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Autore: Lantheros    29/05/2013    2 recensioni
Seconda ed ultima parte di quanto iniziato con Cavalcare la Tempesta.
La conclusione della storia tra due pegasi molto speciali, che impararono a volare anche senz'ali.
La storia dei due Campioni di Equestria.
Dash ed Icarus troveranno un modo per rivedersi.
Troveranno qualcosa per cui gioire
E poi perderanno tutto...
...apparentemente.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rainbow Dash
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Calendula

 

    Soltanto pochi minuti separavano l’ora di mezzogiorno dalla lezione della signorina Cheerilee, che le sembrava eterna quanto noiosa.

Geografia d’Equestria.

No, davvero, poteva esserci qualcosa di più tediante?

Scootaloo poggiò i gomiti al banco e affondò gli zoccoli nelle guance, non riuscendo a nascondere le palpebre calanti. Il quaderno con gli appunti riposava indiscreto sotto al suo muso e riportava schizzi, scarabocchi e una partita ad “affonda la nuvola” finita alquanto male.

Scrutò i compagni: una parte ascoltava assorta (o almeno… così sembrava) mentre i rimanenti parevano sul punto di un collasso mentale. La sua attenzione finì quindi su una delle ampie finestre, da cui intravide il cielo azzurro, degli alberi e un duo di uccellini saettare veloce.

Sospirò, conducendo l’attenzione ad un punto indefinito sul banco.

“Scootaloo?”, intervenne improvvisamente la maestra, riportandola alla realtà.

La puledrina scosse il capo, sgranò gli occhi e si intirizzì: “Oh! Ehm… sì??”.

Il pony rosa la stava fissando con viso ammonitore.

“Allora… cosa stavamo dicendo? Con cosa confina Appleloosa?...”.

L’altra atterrì. Si grattò la criniera e cercò di racimolare nervosamente qualche parola:  “A-ah… Appleloosa?... Apple… Appleloosa confina… con…”.

“…Con?”, le fece eco l’insegnante.

“…Con…”.

Il trillo della campanella giunse improvvisamente, accompagnato quasi subito dal rumore dei compagni che ripulivano i rispettivi banchi da libri, matite e quaderni.

Cheerilee intensificò l’espressione di rimprovero, cui rispose quello sorridente e imbarazzato della piccola.

Questa volta l’aveva scampata.

 

    Non appena fuori dalla scuola, circondata da una piccola marea di puledrini al trotto, Scootaloo si accertò che lo zaino fosse ben saldo sulla groppa, infilò il casco di protezione, prese il suo fido monopattino e…

“Ehy, Scoot!”, fece una vocina di bimba, all’improvviso.

Applebloom e SweetyBell l’avevano raggiunta immediatamente, con quest’ultima desiderosa di parlare: “Ehy! Dove vai così di fretta?!”.

Il pegaso arancione si fermò giusto prima di far ronzare le ali.

“…Fretta?”, chiese.

“Già!”, intervenne la puledra col fiocco, “Sei schizzata via come un fulmine!”.

“E per poco la signorina Cheerilee non ti faceva una lavata di capo!”.

“Eh… sì. Meno male che è suonata la campanella…”, rispose Scootaloo, senza prestar loro troppa attenzione.

L’unicorno aggrottò le sopracciglia: “Ehy, Scoot… che ti prende?”.

“Eh? In che senso?”.

“Sei ancora tra noi? Sembri assente…”.

“Ah… no, no… È che… devo andare…”.

“Andare dove?”, chiese Applebloom.

“Hai fretta di andare al lago??”, esultò il pony bianco con entusiasmo ed un enorme sorriso.

“Sìì!”, continuò l’amica dai crini rossi, “Non vedo l’ora!! Un intero pomeriggio al lago, tutti assieme!!”.

Il piccolo pegaso gettò lo sguardo verso il fondo dello sterrato, che conduceva al centro di Ponyville.

