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Autore: Hoi    28/05/2013    1 recensioni
Loki non è stato catturato su Midgard, al contrario è fuggito e vaga tra i mondi alla ricerca di un luogo in cui fermarsi.
"Mai più Asgard avrebbe aperto le dorate porte in suo onore e Midgard, ancora portava le cicatrici del suo ultimo viaggio ed il sapore dalla sua più grande sconfitta. Dunque, dove altro andare?"
"Come neve appena caduta, un soffice abito bianco la avvolgeva. Sottili come fili tessuti da un ragno i lisci capelli erano ordinatamente raccolti da lunghi spilloni di vetro, che le incoronavano il capo. Nella sua pelle di madreperla erano incastonati due occhi affusolati, in cui l’immagine del dio si rifletteva."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mai più Asgard avrebbe aperto le dorate porte in suo onore e Midgard, ancora portava le cicatrici del suo ultimo viaggio ed il sapore dalla sua più grande sconfitta. Dunque, dove altro andare? Non a Jotunheime. Fosse anche davvero la terra dei suoi natali, non l’avrebbe comunque mai considerata la sua casa. Che morisse ogni gigante del gelo. Se fosse rimasto lui soltanto di quella indegna razza, nessuno sarebbe mai riuscito a svelare l’inganno celato nel suo sangue e lui sarebbe mutato nei fatti, in un figlio di Asgard. Per un fugace momento la mente del dio si soffermò su quel pensiero. Tornare a Jotunheim per far sì che nessuno vi tornasse mai. Se avesse terminato ciò che il Padre degli Dei aveva lasciato in sospeso forse egli... Con lo stesso gesto che un tempo usava per allontanare le serve di palazzo, scacciò quel pensiero, prima che prendesse forma completa. Già una volta si era trovato sconfitto in quel medesimo proposito e certo, avrebbe potuto ritentare e raggiungere la grandezza, ma non ora. Ora il suo corpo stremato dalla guerra ed il suo orgoglio straziato esigevano riposo e non sarebbe stata Jotunheim a donarglielo. Molti altri erano i rami di Yigdrasil a cui si sarebbe potuto rivolgere, eppure, ovunque il suo sguardo chiedesse asilo, era il suo cuore che rispondeva no. Non perché ne disprezzasse le razze, o perché gli fosse precluso l’ingresso, bensì perché su tutte aleggiava imponente e tetra l’ombra della sua stessa gioia. L’ombra di Thor, che l’abbracciava a Mustpellheim, dopo che fianco a fianco avevano sfidato e sconfitto i più potenti demoni. L’ombra di Volstagh, che lo accusava ridendo di barare, quando per l’ennesima volta era uscito sconfitto in una gara di bevute a Nidavellir. L’ombra di Sif, quella volta che calò una mano sulla candela, quando erano rimasti loro due soli a Svartalfheim, quando ancora lui era un principe ed un dio. Ora, non era più né l’uno ,né l’altro. Forse, non era più nulla di ciò che era stato. Se così doveva essere, come un’anima che si rincarna  divenendo un nuovo essere, si sarebbe lavato via il peso di quei ricordi. Avrebbe conosciuto la luce, ma solo discostandosi dall’ombra di quell’albero. Guardò quindi più in là dei nove regni, tanto che quasi perse la strada, ma infine trovò ciò che cercava.
 
