Fumetti/Cartoni europei > Paperinik
Ricorda la storia  |      
Autore: Nightrun    26/05/2013    2 recensioni
Dopo un’ennesima zuffa con alcuni Darkflames, Pikappa e Zheron si ritrovano spettatori di fenomeni assai insoliti, al limite del razionale. In alcune zone della città, la fisica sembra cominciare a giocare brutti scherzi. Il parere di Uno è allarmante: se non si porrà rimedio al più presto, l’intero stato del Calisota potrebbe rischiare di scomparire per sempre! A Paperinik non resterà dunque altra scelta, se non quella di farsi coraggio ed affrontare la missione assieme all’Evroniano. Quella in cui si lancerà sarà una situazione insidiosa, dove le sue poche certezze saranno messe in discussione… compresa la scarsa fiducia che ripone nel suo nuovo alleato.
Note: Il paradosso dell'esser nemici trovo che sia il seguente: nel momento in cui non ci sono più motivi validi per farsi la guerra, che senso ha rimanere avversari? Ed è dunque su questo che grava gran parte della storia. Ho avuto inoltre l'opportunità di citare una delle mie saghe fantascientifiche preferite. :9 Non dico di più perché sennò faccio spoiler.
Questa storia partecipa al contest "Anime, Serie Tv e Sentimenti" di bakakitsune.
Come sempre, buona lettura! ;)
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'PKNA - Shattered Dimensions'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Prologo:
 
Vista dallo spazio, la Terra appariva come una pietra preziosa. Il colore azzurro lucente dei mari si contrapponeva al verde-marroncino delle terre emerse, mentre immensi banchi di nubi si muovevano costantemente al di sopra della superficie, sospinti dai moti del vento.
 
«Terra: il pianeta su cui mi trovo ora. Da quanto sono qui? Difficile dirlo… Probabilmente, poco meno di un yearhon. E’ così? No, forse mi sto sbagliando… Il tempo sembra scorrere molto più lentamente che su Evron. Allora… Forse potrebbero addirittura essere due yearhon! E’ passato davvero così tanto tempo? Così… tanto… tempo…»
 
-Bzzaaap! Shoom! Sbrang! Crash!!!-
Un raggio azzurrino aprì una spaccatura sull’asfalto della strada. Attorno alla minuscola fossa, lievi fili di vapore ondeggiavano sinuosamente.
Il rumore della deflagrazione s’era propagato per l’ambiente circostante, echeggiando nella notte paperopolese.
“Zheron cerca di fare più attenzione, accidenti!” Sbraitò qualcuno, non molto distante.
“Hiiishhh!!!” “Hiiishhh!!!” Sibilarono lugubremente altri.
“Snort… Ce l’avevo proprio sotto tiro, peccato!”Esclamò l’Evroniano, comparendo sulla scena.
-Tap!-
Uno stivale giallo andò a posarsi sul terreno, mentre il papero che lo indossava scansava via da sé il mantello con la mancina, di modo che non gli fosse d’intralcio nei movimenti.
“Beh, cerca di fare più attenzione: dobbiamo porre rimedio ai problemi, non crearli!”
L’alieno si passò una mano dietro la testa, costernato: “Scusami…” Mentre diceva ciò, una creatura scura come la pece compì un balzo, estraendo gli artigli per colpirlo alle spalle.
Pikappa sollevò prontamente l’Extransformer, puntandolo contro l’essere e sparandogli quindi col Paralizzatore bradionico.
-Shoom!-
Un raggio giallastro passò a pochi centimetri dalla tempia di Zheron, impattando sul Darkflame e lasciandolo a mezz’aria in una bolla d’energia, fermo e immobile come fosse una statua grottesca.
“No, dico sul serio… Oggi mi sembri più tonto del solito. Dormito male, stamane?” Esclamò l’eroe, evitando una zampata a lui diretta e colpendo col pugno metallico un’altra creatura dritta sul grugno.
Zheron ci mise un po’ a rispondere. In verità, cercava solo d’inventare una bugia credibile per spiegare il suo comportamento: “S-sì… Temo di aver fatto indigestione di emozioni…” Sparò con l’Evrongun all’essere paralizzato poco prima da Pikappa, e subito la pistola assorbì la rabbia e l’odio che ne permeavano il corpo.
“Yaaaaaaaargh!!!” Gridò il Darkflame, mentre la sostanza traslucida che lo ricopriva andava a colargli di dosso come cera fusa, riversandosi sull’asfalto e scomparendo in nuvole di vapore al contatto con esso. Ciò che rimase fu un papero: un normalissimo papero svenuto.
Oramai conosceva bene quella scena: una volta costretto il frammento di Entità a “sloggiare”, chi ne era impregnato ritornava alla normalità, perdendo inoltre ogni memoria relativa al periodo in cui la sua mente era soggiogata.
Sarebbe stata una materia interessante per qualche capo-branca scientifica, ma lui era un guerriero… e qualcosa del genere non lo interessava minimamente. Anzi, fosse stato per lui, avrebbe lasciato tutto così com’era!
Infondo, quegli esseri non erano che serbatoi di emozioni negative pressoché illimitati! Sarebbe bastato tenerli rinchiusi e assorbirli poco per volta…
Purtroppo, però, Paperinik non sarebbe stato dello stesso avviso… Anzi, molto probabilmente lo avrebbe malmenato solo per averlo pensato.
E dunque eccolo lì, ridotto a fare le “pulizie” assieme a quel qualcuno.
Volse lo sguardo verso l’eroe mascherato, e subito l’espressione dei suoi occhi mutò: divenne seria, anzi… in qualche modo, furiosa.
 
«Paperinik…Colui che ha impedito la conquista della Terra. Inoltre, una delle principali cause della fine dell’Impero Evroniano. Dovremmo essere avversari, e invece eccoci qui: combattiamo spalla a spalla, da alleati…O, almeno, è ciò che crede lui…Io non sarò mai alleato di-»
 
Il flusso dei suoi pensieri s’interruppe nuovamente. Qualcuno gli stava letteralmente sfondando un timpano: “ZHEROOOOOOOON!!!”
“Waaaahhh!!!” Gridò l’Evroniano, compiendo un balzo di quasi mezzo metro.
L’eroe grugnì, iniziando a correre: “Sgrunt! Ti vuoi dare una mossa? Quei “cosi” stanno scappando! Dobbiamo beccarli prima che arrivino alle fogne, o li perderemo!”
Ripresosi dallo shock, il papero spaziale seguì Pikappa fino al vicolo più vicino, imboccandolo con fare deciso. Certo che gliene faceva fare di jogging, quell’eroe da strapazzo!
Dopo pochi secondi, entrambi iniziarono ad inseguire i Darkflames a bordo dei loro mezzi di trasporto.
La Pi-kar ed il Disco Individuale viaggiavano estremamente ravvicinati lungo strade e viottoli vari: purtroppo lo spazio era quel che era…
“Ma dove si sono cacciati? Sta a vedere che sanno anche diventare invisibili…” Disse sarcasticamente l’eroe, cacciando il collo fuori dall’abitacolo per riuscire a guardare persino SOTTO all’automobile fluttuante!
Ben chino sul suo Disco Individuale, Zheron riprese invece la sua solita espressione sorniona.
A lui di catturare quei Beati importava ben poco. Del resto, il vaso di contenimento sulle sue spalle era pieno circa per metà.
Poteva ritenersi più che soddisfatto del “bottino” trafugato quella sera: per due o tre giorni avrebbe potuto alimentarsi senza uscire a cacciare. Ma di sicuro il papero mascherato al suo fianco non glielo avrebbe mai permesso…
Ragionò ancora: certo, però… magari assorbire qualche altra emozione non gli avrebbe fatto male! Così, giusto per poter dire di avere un intero vaso ben pieno di quelle leccornie di cui andava ghiotto.
Mentre già pregustava la scena, notò alcune fiamme nerastre divampare in prossimità di uno stretto vicolo alla sinistra della Pi-kar.
“Ah!” Sgranò gli occhi. Un colone di bava prese subito a scendergli giù da un lato del becco.
 
«Yum! E va bene… Infondo, qualche altra emozione nei serbatoi non potrà farmi che bene…»
 
A seguito di quel pensiero, esclamò senza indugio: “Di là, Paperinik!” E quindi sterzò con forza.
Ma il Nostro non era pronto al brusco cambio di direzione: era infatti ancora col collo fuori dalla Pi-kar.
E così quando l’Evroniano di colpo andò a muoversi nella sua direzione, Pikappa non ebbe modo di girare il volante a sua volta: il Disco Individuale cozzò contro il suo mezzo.
-Sbang!-
Ricacciò la testa all’interno dell’abitacolo in tempo per vedere il muro farsi pericolosamente vicino al suo becco. Richiuse la copertura ermetica e si preparò all’impatto: “Agh…” Gemette.
-BRANG! CRASH!!! Stomp! Stomp! Stomp!-
L’abitacolo sussultò pericolosamente, e Paperinik chiuse gli occhi per diversi secondi. Quando andò a riaprirli, notò che parte della Pi-kar si trovava ricoperta di frammenti caduti dal palazzo contro cui si era scontrata.
-Stup!-
Qualche pietra ancora rotolava giù, battendo sul cofano della macchina e producendo tonfi sordi.
Conto fino a… Ma chi prendiamo in giro? Non contò affatto!
Digrignò il becco, alzando lo sguardo sopra la copertura in vetro: su di essa si trovava l’Evroniano, spiaccicato come un moscerino. Era tanto frastornato che diverse stelline immaginarie gli giravano attorno alla testa.
“Ehi, socio! Tutto ok?” Domandò preoccupato Uno, dal minischermo posto vicino ai comandi.
“Grrr!!! Io sì, tra poco qualcuno un po’ meno!!!” Sbraitò Paperinik, gridando stridulamente come solo lui sapeva fare.
Il vetro si ritirò, e l’Evroniano ricadde sul cofano. Pikappa balzò fuori dall’abitacolo con un singolo balzo. La foga fu così tanta che atterrò in malo modo sul posteriore.
-Sbonk!-
“Ouch!”
Si rialzò di botto, massaggiandosi il retro piume con una mano ed agitando l’altra sopra la testa, chiusa a pugno: “Scarto di un Evroniano di bassa tacca! Ma si può sapere su Evron chi ti ha dato la patente? Guarda che macello!”
“Oooh… La testa…” Commentò Zheron, ripresosi proprio in quel momento.
Una mano lo afferrò per il bavero, riportandolo alla realtà. Venne trascinato in avanti, trovandosi quasi a sfiorare la fronte dell’eroe con la sua.
“Allora? Hai qualcosa da dire prima che ti riduca nuovamente allo stadio larvale?” Minacciò il Nostro.
“N-non farmi del male…”
Oramai aveva detto quella frase in così tante occasioni che alle orecchie di Paperinik giunse come un ammasso di parole atone… Per qualche secondo. Poi l’ira s’impadronì del papero mascherato, che dunque riprese a sbraitare: “Ah, no? Dammi una valida ragione per non farlo! Per colpa della tua inettitudine ci siamo fatti sfuggire quei Darkflames!!!”
In quel momento, Paperinik apparve agli occhi dell’Evroniano nella forma di un Generale: volto nero, iridi azzurre…becco dentato!
 
Ricordò i tempi dell’addestramento, quando stava da poco familiarizzando con le tecniche di guerriglia evroniana. Ricordò il fragore dei disintegratori da esercitazione, così come la ferrea disciplina impartitagli dai suoi superiori…
 
Poi la scena tornò al presente.
Per qualcosa di simile, su Evron si finiva davvero ridotti allo stadio larvale. Anzi, di più! Si tornava ad essere delle spore! E Zheron iniziò a temere che le parole del papero fossero più che semplici minacce.
Alcuni vani nella Pi-kar si aprirono da soli, e da essi uscirono delle mani robotiche che, pazientemente, presero a rimuovere tutti i detriti accumulati sul mezzo: “Le frasi a vanvera tienile per dopo, Pikappa. Ora dovete abbandonare la zona: qualcuno dei vicini potrebbe aver chiamato la polizia, e non credo sia il caso di farsi trovare qu  quando succederà.” La voce di Uno… Forse Zheron poteva ancora salvarsi…
“Sigh… Fuggire via dopo aver combinato un tale disastro… La mia immagine di supereroe ne risentirà…” Piagnucolò Paperinik.
Guardò ancora in cagnesco negli occhi senza pupille dell’Evroniano, ma alla fine lo lasciò andare: “Sgrunt! Per questa volta, ti è andata di lusso… Ma non credere che non riprenderemo questa discussione!” Esclamò il papero, lasciando andare l’alieno.
Risalì sul suo mezzo con un bel balzo, e l’auto si accese automaticamente.
-Vrrr… Crash! Stump! Crunck!-
Mentre l’auto si spostava in retromarcia, alcuni pezzi del muro caduto si riversavano a terra, producendo tonfi e scricchiolii vari.
L’Evroniano scese dal mezzo stando bene attento a non farsi pestare le zampe dalle ruote. Si tenne la testa per cercare di riprendersi dalla confusione.
Non disse nient’altro, né provò a proseguire il monologo interiore di poco prima: era ancora piuttosto scosso da ciò che era capitato, ed ora temeva inoltre per la sua incolumità!
La macchina ed il Disco Individuale si alzarono in volo, lasciando il luogo assai rapidamente.
 
Passò un tempo indefinito: pochi secondi, probabilmente…
-C-crrr…-
Uno dei detriti del muro iniziò lentamente a sussultare. Sembrava proprio dotato di vita propria, e per qualche strano motivo… prese a risalire lentamente lungo la montagnola di macerie, rotolando all’indietro fino a raggiungere il punto che gli competeva sul muro. Aderì alla superficie perfettamente, saldandosi ad essa con estrema precisione.
Come per una reazione a catena, anche le altre rocce presero a risalire la montagnola di macerie.
Una sembrava in qualche modo tirare a sé l’altra, in una buffa ed irreale danza che riformò perfettamente il muro appena crollato.
Al termine del fenomeno, non era rimasto alcun segno a lasciare intendere che la parete fosse franata su sé stessa.
Un dettaglio bizzarro, però, sarebbe balzato all’occhio di chiunque si fosse trovato lì in quel momento: il colore del palazzo era passato da arancio tenue a verde spento.
Le sirene della polizia non tardarono a farsi sentire. Il suono crebbe d’istante in istante, fino a che una vettura andò a parcheggiare di fianco al muro “incriminato”.
Ne scesero due agenti, entrambi visibilmente perplessi.
Uno dei due ticchettò con le dita sul cofano della macchina, cogitabondo. Ad un certo punto sbuffò, rivolto al suo collega: “Bah… Forse abbiamo sbagliato zona… Palazzo arancio, avevano detto.”
Nello stesso momento in cui si volse verso l’altro poliziotto, un ultimo sassolino si staccò da terra, volando fino ad una piccola scalfittura del muro e incorporandosi silenziosamente con essa.
“Qui sembra tutto in ordine.” Concluse l’altro agente.
 