“Uh… sì”, rispose, “Devo… dobbiamo andare al lago…”.

“Sì ma”, la interruppe Sweetybell, “Ci vorranno ancora un’oretta o due prima dell’appuntamento… Non è che c’è tutta ‘sta fretta, eh…”.

“No, no!”, si affrettò a spiegare, “Lo so bene! È che… prima c’è… c’è una cosa che devo fare…”.

Le due amiche si osservarono con aria interrogativa, mentre Scootaloo sembrava non stare più nel pelo per l’impazienza.

“…Ooookay, allora…”, buttò lì Applebloom, “Se devi andare… vai…”.

Ma la puledra dagli occhi viola capì che non stava prestando loro le dovute attenzioni, così cercò di rimediare.

“Oh… io… scusate ragazze”, ammise con sincerità, grattandosi la fronte, “Sono solo… un po’… ecco… Non volevo che sembrasse vi stessi ignorando…”.

La amiche la ascoltarono, prima con perplessità, e poi mostrarono in un grande sorriso.

“Tranquilla Scoot!”, la rassicurò l’unicorno, strizzando gli occhi dalla gioia, “Se hai da fare, non c’è problema! Ci vediamo oggi al lago, in ogni caso!”.

Il pony arancione si sentì risollevato e fu contento di avere delle amiche così comprensive. Rimandò loro un tenero sorriso, appena accennato: “Grazie, ragazze…”.

“Bah, è che c’è da ringraziare??”, ammise Applebloom, compiendo un gesto a mezz’aria con lo zoccolo, “Anzi, vedi di portare qualcosa con cui giocare, oggi! È una bella giornata e non voglio perdermi un solo minuto!”.

L’altra sorrise ancora una volta, si girò verso la strada e… partì come un fulmine!

Le due rimasero ad osservarla mentre si allontanava sul proprio veicolo, sollevando una lingua di polvere dietro di sé.

Quando scomparve tra gli edifici lontani, non poterono fare a meno di scambiarsi qualche parere.

“Certo che…”, sussurrò Sweetybell, “Ultimamente è un po’… strana… O sbaglio?”.

“Beh… non più del solito…”.

“Sì ma… intendo… Di solito ci incontriamo come di consueto… però… ci sono delle volte che si assenta per un’intera giornata”.

Applebloom alzò le spalle e prese la strada di casa: “Mah, alla fine non è un problema. Ci vediamo praticamente tutti giorni”.

L’altra, che condivideva un tratto del percorso con lei, la seguì a ruota: “No, no, non è un problema. Mi chiedevo solo… come mai…”.

Il duo si fermò.

“Pensi che centri…”, buttò lì il pony giallo.

“Intendi… quel pegaso?”.

“Icarus”.

“In effetti”, aggiunse pensierosa, riprendendo a camminare, “Da quando è successo quello che è successo… Scootaloo sembra stargli attaccato ogni volta che può…”.

 

*** ***** ***

 

    E la giornata, effettivamente, era proprio bella.

La piccola Scootaloo sfrecciò sul terreno battuto, ignorando però gli ostacoli con cui era solita dilettarsi in evoluzioni da scavezzacollo. Sembrava avesse una certa fretta.

Il cielo era azzurro, con qualche nuvola appena. Gli alberi verdi e rigogliosi. Un odore vagamente speziato rimandava ad un’estate fin troppo precoce ma pur sempre in grado di regalare una potenziale, bellissima giornata.

Il pegaso giunse quindi nel centro di Ponyville dove, questa volta, fu realmente costretto a destreggiarsi in pratiche piuttosto azzardate, onde evitare passanti, carretti e bancarelle (era pur sempre l’ora di punta). Fu abilissima ma, a differenza delle altre volte, non sembrò bearsi delle proprie capacità: sembrava più intenzionata a percorrere quanta più strada poteva nel minor tempo possibile.

Dopo qualche minuto e un paio di svolte tra le tipiche casette della cittadina, giunse finalmente a destinazione.

