una domanda che mi ripetevo ogni singolo giorno da cinque mesi. Se potessi tornare indietro, la seguirei a Logan, senza "se" o "ma".

Erano passati realmente centoventitré giorni senza di lei? Senza la sua allegria, le sue ossessioni, il suo amore?

Ad interrompere i miei pensieri ci pensò la nonna di Bella, Janice: «Non vorrei interrompere questo momento magico, ma, Bella, che ne dici di far accomodare Edward ed aiutarlo con i bagagli? Ho come l'impressione che si fermerà un po' con noi», finì ammiccando nella mia direzione e in risposta le feci un sorriso imbarazzato. Sì, la mia intenzione era proprio quella: fermarmi finché anche Bella intendeva rimanere.

«Io... Ehm, sì, sì, certo, nonna. Lo aiuto a...». Bella era imbarazzata e io la guardai dubbioso non capendo il motivo.

«So che tuo nonno non apprezzerà, sai che ti crede ancora la sua bambina, ma vi do il permesso», rispose Janice ai dubbi della nipote.

Bella ringraziò sua nonna abbracciandola e mi trascinò al piano di sopra. La seguii perplesso stringendole la mano.

«Non penso di aver capito quanto è appena successo», dissi confuso.

Aprì una porta in fondo al corridoio del secondo piano e mi fece entrare sorridendo e continuando a tirarmi fino al centro della stanza. Allargò le braccio e disse: «Questa è la mia stanza. Nonna ci ha concesso di stare insieme».

Tutto ad un tratto il discorso di pochi minuti prima fu chiaro: Bella era imbarazzata nel chiedere a sua nonna se potessi rimanere in camera con lei.

«Uaoh, è fantastico!». Mollai la valigia e la abbracciai facendo combaciare ogni parte del nostro corpo. Lei ricambiò con eguale intensità ed entrambi sospirammo nel sentirci di nuovo bene, a casa.

C'erano molte cose in sospeso, dovevamo parlare, ma in quel momento tutto era perfetto così e il tempo di certo non ci mancava.

Sentimmo Janice chiamarci e scendemmo dopo pochi istanti.

«C'è Jason al telefono, cara», disse Janice. Io storsi la bocca appena pronunciò il nome del fantomatico amico di Bella che non avevo mai avuto il piacere di conoscere. Sapevo che ormai era impegnato, ma la gelosia era implacabile, non ti lasciava respirare neanche un secondo. Dovevo conoscerlo, magari solo allora il mio lato possessivo si sarebbe placato.

Seguii Bella fino al telefono e mi sedetti sul divano trascinandola sopra le mie gambe.

«Ehi, Jason», lo salutò Bella allegramente. Non sentii la risposta per quanto mi concentrassi; captai qualche parola qua e là, ma riuscii a seguire il filo del discorso grazie alle risposte di Bella. Il ragazzo la voleva invitare di nuovo fuori insieme alla sua ragazza.

Appena riappese, Bella mi chiese un parere: «Allora, ti va di uscire stasera? Jason c'è rimasto male perché ieri sera sono voluta andare via prima e vorrebbe recuperare».

«Certo, tutto quello che vuoi», le risposi pendendo dalle sue labbra. Adoravo quando arricciava il naso perché qualcosa la faceva sentire in colpa e quegli occhioni che si ingrandivano per far capire che ci teneva.

«Vedrai, Jason ti piacerà!», continuò con entusiasmo. Si vedeva che ci teneva a farmi conoscere il suo migliore amico, me ne aveva parlato spesso nelle precedenti telefonate e insisteva nel dire che saremmo stati ottimi amici.

«Non ci conterei così tanto», sussurrai.

«Cosa?», mi chiese Bella non avendo sentito bene.

«Nulla, nulla», feci il finto tonto.

Dubitavo che sarei mai stato amico per la pelle con l'ex della ragazza che amavo più di me stesso. Per quanto tra loro ci fosse stato un semplice flirt durato un'estate, ero pur sempre irrazionalmente geloso.