-Cieli di Paperopoli, qualche metro più in là-
 
“Socio, abbiamo un problema.” Il tono di voce di Uno era ansioso, preoccupato. Quando Paperinik udì le sue parole, uscite dagli altoparlanti della Pi-kar, non poté fare a meno di domandare: “Che succede, Uno? La polizia ha scoperto che ce ne siamo andati senza fare il CID?”
Zheron, che si trovava sul suo Disco Individuale di fianco alla Pi-kar, non poté fare a meno di prestare orecchio. Non aveva idea di cosa fosse un CID, però intuiva che probabilmente si trattava di qualche scocciatura…
Il tono del supercomputer rimase invariato. Forse le notizie che portava erano assai più disastrose di quanto Pikappa potesse immaginare: “Non è il momento di fare dell’ironia, socio. Registro diversi squilibri nel campo geomagnetico. Inoltre, ci sono anomalie rilevanti un po’ in tutti i grafici di monitoraggio…”
“Beh, e a cosa pensi siano dovuti?” Mormorò l’eroe, fingendo d’aver capito le affermazioni che gli erano giunte all’orecchio.
Dall’interno del Piano segreto, l’intelligenza artificiale ruotava la sua testa virtuale in ogni dove, mentre diverse lucine andavano a lampeggiare sui vari terminali che lo circondavano.
“E’ questo il problema, socio! –Esordì, sbraitando come un forsennato verso lo speaker:- Non ne ho idea!”
“Glom…” Deglutì il Nostro, a quell’affermazione. Se Uno non sapeva che cosa stava succedendo, la questione era più che drammatica… Era DISASTROSA!!!
“Uno…” Provò a sussurrare il papero mascherato, ma venne presto interrotto.
“Forse ho capito: il problema risiede nel film dimensionale!”
“Ah, tutto qui?” Commentò il papero mascherato, asciugandosi con la manica il sudore freddo che gli era colato dalla fronte.
-Sta-tlunk!-
Il cofano della Pi-kar si aprì con uno schiocco, e da esso fuoriuscì una specie di cannone gigante terminante con un’antenna. La gigantesca parabola si piegò in avanti, disponendosi parallelamente al muso della macchina.
“Ehi, ma cosa-“ Esclamò il papero mascherato, esterrefatto.
“?” Persino Zheron non poté mascherare la sua curiosità, a quella vista…
Di nuovo, gli altoparlanti della Pi-kar andarono a vibrare: “Non si tratta del solito portale, Pikappa. Questa volta, la faccenda sembra essere più seria. Non ci sono buchi dimensionali da chiudere! E’ come se… No, non può essere!”
Se c’era una cosa che Paperinik odiava, era quando la testa nell’ampolla non parlava chiaramente: “Dimmelo con parole semplici, Uno! Che accade?”
La testa tridimensionale sul mini-display aggrottò la fronte: “Accade che almeno un paio di dimensioni alternative stanno gravando sul nostro film dimensionale…” Prese a dire il supercomputer. E mentre lui parlava, in città era il caos.
 
“Mentre indugiamo, il territorio attorno alla nostra città è preda di situazioni al limite del razionale! Le leggi della fisica stanno per esser messe a dura prova… E sono pronto a scommettere che la situazione peggiorerà di minuto in minuto!”
 
Mentre Uno spiegava al papero mascherato la situazione, in una strada  di periferia diversi blocchi cubici di asfalto andarono a sollevarsi, fluttuando a mezz’aria.
In un’altra, un palo della luce semplicemente andò afflosciandosi per effetto del vento, come fosse stato fatto di gommapiuma.
 
“Che intendi con “situazioni al limite del razionale”?” Domandò l’eroe.
“Immagina di fare un sogno. Ora, in situazioni normali, tu e solo tu puoi decidere a livello inconscio come esso si svolgerà: sei l’unico ed il solo a deciderne le regole. Ma… Che succede se di colpo i sogni di altre persone tentano di mescolarsi col tuo?”
“Uhm… Non sono tanto sicuro di volerlo sapere, ma…credo che sarebbe il caos…”
Altrove, un impiegato statale camminava tranquillo e beato su di un marciapiede. Dallo sguardo stanco e dalla cartella piena di documenti era facile dedurre che avesse passato una giornata tutt’altro che rilassante. Agognava il letto, e non vedeva l’ora di ritrovarsi sotto alle coperte: “Yawn… Sono stanchissimo, eppure non ho sonno… Mi sa che anche staserà mi toccherà contare le pecore…” Sbadigliò.
-Plop!-
Una mandria di ovini comparve di punto in bianco di fronte a lui, bloccandogli la strada.
L’impiegato si passò una mano dietro la testa sorpreso: “Ehm… Come non detto.”
 
“Le regole su cui si regge il nostro piano potrebbero saltare... O, peggio ancora, potrebbero modificarsi! –Proseguì Uno, incalzante:- Ed è proprio questo che sta succedendo! Altre realtà stanno premendo contro la nostra, e tentano di prendere il suo posto. Se ciò succedesse, ci sarebbe una nuova Paperopoli… edificata sulle macerie della precedente!”
Con quelle ultime parole, il supercomputer aveva decisamente invogliato Paperinik a fare qualcosa.
“Err… Che notizia entusiasmante. Quindi, scommetto che questa gigantesca parabola che è comparsa davanti al cofano non serve non beccare i migliori canali satellitari…” Ironizzò l’eroe.
 
«Ancora una volta la sua città rischia di esser distrutta. Eppure, è così tranquillo… Non capisco come faccia rimanere tranquillo in ogni situazione.»
 
L’Evroniano ridusse gli occhi a due fessure, continuando a sondare il papero mascherato. L’espressione gioviale che vide dipinta sul suo becco gli diede il voltastomaco.
“Decisamente non serve per quello, Pikappa…Ora ti spiego.” Esclamò l’intelligenza artificiale.
L’Evroniano si affacciò dal Disco Individuale e portò lo sguardo sul minuto display della Pi-kar. Anche se era dotato di una vista assai scadente, poteva comunque distinguere la sagoma verdastra del supercomputer.
 
«Uno… E’ l’unico che mi sta simpatico. Ed è sempre così saggio, nonostante sia un semplice computer. Dovrebbe comandare a bacchetta questo eroe da strapazzo, invece di dargli corda… Bah, è una faccenda che non mi riguarda. Ora aspetto che finisca di parlare e poi me ne torno alla Torre. Yum! Ho già fame…»
 
“Ok, ma prima… Zheron, avvicinati. Devi ascoltare anche tu, visto che andrai assieme a Pikappa in questa avventura.” Mormorò la testa digitale.
“Eh?” L’alieno non poteva assolutamente credere alle sue orecchie. E neanche Paperinik!
“Che cooooooosa? Uno, ti senti bene?”
Il papero digitale aggrottò le sopracciglia, proseguendo: “Mi sento una meraviglia! La missione è complicata e richiede che siate mobilitati entrambi… Non c’è alternativa!” Il suo tono lasciava intendere che non avrebbe accettato un “no” come risposta.
“Una missione complicata… e mi mandi assieme a “Mister Coniglietto”?! –Fece il papero mascherato, indicando l’alieno col pollice e mostrando un’espressione sarcastica:- Uno, te lo ripeto: ti senti bene?”
Dalla sua, anche Zheron non poté fare a meno di esprimere il proprio disappunto: “Cosa?! E perché mai dovrei farlo? Non ci sono Darkflames da assorbire. No, mi rifiuto!” Esclamò, incrociando le braccia e volgendosi altrove.
“Senti senti da che pulpito! Se qui c’è qualcuno che si rifiuta di andare in missione assieme, quello sono io!” Fece Paperinik, sbraitando verso l’Evroniano.
“SILENZIOOOOOOOOOO!!!” Urlò squarciagola Uno, ben amplificato dagli altoparlanti della Pi-kar.
Papero mascherato ed alieno sussultarono sui loro velivoli per lo scossone che ne derivò.
 
Alcune luci andarono ad accendersi nei palazzi sottostanti. Qualche figura fece capolino dalle finestre, scrutando quelle che ai loro occhi apparivano come due sagome indistinte, ombreggiate dallo splendore dei raggi lunari.
Ma… Di colpo tutto si fece buio. Eggià: così, di punto in bianco, la luna scomparve dal cielo, così come le stelle.
 
“Ehi, ma che succede?” Esclamò Paperinik, immerso nell’oscurità più totale.
Certo, sotto di lui poteva scorgere i lampioni della città… Ma tutt’attorno alla Pi-kar si era creata una tenebra opprimente.
“Non vedo niente…” Persino Zheron non poteva scorgere nulla: eppure, i suoi occhi erano adattissimi ad assorbire anche la minima fonte luminosa!
“State calmi… Credo sia dovuto ad un’altra oscillazione.” Esclamò la voce computerizzata.
“Oscillazion-“
Prima che Paperinik potesse aggiungere altro, la luna ritornò al suo posto, e la città tornò ad esser parzialmente visibile.
“-eeeh?...”
 
Inutile dire che il fenomeno suscitò grande scalpore nei pochi cittadini ancora svegli.
“Ma cosa…”
“Aiuto!”
“Non è possibile!”
Si sentiva vociare, molto in basso.
 
Al Nostro ci volle qualche secondo per riprendersi dallo shock provato. Inspirò profondamente e buttò fuori l’aria,  quindi vociò senza ulteriori indugi: “Ok, Uno… Perdonami se ti ho interrotto. Stavi dicendo?”
“Oh, alla buon ora! Molto bene…” Iniziò a dire il supercomputer.
 
«L-la faccenda è davvero strana… E se fosse pericoloso? Perché dovrei esser coinvolto? Non ne vedo il motivo! »
 
Mentre l’Evroniano interrogava sé stesso, Uno iniziò a spiegare i dettagli della missione.
All’interno del piano segreto, diversi pannelli erano accesi, ed uno di essi rappresentava schematicamente le meccaniche interne della Pi-kar. I circuiti attivati in quel frangente risplendevano di giallo sullo schermo verdastro.
La testa fluttuante avvicinò l’ampolla speaker, di modo da farsi sentire bene: “Purtroppo questa volta l’anomalia ha colto più dimensioni, come vi dicevo. Pertanto, è plausibile supporre che ci siano più di uno di quegli strumenti che causano le alterazioni... Il vostro compito pertanto è viaggiare tra una dimensione e l’altra e distruggerli tutti… E non vi ho detto la parte peggiore: avete solamente poco più di 36 ore, per riportare ogni cosa alla normalità.” Spiegò con parole piuttosto semplici. Del resto, doveva farsi capire dall’Evroniano e da Paperinik.
 
«Non mi sbagliavo… Potrei davvero finire male! Forse dovrei rifiutarmi… Però, se lo facessi, capirebbero che li sto ingannando! … No, non mi importa… Sempre meglio che rischiare di dover regredire a spora! E per cosa, poi? Non ci sarà neanche qualche buona emozione da assorbire…»
 
“Non voglio farlo.” Disse Zheron, alla fine del monologo interiore.
“Come?” Chiese Paperinik, sorpreso.
“Perché dovrei fare come dite? Insomma, che ci guadagno a finire in questo casino? Mi rifiuto!”
“Senti, Zheron… Fa come dice Uno oppure-“ Pikappa stava per dire qualcosa in direzione dell’Evroniano, quando la voce di Uno si frappose alla sua.
“Hai frainteso le mie parole, Zheron. Nessuno ti costringe ad andare… Ma tieni presente che la tua vita potrebbe essere in pericolo, se tu non lo facessi.”
L’alieno deglutì: “I-in pericolo?!” Domandò, titubante. Ovviamente, la prese come una minaccia: del resto, era usanza del suo popolo farne di simili.
Nuovamente, dagli altoparlanti della Pi-kar uscì il suono della voce computerizzata: “Se le dimensioni collassassero l’una sull’altra, anche tu verresti distrutto assieme a questa città.”
L’Evroniano ghignò: “Distrutto? Non credo proprio… Mi basterebbe tornare una spora per…” Prese a ciarlare, con baldanza.
Uno lo interruppe subito: “Temo che la situazione non ti ben sia chiara. Si sta parlando di annichilimento totale… Ogni fibra, ogni molecola del tuo essere verrebbe semplicemente dissolta. Di te non resterebbe nemmeno il ricordo.”
Parole durissime, quelle dell’intelligenza artificiale. Zheron deglutì, imbambolato sul suo Disco individuale.
Uno proseguì:“Ciò non ti sprona a intervenire? A fare qualcosa… Non per difendere Paperopoli… ma la tua stessa vita?” Ovviamente, il super computer si guardò bene dal citare il fatto che all’alieno sarebbe bastato uscire fuori dai confini del Calisota per salvarsi.
A quelle parole, Paperinik ebbe un sussulto. Anche se, al contrario di Zheron, poteva ben leggerne il reale significato: “Uno… Non mi ero mai accorto di quando fosse bravo a raggirare le persone… Mi chiedo se in realtà il motivo non sia un altro… No, non è il momento adatto per pensarci!” Pensò Paperinik, scuotendo il capo per riprender vigore.
“Insomma, “Mozzarella”… Che hai deciso?” Disse acidamente: se il tempo stringeva, allora non dovevano perderne ulteriormente!
“E va bene… Se proprio il “grande” Paperinik ha bisogno di me…” Esclamò, rimbeccando subito l’eroe mascherato.
Prima che quest’ultimo potesse replicare, Uno zittì entrambi:  “Se avete finito… Passo a illustrarvi la parte “fastidiosa” della faccenda…”
 