    Un grosso albero, adibito a mo’ di casa, si ergeva non molto lontano da lei.

Si fermò e rimase qualche istante ad osservarlo in silenzio. Poggiò quindi il monopattino e agganciò la cintura del casco alle maniglie.

Si diede giusto una pettinata veloce con una zampa e poi… ebbe qualche fugace pensiero.

Quello, lo sapeva, era il luogo dove li avrebbe trovati.

Perché lo sapeva? Perché Rainbow Dash l’aveva detto a Fluttershy. E Flutterhy, trascinata da Rarity nel centro di bellezza, lo aveva detto all’unicorno bianco. E quando Rarity viene a sapere una cosa, poi si diffonde a mezza Equestria.

Non aveva mai fatto una cosa simile. Però… da quando… era successo quello che era successo… non era mai riuscita ad avere un attimo di calma sola con loro.

Il ricordo era ancora così vivido, nella sua mente…

 

Doveva essere una giornata come tante e invece venne portata da Twilight direttamente nella piazza di Canterlot, in mezzo a centinaia d’altri pony. Non sapeva cosa aspettarsi, ai tempi. E non le importava molto, visto che ancora soffriva per quello che era successo da pochissimo a… a Rainbow Dash. Non riusciva ad accettarlo. Non POTEVA accettarlo. Lei, il suo idolo, il suo modello, la sua campionessa… senza… senza più…

Ma poi… ci fu quel momento di silenzio assoluto, in cui tutti puntarono gli occhi al telo che ricopriva la balconata su cui era solita affacciarsi la regnante. Giunsero quindi due pegasi imperiali e, quando sollevarono il tutto…

 

Loro erano lì.

 

Rainbow ed Icarus.

 

E, in quell’istante, appena superata la sorpresa iniziale… provò rabbia. Non riusciva a sopportare quel pegaso… L’aveva giusto incontrato una volta ma tanto le era bastato. Chi era? Cosa aveva di speciale? Non poteva nemmeno volare… e… come se non bastasse… fu a causa sua se Rainbow perse a sua volta tale capacità.

 

Il discorso di Celestia, tuttavia…

Se lo ricordava ancora, testualmente, come se lo avesse inciso nella memoria: “Voi non siete solo due semplici pony. Dopo tutto quello che avete passato. Dopo tutto ciò che avete sacrificato e imparato l’uno dall’altra. Dopo aver cavalcato la tempesta. Dopo aver compiuto l’ultimo volo. Dopo aver compiuto tutte queste cose… Voi siete indubbiamente… i veri Campioni di Equestria”.

 

I… veri campioni di Equestria, aveva detto. E poi… aveva aggiunto una cosa…

 

“Io stessa… non so dove avrei trovato la forza per reagire come avete fatto voi due. I Campioni di Equestria.

I pegasi che dimostrarono al mondo intero… che si può volare anche senz’ali…”.

 

Quell’ultima frase… l’aveva lasciata letteralmente a bocca aperta, proprio come se un fulmine l’avesse folgorata.

 

Volare senz’ali…

 

Come poteva essere? Come può un pegaso volare… senza ali?

E, nel suo piccolo cuore, qualcosa la scosse improvvisamente. Si girò ed osservò i suoi fianchi, le sue piccole ali dalle piume arancioni.

 

Volare senz’ali…

 

    Tornò al presente.

Provò un leggero senso di vergogna misto a tristezza… poiché solo dopo si rese conto di cosa fosse REALMENTE accaduto tra Icarus e Dash. Solo dopo iniziò a capire il vero significato del gesto di Rainbow. Solo dopo sentì la gioia che la sua amica provava ogni volta che stava con quel pegaso dalla folta chioma viola. Solo dopo… iniziò lei stessa a frequentarlo… e non capiva come mai… si trovasse così bene con lui.

E ancora non gli aveva chiesto scusa per le cose orribili che gli aveva detto quel giorno… il giorno in cui si incontrarono dalla casetta sull’albero.

