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Autore: evenstar    27/05/2013    4 recensioni
"Here's a story about a little guy that lives in a blue world" credo che queste parole spieghino molto meglio di come potrei mai fare io l'essenza di questa "storia". Una serie di immagini prese dai quattro film (Iron Man I, II, III e Avengers) che dimostrano come la vita di Tony Stark sia assolutamente blu.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Tony Stark, Un po' tutti, Virginia 'Pepper' Potts
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Ciao! Ok, mi servono due minuti per spiegarvi questa "cosa". E' nata alla seconda visione cinematografica di IM3, nel momento in cui è partita la canzone citata ho sentito un groppo nello stomaco e, visto che l'avevo già sentito alla prima visione, mi sono messa a pensare perchè stesse succedendo. E sono giunta alla conclusione che è perchè questa canzone racconta la vita di Tony Stark, passo passo. Sono tornata a casa e ho iniziato a scrivere ottenendo quattro o cinque scene, mi piacevano ma non ero convinta. Da lì è iniziata la mia opera di smaronamento a qualunque ora del giorno e della notte di Mrs Downey, che ringrazio INFINITAMENTE per l'appoggio e i suggerimenti e che ha trasformato la mia "cosa" in Qualcosa. Cosa esattamente non lo so (non è una one shot, non è una song, non è una long è un riassunto per immagini ed emozioni... definitela come volete).
Credo che le varie scene si capiscano abbastanza avendo visto i film (tanto lo so che li avete visti almeno 5 volte tutti quanti), se aveste dei dubbi chiedete!
Vi lascio, sperando che piaccia a voi come alla fine piace a me (sì, mi piace, lo ammetto).
Enjoy
 

 

“Yo listen up here's a story 
About a little guy that lives in a blue world 
And all day and all night and everything he sees 
Is just blue 
Like him inside and outside 
Blue his house with a blue little window 
And a blue Corvette 
And everything is blue for him 
And himself and everybody around 
Cause he ain't got nobody to listen” 

 
“I have a blue house with a blue window
Blue is the colour of all that I wear
Blue are the streets and all the trees are too
I have a girlfriend and she is so blue
Blue are the people here that walk around
Blue like my Corvette, it's in and outside
Blue are the words I say and what I think
Blue are the feelings that live inside me”
 
Blue Eiffel 65

 

 
La folla rumorosa lo attorniava pressandolo da ogni parte, spingendolo, strattonandolo. Qualcuno gli dava pacche sulle spalle, qualcuno allungava una mano per stringere la sua, mani sudate, fredde, calde, morbide, ruvide, tutte estranee. La musica lo attorniava, stordendolo più di quanto non stessero facendo i fiumi di alcolici che continuava a bere nella speranza di straniarsi da quello che lo circondava. Al suo braccio era avvinghiata una bionda mozzafiato, trucco pesante, abito corto, cervello inesistente, si strusciava fiera della sua preda della serata.
Si mosse barcollando da un gruppetto all’altro, la testa leggera e il mondo che lo circondava blu per le lenti degli occhiali da sole che si ostinava a portare, sebbene fosse quasi mezzanotte. La mezzanotte di quell’ultimo giorno di un altro anno che se ne stava andando portandosi via un fiume di persone conosciute e mai riviste, donne, alcol, musica, vuoto. Un altro anno passato come i precedenti ad annegare nel cocktail più alcolico, nel rock più duro, nel rumore più forte per cercare di zittire il silenzio e di coprire il vuoto che lo circondava in mezzo a quella folla urlante. 
Strinse gli occhi per cercare di mettere a fuoco la donna che gli era di fianco non ricordandone il nome e faticando a rievocare dove e quando l’avesse ghermito, o forse era stato lui ad afferrare lei. Poco importava. La mattina dopo non avrebbe ricordato nulla comunque e così avrebbe iniziato nell’oblio un altro ingannevole anno blu, come tutti quelli precedenti.
 