-Qualche minuto dopo…-
 
“Mmmh…” Mugugnò Paperinik, col collo incassato tra le spalle ed un espressione visibilmente scocciata. Il berretto era parzialmente spiaccicato sul vetro dell’abitacolo.
“Che succede, Pikappa? Qualcosa non va?” Giunse dagli altoparlanti.
-Stump!-
Il papero mascherato sgomitò, allontanando da sé un certo alieno viola che gli stava praticamente appiccicato: “Va tutto a meraviglia, Uno… Non lo vedi?”
Paperinik e Zheron si trovavano entrambi all’interno della Pi-kar, tuttavia lo spazio risultava estremamente esiguo e, come conseguenza di ciò, l’Evroniano era stato costretto portare le ginocchia al becco. Inutile dire che guidare il mezzo risultava ora estremamente difficoltoso.
“Mi spiace per quest’inconveniente, ragazzi… Purtroppo non abbiamo un secondo da perdere, quindi non c’è tempo per adattare l’abitacolo. Dovrete portare pazienza…”
Il Disco individuale si trovava ancorato proprio sull’alettone posteriore della Pi-kar, in posizione orizzontale. Zheron non aveva voluto sentir ragioni: dovunque stava andando, il Disco l’avrebbe seguito!
Il cofano dell’auto era ancora occupato dalla parabolica gigante.
“M-mi sta formicolando la punta delle zampe!!!” Piagnucolò Zheron.
Paperinik gli diede un’ennesima spallata, portando così il volto proprio di fronte al piccolo display, che mostrava il papero digitale: sembrava… divertito.
“Sgrunt! Ok, siamo pronti alla partenza. Tutti gli strumenti sono in funzione, e credo di aver ben capito come funziona quest’aggeggio piantato sul muso. Non dovrebbero esserci altri problemi.”
“Bene, allora…Ricorda che il computer imposterà automaticamente la rotta da seguire. Al termine della missione, si auto- imposteranno le coordinate di questa realtà. Non credo ci sia altro…Buona fortuna per la missione.”
“Grazie. Ah, Uno… Un’ultima cosa.”
“Sì?”
L’eroe aggrottò le sopracciglia, storcendo il becco: “Cancellati quel sorrisino dalla faccia.”
“Ihih! Agli ordini, socio!”
Un’ultima occhiata di sbieco in direzione dell’alieno sofferente, prima che il dito del papero si spostasse su un piccolo tastino grigio.
-Vuuuuuum! Fzaaap!-
La parabola posta sul cofano della Pi-kar iniziò a vibrare, mentre diverse onde concentriche andarono a generarsi di fronte ad essa. Le onde avanzarono per qualche metro prima di impattare apparentemente contro il nulla.
Si sviluppò in breve tempo una distorsione circolare, che ben presto si allargò fino a divenire un vero e proprio squarcio nel film dimensionale.
Paperinik e Zheron la osservarono stupiti, mentre le iridi dell’eroe si spostavano sull’indicatore del carburante: “Accipicchia! Così tanto per un singolo portale?” Esclamò l’eroe, stupito di vedere quanto l’auto avesse consumato solo per generare quell’apertura evanescente. E dire che un quantitativo simile di carburante la Pi-kar lo consumava almeno in due settimane di piena attività!
“Te l’avevo detto, socio. Creare dei buchi nel tessuto dimensionale consuma una gran quantità d’energia. Anzi, dovresti ritenerti fortunato che l’anomalia abbia indebolito il film... Altrimenti, quello che hai appena fatto sarebbe probabilmente impossibile persino con uno strumento calibrato… Figurarsi con un prototipo, come nel nostro caso!” Sentenziò Uno.
“E’ una spiegazione molto illuminate, Uno… Però, di questo passo resteremo presto a secco…” Constatò Paperinik.
Lo sguardo del supercomputer si assottigliò. Del resto, ciò che stava per dire era ben peggio della questione dello spazio nell’abitacolo.
“Purtroppo è uno degli inconvenienti maggiori di questa faccenda. Dato che non sappiamo quante dimensioni dovrete visitare, potreste trovarvi costretti ad utilizzare tutto il carburante della Pi-kar…”
Paperinik scansò Zheron con la mano, facendogli spiaccicare il muso contro il vetro.
“Ouch!” Esclamò l’alieno.
“Stai dicendo che c’è il rischio concreto di non ritornare a casa??? Potremmo rimanere bloccati in un’altra dimensione, come è capitato a Quackmore?” Domandò l’eroe, ben agitato da quel timore. (*Vedere PKNA#51: “Squarcio dimensionale”)
“Non dire sciocchezze, socio. Potreste sempre usare lo switch di ritorno. E’ settato con le coordinate di questa realtà.” Rispose la testa verde nel display, ammiccando al Nostro.
“Ah, menomale…” Rinfrancato dalla notizia, il papero mascherato si asciugò il sudore dalla fronte. Nel mentre, l’Evroniano si massaggiava il becco dolorante.
“Ma…”
“Ma?” Ecco, era troppo bello per esser vero!
Uno s’incupì: “Beh, arrivaci Pikappa. Lo switch di ritorno può trasportare solo un certo quantitativo di molecole attraverso le dimensioni. Per te e Zheron non ci saranno problemi, tuttavia… -Fece una breve pausa, proseguendo:- …potreste esser costretti ad abbandonare al loro destino la Pi-kar ed il Disco individuale.”
-Sbam! Stump!-
“Ouch!” Stavolta a farsi male fu il Nostro.
Alle parole di Uno, Zheron aveva steso le gambe. Come conseguenza di ciò, Paperinik s’era beccato una zampata dritta sul fianco, finendo pertanto per tirare una testata contro il vetro.
“Abbandonare il mio Disco individuale?! Non posso… Ci sono affezionato!”
Pikappa massaggiò la testa per riprendersi dallo stordimento, quindi commentò: “Per una volta, do ragione a “Mozzarella”: anche io tengo molto alla Pi-kar. Spero proprio di non trovarmi costretto a separarmene… C’è qualche altra cattiva notizia, o siamo liberi di andare? Credo di iniziare a soffrire di claustrofobia…”
“A dire il vero… sì.”
-T-clack!-
Un piccolo vano, posto proprio di fianco al display che mostrava l’immagine di Uno, andò aprendosi. Quel che comparve fu nient’altro che…
“Una bussola?!” Paperinik era piuttosto scettico, e lo stesso si poteva dire di Zheron. O forse, nel caso dell’Evroniano, era insofferenza quella palesata? Beh, se era scomodo per un papero trovarsi in due all’interno dell’abitacolo della Pi-kar, figurarsi per un grosso alieno di quasi due metri. E fortuna che gli Evroniani difficilmente ingrassavano troppo, o al ritmo con cui mangiava, molto probabilmente il papero spaziale sarebbe stato più largo che lungo.
“Ma che ha? E’ rotta?! Guarda come gira…” Esclamò l’eroe, ticchettando sul vetrino della bussola. In effetti, l’ago sembrava avere qualcosa di anomalo: vorticava come fosse la lancetta di un cronometro, alternando rotazioni orarie a rotazioni antiorarie.
“Non proprio. Diciamo che… funziona troppo. Ihih! –Spiegò l’intelligenza artificiale:- …Questo normalmente è uno strumento che aiuta a trovare la direzione giusta da seguire. Nel vostro caso, sancirà invece il momento nel quale avrete riportato la situazione alla normalità.”
“Che metodo primitivo! -Sentenziò Zheron, ottenendo l’attenzione di entrambi i suoi interlocutori:- L’ago si muove a seconda del campo magnetico del vostro pianeta. Visto che c’è un’interferenza dovuta al problema che Uno diceva prima, ora lo strumento sembra impazzito. Non appena risolveremo la faccenda, l’ago tornerà ad orientarsi lungo il giusto vettore e smetterà di muoversi casualmente.”
“…”
“…”
 Papero mascherato e computer tacquero, entrambi stupiti dalla spiegazione di Zheron. Pikappa fu quello più sorpreso.
“Che c’è? Queste sono cose che si insegnano agli Evroniti. Anche un inutile gregario capirebbe a cosa voleva riferirsi Uno.” Commentò Zheron, volgendo il palmo verso l’alto e mostrando un’espressione fin troppo seria, per lui.
“Ok… Dopo di questa, direi che possiamo davvero partire…” Mormorò Paperinik, coi lineamenti del becco ben rilassati. Afferrò il volante e puntò dritto contro il buco dimensionale.
Pochi attimi, e la Pi-kar svanì all’interno della distorsione circolare. Quest’ultima svanì dopo poco, senza lasciare alcuna traccia di sé nella volta del cielo.
 
Lo schermo gigante si spense all’interno del Piano Segreto, per poi riaccendersi: mostrò il laboratorio sotterraneo in cui Zheron alloggiava oramai abitualmente.
Uno tornò serio: “Mi duole ammetterlo, ma questa circostanza infausta è venuta a proposito. Ciò mi darà il tempo di… apportare delle modifiche ai piani inferiori.”
Mentre alcune pareti si riorganizzavano all’esterno della stanza dell’Evroniano, lo schermo principale del Piano segreto mostrò una planimetria parziale di alcuni livelli sotterranei della Ducklair Tower.
Uno di essi, lampeggiava a intermittenza. La didascalia diceva: “Livello Delta”.
La testa verdognola osservò il disegno con minuziosità: “E’ meglio sigillare ogni accesso alla zona fino a che il padrone non tornerà…”
Uno zoom venne compiuto sul livello in questione, e la luce intermittente passò ad evidenziare quello che appariva come una specie di modulo di stasi.
“I parametri vitali stanno per tornare nella norma… Oramai non manca molto al suo risveglio.”
 
-Qualche secondo prima…-
 
La Pi-kar sbucò su un altro cielo.
Una luce intensa invase sin da subito l’abitacolo e Zheron portò istintivamente le mani agli occhi, dando per altro una gomitata al papero mascherato.
-Sbonk!-
“Ahio! Basta, mi sono stufato!!!” Sbraitò Paperinik, sollevando il vetro del mezzo così da aver maggiore spazio per muoversi.
L’alieno poté così constatare di trovarsi in un luogo diverso.
 
«Per Evron! Quale magia è mai questa? Fino ad un attimo fa era pieno buio, ed ora…»
 
Quasi come se avesse letto nella sua mente, il papero mascherato esclamò: “Il tempo non procede allo stesso modo, nelle altre dimensioni. Come vedi, qui è già giorno… E, purtroppo, non è il solo cambiamento che noterai…” L’ultima parte la disse sussurrata.
L’alieno si affacciò, titubante. Le mani ancora portate di fronte al viso, per proteggersi dai fastidiosi raggi solari.
Sgranò gli occhi non appena poté notare il deserto di macerie che si stendeva proprio sotto di loro.
Paperopoli era tutta lì, o quantomeno quel che ne restava.
Pikappa iniziava ad abituarsi a panorami simili. Era chiaro come il sole che in quella dimensione la sua “controparte” non era stata in grado di risolvere la situazione al meglio.
Difficile capire il motivo di tanta devastazione, visto che poteva esser dipeso da molteplici cause.
Ad ogni modo, Paperinik aguzzò la vista alla ricerca di ben altro…
“Oh, eccola lì!” Disse, non appena notò i frammenti di una certa torre.
Portò quindi il braccio destro verso l’alto, esclamando a gran voce: “Scudo!!!” In poco tempo, il metallo mutageno che componeva l’Extransformer si avvolse attorno al braccio, prendendo la solita forma di sempre.
“Uno, mi ricevi?” Disse quindi con estrema calma, rivolto al trasmettitore dello scudo.
Per alcuni secondi, il suo messaggio non sortì alcuna risposta. Poi…
“Crrrzzz… Frrrzzz… Non bene come vorrei. Pikappa, presumo… Grrrvrrrzz… Credo di sapere perché sei qui…Frzzz… Ti invio le coordinate dell’oggetto… Vrrrgzz…” La voce era flebile e la ricezione estremamente disturbata.
“Oh, molto gentile… Eheh!”
L’Evroniano si grattò la testa, sorpreso: “Non capisco…” Riuscì solamente a dire.
Paperinik tappò lo speaker con la mano, mostrando un sorriso di circostanza al suo “alleato”: “Ma come, questo non lo insegnano agli Evroniti? Comunque, è presto detto: sto parlando con l’Uno di questa dimensione. E come puoi ben vedere dalle macerie lì sotto, direi che non se la passa tanto bene… -Tornò serio, proseguendo:- Dai, non c’è tempo da perdere: abbiamo solo 35 ore per rimettere tutto in ordine!” Commentò, ticchettando con le dita su un minuto timer elettronico localizzato sul minischermo, proprio lì dove solitamente era visibile il volto digitale di una certa intelligenza artificiale.
Toccò uno scomparto dello scudo, e una specie di ragnetto metallico gli finì in mano. Lo tenne ben stretto tra le dita, sorridendo beffardamente: “Chi ben comincia, è a metà dell’impresa! Eheh!”
 
«Come fa a mantenersi così calmo in una situazione del genere? La sua città e  la nostra esistenza rischia di finire distrutta…I terrestri alle volte sono davvero avventati, irrazionali…Nonostante viva sul loro pianeta da così tanto tempo, io ancora…»
 
“Non capisco…” Bisbigliò l’Evroniano, guardando altrove.
La Pi-kar prese a muoversi, su indicazioni del supercomputer.
“Ti si è incantato il disco, Zheron?”
 
-Paperopoli, sette ore dopo-
 
La stanza era totalmente immersa nell’oscurità, a parte qualche lieve filo di luce che riusciva a filtrare attraverso le tapparelle abbassate. Una sveglia suonava incessantemente da qualche minuto… Nell’ambiente in penombra, il display gettava la sua luce verdognola sul comodino sottostante.
-Beeep! Beeep! Beeep! Sbam!-
Una mano marroncina batté con vigore sul tasto di spegnimento, e subito la sveglia smise di suonare.
Il kiwi, ancora stordito dal sonno, volse lentamente l’apparecchio verso di sé, così da controllare l’orario.
Grugnì: “Sgrunt! Figurarsi se non suonava la sveglia proprio mentre sognavo Paperilla Starry in déshabillé… Bah!” Sbraitò Angus, con la bocca ancora impastata dal sonno. Se non avesse dovuto andare a lavorare… ma un inviato “del suo calibro” non poteva non presentarsi in redazione: c’erano sicuramente nuove notizie di cui render noto il pubblico! Magari, qualcosa contro Paperinik…
-Frush!-
Allontanò le coperte, visibilmente scocciato, e quindi rimase per qualche secondo a fissare il muro di fronte a lui, indeciso forse se alzarsi davvero o tornare a dormire.
Dopo un paio di minuti buoni, poggiò le zampe a terra, sbadigliando e stiracchiandosi svogliatamente: “Yawn!!!”
Reclinò poi il busto in avanti, grattandosi il posteriore.
-Grat grat!-
Si tolse la canottiera, indossando i soliti pantaloni di sempre.
Aprì la porta della stanza, e la luce proveniente dal soggiorno lo costrinse a chiudere del tutto gli occhi: “Acc- Che fastidio! Se il buon giorno si vede dal mattino, direi che oggi è proprio una giornata di-“
 
Pochi minuti dopo, il kiwi si trovava sui mezzi pubblici, aggrappato come suo solito ad una delle maniglie, mentre teneva il resto del corpo incollato alle aste di sostegno.
“Ho dormito proprio come un ghiro… Lo credo bene! Ho passato il pomeriggio e la sera di ieri a scrutare il materiale che mi ha fornito Camera 9… Per una volta, quella specie di telecamera con le gambe mi è stato davvero utile. Igh! Igh!” Pensò, divertito. (*Numero precedente)
Sbadigliò di nuovo, avendo quantomeno il decoro di portare una mano di fronte alla bocca: “Yawn! Bah, comunque sono ben lontano da farla pagare a quelli della DE… Dovrò raccimolare nuovi indizi, magari qualcosa di veramente concret…“
-Stutump!-
“…ooooooooooooh!!!!” Urlò l’inviato, sobbalzando di brutto e rischiando di dare una testata contro il suo appoggio.
Sollevò la visiera del cappello, agitando la mano libera sopra la testa: “Ehi! Ma ti sembra il modo di guidare? Dimmi chi ha avuto il coraggio di darti la patente, così lo cito per circonvenzione di incapace!”
Il guidatore si volse verso i passeggeri, facendo capolino con la testa: “C-chiedo scusa a tutti per la frenata brusca, ma la strada è… scomparsa…” Cercò di spiegare l’uomo. Sembrava veramente sbigottito.
Angus si staccò dalla maniglia a cui s’era fortunatamente sorretto poco prima, andando ad impettirsi. Fece qualche pesante passo, esclamando: “Di tutte le idiozie che ho mai sentito, questa è veramente la più squallida. E te lo posso assicurare: sono un giornalista! Dì, non starai mica guidando in stato di ebbrez-“ Tacque, rimanendo imbambolato.
Il guidatore sembrava proprio costernato. Indicò di fronte a sé: “No, signore. Come vede… non c’è più alcuna strada.”
“!”
Di fronte al bus si stendeva una fitta prateria, intervallata di tanto in tanto da qualche albero. Diversi pedoni, ritrovatisi loro malgrado a camminare su di essa, si guardavano attorno con smarrimento.
Qualunque cosa stesse succedendo, era di certo un fatto troppo anomalo per passare in sordina di fronte all’opinione pubblica. E chi, meglio di lui, poteva render nota la notizia a tutti? Questo il pensiero di Angus, che vedeva in quel fatto così anomalo un qualcosa di cui parlare nel suo notiziario serale…
La strada tornò quella di sempre in pochi istanti, lasciando negli occhi dei presenti il dubbio che si fosse trattata di un’allucinazione collettiva.
-Tump!-
 “Ma che…”
Prima che il kiwi potesse quantomeno ragionare su quel che era accaduto, un fiume di gente gli si riversò contro.
-Tump! Stump! Stab!-
“Ehi! Ahio! Ouch!”
La gente spingeva per uscire fuori dal bus, ed in breve tempo Angus si ritrovò sul marciapiede, stordito.
Diverse stelline gli vorticavano attorno alla testa, sorretta dalla mano: “Woah… Sono stato travolto da un treno in corsa, o cosa?”
Notò che non mancava poi molta strada per arrivare alla Ducklair Tower: il gigantesco edificio svettava al di sopra degli altri palazzoni della metropoli.
Scosse con vigore il capo, rialzandosi in piedi: “Devo sbrigarmi! Questa faccenda va senz’altro approfondita…”
Fece quindi un bell’allungo, diretto verso la vicina torre. Dopo appena qualche metro, si fermò: doveva riprender fiato…
 