La rabbia fa dire cose che non vorremmo, il più delle volte.

    Ma non era tempo per assillarsi con simili pensieri.

Si avvicinò all’abitazione di Twilight e notò con curiosità un paio di batuffoli bianchi fluttuare a circa mezzo metro dal terreno: gli aveva già visti, in passato. Dovevano essere quelle nubi che Dash ed Icarus utilizzavano per spostarsi da Cloudsdale a Ponyville, spinti solitamente da Fluttershy, Thunderlane o altri pegasi.

Mise uno zoccolo davanti all’altro, fino ad arrivare vicinissima ai cirri incantati.

Non era la prima volta che osservava delle nuvole da vicino e Rainbow l’aveva portata più volte in mezzo ad esse, quando ancora poteva volare… ma nessuno sarebbe mai riuscito a condurla alle rarefatte altitudini dove i cumuli si assottigliano fino a divenire lingue fumose. Ed ora ne aveva due esemplari giusto davanti al muso. Erano stranissimi… sembravano composti di foschia, nonché pronti a disperdersi nel nulla da un momento all’altro.

Si guardò attorno, sincerandosi che non ci fosse nessuno, quindi si issò sulle zampe posteriori e diede un colpetto su uno dei cirri. Quest’ultimo rispose con un rumore simile ad una bolla d’aria che si agita dentro all’acqua e oscillò un paio di volte.

La porta dell’edificio si spalancò improvvisamente, facendole salire il cuore in gola.

 

    Fluttershy schizzò via come un fulmine, mentre una energica voce maschile provenne dall’interno: “HO DETTO CHE NON CI VENGO!!”, ruggì Icarus.

“Oh, tu ci vieni eccome!!”, ribatté Dash, sempre dall’interno.

Il pegaso giallo si fermò, fluttuando a mezz’aria, con gli zoccoli davanti al muso e visibilmente spaventato.

“C-che succede??”, domandò Scootaloo perplessa.

“Oh… ecco…”, farfugliò l’altra.

Qualcosa, nello studio dell’unicorno, cadde a terra e si ruppe. Questa volta fu la voce della puledra viola a intervenire: “Per Celestia!! Piantatela!!”.

“Sarebbe molto più semplice se questo pegaso cocciuto la smettesse di fare il pony impossibile!!”, intervenne Rainbow.

“Io non voglio fare niente! Sei tu che non la smetti di perseguitarmi con le tue idee malsane!”.

Un porta documenti volò attraverso l’uscio e mancò Scootaloo di circa mezzo metro: probabilmente era diretto a Dash.

“Ehy! Le mie cose!!”, urlò Twilight.

“La smetti di fare il cocciuto??”, ribadì il pegaso blu.

“E tu la smetti di mandarmi all’esasperazione??”.

“Ah! Sarei IO quella che ti manda all’esasperazione??”.

La puledrina si girò verso Fluttershy, constatando come si fosse prontamente riparata dietro un cespuglio.

“Ma si può sapere che sta succedendo?”, le chiese.

“È… era tutto iniziato quando… quando siamo andati a trovare Icarus, mentre era da Twilight. Volevamo uh… portarlo al lago con noi…”.

“Beh, certo!”, commentò, “È da una settimana che stiamo organizzando la cosa!”.

“Sì ma… uh… Dash ha detto che non bisognava dirlo ad Icarus… perché…”.

“…Perché?...”.

“Perché, secondo lei, non sarebbe mai venuto spontaneamente. E così bisognava dirglielo all’ultimo e convincerlo”.

Il pony arancione inclinò il capo e aggrottò un sopracciglio: “Lui… lui non sarebbe venuto?... E perché?”.

Fluttershy si sporse dal riparo, per esprimersi meglio: “Ecco perché… Perchè è un’arrogante testa di legno, così mi ha risposto Rainbow quando gliel’ho chiesto anche io…”.

“Ah…”.