*

 
La testa gli martellava incessantemente, in bocca un gusto amaro di alcol, sigarette, l’eco di un rossetto e di labbra estranee sulle sue. Il continuo battere del suo cuore nel cervello, un ronzio di fondo che copriva il silenzio, le lenzuola arrotolante attorno a sé e di fianco una presenza aliena e indesiderata, un corpo caldo e sudato di cui non ricordava né il nome né l’aspetto.
All’improvviso una lama di luce violenta gli ferì gli occhi mentre le imposte della camera da letto si aprivano nel blu. Blu del cielo che si faceva beffe di lui, del suo bisogno di buio e nero, della sua sete di ombra, di notte, di scuro come un mantello a coprire la sua vita e a nasconderla agli occhi di tutti, soprattutto ai suoi. Blu dell’oceano che risplendeva di mille tonalità diverse nelle sue immense profondità silenziose e fresche, dove si sarebbe volentieri rifugiato per sfuggire a tutta la sua vita. Un braccio si mosse cercandolo, una mano si fece strada lungo il suo fianco in cerca di un contatto che non voleva più, non senza l’anestesia di qualche grammo di alcol in corpo.
Si alzò dal letto mentre la mano ricadeva inerte e il sonno tornava a ghermire la donna. Barcollò fino alla porta e poi alla salvezza della solitudine e del rombo della musica nel laboratorio, pronto a nascondersi dalla sua vita per un'altra interminabile giornata. Laggiù sarebbe stato al sicuro, lontano dal blu del cielo, del mare e della sua intera vita.
 

*

 
Freddo metallo che riluceva di un glaciale blu. Freddo metallo blu dove avrebbe dovuto esserci carne viva e pulsante, rosea. Freddo metallo che lo aveva salvato quando il suo destino era stato segnato, che gli aveva concesso altro tempo.
Blu, come tutto il resto.
Una seconda possibilità per fare qualcosa in quella vuota sequenza di secondi che era stata la sua vita. Un’opportunità di vendetta guidata dall’odio bruciante che lo sommergeva ogni minuto, ogni attimo della sua esistenza da quando era tornato, oppure l’occasione di trasformare quel velo di rossa rabbia in qualcosa di blu. Una speranza di redenzione, di avere ancora un cuore da qualche parte. Tamburellò incerto sul metallo ottenendo un suono argentino al posto del classico rumore ottuso della carne sulla carne. Caldo, sete, paura, dolore, luce accecante, una marea di sensazioni e immagini sommerse da quella lieve luce scintillante che si sprigionava dal centro del suo petto illuminando l’oscurità del laboratorio deserto. Non più solo un uomo, un immane potere e infinte possibilità racchiuse in una batteria ipertecnologica che lo alimentava e lo sosteneva, permettendogli di essere altro oltre se stesso. Non più solo un uomo, ma in fondo sempre solamente quello a meno di non perdersi in quel blu e consegnare la sua anima ad esso.
 

*

 
Seduto nel suo laboratorio aveva visto la sua possibilità di rinascita di fronte al mondo, l’occasione per tornare alla ribalta, per sfuggire al suo cuore blu ed essere nuovamente il vecchio se stesso. Di nuovo un evento di beneficienza, di nuovo flash, mani che stringevano le sue, sorrisi falsi, alcol e donne che lo attorniavano. Di nuovo ipocrite conoscenze e poi il pensiero di aver commesso l’ennesimo errore in quel fantasmagorico caleidoscopio di colori dai quali non vedeva l’ora di rifuggire.
E quando aveva pensato che non ci fosse più nessuna speranza, quando aveva cominciato a credere di essere davvero destinato ad una vita solitaria e silenziosa, quando aveva lasciato da parte ogni tentativo di coprire il silenzio e la solitudine con rumori molesti e compagnie indesiderate, quando pensava di essere ormai definitivamente solo, aveva iniziato ad aprire realmente gli occhi. Suoni, musica, parole e poi il liquido e cangiante blu di un vestito audace davanti a sé, un colore in mezzo agli altri e al contempo l’unico verso il quale fosse realmente attratto. Il ricordo di un compleanno dimenticato come tutti i precedenti, ma senza accusa, senza colpa, solo con la consapevolezza che sarebbe sempre stato così.
Che così era lui.
Un paio di mani delicate che stringevano il suo braccio, occhi sinceri che lo fissavano, labbra dolci che lo sfioravano per un attimo e una vita intera, e il pensiero illusorio di essere finalmente tornato a casa. Tutto spazzato via in meno di un secondo per tornare nuovamente alla rabbia e al rancore, alla vendetta rossa e cocente, lontano, così lontano, dal blu.
 