-Settantacinquesimo piano, redazione di 00 News-
 
“Puff! Puff! Ce l’ho quasi fatta! Anf…” Nella fretta di raggiungere la sua scrivania, così da mettere su carta quanto visto, Angus si era fatto i primi sette piani salendo le scale. Solo dopo averci rimesso circa un paio d’anni di vita rammentò di poter usare l’ascensore.
Raggiunse così in breve tempo la porta d’ingresso della redazione, spalancandola con vigore.
-Sbam!-
Una delle cornici appese ai muri s’inclinò per la forza dell’urto. Il kiwi non parve farci caso, puntando deciso verso la sua scrivania.
Prima che potesse raggiungerla, un papero piuttosto alto dalla chioma rossiccia gli si parò davanti.
-Stump!-
“Togliti, Morrighan! Ho una notizia fenomenale, clamorosa…” Iniziò a ciarlare Angus.
Il papero non parve dargli retta. Aveva il cellulare schiacciato tra l’orecchio e la spalla, mentre annotava qualcosa su di un taccuino.
“Incredibile!” Esclamò.
“Sì, appunto. E’ una notizia incredibile…” Continuò il kiwi, gongolando.
“Mi è appena arrivata un’altra segnalazione anomala.” Proseguì Morrighan, rivolto al Direttore.
“Eh?!”
-Stump!-
“Ouff!!!”
Angus si ritrovò scansato con vigore, finendo a terra in malo modo.
Nuovamente, andò massaggiandosi la testa, mentre la discussione tra Mike Morrighan e Dan Woodstein proseguiva.
“Eeeeeeeh? Un’altra? -Gridò il Direttore, sconvolto:- Non è possibile! Che accidenti sta succedendo?”
“Non so cosa dire… Sembra che nel laghetto del parco sia possibile farsi il bagno… senza bagnarsi!”
Angus schizzò nuovamente in piedi, agitando i pugni sopra la testa. Sbraitò: “Insomma, ma che modi sono? Spiegate anche a me!!!”
Il Direttore lo zittì subito, mettendogli in mano un fascicolo neanche troppo corposo: “Non ora, Angus. Per te ho in mente dell’altro… Del resto, è pane per i tuoi denti.”
Il kiwi agitò il pacco di fogli come fosse un ventaglio, grugnendo: “Tsk! Che roba è? Qualche strana cospirazione? Fatti di scottante attualità?”
Una fotografia volò via dall’incartamento, finendo a terra. Angus si chinò in avanti per raccoglierla.
L’immagine era stata scattata in penombra, e dunque risultava difficile distinguere i lineamenti delle varie sagome ritratte in essa. Di queste, però, il kiwi ne riconobbe all’istante una in particolare: del resto, non c’erano altri paperopolesi che andavano in giro col mantello, di notte.
Fu allora che le iridi del kiwi si restrinsero: “Ma cosa… Paperinik?!” Sussurrò.
 
-In un’altra dimensione, qualche secondo dopo-
 
-Crash! Sbam! Shoom!!!-
“Urgh!”
Un uomo di grossa stazza ricadde a terra. Il suo corpo era circondato da una strana aura giallastra che ne bloccava completamente i movimenti.
-Tap!-
Lo stivale di Paperinik si poggiò a terra proprio vicino al viso del tizio, mentre il papero mascherato gonfiava il petto, portando il braccio sinistro al fianco: “Ma tu guarda se un povero supereroe “in trasferta” deve occuparsi anche di ristabilire l’ordine! Menomale che il congegno era qui vicino, così ho potuto prendere due piccioni con una fava. Ok, amico: un bel sorriso...” Commentò il papero mascherato, andando in seguito a puntare l’Extransformer verso il delinquente.
Da due piccole aperture poste sulla sommità dell’arma andarono originandosi delle corde sintetiche, le quali avvolsero il corpo dell’uomo, stringendolo ben bene ad un palo della luce.
“Beh, è carino notare che, in qualunque dimensione si vada, ci sono cose che restano costanti. I criminali di bassa tacca, per esempio…”
Con un semplice movimento del polso, le corde si troncarono alla radice, immobilizzando perfettamente il ladro.
“Ah… Adoro questo momento…” Commentò Pikappa, chinandosi in avanti e raccogliendo una borsetta da terra.
La osservò con cura, sorridendo allegramente: “Il momento in cui, dopo la fatica, l’eroe viene giustamente elogiato per la sua impresa… Eheh!” Porse l’oggetto alla vittima del furto, attendendo di sentire le lodi che era abituato a ricevere.
-Strap!-
“?!”
Senza farsi troppi problemi, la donna strappò di mano la borsetta al Nostro, rivolgendogli per altro uno sguardo tutt’altro che amichevole: “Grazie tante, papero mascherato.”
“P-papero mascherato?! Vuoi dire che non sai chi sono?” Esclamò incredulo Paperinik, indicandosi.
La donna, ripresasi dallo shock, scrutò con cura l’eroe, quindi rispose: “Non vi ho mai visti prima. Né tu, né il tuo buffo amico, lì dietro. C’è per caso una festa in maschera, da queste parti? Se sono i costumi di qualche supereroe famoso, ti chiedo scusa: non me ne intendo molto di fumetti…”
E mentre sentiva queste parole, il becco del papero in calzamaglia ricadde verso il basso, spalancato più che mai. Anche il torso si era reclinato in avanti, mentre le braccia dondolavano flosce, senza forza.
“Sigh… Che smacco!” Piagnucolò, mentre la donna andava ad allontanarsi con estrema fretta.
Sospirò, riprendendo foga: “Beh, se non altro è bello notare come almeno qui Paperopoli sia ancora in piedi. E poi, Zheron, devi sapere che non è la fama che cerca un vero supereroe cittadino, bensì- Zheron! Mi stai ascoltando?” Esclamò, volgendosi di scatto.
L’Evroniano se ne stava bello spaparanzato sul Disco Individuale, mentre gli occhi erano concentrati su di un minuscolo apparecchio che teneva stretto tra le mani, dalla forma simile ad Ipod. Esso era collegato per mezzo di un cavo sottile direttamente ad uno dei serbatoi ad ipercompressione che portava sulle spalle.
Non parve nemmeno accorgersi del fatto che il Nostro gli avesse appena rivolto la parola. Socchiuse gli occhi, commentando sconsolato: “Uff! I serbatoi sono pieni solo a metà ed il vaso di contenimento è già vuoto. Non posso neanche concedermi qualche spuntino occasionale…”
A quelle parole, Paperinik serrò semplicemente i pugni, incurvando il becco in un’espressione di collera mal celata.
 “Sgrunt!” Grugnì, salendo direttamente sulla Pi-kar.
Quanto al papero spaziale, si degnò di riportare l’attenzione sulla realtà solo dopo che il Nostro richiuse il vetro dell’abitacolo.
“Abbiamo finito? Possiamo tornare a casa, ora?”
“Grrr!!! Sta calmo, vecchio mio… Resisti all’impulso di regredire a spora questo nullafacente di un Evroniano. Comunque… vediamo se abbiamo risolto il problema…” Pensò Paperinik, portando lo sguardo sulla bussola.
“Wow! Sembra che ci siamo! –Commentò:- Certo, ancora non è ben precisa, ma… Questo potrebbe dire che manca un solo congegno da distruggere!” Trattenne a stento l’entusiamo.
Effettivamente, l’ago della bussola ondeggiava oramai di pochissimo.
Riaprì controvoglia l’abitacolo della Pi-kar, consentendo così a Zheron di prender posto vicino a lui. L’Evroniano si assicurò prima di tutto di fissare a dovere il suo Disco all’alettone posteriore, quindi prese posto di fianco al Nostro, spiaccicandolo contro un angolo.
Paperinik non disse una parola, limitandosi a salire di quota, pronto all’ennesimo salto dimensionale.
Di nuovo, il cofano dell’auto fluttuante si aprì, mettendo a nudo una gigantesca parabolica, che si proiettò subito in avanti.
Il papero mascherato portò la mano verso i controlli.
“?!” Il dito rimase immobile a pochi millimetri dal tasto di avviamento, mentre gli occhi di Paperinik indugiarono sull’indicatore posto esattamente al di sopra del bottone. Il becco si dischiuse appena, mentre le palpebre ebbero un breve fremito.
“Che ti prende? S-sbrigati… Sto stretto, qui…” Si lamentò Zheron, tremolando per lo sforzo di tenere le gambe schiacciate contro il petto.
Ad ogni modo, tanto bastò per far riprendere il papero mascherato dallo stato di lieve torpore nel quale era caduto.
Buttò fuori l’aria, esclamando malinconicamente:“Uff… E va bene…”
Pigiò sul bottone e, nello stesso istante, un nuovo portale andò ad aprirsi.
Subito dopo, la Pi-kar sussultò violentemente.
-Vum! Vum! Vum!-
“C-c-che succede?” Domandò l’Evroniano, battendo la fronte contro il vetro.
“Niente, niente… Ora attivo… la riserva ausiliaria.” Rispose l’eroe, laconico. Tirò una semplice leva, e l’auto si stabilizzò all’istante. Una spia gialla andò ad accendersi sul pannello di controllo.
“Sigh…” Piagnucolò.
Zheron non parve assolutamente capire il motivo di quel sospiro rassegnato: volse semplicemente lo sguardo verso l’apertura venutasi a formare, felice del fatto che presto entrambi sarebbero tornati alla loro dimensione d’origine. Il che voleva dire che lui sarebbe potuto tornare al suo ozio!
Senza aggiungere altro, Paperinik tirò dritto verso il disco evanescente, attraversandolo.
L’anomalia si richiuse al passaggio della Pi-kar, sparendo nel cielo senza lasciar traccia alcuna.
 
-00 Channel, diverse ore dopo-
 
La mano portò un bicchiere fumante di caffè al becco. Sorbì avidamente, ma senza esagerare: poteva scottarsi la lingua!
“Slurp! Bleah! E’ amaro…” Esclamò il kiwi, gettando il bicchiere ancora pieno all’interno del cestino dei rifiuti. Parte del contenuto fuoriuscì durante il tragitto, insozzando il pavimento.
Angus camminava avanti e indietro per la stanza: tra le braccia, ancora l’incartamento affidatogli qualche ora prima direttamente dal Direttore.
Cosa su cosa stesse ragionando, era un mistero per un po’ tutti i suoi colleghi, che lo guardavano con espressione preoccupata. Nessuno di loro, tuttavia, si azzardava a interrompere quella sua marcia o quantomeno a chiederne il motivo: il “meraviglioso” carattere dell’inviato era ben noto a tutti, oramai.
“Paperinik immischiato nella faccenda del “Coniglio rosa urlante”… (*Come dimenticarsene? PKNA#49/50: “Notti di caccia”) La prenderei come una montatura, se non avessi tra le mani tutte queste prove insindacabili.”
Chinò lo sguardo sui fogli, scrutandoli con estrema attenzione: “Testimonianze multiple… Perfino alcune foto che lo ritraggono assieme a un qualcosa di ancora non ben definito…”
Osservò un’immagine: essa raffigurava il Nostro in compagnia di un’ombra decisamente più alta di lui. Dal profilo, sembrava proprio un papero, ma l’anatomia del corpo appariva deformata in modo lampante.
-Frush-
Scansò dei fogli, scorgendo un’altra foto. In questa, si vedeva di nuovo lo strano essere di profilo. Tra le mani sembrava brandire quel che appariva come un’arma e, dettaglio più importante, da essa scaturiva uno strano raggio azzurrino.
“Dove ho già visto qualcosa di simile? Dannazione, fatico a ricordare!” Si massaggiò la tempia con pollice e medio della mano sinistra, riprendendo a camminare in tondo per tutta la stanza.
Si fermò: “Ma certo! E’ uno di quei vampiri succhia-emozioni! Ci sono troppe coincidenze, per non assumere questa teoria come reale!” Pensò, ghignando.
Non si dimostrò precipitoso: doveva montare un servizio degno di nota, per quella sera. Dunque, le informazioni ivi raccolte andavano senz’altro ordinate di modo da risultare “appetibili” per il pubblico che lo seguiva: infondo, lui era Angus Fangus! Aveva un’immagine da difendere.
Mentre il kiwi proseguiva la sua marcia, una minuscola telecamera posta in un angolo del soffitto seguiva ogni suo passo.
Il papero virtuale aveva ascoltato tutto il discorso del Direttore, e dunque era al corrente degli ultimi avvenimenti. Ragionò mentalmente: tanto non c’era nessuno ad ascoltarlo…
“Uhm… Questo potrebbe essere un problema di non poco conto! A quanto pare, dovrò occuparmene io…” Pensò, mentre parte delle sue sub-routine erano impegnate in un’altra faccenda, di priorità senz’altro maggiore.
 
-Da un’altra parte, parecchie ore dopo…-
 
“Che cosa significa: “Devi abbandonare il tuo Disco qui”? Non ci penso neanche!” Esclamò Zheron, sbraitando.
Il duo si trovava nei pressi del parco cittadino di Paperopoli. La caotica metropoli a cui erano entrambi abituati sembrava in qualche modo non essersi sviluppata in quella dimensione, dove la città appariva ancora piuttosto arretrata sul piano edilizio e urbano.
Il sole era oramai un’indistinta macchia arancione sulla linea dell’orizzonte, mentre il buio della sera iniziava a prendere il sopravvento sull’ambiente circostante.
Il becco della statua di Cornelius Coot proiettava un’ombra assai irregolare, la cui sommità coincideva all’incirca con la posizione di un minuto strumento, dalla forma vagamente rassomigliante a quella di un fiore. Lo strano meccanismo emetteva qualche nuvola di fumo di tanto in tanto, mentre il globo amorfo che normalmente vibrava al suo interno si era irrimediabilmente dissolto a contatto col suolo.
Paperinik poggiò la schiena contro il basamento rettangolare della statua, incrociando le braccia al petto e traendo un profondo respiro prima di dire: “Siamo a corto di carburante, mister “Coniglietto”… Non c’è modo di generare l’energia necessaria per aprire un varco dimensionale di ritorno neanche volendo.” I lineamenti del viso mostravano rassegnazione e tristezza, ma non rabbia.
Ovviamente, la faccenda irritava non poco anche lui. Pikappa però, al contrario dell’Evroniano, stava cercando di mantenere quantomeno un barlume di calma apparente.
La Pi-karera parcheggiata nel boschetto proprio di fianco all’imponente scultura. L’indicatore del carburante era ben oltre la soglia minima: niente monometilidrazina da poter usare, in pratica. Ed il carburante ausiliario non sarebbe comunque bastato per il viaggio di ritorno… Proprio una pessima situazione!
In verità, l’eroe sapeva bene di poter usare lo switch dell’Extransformer per ritornare a casa sano e salvo. Dall’altro lato, però, non se la sentiva di abbandonare quel mezzo di trasporto con cui ormai aveva condiviso così tante avventure.
“Non esiste che un guerriero Evroniano abbandoni il proprio Disco Individuale! Sarebbe altamente indecoroso e poi… Bla, bla, bla, bla, bla…”
E mentre Zheron piagnucolava riguardo all’intera faccenda, i ricordi di avventure passate riaffiorarono nella mente dell’eroe.
Su quell’auto aveva affrontato così tante avventure assurde, che quasi faticò a rammentarle tutte. In particolare, però, gli tornarono in mente tre scene: la prima volta che aveva usato la Pi-kar, immobilizzando “apparentemente” Xadhoom; lo scontro aereo contro gli Evroniani comandati da Due; o quando aveva abbandonato la Pi-kar nel buio degli abissi marini, sfuggendo ad una creatura dai giganteschi occhi privi di pupilla…
E su quest’immagine i pensieri dell’eroe vennero troncati bruscamente. L’Evroniano gli stava praticamente a pochi centimetri dal becco. Incredibile come il suo brutto muso gli ricordasse proprio quello strano essere!
 In ogni caso, stava ancora ciarlando: “…e poi dimmi dove posso trovare un altro Disco Individuale! Quello è il solo che mi rest-“
-Stab!-
“Ugh!” Gemette Zheron, beccandosi un pugno sulla spalla. Massaggiò la parte lesa, zittendosi all’istante.
Paperinik si staccò dal monumento, sollevando i palmi all’altezza delle spalle: “Vedi di calmarti… Da fastidio anche a me, cosa credi? Se ci fosse un’alternativa, una sola, non lascerei nemmeno io la mia Pi-kar! Ma dobbiamo accettare la realtà dei fatti: lo switch può riportare a casa solamente un’esigua quantità di materia. Il che significa: me e te, sempre che a forza di mangiare smodatamente tu non abbia accumulato una quantità di materia esorbitante!” Esclamò, ticchettando sul minuto strumento collegato allo scudo.
 