Si udì dell’altro trambusto e, sopraffatta dalla curiosità, Scootaloo decise di avvicinarsi e controllare.

    Mise appena il musetto dentro e quello che vide la lasciò esterrefatta.

Twilight e Spike si erano riparati dietro ad una porta. Tutto lo studio era sottosopra: libri per terra, soprammobili gettati alla rinfusa, fogli e altri oggetti sparsi ovunque.

Rainbow si ergeva minacciosa al centro della stanza mentre Icarus si trovava in fondo ad essa, dietro una pesante scrivania. Faceva sbucare giusto il viso, incoronato da uno scolapasta a mo’ di elmetto.

“Ragazzi, vi prego”, li supplicò Sparkle, senza esporsi più di tanto, “Fatela finita…”.

“Allora dille di fare dietro front”, dichiarò il pegaso grigio, con occhi sottili.

“Esci subito di lì e muovi quei quarti posteriori!!”, gli intimò l’amica dalla chioma arcobaleno.

“No”, concluse lapidariamente l’altro.

“Icarus!! Te lo dirò una volta soltanto! Oggi si va al lago e vieni anche tu, poche storie!”.

“Ci vai tu al lago, io rimango qui a studiare la legge delle proporzioni multiple”.

“Non se ne parla! Vieni al lago. Punto!”.

“No”, ribadì con noncuranza.

“Oh, vuoi vedere che ci vieni??”.

“Obbligami”.

Dash sorrise malignamente: “Oh… non aspettavo altro!”, e scattò verso di lui.

Icarus si era fatto due conti: gli bastò dare un colpetto all’enorme pila di libri accanto e questi crollarono sulla compagna, che si vide seppellire da metri di papiri e scartoffie. Dopo aver attuato la propria difesa, gettò lo scolapasta, uscì dal riparo e trottò sconnessamente verso il bancone con gli alambicchi, creandosi una nuova copertura.

“Si chiama movimento a sbalzi”, la informò, “Ed è la procedura standard per muoversi di copertura in copertura, nella tattica militare”.

Il pony dagli occhi rossi emerse lentamente, come una furia vendicativa, con fogli che le cascavano dalla groppa: “Tu… razza di… di…”.

“Pony. Razza: pony. Dominio: Eukaryota. Famiglia: Equidae. Genere…”.

Scootaloo aveva le fauci spalancate e non sapeva più cosa pensare.

Rainbow perse il controllo e si lanciò nuovamente contro di lui.

Icarus si limitò ad afferrare a casaccio una delle ampolle lì presenti, pronto a sfasciargliela sulla testa.

“FERMO!!”, sbottò Twilight.

I due si bloccarono all’improvviso, a meno di mezzo metro l’uno dall’altra.

“NON. ROMPERE. QUELLA. COSA!”, sentenziò l’unicorno.

Il puledro non aveva la più pallida idea di cosa fosse quell’affare ma cercò di cogliere la palla al balzo.

“Sentito, Dashie?”, la istigò, pronto a disubbidire alla padrona di casa, “Pare che questa roba sia pericolosa. Ti conviene non avvicinarti oltre”.

L’amica inscenò un sorriso smagliante quanto falso e, a denti stretti, gli comunicò: “Se non metti subito giù quel coso ti faccio passare un brutto quarto d’ora…”.

L’altro affilò lo sguardo: “Cos’è? Una sfida?”.

“Mettilo giù…”.

“No. Prima allontanati…”.

“Icarus… mi sto innervosendo…”.

“Dashie… Sai che non me ne frega niente, vero?”.

Il terrore si fece strada negli occhi della puledra viola… Nella mente si visualizzava ormai l’ampolla in frantumi.

…E infatti…

    Si udì un rumore di vetri che si rompono, nell’esatto istante in cui Rainbow balzò addosso al puledro. Un lampo accecante occultò tutto quanto, per una frazione di secondo.

Scootaloo fu abbastanza rapida da ritrarre il muso, un secondo prima che il fattaccio si compisse.