*

 
Aveva creato una corazza che lo proteggesse, che lo isolasse ancora di più dal mondo esterno facendo capire a tutti che lui non era come gli altri. Un modo per vendicarsi, per dare sfogo alla rabbia e alla frustrazione di non essere riuscito ad avere sempre tutto sotto controllo, di essersi piegato anche solo per qualche momento ad una volontà che non era la sua.
Un sistema per proteggersi, ma forse anche per redimersi ed avere una seconda possibilità.
Il reticolato blu della scansione elettronica del laboratorio sfavillò davanti ai suoi occhi increduli e stupiti. Era riuscito già una volta a creare un bozzolo, ma questo era più di un semplice guscio. Era la sua seconda miglior invenzione di sempre con uno schermo digitale sfavillante di informazioni, avvisi, dati, notifiche di un elettronico, asettico, freddo blu. Gioia, libertà, esaltazione e, per un istante solamente, l’oblio del passato nell’ebbrezza del volo appena scoperto, una chiazza rossa nel buio della notte fino al brusco atterraggio, su una corvette blu.
Fissò la sua iper-realtà, più concreta di qualunque altra cosa lo avesse mai circondato realmente nella quale si sentiva protetto, a suo agio, se stesso come mai era riuscito ad essere. Una lega di oro e titanio con un cuore e un cervello blu in cui essere finalmente qualcosa di diverso, ma fissando entusiasta il suo lavoro prendere vita temette per un attimo che quel blu lo avrebbe avvolto fino a coprirlo interamente e avrebbe richiesto un prezzo enorme per la sua protezione. Quel minimo contatto umano che aveva cercato in quegli anni, le donne che lo circondavano, lo inseguivano, lo bramavano, spazzate via dal blu. Non contava più niente, non c’era più niente che si potesse fare, non c'era nessun vernissage, non c'era una serata di beneficenza, non c'era nulla da firmare.
C’era solo il blu.
 

*

 
E nel blu era anche finito l’ultimo scampolo di vita passata, l’ultimo collegamento con la sua giovinezza, l’ultimo legame con quello che era stato e che non sarebbe più tornato. Fiducia, amicizia, stima e fanciullesca speranza di essere realmente importante per qualcuno che avrebbe dovuto prendersi cura di lui, guidarlo, scortarlo e proteggerlo come un padre, tutte morte nel blu. L’angoscia della morte, la speranza di pace e riposo, poi la rabbia e, per la prima volta, la paura per qualcun’altra che lo aveva aiutato a dispetto di tutto, sapendo di farlo solo per lui.
Una nuova possibilità venuta dalla prova di avere un cuore, l’opportunità che diventava necessità e quindi urgenza di salvarla.
E per una volta non era stato solo, insieme nella lotta fino alla consapevolezza di dover rischiare tutto quello che si era guadagnato fino a quel momento per arrivare alla vittoria. Era stata una pura questione di fiducia e di coraggio illuminata dal blu dell’enorme reattore. Quello che era stato solo un esperimento di ricerca, fino a quando non era diventato il suo cuore, ancora una volta lo aveva salvato rischiando nello stesso momento di ucciderlo, e di uccidere anche lei.
Un bagliore blu illuminò la notte, un blu accecante e abbagliante, una serie di lampi di fredda luce elettrica sparsi nel cielo oscuro e infine il rosso delle fiamme e del calore che inglobò il blu, spegnendolo nell’oblio.
 