La giornata passò velocemente, conobbi John, il nonno di Bella; sistemai la mia roba nella nostra camera e telefonai ai miei genitori per informarli della mia decisione. Insomma, fu una giornata di assestamenti intervallati dai baci con Bella, dalle nostre chiacchere sui fatti più disparati e da qualche carezza.

La famosa uscita con Jason e la sua ragazza era arrivata ed io ero impaziente di conoscerlo.

«Bella, non dobbiamo andare ad un galà, va bene tutto ciò che metti di solito», la esortai ad uscire dal bagno. Dopo altri minuti finalmente uscì e rimasi incantato dalla sua bellezza, come sempre. Era la ragazza più bella che avessi mai visto, a mio parere, e ogni volta mi faceva lo stesso identico effetto: passione, sorpresa e un senso di possessione mai provato prima.

«Sei bellissima, amore», mi complimentai andandole incontro e afferrando una sua mano per tirarla contro di me.

«L'attesa è valsa a qualcosa, quindi?», mi chiese maliziosamente.

Scherzosamente le feci fare una giravolta per osservarla con occhio critico, e lei rise illuminando la stanza.

«Direi di sì», sussurrai sulle sue labbra.

Il vestito blu notte le cadeva addosso sottolineando le sue curve fino a metà coscia, i tacchi neri contornavano il tutto slanciando la sua figura. Sapeva che avevo un debole quando indossava scarpe alte, anche se mi chiedevo spesso quale tortura fosse per le donne indossarle, quindi apprezzavo ancora di più quando lo faceva per me.

Le porsi il suo cappotto blu con i bottoni dorati e andammo incontro a Jason.

Sicuramente non mi aspettavo un ragazzo tanto diverso da quello che mi ritrovai davanti. Dovevo ammetterlo, con la gelosia che mi rodeva lo stomaco: Jason era un ragazzo simpatico, alla mano e mi ci trovai subito bene, anche se con qualche riserva visto che il cruccio che lui avesse baciato la mia ragazza un anno prima restava.

«Ieri sera la nostra Bella non era per niente di compagnia, questa serata me la doveva e sono felice di averti conosciuto, Edward», disse Jason durante la serata.

«Anch'io, Jason, ho sentito parlare di te e finalmente so chi sei».

«Certamente non quanto io ho sentito parlare di te, Edward! Non passava giorno che sentissi Bella e non mi parlasse di te. Stavo per arrivare a sognarti di notte», mi svelò ridendo. Sorrisi guardando Bella rossa per l'imbarazzo e la strinsi al mio fianco accarezzandole una guancia.

«Jason, se magari la smettessi di metterla a disagio!», lo rimproverò la sua ragazza, Lucy.

«Bella a disagio? Ma, amore, non è da lei», si lamentò Jason. Quel ragazzo aveva un pizzico di Emmett in sé.

«Be', a quanto pare ora sì», gli rispose Lucy. Lui fissò Bella e poi me, studiando le sue guance bollenti.

«E così quando c'è Edward diventi timida, Bella. Non lo avrei mai detto», e scoppiò a ridere per qualcosa a me sconosciuto.

«Jason ha bevuto troppa birra», mi sussurrò la mia ragazza. Sorrisi e lasciai Jason tenere banco durante la serata. Raccontò anneddoti divertenti di Bella e lo ascoltai avido di sapere anche il più piccolo particolare di cui non ero a conoscenza.
Verso mezzanotte decidemmo di terminare la nostra serata insieme e Bella insistette per guidare dicendomi che desiderava mostrarmi un luogo di cui mi aveva parlato tempo addietro.

Logan era una città piena di verde, la tipica cittadina americana dell'Ohio, piena di fattorie, quindi non feci molto caso alla stradina sterrata che imboccò Bella. Alla fine si rivelò il percorso per arrivare ad un vecchio fienile quasi abbandonato.

«Appartiene a degli amici dei miei nonni, ormai sono anziani e non ci vengono più spesso», mi spiegò scendendo dall'auto. La seguii ed entrammo nel fienile, composto da un'unico ampio vano con agli angoli mucchi di fieno.