Attese qualche istante, chiedendosi che diamine fosse successo, e poi buttò un occhio all’interno.

Sparkle fissava terrorizzata ciò che la circondava: tutto, dai libri alle mura, dalle finestre ai tappeti, era stato invertito di colori con gli oggetti limitrofi. Tutto quanto… inclusi gli occupanti.

Dash era arcobaleno dalla testa agli zoccoli, con coda e crini blu. Icarus era viola e la chioma grigio perlaceo. Twilight sembrava aver subito la minor variazione cromatica, essendo quasi tutta viola, ma ora aveva sul petto le strisce che portava solitamente sulla frangia. Spike, infine, era rimasto intonso. I draghi sono tipicamente refrattari alla magia.

Rainbow spalancò occhi e bocca, un po’ come faceva Rarity quando inorridiva per qualcosa (tipo una pozzanghera).

“M-M-MA… CHE DIAVOLO HAI FATTO, STUPIDO PEGASO COCCIUTO???”.

L’altro non si scompose più di tanto. Aprì lentamente gli occhi, per via del lampo del prima, e si specchiò casualmente in uno degli alambicchi.

“Oh, incantesimo di inversione cromatica”, commentò, carezzandosi lievemente i crine, “Non è poi così male…”.

“TU! TU!!...”, ripeté il pegaso multicolore.

Quando Icarus la vide non riuscì a trattenersi e scoppiò a riderle in faccia.

“Oddio, Dashie!! Dovresti vederti!! Sembri un arcobaleno su zoccoli!”.

“VIENI QUI!!”, lo minacciò. L’altro andò immediatamente alla ricerca di un altro oggetto da usare come arma impropria.

Le urla di Sparkle si udirono fino a Counterlot: “ADESSO BASTAAAA!!!”.

 

    Il duo venne istantaneamente teletrasportato all’esterno. La padrone di casa si mostrò sull’uscio, assolutamente furiosa: “Adesso mi ci vorrà almeno un’ora per lanciare il contro incantesimo su ogni centimetro della stanza!!”.

“E a me toccherà risistemare tutto…”, aggiunse Spike, sconsolato.

La puledra dal petto a strisce chiuse violentemente la porta.

Scootaloo era basita e Fluttershy una sorta di tutt’uno con il cespuglio.

“Stupida testa di legno!!”, riprese Dash, “Hai visto che hai combinato??”.

L’altro si mise a zampe conserte e chiuse gli occhi: “Colpa tua che sei rompiscatole”.

“Io… io ti...!”.

“Ehmmm”, intervenne debolmente la puledrina. I due si voltarono: non l’avevano ancora notata.

Dash cercò di calmarsi: “Oh… ehm… ciao, Scoot…”.

“Ehy, arancino!”, l’accolse Icarus con un sorriso.

“Ciao Dashie e… uh… ciao… Icarus…”, disse, abbassando appena lo sguardo.

“Che ci fai qui?”, domandò il pegaso viola.

“Sarà venuta per andare al lago con noi, testa di cavolo che non sei altro!”, rispose la puledra dalla chioma blu.

“Non… non vuoi venire al lago con noi?”, gli domandò titubante la piccola.

L’aria di superiorità di Icarus parve gradualmente smorzarsi, sostituita a poco a poco da una sorta di tenerezza profonda.

“No, non vuole venire…”, continuò Rainbow, “È tutto oggi che proviamo a convincerlo! Ed è tutto oggi che fa l’impossibile, che si inventa mille scuse, che…”.

“Ci sarà anche Scoot, al lago?”, domandò l’altro.

“Sì, perché?”, sbuffò l’ex pegaso.

“Allora vengo”, concluse, chiudendo di nuovo gli occhi e stringendo il pony arancione a sé.

 

    In quel preciso istante… Dash ebbe un tic ad un occhio e allungò le zampe verso di lui, seriamente intenzionata a torcergli il collo.