«Oppure, me ed il mio Disco…»
 
Lo sguardo dell’alieno si fece incredibilmente serio: già esser trascinato in un’altra dimensione non era il massimo delle sue aspirazioni, figurarsi abbandonare il suo Disco Individuale per un “cavillo tecnico”! Nella sua mente si formulò un solo ed unico pensiero:
 
«Se deve finire in questo modo, allora tanto vale provare a rubargli quello strano aggeggio… Così in un colpo solo riuscirei sia a tornare a casa col Disco Individuale… che a vendicare il mio popolo dell’affronto subito…Sì, è perfetto! »
 
Sembrava proprio un piano geniale, ma restava da risolvere un bel problema: come avrebbe mai fatto a cogliere il papero mascherato in fallo, così da rubargli lo switch di ritorno?
Serviva distrarlo, costringerlo in qualche maniera a ritardare il ritorno a casa… Come prima cosa, ritenne importante continuare a recitare la sua parte…
“Non è possibile! Deve esserci un altro modo! Non voglio… Non voglio lasciare qui il mio Disco!” Piagnucolò, com’era solito fare. O meglio, com’era solito fare da quando si trovava sulla Terra.
Ancora una volta, ebbe un flash del suo passato…
 
“Se non la pianti subito, ti retrocedo a gregario!”Aveva sbraitato il suo superiore, a seguito di una lamentela.
Zheron si azzardò a rispondere: “M-ma signore, col dovuto rispetto…”
L’altro Evroniano lo afferrò per il bavero, sbraitando: “Osi contestare i miei ordini? Questa è insubordinazione, spora mal riuscita! Ed ora esegui, o ti faccio fare la loro stessa fine!”
Alla fine, Zheron si arrese alla realtà. Chiuse gli occhi: “Io… A-agli ordini, generale…”
Afferrò un sacco da terra, gettandolo in un condotto. Dopo poco, si affacciò triste da una finestratura dell’astronave, constatando che il contenuto del sacco si stava lentamente riversando nel vuoto spaziale: armi giocattolo, del tempo in cui era un piccolo Evronita.
 
La scena tornò al presente.
Paperinik si massaggiò nuovamente le tempie, stizzito. L’alieno poté percepire il moto di rabbia che andava crescendogli dentro. Si leccò il becco, assaporandone le infinitesimali particelle che la sua natura gli permetteva di assorbire.
“Senti, Zheron… “ Sbottò Paperinik, con tono lievemente rauco.
Bene, sembrava proprio frustrato dalla situazione: ora poteva anche smettere.
“…Mmm… Sai che si fa?” Proseguì il papero mascherato, passandosi una mano sotto al mento. La rabbia stava scemando in lui: com’era possibile? Aveva forse trovato una soluzione? Ma certo…
“Si contatta l’Uno di questa realtà?” Domandò l’Evroniano, mordendosi la lingua da solo: non ci voleva! Uno forse poteva risolvere la questione…
“No… Dubito esista la Ducklair Tower, in questa Paperopoli. Però, per nostra fortuna conosco un altro “genio” che potrebbe venirci in soccorso. Eheh!”
Fece spallucce: “E’ una speranza remota, ma non ci rimane altro… Su, muoviamoci. La sua casa non è molto distante da qui…” Mormorò, incamminandosi verso la Pi-kar.
L’Evroniano lo seguì dopo poco, aggrottando la fronte in un espressione più che mai seria…
 
-Ducklair Tower, solito piano-
 
Angus si trovava nella sala di registrazione ad ultimare i ritocchi al servizio che si stava accuratamente premurando di registrare.
Aveva sentito il Direttore sbraitare, poco prima: a quanto pareva, le stranezze in città erano sparite di botto, così com’erano comparse.
A lui, però, importava poco. Del resto, l’argomento del suo prossimo notiziario era, per una volta, una prova schiacciante ai danni del papero mascherato! Era meglio esser sicuri che non si trattasse di una bufala. Anche se gli argomenti questa volta sembravano davvero insindacabili…
“Mostrerò Paperinik a tutti i Paperopolesi per quel che è: un lestofante! E’ un’occasione veramente imperdibile. Igh! Igh!” Ghignò il kiwi, con le mani sul piano di controllo.
Rammentò come, in passato, fosse arrivato persino a falsare un intero servizio su Pikappa, pur d’incastrarlo. (*Ricordate? PKNA#01: “Ombre su Venere)
Inoltre, a detta dei suoi colleghi, di recente aveva tentato nuovamente di far apparire il papero mascherato sotto ad una pessima luce. Di questo accadimento, tuttavia, sembrava proprio non portare il ricordo… Il che, era veramente strano: come aveva potuto dimenticarsi di un servizio simile?
Scosse il capo, imponendosi di rimanere concentrato: ora aveva per le mani una notizia sicura! Quelle immagini le aveva analizzate finemente per tutto il pomeriggio, ed oramai era giunto ad una conclusione: “Sono autentiche…” Bisbigliò, quasi incredulo.
Batté i palmi sui controlli, facendo sfasare per qualche secondo gli schermi: “SONO AUTENTICHE!!!” Quasi gridò. Menomale che la stanza era insonorizzata, o l’avrebbero preso sicuramente per pazzo.
Sollevò il piano dello scanner, acchiappando con estremo vigore le foto che aveva posto su di esso perché fossero scannerizzate.
Le scrutò ancora, con occhi sognanti, quindi lasciò la stanza.
“Bene… Non mi resta che montare il servizio… Igh! Igh!”
Nuovamente, le parole così come le movenze di Angus erano ben registrate e seguite dalle telecamere di sorveglianza, che parevano in qualche modo avere obbiettivi solo per lui: in parte, questo era vero…
Nella stanza segreta, il supercomputer giocava tranquillamente a dama con un’altra sua immagine in ampolla.
I becchi si mossero all’unisono: “Mmm… Il nostro Angus sta ingenuamente facendo i conti senza l’oste.” Disse una delle due teste, muovendo avanti la pedina bianca.
-Tak!-
“E come si suol dire: “Chi fa i conti senza l’oste, gli convien farli due volte”!” Rispose prontamente l’altro papero digitale, muovendo i neri e mangiando ben due pedine avversarie.
-Ta-tak!-
“Comunque… L’anomalia sembra stia lentamente cessando. Paperinik e Zheron devono essere riusciti nella loro impresa, alla fine…” Proseguì Uno, nel suo monologo.
“Per fortuna che ho finito… Sarebbe stato problematico inventare delle scuse coerenti, specialmente con Pikappa.” Mormorò, volgendo il capo verso lo schermo principale: su di esso, una veduta del cielo stellato sopra a Paperopoli.
 
-Stesso momento, un altro cielo-
 
“Mmmh…” Mugugnò Zheron, con il capo rivolto verso l’alto.
Col gomito poggiato sulle ginocchia ed il palmo della mano a sorreggere il becco, l’alieno si trovava seduto sul cofano della Pi-kar.
Osservava le stelle: stelle ancor più lontane di quelle a cui spesso rivolgeva i suoi sguardi, visto che si trovavano persino in una realtà diversa dalla sua…
Per un breve, brevissimo istante, si domandò se ci fossero stati Evroniani fra quella moltitudine di costellazioni.
Non rimase assorto in quel pensiero per molto tempo, visto che una voce lo riportò quasi subito al presente.
 “Ok, ci ho appena parlato… Apparentemente, non sembra affatto spaventato dalla notizia. Anzi, dice che muore dalla voglia di conoscerti…” Commentò Pikappa, con le mani lungo i fianchi.
Sollevò l’indice in segno d’avvertimento: “Bada bene di non aggiungere dettagli strani! Per quel che gli ho raccontato, gli Evroniani sono una razza pacifica.”
 
«Questa poi… Dovrò passare persino per un miserabile yiostly! Quale disonore… Quale terribile umiliazione…»
 
“Ok, ho capito.” Rispose Zheron, guardandosi bene dall’esternare ciò che realmente provava.
Paperinik rimase interdetto per qualche secondo, quindi si volse di spalle, facendo cenno con la mancina di esser seguito: “Ok, vieni.”
L’eroe pigiò poi su un bottone presente nel lato inferiore dell’Extransformer, e la Pi-kar si accese automaticamente. Il motore sussultò più volte, muovendosi lentamente a passo d’uomo, così che il muso della macchina rimaneva costantemente alla distanza di circa mezzo metro dai calcagni dei due.
L’Evroniano guardò diritto ad una luce proveniente dalla porta d’ingresso spalancata di una casetta. Il giardino che circondava l’abitazione era pieno zeppo di strumenti ed oggetti di dubbio uso, accatastati l’uno sull’altro in ordine sparso a formare pile non sempre ben stabili. Ogni pila era coperta da una specie di “telo ermetico” trasparente, di modo che l’acqua piovana non potesse in qualche modo intaccare gli strumenti, bagnandoli.
Il resto del giardino non presentava manodopera accurata. Comparato a quello delle case vicine, risultava all’occhio piuttosto scialbo.
Sondò il tutto con cura, rimanendo estremamente interdetto.
 
«Quanti rottami! Chi mai vivrà in un posto simile?»
 
Lo sguardo si spostò su una sagoma piuttosto esile ed alta, i cui lineamenti cominciavano a delinearsi via via la distanza si accorciava.
Paperinik superò Zheron, frapponendosi così tra lui ed il padrone di casa, e face le dovute presentazioni.
“Ecco, lui è il mio “amico spaziale”: si chiama Zheron.” Esclamò, indicando il papero spaziale col palmo della mano.
Questi rimase in assoluto silenzio: “?”
Quindi, la testa si volse verso la sagoma scura: “Zheron, ti presento il mio “amico inventore”…”
Gli occhi misero a fuoco l’immagine di un pollo biondo con gli occhiali, vestito in modo piuttosto buffo.
“… Archimede Pitagorico.” Concluse Paperinik, introducendo il personaggio.
“Buonasera a te, straniero… Devo ammetterlo: nel mio immaginario, ho sempre pensato che gli alieni fossero simili a noi. Ora ne ho la conferma!” Esclamò Archimede, porgendo la mano all’Evroniano perché gliela stringesse.
Zheron si grattò un lato del becco: che voleva che facesse? Gli stava forse offrendo di assorbire un po’ della sua energia emozionale in segno di benvenuto?
Certo, così per contatto diretto non poteva assimilare che una quantità infinitesimale di energia, tuttavia… Beh, sempre meglio che niente!
Un minuto filo di bava colò dall’angolo del becco dell’alieno, mentre questi, con un espressione oramai fin troppo nota a Paperinik, si accingeva a stringere la mano dell’inventore.
Le dita delle mani dei due fecero per sfiorarsi…
-Stump!-
L’eroe intervenne prima che fosse troppo tardi, spingendo Archimede perché entrasse in casa: “Ehm… Come ti dicevo prima, Archie, non abbiamo molto tempo. Bando ai formalismi, vuoi? Eheh!” Disse, sorridendo falsamente. Qualche gocciolina di sudore gli scendeva dalle tempie.
“Oh… Ok, ok, Paperinik.” Rispose il pollo, entrando in casa.
“Fiuuuu! Per un pelo…” Pikappa si asciugò il sudore dalla fronte, mentre Zheron andò a osservarsi il palmo, perplesso.
““Amico spaziale”?!” Bisbigliò poi l’Evroniano, portando la mano a coprire il becco ed avvicinando al contempo quest’ultimo all’orecchio dell’altro.
Paperinik fece la stessa cosa, sussurrando: “Tienimi il gioco, ti ho detto! Questo ci eviterà spiegazioni inutili… E non toccare niente, dentro casa: Archimede è quello che tu assumeresti come… un Capobranca.”
I due entrarono dunque all’interno della casa dell’inventore.
Zheron constatò come quelle parole fossero veritiere: bisognava senz’altro avere un gran quoziente intellettivo per creare tutte le apparecchiature che l’alieno notò entrando all’interno dell’abitazione.
Ce n’erano in ogni dove: addossate contro i muri, ammucchiate nelle stanze… persino sparse in giro sul pavimento!
Chinò lo sguardo a vedere dove metteva le zampe, per evitare d’inciampare.
Quando alzò di nuovo la testa, notò che l’eccentrico tizio che rispondeva al nome di Archimede si trovava di fronte a quello che gli apparve come un… computer? Piuttosto arretrato, come modello. Non ne aveva mai visto uno prima, ma non ci voleva di certo un genio per capire che quella scatola rettangolare che fungeva da schermo, su cui i dati apparivano in forma pressoché stilizzata, di certo non era all’apice della tecnologia terrestre.
Archimede cliccò col mouse un paio di volte, e lo schermo si coprì con un simpatico screensaver a forma di lampadina vorticante su sé stessa.
“Allora, Paperinik… Raccontami tutto. Quel che mi hai anticipato è che entrambi venite da un’altra dimensione. Ed io dovrei aiutarvi a… tornare indietro? E’ di questo che si tratta?” Disse il pollo.
“Sei perspicace, Archie. Comincerò dal principio… Dunque…” Iniziò a raccontare l’eroe.
 