*

 
Nel blu la possibilità di sprofondare tutto nel silenzio, nella relativa sicurezza e, per una volta, nella moderazione e riservatezza. Una serie di foglietti blu con la versione plausibile e assolutamente realistica di quello che era successo. Doveva solo leggere e attenersi al testo, per una volta mettere da parte l’ego e la mania per nascondere la realtà a favore di una sicura menzogna.
Il tempo scorreva veloce, intrappolandolo nella sua decisione: fare quello che gli veniva detto o dare credito a se stesso ed elevarsi al rango di eroe. La presa di coscienza di non riuscire a dimenticare il blu, né quello del suo cuore né tantomeno quello che lo stava osservando sperando che, per una volta, facesse la cosa giusta.
Flash, domande, agitazione e curiosità di sapere. Il tentativo sincero di fare quello che andava fatto e poi una domanda, l’ipotesi di poter essere un supereroe e la risposta che gli salì alle labbra e vi sfuggì, incontrollabile e incontrollata.
E poi di nuovo flash, domande, essere il centro dell’attenzione amato e invidiato da tutti, dimenticando per un momento il blu e tutte le conseguenze che quelle quattro parole avrebbero avuto.
Io sono Iron Man.
 

*

 
Blu era il colore delle cattive idee.
Il colore con il quale aveva deciso di rappresentare la sua intera esistenza agli occhi del mondo, con il quale aveva stabilito di far vedere una volta in più che lui poteva fare qualsiasi cosa gli venisse in mente, per quanto inutile, futile, stupida o pericolosa potesse essere, senza badare a niente e nessuno, solo per il fatto che ne aveva voglia e poteva.
Cercò di sommergere un altro blu che era sempre più preponderante nella sua vita, di nascondere ai suoi stessi occhi il fatto di essere solo. Persone, voci, ovazioni, applausi lo circondavano, mani stringevano le sue, flash scattavano e tecnici gli spiegavano comandi, come se ne avesse bisogno. Il rombo dei motori potenti sovrastava il silenzio della sua mente, di una fine annunciata e inevitabile.
Sapeva cosa fare, salire in auto, schiacciare l’acceleratore e correre, fuggire, sfrecciare sulla pista così come aveva cercato di rifuggire a tutto e tutti, sapendo di stare fuggendo da qualcosa che non si poteva distanziare, sapendo che al traguardo l’oscurità sarebbe stata ad attenderlo come una delle sue molteplici amanti, lo avrebbe stretto in un abbraccio freddo e oscuro lasciandolo inerme e senza fiato. Spossato, distrutto, sudato e senza speranza.
Solo.
Aveva deciso lui di essere solo, sarebbe finita così come era iniziata e com’era proseguita per tutto quel tempo, nella solitudine attorniata da migliaia di persone, voci, suoni e rumori indifferenti.
Solo lui e il suo blu finché anche quello non si fosse spento nel buio. 
 

*

 
Il dolore, l'affanno, la stanchezza che lo sfiancavano lentamente portandolo sempre più a chiudersi nel suo mondo solitario, lasciando fuori chiunque altro cercasse di farsi strada nel suo animo. Il suo cuore, quello che era stato vivo e pulsante negli anni della sua giovinezza, si era corazzato dentro una gabbia ben prima che lui lo richiudesse in un bozzolo di metallo blu pulsante. Solitudine, silenzio, isolamento erano stati i suoi compagni per così tanto tempo che non ricordava più come fare a fidarsi di qualcuno.
Il suo personale cruciverba blu ad alta tecnologia si stava irradiando velocemente dal torace, risalendo rapidamente dal suo cuore metallico verso il collo. Panico, rassegnazione, dolore e di nuovo la sua difesa verso il mondo che lo circondava e minacciava di sopraffarlo. Fiumi di alcol, donne, battute scadenti e l'allontanamento di chiunque a cui potesse affezionarsi realmente. Poi, inattesa, la speranza giunta dalla persona più improbabile.
Fissò il reticolato molecolare, una serie di atomi collegati tra loro apparentemente instabili, ma realmente unica sua possibilità rimasta. Una serie di sfere blu, come tutte le altre cose importanti della sua vita belle o brutte, felici o tristi, immerso nella loro luce brillante che rappresentava in quel momento tutto il suo mondo. Sorpreso, estasiato e commosso da quell'aiuto inaspettato.  
Con un gesto improvviso racchiuse il suo futuro in un unico elemento, un ammasso di particelle elementari sfavillanti di blu intenso, brillante, vivo.
Aveva un lavoro da fare.
 