Poi… vide la piuma blu ciondolargli sul petto.

E si fermò.

La rabbia iniziò rapidamente a scemare, coadiuvata da una strana emozione che la puledra iniziò a percepire all’altezza del cuore.

Fece un lungo sospiro e sembrò calmarsi.

“Uff… Ok… Allora ci vieni?”, gli chiese.

“Sì. Se dico una cosa la faccio”.

“Va bene…”, concluse, “Però… hai combinato un bel pasticcio da Twilight. Ora mi tocca andare in giro che sembro un…”.

“Ora sei Rainbow di nome e di fatto”.

“E tu sembri un vecchio matusa, con quei crini grigi…”.

“Porta rispetto, sai?? Io ho combattuto alla guerra di P…”.

“Ponalamo… sì, sì… lo so. Mi hai già fatto la scenetta sullo zeppelin, ricordi?”.

“Certo che mi ricordo!”, si vantò, “Memoria eidetica!”.

Scootaloo non capì bene ma si mise a ridere.

“E stai tranquilla”, la rassicurò il compagno, “È solo un’inversione cromatica. È permanente solo sulla materia priva di materia cerebrale”.

“…Speriamo…”.

“Quindi rimarrai arcobaleno a vita…”, aggiunse Icarus, dopo una pausa d’effetto.

 

*** ***** ***

 

    Il nutrito assembramento di pony trotterellò vivacemente sulla strada sterrata. Incrociarono un cartello in legno leggermente logoro, che indicava la presenza di un laghetto, più avanti.

Pinkie era in testa, rimbalzando come una palla, mentre a chiudere la formazione vi era un carretto contenente tutto il necessario per Rarity. Applejack, con aria scocciata, lo stava trainando ormai da quasi mezz’ora e l’amica dai crini viola non si risparmiava sui commenti di incitamento (per lo più fastidiosi). Poco più avanti, alla velocità del rimorchio della stilista, Icarus si muoveva con passo  lento ma costante. Le Cutie Mark Crusaders non lo mollavano un attimo, specialmente ora che era passato a spiegare come aveva sconfitto il secondo drago della giornata.

A quanto pare gli era bastato attirare il lucertolone di palude in un’ingegnosa trappola da lui escogitata, che prevedeva onici come esca e un’ampolla di lacrime d’alicorno da gettargli addosso, per sconfiggerlo.

Spike si colpì più volte la fronte con la zampa, esternando il proprio disappunto.

Superato un piccolo promontorio, si udì un trillo di puledra da spaccare i timpani.

“Guardate!! Ecco il lago! Ecco il lago!!”, le avvertì Pinkie.

“Yay”.

Quando Icarus lo vide rimase piacevolmente sorpreso: per lui l’Everfree Forest era sinonimo di paludi, tanfo e urla di terrore. Quello invece era diverso: un lago limpido e scintillante, circondato da piante verdeggianti e uccelli variopinti. Tuttavia, quando scrutò meglio l’acqua, ebbe una sensazione che lo fece fermare per un istante, per poi riprendere a camminare.

C’erano anche altri pony, oltre a loro, già accampati sulle sponde.

Tutti accelerarono il passo, desiderosi di sistemarsi il prima possibile. Tutti tranne Icarus ed Applejack. Quest’ultima faticò non poco a trainare il carretto su per il promontorio. Quando fu quasi in cima, ansimante e sudata, venne ripresa dalla stilista bianca: “Suvvia, Applejack! Non vorrai mica farci aspettare tutto il giorno?”.

La puledra arancione, col fiato corto, alzò gli occhi verso di lei: “…Un’altra parola e mi sgancio le cinghie e poi ti vai a recuperare il tuo prezioso carico giù a valle…”.

“Oh, come sei permalosa…”.