-E così, dopo le dovute spiegazioni…-
 
“…e per tornare ci rimangono solo poco meno di 24 ore.” Concluse Paperinik, mostrando il timer sullo scudo.
Archimede aveva ascoltato in silenzio la breve quanto esaustiva spiegazione di Pikappa, seppur un paio di volte avesse faticato a seguirlo: del resto, il papero non si esprimeva certo con termini dotti, e molto spesso l’inventore aveva dovuto ragionare sulle sue affermazioni per comprendere cosa realmente quest’ultimo avesse voluto dire.
Ad ogni modo, al termine del discorso Archimede esclamò: “Credo di aver capito. Tu hai bisogno di generare un wormhole di Scwarzschild.”
Il supereroe sgranò istintivamente gli occhi, per poi sollevare appena il cappello così da sistemare il ciuffo: “Ehm… Sì, in effetti avrei anche fame… Ma evitiamo la nouvelle cuisine: mi basta un buon panino farcito.”
Archimede sospirò, togliendosi gli occhiali dal becco e pulendone le lenti con la maglietta: “Noto che la tua cultura non è così vasta nemmeno in un’altra dimensione… Comunque, detto molto banalmente, il wormhole di Schwarzchild altro non è che un cunicolo spazio-temporale. Al momento, non esistono mezzi per aprirne uno “artificiale”. Ma se il tuo racconto corrisponde a verità, possiedi uno strumento capace di rendere l’impossibile possibile.”
Il papero, a quelle parole, molto semplicemente andò a premere un tastino sull’Extransformer, e subito il cofano della Pi-kar si tirò indietro, come Archimede poté notare dalla finestra del suo studio.
Dal vano messo allo scoperto spuntò quello che appariva come una specie di cannone, munito di miniparabola all’estremità.
Pikappa esclamò: “Ecco qua! E’ grazie a quel “coso” che siamo riusciti a passare da una dimensione all’altra.”
Archimede si passò una mano sotto al becco: “Mmm… Ciononostante, generare un fenomeno simile comporta un dispendio di energia enorme… Credo che il tuo successo nell’averlo usato così tante volte dipenda dal fatto che il film dimensionale sia ancora in fase di ripresa… Comunque, che ha che non va? Ha smesso di funzionare?”
L’eroe strusciò lo stivale a terra, assumendo un’espressione imbarazzata: “Ehm… Il dispositivo non è danneggiato, né ha smesso di funzionare… Molto banalmente, il mio mezzo di trasporto è rimasto senza carburante.”
Ascoltando quelle parole, Archimede rise di gusto: “Ahahah! Sei rimasto a secco? Non cambi proprio mai, Paperinik!”
L’inventore si volse, dando le spalle all’alieno ed al papero: “Per tua fortuna, tengo sempre da parte qualche gallone di benzina, per le emergenze… Sai, la tua controparte ha ancora con sé il “vecchio modello”…”
“Oh, capisco…” L’eroe prese a sognare.
Già, in quella pacifica realtà in cui si trovavano, probabilmente il suo sé stesso non aveva bisogno di armi iper-tecnologiche, né doveva affrontare nemici spietati e invincibili.
Un mondo dove il nemico più temibile di Paperinik erano i Bassotti. Un mondo dove la 313-X era la sua auto… Un mondo dove Archimede era ancora suo alleato.
Si cullò in quell’ameno pensiero per qualche secondo, fino a che non realizzò una cosa: “Aspetta, Archie. La Pi-kar non va a benzina, purtroppo…”
“Ah, no? –Domandò il pollo, fermandosi e portando una mano di fronte al becco, pensieroso:- Mmm… E cosa l’alimenta? Elettricità? Gas, magari?”
Paperinik prese a girare in tondo: “No, è una roba strana… Accidenti, com’era che si chiamava? La… mono-qualcosa-ina…” Mugugnò.
“Monometilidrazina?!” Azzardò Archimede.
-Snap!-
“Esatto! Quella.” Rispose Pikappa, schioccando le dita. Era raggiante: se Archie sapeva pronunciare quel nome, probabilmente sapeva anche come procurarsene un bel po’. O, almeno, questo era il suo pensiero.
L’inventore si passò una mano dietro la testa: “Accidenti… Non è proprio un combustibile… ordinario.”
“Spiegati meglio…”
Il pollo sollevò l’indice, prendendo a spiegare: “La monometilidrazina è un composto altamente energetico, che brucia spontaneamente. Pensa che viene usato per far partire i razzi spaziali...”
E, mentre quest’ultimo diceva ciò, nella mente di Paperinik presero forma le immagini del lancio di un razzo da parte della PASA.
Archimede continuò: “Come se non bastasse, è una sostanza molto tossica. Produrla, poi, richiede un grandissimo sforzo… Non è certo un qualcosa che posso preparare con un paio di fiale ed un alambicco!”
“…”
L’Evroniano ghignò malignamente. Le spalle poggiate su di una porzione di muro “sgombra”, le braccia incrociate al petto: “Ahr! Ahr!”
“Che ha?” Domandò Archimede, notandolo.
“Tossisce.” Inventò al momento il papero mascherato, trattenendo la rabbia in sé.
“Ah, ok. Comunque… -Riprese di nuovo l’inventore:- Posso provare a prepararla giù nel laboratorio. Lavorerò tutta la notte, se necessario: non sia mai che lasci il mio amico Paperinik nei guai!”
C’era ancora speranza! Pikappa agitò le braccia al cielo, entusiasta: “Ahah! Non so come ringraziarti, Archie.”
“Figurati… sarà anzi una sfida motivante. Comunque, da quel che mi hai raccontato, immagino siate entrambi piuttosto stanchi… -Rispose l’inventore, indicando una rampa di scale:- “Potete alloggiare in mansarda…”
Si guardò poi attorno: “Edi!” Esclamò, e subito dopo comparve quello che agli occhi dell’Evroniano appariva come un prodigio.
Somigliava proprio ad un omino in miniatura, costituito prevalentemente da piccole stecche metalliche: come testa aveva una lampadina.
Il robottino non emise alcun suono, avvicinandosi per ascoltare ciò che Archimede aveva da dirgli. Quest’ultimo disse: “Accompagna Paperinik ed il suo amico su… Dagli un paio di sacchi a pelo.”
“Bzzz!” Rispose il piccolo omino, facendo cenno ai due di seguirlo.
 
«P-per Evron. Credevo proprio di averle viste tutte le stranezze di questo pianeta, ma a quanto pare mi sbagliavo.»
 
Mentre l’eroe e l’alieno salivano le scale, giunse dai piani bassi la voce di Archimede: “Se siete affamati, usate lo sforna-sandwich automatico.”
Paperinik sorrise, affacciandosi per dire: “Grazie. L’avevo già puntato…”
 
-Pochi minuti dopo-
 
-T-chunk!-
Il vano ermetico di una strana scatola in metallo si aprì con uno scatto, ed il papero mascherato agguantò il suo contenuto: un bel sandwich farcito con quanta più roba potesse fisicamente contenere al suo interno.
Lo azzannò avidamente, gustandoselo: “Munch-Munch! Ah, ci voleva proprio.” Commentò.
La mansarda era a sua volta piena di strani congegni. Alcuni erano stati scansati per far posto ai sacchi a pelo, nonché per permettere alla luce lunare proveniente dall’unica finestra di irradiare la stanza.
Zheron se ne stava ben poggiato contro il muro, seduto. Le zampe erano piegate, la schiena incurvata in avanti: la solita posa ingobbita degli Evroniani. Teneva le braccia incrociate al petto, guardando schifato il fare di Pikappa: “Puah! Proteine, carboidrati… Cosa ci troverete mai di buono…” Commentò a becco stretto.
Un altro sandwich venne sfornato dal macchinario. L’eroe lo porse, ancora fumante, direttamente al papero spaziale.
Quest’ultimo tuttavia storse il becco, portando le mani avanti in segno di “Stop”: “Bleah! Tienimelo lontano.”
Paperinik rimase per qualche secondo sbigottito: ok, che gli Evroniani non apprezzavano quel genere di cibi, ma disdegnare a quel modo un buon sandwich… Oh, beh… Lui non avrebbe fatto di certo complimenti! Finito il primo, “attaccò” senza indugio il secondo.
Zheron tenne gli occhi ben fissi sul fare dell’eroe: occhi ricolmi d’odio, perché dentro stava lentamente maturando l’idea della sua vendetta. Una vendetta non dovuta certo a quella situazione! O forse sì? Beh, in parte, magari…
 
 «Mi sbarazzerò di questo “ingurgita-proteine” lasciandolo qui e tornandomene a casa col suo switch… Sì, è così che andrà. E lo farò per vendicare la sconfitta di Evron, nonché tutti i soprusi subiti finora… Guardalo come si rimpinza… Magari, se mi muovo in fretta riesco a…»
 
La mano dell’Evroniano scivolò lentamente alla sua Evrongun. Ne carezzò l’impugnatura, sudando freddo:
 
«D-devo calmarmi… Ricordare l’addestramento. Avanti, un colpo e mi tolgo il pensiero…»
 
Lentamente, MOLTO lentamente, l’Evrongun venne sfilata dalla sua fondina. L’alieno a quel punto si paralizzò, sbigottito: Paperinik lo stava osservando con un’espressione furiosa!!!
 
“Sgrunt! Ho visto abbastanza…” Iniziò a dire l’eroe, sollevando il braccio che brandiva l’Extransformer e puntandolo in direzione di Zheron.
 
«Oh, no! Ha capito tutto! E’ la fine… E’ la fine!!!»
 
Il papero spaziale lasciò cadere l’Evrongun vicino a lui e sollevò le braccia, portando i palmi a difendere il viso: “P-pietà… Io volevo solo…” Farfugliò, in preda all’agitazione.
Lo scudo venne ritratto, e Pikappa se lo poggiò sulle sue gambe, così da non affaticare il braccio. Stese la mano sinistra nuda in direzione dell’Evroniano, col palmo rivolto verso l’alto: “Si può sapere che farnetichi? Ti sto solo dando la possibilità di fare anche tu uno spuntino… Del resto, hai i serbatoi mezzi vuoti, no? Meglio tenere da parte le energie per domani.”
Le braccia di Zheron ricaddero sulle gambe, senza forze: “Eh? D-davvero?”
“Davvero.”
Non si era accorto di nulla! Paperinik non l’aveva affatto scoperto! Si asciugò il sudore dalla fronte con l’avambraccio, ringraziando mentalmente la divinità del suo pianeta.
Prese quindi l’Evrongun, sollevandola e puntandola apertamente sul papero mascherato: “Allora… Buon appetito!” Disse, portando la lingua di fianco al becco.
Pikappa ritrasse subito la mano, sollevando nuovamente il braccio destro e puntando così lo scudo sull’alieno.
“Eh? Ma cosa…”
“Piano, “Mozzarella”… Ho detto “spuntino”. E il solo modo per esser sicuro che tu non esageri è questo… Non prenderla a male, ma una fiamma azzurra sulla testa stonerebbe col mio look.”
L’Evrongun ricadde a terra, e nuovamente l’eroe tese la mano sinistra verso Zheron.
L’alieno rimase interdetto per qualche secondo, ma alla fine non poté sottrarsi a quell’invito così ghiotto.
 
«Bah, un pasto è un pasto…»
 
I due palmi si avvicinarono, fino ad entrare in contatto. Zheron poté sentire chiaramente quella minuscola quantità di energia emozionale derivata dal senso di sazietà fluirgli direttamente in corpo, dando una lievissima scarica di energia alle sue fibre muscolari.
Paperinik invece non avvertì niente di niente. Infondo, si trattava di un assorbimento latente… Non a caso gli Evroniani usavano le Evrongun, per assorbire molta più energia di quanta le loro capacità naturali gli concedessero.
La stretta di mano tra i due non durò che pochi secondi.
Alla fine, l’alieno allontanò la mano e si stiracchiò ben bene, sentendosi lievemente in forze.
L’eroe sorrise: “Wow… Metabolismo extrarapido, eh? Sfido che ingrassi a fatica! Beh, sarà il caso di dormire, ora… Domani ci aspetta una giornata particolarmente pesante. Yawn…” Sbadigliò, iniziando a stendere il suo sacco a pelo.
Zheron osservò bene le movenze del papero, così da capire a cosa servisse lo strano “indumento” giallo che si ritrovava tra le mani.
Notò Paperinik sfilarsi gli stivali e ficcarsi goffamente dentro il sacco a pelo, richiudendo la zip e lasciando fuori solo la testa ed il mantello.
Quella scena riportò alla sua mente qualche ricordo del periodo d’addestramento, quando si stava apprendendo i rudimenti dei macchinari di stasi.
 
«Mmm… La forma non è dissimile dalle cisti di contenimento dagli urti…»
 
Nella sua mente, comparve l’immagine di un sacco bluastro semitrasparente, dall’aspetto organico. Ricordò che, ficcandoci un piede dentro la prima volta, trovò che all’interno la ciste fosse piena di una secrezione mucosa.
 
Si sorprese quindi di notare che il sacco a pelo era invece ben asciutto, oltre al fatto di possedere una consistenza, nonché un odore, ben diversi.
Fece come Paperinik e vi si cacciò dentro, piegando le gambe per starci anche coi suoi due metri buoni. Chiuse la zip e attese: beh, in effetti era confortevole.
 
Passò un tempo indefinito, nel quale l’alieno rimase fisso a guardare il soffitto, senza pensare a niente.
“Rooooonf! Rooooonf!” Russava intanto Pikappa. Doveva proprio esser cotto di stanchezza…
Dopotutto, si era occupato lui di tutto il lavoro: Zheron non aveva fatto niente di niente, a parte lamentarsi!
L’Evroniano osservò l’eroe dormire tranquillamente. Gli occhi senza pupilla si spostarono sull’Extransformer, dove un minuscolo congegno posto sulla sommità dello scudo era ben messo in risalto dalla differenza di colore.
 
«Quel che è successo prima non cambia niente…»
 
-Ziiiiiiip!-
 
Aprì lentamente il sacco a pelo, stendendo le zampe e sfilandole fuori con movenze estremamente lente. Si alzò in piedi, cercando di fare il minor rumore possibile.
Lo sguardo era sempre puntato sul minuscolo switch di ritorno, mentre le mani guantate fremevano ritmicamente.
Sollevò una zampa.
-Tp…Crrrr! Tp… Crrr…-
Nonostante Zheron ci stesse mettendo tutto l’impegno possibile per evitare di non farsi sentire, la pavimentazione in legno cigolava ad ogni suo passo.
Digrignò i denti ai lati del becco, mentre il capo gocciolava di sudore.
Ogni centimetro guadagnato lo avvicinava sempre più allo switch, ma era anche vero che al contempo aumentavano le probabilità di esser scoperto.
Per un attimo, immaginò cosa sarebbe successo se Pikappa si fosse svegliato e l’avesse notato.
 
Avvertì nelle orecchie il fragore del Paralizzatore bradionico. Sentì il becco torcersi per via dell’impatto col pugno metallico dell’Extransformer. Il dolore pervadere il suo corpo a seguito delle percosse che avrebbe senz’altro subito…
 
Tornò vigile. Oramai era così vicino allo scudo… Ancora pochi passi e…
 
-Tap!-
“Eh?”
-Swiiish!-
“Waaaaaaaaaaaaah!”
-Sbam! Crack!-
“Urgh!”
-Bzaaaaap! Sfrash! Shuuuuuu…-
Nel giro di pochi attimi, era successo il finimondo!
La zampa si era poggiata su di una “invisibile” macchia d’olio, nascosta finemente dall’oscurità della notte.
Persa aderenza, Zheron era capitombolato all’indietro, picchiando duramente il posteriore al suolo e facendo scricchiolare ancor più forte il legno del pavimento.
Come se non bastasse, la caduta aveva attivato la sua Evrongun, ed un raggio azzurrino era scaturito da essa.
Il raggio coolflamizzante era passato a pochi centimetri dal becco di Paperinik, schiantandosi contro il muro immediatamente vicino a lui e lasciando su di esso una minuscola bruciatura fumante.
Nonostante la schiena gli facesse male, i suoi occhi guardavano ancora Paperinik, mentre la sudorazione andava nettamente aumentando.
“Roooonf… Mmmh… Quo, abbassa il volume della tv…”
-Frush!-
In risposta a tutto quel casino, Paperinik mugugnò qualcosa nel sonno, volgendosi poi di fianco.
Fortuna che aveva il sonno pesante!
 
«D-d-d-d-dorme ancora… Grande Evron, che spavento!»
 
Quel che era successo gli diede un’idea: inutile rischiare ancora… L’unica cosa veramente saggia da fare, arrivati a quel punto era…
 
«Non mi resta che trasformarlo in Coolflame. Poi per me sarà uno scherzo ordinargli di consegnarmi lo switch. E, già che ci sono, mi farò anche spiegare come si usa!»
 
“Ihr! Ihr!” Ridacchiò il papero spaziale, tastando a terra per ritrovare la sua Evrongun. La puntò sul Nostro addormentato, sussurrando a denti stretti: “Potere e potenza…”
Azionò il grilletto, pregustandosi già la scorpacciata di emozioni che si sarebbe fatto dopo averne assorbite il più possibile dal papero mascherato.
 