*

 
La relativa pace faticosamente guadagnata, la speranza di un futuro possibile con un nuovo cuore e lontano dalla solitudine, tutto spazzato via da un cubo di brillante luce blu. Un concentrato di energia aliena, il ricordo di un passato solo raccontato, un retaggio che tornava a soverchiarlo di responsabilità ereditate. Una squadra di personaggi improbabili, anime sperse provenienti da posti e mondi diversi con un unico tratto in comune, l’emarginazione in tutte le sue forme.
E poi la presa di coscienza dell’esistenza dell’amicizia, il dolore e la frustrazione per essere arrivato troppo tardi e la nascita della volontà di poter finalmente far parte di qualcosa, sebbene qualcosa di inverosimile come una gruppo di supereroi che non sanno di esserlo.
Vide lo scettro sfavillante di aliena luce blu avvicinarsi al suo cuore metallico, al suo blu, e sentì la paura farsi strada in lui. Ansia, affanno, preoccupazione di diventare parte del blu alieno, di essere costretto ad abbandonare tutto quello che aveva faticosamente ottenuto.
E poi la salvezza proveniente dal suo cerchio di luce, di nuovo. Il dubbio e l’inquietudine sul volto del piccolo cervo davanti a sè e un sorriso ironico che scaturiva sulle sue labbra.
La rinascita della speranza.
 

*

 
Azzurro del cielo, blu del portale alieno, nero dello spazio. Nero della notte, della morte, della fine di ogni speranza, della fine e basta. Si gettò verso quel blu con la mente svuotata da ogni pensiero, quasi con gratitudine, alla disperata ricerca di un po’ di pace. C’era un problema che andava risolto, c’era qualcosa da aggiustare e quella era l’unica cosa che davvero sapeva fare bene. Poco importava il resto, poco contavano le persone con il naso all’insù ad osservare il lampo rosso, poco valevano le voci nell’auricolare, poco influiva il frastuono della battaglia per strada, finalmente c’era la promessa di silenzio, fresco, pace, buio.
Oltre il blu, finalmente.
Ebbe solo un unico rimpianto, un unico pensiero fisso in quell’assenza di idee, un’immagine che tremolava davanti a suoi occhi e su cui fissò la sua attenzione per non perdersi nel buio.
Il blu, la sua missione era quella, lo era sempre stata. Lo oltrepassò gettando contemporaneamente fuori l’aria dai polmoni in un sospiro e si rese conto che il nero era vuoto, silenzio, freddo, ma non pace né tranquillità. Ebbe paura, sgomento, si sentì perso in quell’assenza di colore. Chiuse gli occhi nel momento in cui le luci attorno a lui si spegnevano definitivamente e si lasciò andare per ricadere nel vuoto, nella speranza, nel suo blu.
 