«Nelle mie precedenti visite a Logan venivo spesso qui; ora è raro, non ho più motivi per stare ore sdraiata sul fieno a sognare. Ho tutto quel che ho sempre sognato», continuò guardandomi intensamente solo alla fine.

«Di certo la realtà ha superato le mie aspettative», dichiarai avvicinandomi a lei lentamente. La tirai a me e ci stendemmo su un mucchio di fieno.

Era arrivato il momento di scoprire le carte.

Sospirai stringendola al mio fianco e le sussurrai all'orecchio due semplici parole che la fecero irrigidire: «Dobbiamo parlare». Le uniche parole al mondo in grado di farti tornare in mente tutti i tuoi errori, anche quelli dimenticati, e farti preoccupare oltre l'immaginabile.

«Grazie», mi rispose con la bocca premuta contro il mio petto.

«Non devi». Sapevo bene che si riferiva alla mia presenza lì e non aveva nulla di cui ringrazirmi. «Sono egoista, Bella». Scostò il viso dal mio petto per guardarmi e aggrottò le sopracciglia in segno di disagio.

«Non ho mai conosciuto una persona più altruista, sensibile e comprensivo di te, Edward. Ti sei catapultato qui dopo un mio messaggio disperato, dopo che io ti avevo detto di stare bene, dopo che sempre io ti ho quasi costretto a vivere la tua esperienza al college. Non ti merito, ma sto facendo di tutto per far sì che non sia più così». La sua voce era appassionata, ferma e più alta del solito mentre pronunciava quelle frasi che mi arrivarono dritte al cuore. Rimasi così stupito dal suo discorso che per un attimo fui a corto di parole.

«Bella, amore, sono venuto qui anche per me stesso, in questo sono egoista! Sono qui perché non potevo più sopportare la tua mancanza, perché i mesi passati senza di te mi sono sembrati anni! Il college era solo una distrazione in attesa del tuo ritorno! Come potevo godermi un'esperienza che dovevamo fare insieme?! E, per chiarire una volta per tutte questo malinteso, sappi che avevo già prenotato l'aereo prima della tua chiamata, infatti ieri sera non ti ho risposto perché ero in aeroporto. Non eri l'unica a stare male, anch'io non avevo più la voglia di andare avanti senza di te. Credimi, Bella, ormai siamo talmente legati che ciò che ti ferisce di conseguenza annienta me. Ti amo così intensamente...Ti amo, Bella, ti amo e basta, senza se o perché».

Continuai a fissare i suoi occhi lucidi fino a toccare le sue labbra con le mie. Assaporai le gocce salate che colavano sulle sue guance e poi tornai sulle sue labbra rosee. Accarezzai la sua schiena lentamente finché la mia mano non salì fino alla sua nuca. Mi persi in lei, nel suo profumo, nel suo sapore... Ogni volta era come se mi estraniassi da tutto tranne lei, la mia Bella. Cosa mi importava del resto se lei era insieme a me?

L'amore rende sordi e ciechi, ti mostra il mondo sotto altre spoglie, ti cambia dentro a volte in bene altre in peggio, ma ti modifica e lo fa in modo così permanente da farti scordare la tua vita prima di quell'amore folle.

«Ti amo anch'io, Edward. Ti amo così tanto che ogni volta mi sembra di bruciare da tutto quel che sento, ne sono sopraffatta e non desidero altro che sentirmi sempre così, colma del mio amore per te, felice del tuo amore per me», bisbigliò ad un centimentro dalle mie labbra per poi riprendere a baciarmi.

Il mio amore per Bella era stato per così tanto tempo platonico, che ogni giorno mi sembrava di vivere in un sogno. Non desideravo risvegliarmi. Volevo continuare a sognare ad occhi aperti, immaginarmi sempre al fianco della donna che avevo conquistato e che era perfetta per me. Ogni cosa di noi combaciava alla perfezione.