 
“Ma che…”
Nonostante fosse sua intenzione sparare, l’arma non intendeva rispondere ai comandi. La controllò, rigirandosela tra le mani.
Fu solo in quel momento che si accorse di un minuscolo particolare: l’apertura della canna si era bruciacchiata.
Il becco si aprì e la mascella ricadde in basso: la sfortuna di tutto l’universo si era riversata inspiegabilmente su di lui, quella sera... Non poteva esserci altra spiegazione!
-Tump!-
Scagliò l’Evrongun contro il pavimento, facendola rimbalzare un paio di volte.
Si ricacciò nel suo sacco a pelo, visibilmente stizzito dalla sequela di eventi infausti.
Chiuse gli occhi, sforzandosi di prender sonno: per quella sera, aveva combinato già abbastanza pasticci!
 
-Ducklair Tower, prime ore del mattino-
 
Se nell’altra dimensione Zheron non aveva concluso nulla di buono, lo stesso non si poté dire di Angus che, dopo aver lavorato incessantemente tutta la notte, poté finalmente proclamare: “Il servizio è pronto!!!”
La cassetta era ben stretta tra le sue mani ed il kiwi la teneva di poco sopra la testa, come fosse un trofeo.
La scarica di adrenalina finì proprio in quel momento: accortosi di esser ancora solo in redazione, Angus pensò: “Mmm… Ci vorranno ancora un paio d’ore perché arrivi qualcuno. Quasi quasi…”
Poggiò le braccia sulla scrivania della sala di montaggio, accoccolandosi la testa con le mani: “Massì… Solo una mezz’oretta…” Biascicò, prima di addormentarsi.
“Zzz…”
Pochi minuti dopo, una manina robotica sbucò da una mattonella sconnessa. Si mosse piano, estendendosi per mezzo di un minuto braccio metallico proprio di fianco ad Angus. Gli sfilò con delicatezza la cassetta dalle mani, svanendo poi nel vano da cui era comparsa.
 
Il supercomputer commentò: “Massì, dormi pure. Mezz’oretta mi basta e avanza. Non temere, comunque: ho in mente un modo di rendere altrettanto interessante il tuo servizio… Ihih!”
 
-Diverse ore più tardi, in un luogo apparentemente desolato…-
 
“Tutto questo era proprio necessario?” L’espressione di Paperinik risultava eloquente.
Il papero mascherato proprio non riusciva a capire il motivo di quella gita fuori porta: effettivamente, il trio si trovava nel deserto appena fuori Paperopoli… Davvero una bella scampagnata!
Archimede comparve da dietro al cofano della Pi-kar. Nella mano destra brandiva una chiave inglese, mentre col dorso della sinistra si asciugava il sudore della fronte.
Il congegno per l’apertura dei varchi spazio-temporali aveva subito delle modifiche evidenti: in primo luogo, erano state aggiunte delle pulegge che facevano scorrere una cinghia tra loro; la cinghia era poi collegata ad una specie di strambo apparecchio non dissimile da una dinamo, collegato a cavi che entravano nel motore stesso della Pi-kar. I materiali di cui era composto questo meccanismo parevano piuttosto scadenti, ad una prima occhiata. La cinghia stessa aveva i lembi fissati con materiale di fortuna.
Persino la macchina aveva subito qualche modifica: c’erano diverse antennine fissate alla carrozzeria e collegate fra loro per mezzo di minuscoli fili elettrici raggruppati a matasse. Nondimeno era stato aggiunto, proprio in prossimità del propulsore del mezzo, quello che sembrava a tutti gli effetti un bidone in plastica riempito di benzina.
“Certo che sì. –Esclamò l’inventore:- Te l’ho detto: purtroppo non sono riuscito a sintetizzare abbastanza monometilidrazina da permetterti di aprire il varco.“ Esternò lo sconforto già provato la notte precedente a seguito di quella constatazione.
In un certo senso, l’eroe si sentì in imbarazzo.
Povero Archimede… Per ovvi motivi, Paperinik aveva preferito non spiegare che in verità tutto quel lavoro era dovuto ad un suo semplice capriccio, e che sia lui che Zheron avrebbero potuto tornare indietro usando lo switch e abbandonando i loro mezzi di trasporto.
Ad ogni modo, il pollo tornò con la memoria alla sera prima:
 
“Sono rimasto per qualche minuto fermo a pensare, con il timore di non poter fare niente per aiutarti…”
Si era passato la mano sotto al becco diverse volte, ticchettando con le dita dell’altra mano sul tavolo di lavoro.
“Poi, improvvisamente…”
L’inventore era scattato in piedi, sollevando le braccia al cielo: “EUREKA!!!” Aveva gridato.
 
“Oh, sì… Me lo ricordo bene…” Commentò Paperinik, portando a sua volta la memoria alla sera precedente, quando quel grido l’aveva fatto svegliare di soprassalto. Ironico come invece non avesse notato il casino causato da Zheron.
Mostrò un’espressione accigliata: “Mi hai fatto fare un salto di mezzo metro buono.”
“Io non ho sentito niente…” Rispose tranquillamente l’Evroniano.
Pikappa sbraitò: “Tu non senti MAI niente! Avevi il sonno così pesante che stamane per farti svegliare ero quasi tentato di usare una trombetta da stadio!”
L’alieno volse le spalle all’eroe, fissandolo con la coda dell’occhio ed assumendo un’espressione sufficiente: “Sai che dormo di giorno e mi muovo di notte... E poi, senti chi parla: tu dormiresti sempre, se potessi!”
“Ma brutto-” Mugugnò a becco stretto il Nostro, agitando i pugni.
“Ehm… Vi dispiace continuare la vostra discussione più tardi? Vorrei illustrarvi in che modo il qui presente vi permetterà di tornare a casa…”
Tacquero entrambi.
Archimede portò il torso delle mani ai fianchi, sorridendo: “Bene. Allora, il serbatoio della Pi-kar –Bel nome, tra parentesi- è pieno appena a metà. Questo non consente di aprire un passaggio stabile per voi, per cui bisognerà in qualche modo “racimolare” ulteriore energia. Ho pensato di sfruttare quindi un semplice principio fisico…”
Continuò, indicando le buffe modifiche apportate al congegno creato da Uno.
“…la forza sprigionata dal motore farà muovere il mio speciale apparecchio, che offrirà quindi maggiore energia alla macchina. Inutile dire che, per arrivare alla giusta quantità di energia, il fulcro sarà raggiungere una velocità atta a permettere al congegno di attivarsi. Ho stimato che questa velocità si aggira attorno ai 300 chilometri orari. Dovrai mantenere quel tenore di marcia fino all’accensione della spia di attivazione del congegno. Tanto per esser sicuri, ho aggiunto anche un serbatoio “accessorio”: ti fornirà una spinta iniziale poderosa, così raggiungerai la velocità richiesta in tempi minori.”
“Ugh… Non credo di avere la patente di pilota di macchine da corsa.” Ironizzò Paperinik, ma neanche troppo.
Zheron, ovviamente, non ci capì poi molto: per lui le unità di misura terrestri contavano ben poco.
Piuttosto, però, l’alieno vide qualcosa che gli piacque poco: “Ehi! Giù le mani dal mio Disco Individuale!” Sbraitò.
L’inventore stava infatti sfilando il mezzo di trasporto dell’Evroniano dalla coda della Pi-kar.
“Eh? Ma togliendo questo, il mezzo sarà più stabile. A quella velocità rischiate di impennarvi e prendere il volo.” Spiegò Archimede.
L’Evroniano stava per aggiungere qualcos’altro, ma Paperinik lo anticipò, poggiandogli una mano sulla spalla per farlo tacere: “Correremo il rischio.”
Le parole si troncarono in gola all’alieno, mentre Archimede andò a grattarsi la nuca: “Beh, potrei provare a stabilizzare il tutto aggiungendo un po’ di peso in punta… Però… Aumenteranno le possibilità di fallimento.”
“Non importa, procedi pure.” Sentenziò Paperinik.
Il pollo si mise quindi subito al lavoro.
 
«Perché ha fatto questo per me? Non capisco…»
 
L’alieno scrutò con attenzione Paperinik: dal suo sguardo traspariva il senso d’inquietudine provocato da quel gesto.
L’eroe, sentendosi osservato, gli ammiccò amichevolmente.
Zheron volse lo sguardo altrove, d’istinto. E se ne stupì subito dopo: imbarazzato? Non proprio. In verità, era perplesso.
 
«I terrestri sono davvero strani…»
 
-Pochi minuti dopo-
 
“Fiuuu! Spero non ci sia altro…” Esclamò Archimede. Era sporco di grasso in prossimità del becco e degli zigomi.
Paperinik e Zheron avevano intanto già preso posto nello stretto abitacolo della Pi-kar. La copertura in vetro era ancora sollevata.
“Non so come ringraziarti. –Rispose il papero mascherato, mettendo mano al volante:- Allora… Spiegaci come funziona l’apparecchiatura che hai installato. Scusa la fretta, ma  ti confesso che sto già facendo la sauna.”
L’inventore ridacchiò, portandosi quindi vicino ai due ed indicando il pannello dei comandi: “E’ tutto molto semplice. Ho invertito qualche circuito, per cui adesso la Pi-kar è alimentata prevalentemente dal serbatoio di benzina. Dovrai sfruttare quello all’inizio della marcia. Raggiunta approssimativamente la velocità di 141,6 chilometri orari dovrai premere quel tasto lì…”
Indicò un bottone posto alla bene e meglio sulla griglia dei comandi: si capiva che era stato installato grossolanamente dal fatto che l’intelaiatura reggeva a fatica.
“Facendolo, ti libererai di un po’ di “zavorra”… In parole povere, la tanica di benzina si staccherà ed il motore tornerà ad essere alimentato dalla monometilidrazina. Assicurati di usare la “bomba” solamente dopo aver raggiunto la velocità che ti ho detto prima. Ce n’è davvero poca, e secondo i calcoli avrai spinta per un paio di minuti scarsi.”
Archimede si fece cupo, esclamando infine: “Hai un solo tentativo… Se fallisci, non avremo tempo per riprovare di nuovo.”
Paperinik chinò lo sguardo sul suo scudo, constatando che l’inventore aveva ragione: erano rimaste pochissime ore alla piena riparazione del tessuto dimensionale.
“Beh, allora non mi resta che incrociare le dita.” Esclamò con baldanza.
Il pollo controllò l’orologio: “E’ tempo che vada. Oggi avevo appuntamento con “te”, se capisci che intendo…”
L’eroe annuì, ed in quel momento un po’ di malinconia lo pervase. Nella dimensione dalla quale proveniva, l’alleanza tra lui ed Archimede era oramai un capitolo chiuso da tempo. (*Da mooolto tempo. PKNA#Special: “0/1”)
Anche se negli ultimi tempi ci aveva pensato davvero poco, in quel momento non poté non riconoscere come il suo amico inventore gli fosse venuto in aiuto così tante volte, in passato… E come anche in quell’occasione, in un certo senso, fosse stato presente: “Non appena a casa, devo ricordarmi di passare a salutare il buon Archie. Come Paperino, magari…”
Archimede si congedò con un cenno della mano, salendo sulla sua auto.
Pikappa lo salutò al medesimo modo, ed incredibilmente anche l’alieno scimmiottò il gesto.
Uhm… Pi-kar. Mi ha dato grandi idee per dei congegni da installare sulla 313-X!” Pensò l’inventore, abbandonando la zona.
 
Rimasto solo, Paperinik fece un profondo respiro: “Ok… E’ il momento di fare affidamento sulle mie riserve di fortuna. Ammesso che ne abbia, è chiaro.”
“Come?” Domandò con perplessità l’Evroniano.
Il Nostro non rispose, pigiando con forza il piede sull’acceleratore.
-Skreeeeeeee-vrooooooooooooarrrr!!!-
Le ruote andarono a stridere, cercando di trovare presa sul terreno impervio. Dopo poco, l’auto accelerò vertiginosamente.
Come sempre, Pikappa fu costretto a riconoscere la genialità di Archimede: quel luogo era sgombro da eventuali ostacoli, inoltre il terreno secco rendeva il percorso estremamente lineare: il posto adatto per compiere il poderoso rettilineo che la Pi-kar si accingeva a percorrere.
L’indicatore del contachilometri saliva sempre di più, ad un ritmo costante.
Le schiene dei due passeggeri erano ben incollate ai sedili, mentre l’abitacolo subiva qualche lieve scossone nei punti in cui le ruote della Pi-kar incontravano qualche lieve avvallamento.
“P-p-per Evron! Così sbandiamo!” Disse Zheron, visibilmente preoccupato.
“Evroniano di poca fede! Devi sapere che una volta sono stato in testa alla classifica per il premio “Automobilista modello”...”
“E-e questo dovrebbe tranquillizzarmi?”
“Mmh… Effettivamente, no. Certe volte mi chiedo persino per quale motivo rientrassi in quella classifica: ho fatto così tanti incidenti che le mie polizze assicurative hanno raggiunto cifre epocali.”
 
«Non so cosa sia una POLZA assicurativa, ma spero di vivere abbastanza per scoprirlo!»
 
Paperinik sorrise, scrutando il contachilometri: “Ok… Velocità prefissata raggiunta! Eheh! E’ il momento di liberarsi del carico extra…” Esclamò, pigiando sul bottone indicatogli poco prima da Archimede.
-Bip! Ta-tack! Clang! Trump-trump! Fwooooooooooooom!!!-
Le giunture che tenevano la tanica si aprirono con uno scatto, ed il voluminoso serbatoio ricadde a terra, rotolando per un po’ prima di arrestarsi.
Nello stesso istante, si attivò il motore originale della Pi-kar, e la spinta data dalla combustione della monometilidrazina fu ben evidente ai due passeggeri del mezzo: la Pi-kar stessa si sollevò di qualche centimetro dal suolo, viaggiando sul solito cuscinetto d’aria.
“Waaaaah!!!” Gridò Zheron, con la testa tanto schiacciata contro il sedile che la sua naturale postura Evroniana gli impose di puntare i piedi contro il vetro dell’abitacolo.
“Evvai! Meglio di un videogioco. Yahooo!”
La spinta era veramente parecchia! Ad ogni sussulto dell’auto, Zheron picchiava con la fronte contro il vetro: “Ouch! Acc- Q-quando si apre il passaggio?”
“Mmm… E’ strano… -Rispose Pikappa, cogitabondo:- L’indicatore si è fermato a 255 chilometri orari, e non accenna ad aumentare…”
L’eroe contò a mente i secondi trascorsi dall’attivazione del propulsore principale: “Ancora un minuto e mezzo circa… Forza! Va più veloce!!!” Mormorò, stringendo il becco.
“Eh? Non siamo ancora abbastanza veloci?” Domandò l’alieno, stupendosi.
Passarono altri secondi, ma nulla cambiò: la velocità era diventata costante, e l’accelerazione nulla.
“Così non va bene… Dobbiamo accelerare ancora, o sarà stato tutto inutile. Se solo ci fosse qualcos’altro da scaricare…”
 
«Non voglio lasciare il mio Disco in un posto del genere… Non voglio!»
 