*

 
Lo stesso blu che aveva bramato in passato, il blu oscuro e fresco dell’oceano sconfinato e silenzioso nel quale aveva pensato e sperato di potersi perdere per sommergere il rumore della sua vita lo inglobò, soffocandolo.
Paura, dolore e poi angoscia, ansia, terrore di una crisi di panico.
Il respirò accelerò, il cuore iniziò a battere furiosamente nel petto e i polmoni bruciarono nel tentativo di ossigenare il sangue, mentre l’oceano si chiudeva sopra di lui insieme ai resti della sua casa, di quello scampolo di apparente vita normale che era riuscito faticosamente a mettere insieme sfuggendo al blu.
L’acqua gelida gli lambì il volto, infiltrandosi a tradimento nella sua ennesima corazza, mentre il panico lo avvolgeva come una coperta, impedendogli qualunque movimento. E poi l’aiuto di un amico, la presa di coscienza di dover e poter fare qualcosa, di aver lottato troppo per lasciare che tutto finisse così. La volontà di riemergere nel cielo, sereno a dispetto di tutto quello che era successo, il desiderio di librarsi ancora una volta nell’azzurro terso del mattino luminoso, così simile, ma anche così diverso, dal blu che lo stava rapidamente uccidendo. Una mano tesa, un brandello di volontà residua, un lampo rosso lanciato nel cielo e l’incoscienza della meta finale nel buio oltre il blu.  
 

*

 
Finalmente lo capì.
Il blu della sua vita.
Dopo anni passati ad inseguire un miraggio, dopo anni di missioni, di tentativi, di rappresentazioni e di mascherate. Dopo la paura della morte, la morte della speranza, dopo il terrore e il panico, l’ansia e infine la disperazione.
Aveva visto il vero blu.
Lo aveva visto circondato dal rosso delle fiamme che li attorniavano, aveva sentito la sua freschezza nel caldo torrido, la sua sicurezza nell’incertezza di quello che sarebbe successo. Lo aveva visto nonostante la distruzione della sua corazza, aveva capito che il blu che aveva nel petto non era quello del suo cuore, ma un pallido simulacro. Aveva preso atto che il suo cuore era sì blu, ma non si trovava in quel freddo metallo rilucente di luce, il suo vero cuore risiedeva in due iridi azzurre che lo fissavano con un misto di paura, speranza, fiducia e pura e semplice gioia. 
Strinse forte la presa, abbracciò con tutta la forza che aveva, immerse il volto nella massa di capelli ramati così assolutamente familiari come tutti gli altri erano sempre stati estranei e freddi. Si aggrappò al suo blu quasi disperatamente, ringraziando silenziosamente il fato, la fortuna, il destino, dio per averlo ancora al suo fianco.
Blu.
Tutta la sua vita era sempre stata in quel blu, ma aveva dovuto rischiare di veder spegnere quella luce per sempre per rendersene conto.

*

 
La presa di coscienza di non aver bisogno di un cuore di metallo pulsante di blu per essere sicuro di avere ancora un’anima, la sua anima era sempre stata lì, al suo fianco. La consapevolezza di essere una persona completa, di non essere solo un’armatura brillante, ma l’eroe dentro di essa.
Finalmente pace, tranquillità, vita e luce al posto di buio, dolore, paura e rumore di fondo. La cognizione di aver perso tutto e al contempo di aver salvato l’unica cosa senza la quale non poteva vivere. Ricominciare da capo, ricostruire e riparare lontano dal quell’oceano blu profondo, sotto un altro cielo limpido azzurro ben sapendo che il suo blu sarebbe stato con lui in ogni momento.
Prese il metallo ormai spento che era stato il suo cuore e lo soppesò tra le mani prima di lanciarlo lontano nel mare insieme a tutto il resto, in quello stesso blu che lo aveva ghermito e intrappolato solo qualche giorno prima, in quel blu che lo avrebbe ucciso senza nessun rimpianto, ma che invece lo aveva lasciato andare per dargli la sua ennesima possibilità di riscatto.
Finalmente libero dalla sua corazza e dalle sue costrizioni, affrancato da tutto ciò che lo aveva stretto in quegli anni rendendolo contemporaneamente quello che era diventato.
La presa di coscienza di essere se stesso, sempre.
Lui era Iron Man.
 

  
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