Dall’alto del suo trono di vetro la dama più bella che i suoi occhi avessero mai visto lo osservava. Nel momento stesso in cui i calzari del principe caduto avevano toccato terra, lei lo aveva saputo. Di questo si rendeva conto Loki, soltanto adesso che le era innanzi. Forse, avrebbe agito altrimenti se ne fosse stato a conoscenza. Non per vergogna o timore, bensì per evitare la visione del proprio riflesso in quei freddi specchi che erano i di lei occhi. A lungo non gli fece domande la dama, non ce ne fu bisogno. Era un incantatore solo questo contava. Il resto, non era che brina sulle fogli di Yigdrasil. Una reazione naturale ed indispensabile per tutti gli insetti che nell’albero s’annidavano, ma per lei soltanto uno scintillio, che il sole di mezzogiorno avrebbe dissipato. Quello che aveva innanzi però era ben più che un insetto. Si era nutrito di linfa ed aveva imparato ogni segreta via della sua dimora. Un leggero sorriso le scivolò sulle labbra e per un istante, quello scintillio svegliò in lei un antico desiderio di sapere.
“Per quale motivo, tu che tanto hai appreso da Yigdresil ne fuggi?”
La domanda non lo sorprese e lesto di lingua come sempre il dio le rispose che non altra brama se non quella di conoscenza ardeva in lui, dunque, perché restare oltre? La dama non rispose. Erano grandi i suoi occhi e sottile il suo udito, ma la medesima brama la divorava, così, soggiogata da un’insolita solidarietà non scorse la menzogna.
Da quella nuova posizione di vantaggio Loki poté finalmente soffermarsi ad osservare colei che gli era innanzi. Come neve appena caduta, un soffice abito bianco la avvolgeva. Sottili come fili tessuti da un ragno i lisci capelli erano ordinatamente raccolti da lunghi spilloni di vetro, che le incoronavano il capo. Nella sua pelle di madreperla erano incastonati due occhi affusolati, in cui l’immagine del dio si rifletteva. Coperto da pelle nera Loki era una macchia in quel candido mondo di vetro. No, neanche quel luogo l’avrebbe accolto. Aveva abbandonato ogni cosa conoscesse, e non era servito. Qualunque cosa fosse stato in origine, il Padre degli dei aveva oscurato la realtà, rendendolo figlio suo. A nulla era valso sottrarsi  a quella menzogna. Come una fiamma l’aveva logorato, lasciando di lui e di ciò che sarebbe potuto essere, soltanto un’ombra sorretta da uno scheletro di carbone. Questo era ciò che restava di lui ed il riflesso che scorgeva negli occhi di lei. Ma non era questo che ella in lui vedeva. Certo, era un corpo arso dalla menzogna quello del dio. Una terra nera, ormai consumata. Una terra in rinascita, su cui germogliava una verde nuova vita. Non se ne sarebbe mai reso conto il dio, troppo era il dolore che gli straziava il cuore e ottenebrava la mente. Non era nulla, dunque sarebbe potuto mutare in qualunque cosa e già stava accadendo. Senza che lui lo desiderasse forse, ma inesorabilmente procedeva. Anche se non verso ciò che ella avrebbe voluto. Gli occhi della dama scavarono più a fondo in lui, fino a scorgere la scheggia di ghiaccio ch’egli custodiva, l’incarnazione stessa delle sue origini, protetta dal suo dolore. D’improvviso, un ricordo di ere lontane la raggiunse.
“In un altro tempo, conobbi un giovine nel regno degli uomini. Egli era come te. Kai, così si chiamava. Kai...” La dama si soffermò a lungo su quel nome, assaporandone il suono e lasciando che anche il dio lo facesse.
“Era inverno quando lo conobbi. Da principio non capii cosa in lui differisse da ogni altro. Poi vidi i suoi occhi. Immerso nel verde acceso v’era conficcato un frammento di inverno. Una sottile scheggia di gelo. Non seppi mai come vi fosse finita, ma con lei il freddo stesso entrò nel suo corpo e nel suo spirito”
Per quanto desiderasse continuare in quel racconto la dama s’interruppe. Come accadde hai dipinti, una sottile patina nera aveva nel tempo, coperto quel ricordo ed ora, le risultava difficile leggere ciò che vi era disegnato. Che non fosse ghiaccio quello? Forse vetro... Ed era stata lei, complice del vento a punirlo in tale modo? Ma se così era, quale fine si era proposta? Un gelido sospiro le scivolò sulle labbra. Quei ricordi, al medesimo modo dei fiocchi di neve, si scioglievano, ogni volta che credeva d’averli afferrati.
Di quel lungo silenzio approfittò il dio dell’inganno che di tutto, un unico dettaglio aveva appreso: ella conosceva Midgard. Se v’era un'altra strada per raggiungere i nove regni, un sentiero più rapido, lui doveva scoprirlo.
“Molta è la strada che vi separa dal regno degli uomini...” Non fu necessario che terminasse di parlare. Lo sguardo di vetro della dama gli ricadde addosso, severo. Sapeva cosa egli volesse, ma non l’avrebbe ottenuto. Possedere i segreti di Yigdrasil, era ben altra cosa rispetto al conoscere ciò che ella sapeva. Un insetto sorprendete era quello che aveva innanzi, ma pur sempre un insetto.
“È di Kai e di come trovò la salvezza che dovresti domandarmi” L’ammonì lei.
Con un sorriso d’inganno, mirato solo a compiacerla, lui la invitò a continuare. Non v’era nulla nelle vicende degli uomini che lo interessasse, ma avrebbe assecondato la dama. Null’altro poteva fare.
Oramai consapevole ch’egli non capiva, esitò a continuare. A nulla sarebbe valso il narrargli quella storia. Nascosto nella sua corazza d’odio, l’incantatore era ormai sordo ad ogni avvertimento. Avrebbe comunque tentato. Immense erano le conquiste ch’egli avrebbe potuto raggiungere se la pena non l’avesse reso tanto cieco ad ogni altro traguardo che non fosse la vendetta.
“Non fu Kai a trarsi in salvo. L’inverno stesso gli era entrato in corpo ed il freddo aveva spento ogni desiderio in lui. Qualcuno però l’aveva amato, tanto da viaggiare contro il vento gelido e sfidare inganni e menzogne d’ogni sorta. Non ricordo il suo nome, né il viso. Ricordo le sue vesti rosse, come rose appena sbocciate. Ricordo i suoi capelli del color del grano e ricordo le sue lacrime sincere. Fu una di queste, che mentre lo stringeva a sé, scivolò sul viso di Kai, insinuandosi nei suoi occhi. Come a primavere la neve si scioglie e da un tenue gocciolio diviene un ruscello, così fece Kai che da quella lacrima si fece guidare e per la prima volta pianse, fino a sciogliere quel frammento d’inverno.”
Non v’era altro da dire, né risposta che valesse la pena ascoltare, quindi la dama scacciò il principe caduto. Con un solo geto della mano lo riportò ai piedi di Yigdrasil, da dove proveniva.
Era tornato al punto di partenza senza ottenere nulla. Irritato per il tempo perso, Loki ricominciò a vagare, mentre già la sua mente si dimenticava della dama e delle sue storie.



    Ciancie inutili
Nella fiaba di Anders (a cui mi sono ispirata), la Regina delle Nevi è una dama crudele che rapisce i bambini. Io mi sono presa la libertà di farla diventare una signora quantomeno misuratamente buona...
A salvare Kai è la sua migliore amica, una bambina di nome Gerda. il dettaglio è ovviamente omesso per far quadrare meglio la descrizione su Thor, anche se non credo che il senso sarebbe cambiato di molto...
è la prima volta che mi cimento con una storia ed un lessico del genere quindi spero non sia stata troppo pesante, pallosa o ridicola......
  
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