“Apri il vetro.”
“Ottima idea, Zheron! Mi raccomando: fa un bel triplo carpiato, sennò la giuria ti da pochi punti.” Rispose l’eroe, con tono canzonatorio.
L’alieno non rispose e, sfruttando la zampa destra, pigiò il comando di apertura dell’abitacolo. Il vetro si ritirò, e subito una forte corrente d’aria s’abbatté sui due.
“Ehi! S-stavo scherzando! Lasciami richiudere il vetro!” Mormorò Pikappa, cercando di spostare con la mano il piede dell’alieno, senza riuscirci.
Zheron esclamò: “Ascolta… Se attivo il mio Disco Individuale e lo taro al massimo della potenza, forse riusciremo a muoverci alla velocità giusta.”
L’eroe sgranò gli occhi, a quell’affermazione. Pessima scelta: un granello di polvere gli entrò in un occhio: “Eeeeeeeh??? E me lo dici solo ora? Perché non l’abbiamo attivato dall’inizio?” Disse, massaggiandosi l’occhio.
L’Evroniano scansò il piede dal pulsante, issandosi per salire al di sopra del mezzo e quindi muoversi verso il suo Disco Individuale, ancorato proprio sulla coda della Pi-kar.
Nel mentre, rispose: “Perché l’energia emozionale è ben più potente dei vostri rudimentali combustibili: se la libero tutta in una volta, il Disco non reggerà a lungo…”
Volse il capo verso Paperinik, che nel frattempo era rimasto in silenzio: “Ehi, non voglio abbandonare il mio Disco per nessun motivo! E questo è l’unico modo di riportarlo con me… Lo riparerò non appena tornati a casa.”
Nessun ulteriore indugio, quindi… L’alieno viola strinse forte gli appigli su cui poneva zampe e mani, muovendosi verso il Disco. Doveva solo toccarlo: il resto, l’avrebbe fatto il suo DNA.
Paperinik impostò il pilota automatico e fece capolino dall’abitacolo, tenendosi il berretto con la mancina per evitare che venisse trascinato via dalla corrente d’aria: era particolarmente stupito dal coraggio che l’alieno stava dimostrando in quel mentre…
D’altra parte, sapeva anche che ciò che lo spingeva davvero era il desiderio di poter tornare a casa col suo mezzo di trasporto preferito. Come si suol dire: ogni uomo ama la propria auto alla follia!
La mano guantata sfiorò il “becco” del Disco Individuale, e subito un minuscolo led andò ad accendersi in prossimità dei comandi.
L’Evroniano aprì il becco, intonando suoni che alle orecchie dell’eroe giunsero come versi incomprensibili: stava parlando nella sua lingua madre.
Il Disco si attivò, e la parte posteriore si alzò fino a che non si dispose parallela al terreno.
Zheron continuò a dare comandi, innescando la reazione voluta: all’interno del Disco, le correnti energetiche si miscelarono finemente, per poi venir secrete tutte in una volta all’interno della zona che fungeva da “motore” del mezzo.
La reazione fu pressoché immediata, ed un violento scossone mandò Paperinik direttamente contro il volante.
L’eroe picchiò con la nuca, facendosi non poco male: “Ahia! Che botta…” Commentò, frastornato.
L’Evroniano, intanto, si trovava in una situazione critica: l’aumento di velocità repentino aveva fatto perdere presa alle sue zampe, e come conseguenza di ciò era stato sbalzato indietro. Ora le dita della mano destra erano incollate all’unico appiglio che gli impedisse di fare una brutta fine: il bordo del suo amato Disco Individuale!
“Gulp!” Deglutì l’alieno.
Intanto, il contachilometri della Pi-kar iniziò a salire vertiginosamente. La velocità “target” venne raggiunta e superata, e le minuscole antenne poste da Archimede sulla vettura iniziarono a liberare scariche elettriche.
Alcune di queste si riversarono sulle dita dell’Evroniano, che perse istantaneamente la presa. Avvenne tutto talmente in fretta che il grido gli si bloccò in gola. Chiuse gli occhi, incapace di accettare il suo destino.
-Tlam!-
Uno scossone, dolore alla spalla… Zheron aprì lentamente gli occhi, constatando di essere ancora vivo. Le zampe sfioravano quasi il suolo: le ritrasse d’istinto.
“Ihhh… C-c-che succede?” Biascicò, sollevando lo sguardo.
Notò che un pugno metallico gli teneva strettamente il braccio. Non ci volle molto per capire a chi appartenesse…
“Accidenti a te! Potevi dirmelo che la spinta sarebbe stata così forte! Ho picchiato la testa con tanta violenza che per un attimo ho visto un coro di cherubini che mi salutava!”
Paperinik riavvolse il fascio che univa il pugno metallico allo scudo, portandosi dietro l’Evroniano. Zheron, dalla sua, era troppo scioccato per fare qualsiasi cosa: venne trascinato lungo il tettuccio dell’auto, ed altre scariche elettriche lo colpirono.
Giunti alla distanza giusta, Pikappa gli tese la mancina: “Coraggio! Afferra la mano… Fa presto!”
La scarica elettrica riportò al presente l’alieno, che quindi sollevò le iridi in direzione dell’eroe.
Forse per lo sforzo, forse per le scariche che ad intervalli regolari gli friggevano il corpo, Zheron ebbe un altro flash del suo addestramento come guerriero:
 
Si trovava in prossimità di una ventola di aspirazione e, ironico a dirlo, anche quella volta la sua vita sembrava apparentemente appesa ad un filo. Sembrava: in verità, cadendo sarebbe atterrato su dei cuscinetti organici.
Il canale aspirava aria con voracità, e l’Evroniano poteva reggersi al bordo solo con una mano. L’altra era tesa in avanti, in direzione di altre due “reclute”: “A-aiuto!” Aveva gridato.
Tuttavia, la risposta che aveva ricevuto non era stata delle migliori: “Non ci penso neanche! –Aveva detto uno dei due:- Non voglio mica finire anch’io lì dentro!”
“Veditela da solo, scarto di Evronita! Ahr! Ahr!”Gli aveva risposto l’altro.
 
Un altro lampo energetico gli passò per il corpo, e le immagini sparirono.
C’era di nuovo Paperinik con la mano tesa verso di lui, pronto ad aiutarlo: “T-ti sei incantato di nuovo? Andiamo: mi sto arrostendo!”
“N-non hai paura di cadere con me?” Domandò timidamente il papero spaziale, allungando l’altra mano in direzione dell’eroe.
“Appunto! Non ricordarmelo, sennò potrei ripensarci. Ed ora afferra la mano, dai!”
I palmi dei due si sfiorarono, ottenendo una presa salda.
L’eroe, puntellando quindi i piedi sul bordo del sedile, allungò le gambe.
I due ricaddero goffamente all’interno dell’abitacolo, ed il vetro li sigillò al suo interno.
Zheron era ben stordito: diverse stelline roteavano attorno alla sua testa.
“Mfff… Mffffrrrr!!!” Sbuffò Paperinik, allontanando a fatica il corpo dell’Evroniano e sbucando praticamente da sotto di esso con la testa ed il braccio sinistro: “Uff! Se riusciamo a tornare a casa, costringerò Uno ad allargare l’abitacolo…”
Il bottone di attivazione lampeggiava sullo schermo: quanto tempo era passato? Non c’era più un secondo da perdere!
Paperinik pigiò sul tasto, e la velocità della Pi-kar diminuì a causa della mancanza di carburante dovuta all’attivazione dell’antenna.
Il contachilometri iniziò a decrescere.
Il portale si stava tuttavia aprendo: “Avanti! Dritti a casa!” Esclamò l’eroe.
La Pi-karattraversò il portale: questo si richiuse di botto non appena la vettura lo superò, lasciando nell’area immediatamente successiva due strisce di fuoco vivo.
 
La Pi-karriapparve più o meno nello stesso momento, nella sua dimensione d’appartenenza.
Il vetro dell’abitacolo si aprì, e Paperinik buttò fuori l’Evroniano con un calcio: “Ouch!”
Più o meno nello stesso istante, sul minischermo comparve una testa verde: “Ci avrei scommesso che avresti fatto di tutto per salvare la tua amata auto, socio.” Esclamò Uno.
Il papero si massaggiò le tempie: “No comment, Uno… Ho i nervi a pezzi.”
Il supercomputer sorrise: “Suvvia… So io come tirarti su di morale. Raggiungimi alla torre.”
Paperinik si grattò dietro la testa: “Ehm… Ho un’idea migliore. Vieni tu qui. E porta un bel po’ di carburante con te: la Pi-kar è a secco ed il Disco Individuale è fuori uso.”
L’alieno nel mentre si rialzò, cercando di riprendersi: era quasi il tramonto, e presto la luce del sole avrebbe fatto posto all’oscurità della sera. Non poteva chiedere di meglio: per una volta, avrebbe sfruttato la notte per dormire.
La testa verde strabuzzò gli occhi: “A secco?! E come avete fatto a tornare?”
Paperinik e Zheron si scambiarono un’occhiata fugace, che l’Evroniano non comprese appieno. L’eroe sorrise: “E’ una lunga storia…”
 
-E così…-
 
Sullo schermo gigante di fronte a lui, Paperino era intento ad osservare un Angus Fangus visibilmente su di giri, che aveva da poco lanciato il suo servizio “shock” –Così l’aveva definito- su Paperinik.
 
«Ebbene sì, amici telespettatori…-Raccontò il kiwi:- L’eroe in calzamaglia che dice di difendere la nostra città ha da poco fatto amicizia con un temibile alleato. E’ dunque con immenso piacere che il qui presente mostrerà in anteprima le reali fattezze di chi aiuta Paperinik a compiere i suoi efferati crimini ai danni dei cittadini della nostra città. Non vi anticipo niente: saranno le immagini a parlare!»
 
Si volse, attendendo che il servizio partisse.
La sua sorpresa fu grande quando vide le prime immagini: un buffo castoro comparve sullo schermo.
L’animale era intento a spostare dei tronchi di legno da usare come diga per un corso d’acqua.
Angus sgranò gli occhi, per poi picchiarsi il palmo della mano sul viso: «Non è possibile…»Disse, prima che il collegamento venisse tolto e la linea tornasse su di un’imbarazzatissima papera, la quale provò a risolvere la situazione proferendo un sarcastico: «Ah-ehm… E questo era il nostro fidato Angus Fangus, che come sempre riesce a strapparci una risata sincera.»
 
“Ahahahah! Non ci posso credere! Ahahahah!” Ridacchiò di gusto Paperino, dondolando il posteriore e afferrandosi le zampe con le mani per non rischiare di cadere. Era seduto sulla solita poltrona del Piano segreto, in compagnia dell’intelligenza artificiale.
Si asciugò le lacrime col dito: “Devo ammetterlo, Uno: sei un vero artista.” Commentò.
La testa verde sorrise a sua volta: “Tsk! Quisquilie… Ad ogni modo, quello di oggi non è stato che un palliativo: presto tutti si accorgeranno del fatto che un Evroniano segue Paperinik nelle sue ronde notturne… Mi domandò come la prenderà l’opinione pubblica.”
Il papero scese dalla poltrona con uno scatto energico: “Beh, basterà far travestire Zheron da castoro invece che da coniglio… Comunque, è ora che vada.”
“Dove?”
Paperino si fermò di fianco all’apertura dell’ascensore, sorridendo: “A far visita ad un vecchio amico che non vedevo da… poche ore. Eheh!”
Le porte si chiusero alle sue spalle, ed Uno rimase da solo: “Chissà cos’avrà voluto dire…”
Si domandò.
“Bah, è buio. Quasi quasi, mi faccio raccontare tutto da Zheron.” Pensò, dando un’occhiata allo schermo gigante.
Esso si spense per qualche secondo, mostrando poi l’immagine della stanza nella quale oramai l’Evroniano soggiornava abitualmente.
Incredibile ma vero, lo trovò a dormire… Ed anche piuttosto profondamente!
Sparsi per la stanza c’erano vasi di contenimento vuoti e componenti del Disco Individuale: la carena del mezzo era rivoltata a terra e l’Evroniano ci dormiva sopra, abbracciandola a mo’ di cuscino: “Zzz… Zzz… Zzz…” Sul becco era dipinto un sorriso.
Uno scosse il capo, divertito.
Paperino, intanto, era salito in macchina: nella SUA macchina.
Carezzò il volante della 313, con sguardo sognante.
Mise in moto e, attendendo pazientemente che il motore smettesse di singhiozzare, pigiò la zampa sull’acceleratore, immettendosi nel flusso di auto.
 
Non importa da che galassia o dimensione si provenga: ogni uomo ama la propria auto alla follia!
 
Epilogo:
 
Era passato qualche giorno da quando Paperinik e Zheron avevano fatto ritorno alla loro realtà. Il tessuto dimensionale si era oramai riformato completamente, ed i due paperi erano tornati ciascuno alla propria attività principale…
-Bzzaaap! Shoom!-
“Yyyargh!”
Un raggio azzurrino ed uno giallognolo si abbatterono contro un essere completamente nero. L’impatto fece perdere conoscenza alla creatura, che ricadde al suolo stordita. Dopo poco, la sostanza nera che la ricopriva evaporò, riportando il papero contenuto al suo interno alla sua condizione naturale.
“Ah-ha! Bel colpo, “Coniglietto”!” Esclamò Paperinik, dall’alto.
L’eroe e l’Evroniano si trovavano a un paio di metri dal suolo, ciascuno sul proprio mezzo di trasporto.
Sotto di loro, mezza dozzina di Darkflames sibilavano sommessamente.
Il gruppetto si diede presto alla fuga, comprendendo di non avere speranze.
L’inseguimento allora cominciò.
 
«Rieccomi di nuovo qui, a combattere assieme al mio nemico. No, non ci sto prendendo l’abitudine…E’ solo che… è difficile comprendere appieno i terrestri... Sono proprio strani! Ma una cosa l’ho capita: sono troppo imprevedibili. No, non farò l’errore di sottovalutarli… Li studierò da vicino, attendendo il momento giusto… e solo allora tutti, a cominciare da Paperinik, assaggeranno l’ira dell’Impero Evronian-»
 
Preso nuovamente dai suoi monologhi interiori, Zheron si accorse troppo tardi che il suo Disco Individuale si era avvicinato pericolosamente alla Pi-kar.
Troppo tardi per sterzare, in ogni caso: “Waaaah!” Gridò, chiudendo gli occhi.
Anche Paperinik si rese conto della cosa in ritardo. Non poté fare altro se non sterzare dalla parte opposta.
-BRANG! CRASH!!! Stomp! Stomp! Stomp!-
La Pi-kar batté con violenza contro il muro di un palazzo, per poi ricadere a terra. Alcuni detriti ricaddero sul cofano.
L’Evroniano riuscì invece a rimanere sul suo Disco, stavolta.
L’abitacolo della Pi-kar si aprì, e Paperinik ne scese con un balzo assai elegante. Della polvere gli finì sulla spalla, e l’eroe la spazzolò via con la mano.
Presagendo le percosse, Zheron portò le braccia a difendere la testa: era talmente impaurito che non riuscì neanche a dire una parola.
Incredibilmente, Paperinik fece spallucce: "Beh, poteva andare peggio... –Disse, con voce fin troppo calma:- Ma la cosa più incredibile è che non sono neanche arrabbiato..." Sorrise placidamente.
“A-ah, no?” Azzardò a commentare l’Evroniano, allontanando le mani dal viso.
L’espressione di Pikappa mutò in pochissimi secondi. Il volto si scurì di rabbia, le mani si chiuse a pugno e la voce divenne stridula: "No... Sono furioso! Brutto scarto di Evroniano che non sei altro! Patetico esempio di forma di vita extraterrestre! Torna qui, che ti faccio regredire a spora senza rimorso alcuno!" Agitò le braccia in aria, con fare tutt’altro che pacifico.
Zheron capì al volo l’antifona, e dunque si diede ad una fuga disperata.
 
«Dicevo… E’ difficile comprende appieno i terrestri. Sono proprio strani! Ma una cosa l'ho capita: se voglio sopravvivere, devo ambientarmi in fretta!»
 
"Torna qui, vigliacco!”
 
«Ugh...»
 
-Fine-
 
 
 
 
-Coming soon-
 
A causa dell’azione combinata di Paperinik e Zheron, i Beati stanno perdendo molti validi elementi. L’Entità medita vendetta, e si rivolge alle sue due più temibili alleate perché risolvano per sempre il problema. Profunda e Birgit Q, pertanto, sono costrette loro malgrado ad accantonare le divergenze per un fine comune. Lontano da Paperopoli, nel mentre, Everett Ducklair riceve da Uno un misterioso messaggio che gli darà non poco da pensare…
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Paperinik / Vai alla pagina dell'autore: Nightrun