 

Il nonno di Bella, John, si rimise in sesto, sconfisse la malattia e noi tornammo a casa per il Georgia Day, il 12 febbraio, la festa della fondazione della colonia che durava ben una settimana. Riprendemmo in mano la nostra vita, andammo a vivere nel nostro appartamento, che avevo temporaneamente subaffittato durante i mesi che avevo passato a Logan con Bella, e ci prendemmo qualche mese libero per ambientarci, goderci la reciproca compagnia prima che iniziasse il nostro primo semestre al college. Iniziammo la nostra vita insieme, fatta di alti e bassi certo, ma pur sempre nostra.

 

L'amore è universale, ma ogni coppia è unica.

 

Buonasera, ragazze! Lo so, vi ho fatto aspettare trooooppo per questo capitolo, ma non voleva uscire, più mi ci mettevo più mi risultava orribile ç.ç Non so se il risultato finale è migliore, spero possa piacervi la conclusione della storia, sono molto molto insicura sul capitolo ç.ç

Prima di passare a "la storia è finita..." faccio qualche piccolo appunto sulla storia e su questi ultimi due capitoli. E' l'ultimo capitolo, sopportate le mie luuunghissime note, please ç.ç

Molte di voi non hanno capito il comportamento di Bella nel capitolo precedente e vorrei solo farvi vedere le cose in un'altra prospettiva: se voi foste state al suo posto, sareste state così egoiste da precludere la possibilità a Edward di fare un'esperienza così importante come il college? Lo avreste voluto con voi, pur sapendo che non poteva fare nulla,né andare al college a Logan visto che in USA le iscrizioni al college, le domande, etc, si fanno mesi e mesi prima ancora quando si è all'ultimo anno di liceo? Io non credo, perché se si ama davvero si cerca di dare ogni possibilità alla persona amata. Un po' come ha fatto Edward in New Moon lasciando Bella. Ora non sto dicendo che sia giusto o sbagliato, ma solo che sono opzioni, spero di essermi spiegata xD Dopodiché devo anche dire che io sono dell'opinione che i problemi si affrontano insieme, questa è stata una situazione particolare che non riguardava la loro relazione quanto terzi soggetti, quindi è stata tutta una prova che è finita comunque con loro due che hanno bisogno del sostegno l'uno dell'altra.

Tutte eravate preoccupate che finisse male, ma dico io, ormai non mi conoscete un po'?! Io non sono in grado di scrivere qualcosa senza lieto fine, ad oggi xD Forse più avanti, non ne ho idea xD

Il titolo della storia non penso abbia bisogno di spiegazioni, tutti gli eventi importanti hanno come filo conduttore la pioggia, quindi ecco il titolo che collega tutto.

E con molta tristezza questa storia è conclusa. Sono incredula io stessa, è la prima long a cui metto la parola fine e... non so bene come sentirmi: da un lato sono sollevata, è stata la prima long che ho scritto e vederla finita è una soddisfazione, ma d'altra parte è dura staccarsi da personaggi che mi sono portata dietro per un anno e mezzo! Voglio ringrazire tutti voi che mi avete sostenuta, non mi avete abbandonata dopo mesi che non aggiornavo (be' qualcuno sì xD), questo capitolo lo dedico a tutte voi, ragazze! Grazie di cuore, in particolare a chi mi ha sempre recensito sprecando qualche minuto del loro tempo per dirmi cosa ne pensavano! Non faccio nomi perché ho paura di dimenticarne qualcuno ahah, ma voi sapete chi siete <3

Spero di riceverne ancora per quest'ultimo capitolo, risponderò a tutte, promesso <3

Non so se vi interessa, ma ve lo dico comunque LOL Ora che ho terminato "Scusa..." porterò avanti Rules e anche questa vedrà la parola fine, ve lo assicuro. Nel frattempo porterò avanti altri progetti, pubblicherò ancora in questa sezione; non sono ancora pronta ad abbandonare Edward e Bella, forse non lo sarò mai.

Spero di risentirvi tutte in altre mie storie perché siete state tutte di grande supporto! Ancora grazie e... see you soon <3

Vi ricordo il gruppo fb, il mio profilo lo trovate qui su efp.

Jess

   
 
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