    Il gruppo scelse un’ampia zona erbosa, con svariati alberi cui potersi riparare dal sole, non molto distanti dall’acqua del lago. Pinkie, giustamente, fu la più esuberante di tutte nel preparare il campo, aiutata dalle altre (Rarity fece grossomodo eccezione, riservandosi un’area solo per le proprie cose, incluso un ombrellone delle dimensioni di un gazebo).

Quando teli e vettovaglie furono pronti… il cibo venne immediatamente servito, con gioia di tutti i presenti (specialmente Rainbow Dash che notoriamente non si risparmiava sulle abbuffate).

Era quello che lei stessa definiva “Attacco Combinato dell’Armonia Culinaria”: i dolci di Pinkie, le crostate e il sidro di Applejack, le mini-tartine ipocaloriche di Rarity, le insalate di Fluttershy, la cucina molecolare di Twilight e, per finire, una scorta di merendine del discount che l’ex pegaso aveva portato. Sì, insomma: non pensava di contribuire granché ma conosceva  i danni che poteva fare in cucina. Quindi… perché rovinare il palato a tutti con qualcosa di casereccio ma immangiabile? Meglio il pacchetto maxi-formato di grassi idrogenati e barrette energetiche.

Fu più o meno a metà pranzo che le puledre (Spike incluso) si fermarono ad osservare interdetti Icarus e la sua compagna: era incredibile la quantità di cibo che stavano ingurgitando.

“Oh, cari, un po’ di contegno!”, commentò Rarity, sollevando magicamente una micropizzetta.

“Ah!”, esultò Applejack, “Lo dicevo io che tornare qui a Ponyville gli avrebbe fatto bene! Mangia, mangia, che devi metterti un po’ di ciccia addosso!”.

“E secondo me”, aggiunse Sparkle maliziosamente, “Stai prendendo tutte le brutte abitudini di Dash… Incluso il mangiare come un’Ursa affamata”.

La coppia si osservò per un istante, smettendo di masticare, poi Icarus chiuse gli occhi ed esclamò saccentemente: “Casomai è lei che sta prendendo un po’ di educazione dal sottoscritto”.

“Ehm, Icarus”, rispose l’amica blu, a mezze palpebre, “Hai della marmellata di mela che ti cola sul petto…”.

L’amico controllò e… aveva ragione. Non seppe come controbattere e si limitò ad osservarla con la canonica aria di sfida. L’altra sorrise soddisfatta e riprese a mangiare.



    Finito il pranzo, ognuno si dilettò in ciò che preferiva.

Applejack, come suo solito, si stravaccò contro un albero, col cappello sul muso, per farsi una pennichella.

Rarity si impomatò con strani prodotti e, attraverso del cartone rifrangente, si mise comodamente a prendere il sole.

Dash fece gruppo con Pinkie Pie per contrastare Twilight e Spike nel gioco di Ponopoly. La prima squadra venne ribattezzata “Rainbow Pie” e la seconda “Magic Violet” (nonostante Spike l’avesse esortata ad optare per “The Violet Knights”.

Fluttershy scomparve nella natura, attirata da chissà quali curiose flora e fauna locali.

Icarus, infine, si mise comodo ai piedi di un arbusto e tirò fuori tutta la propria oratoria, intrattenendo le puledrine con storie su bestie squamose. Le tre rimasero ad ascoltarlo per tutto il tempo, letteralmente a bocca aperta.

    In questo modo passò circa un’oretta, in cui lo scadere coincise con un lancio di dadi di Pinkie.

Un doppio quattro portò la pedina delle Rainbow Pie dritta a Viale dei Meleti (su cui, tra l’altro, erano state edificate tre casette).

“Sììì!!”, esultò la puledra rosa, “Adoro Viale dei Meleti!!”.

Dash, invece, si colpì la fronte con lo zoccolo: “Ehm… Pinkie? Significa che dobbiamo sganciare la grana alla cervellona…”.

“Eeesatto!”, li canzonò Twilight, sollevando con la levitazione le banconote dal gruzzolo delle due.

“Oh per Celestia!”, esclamò l’ex pegaso, stritolandosi le guance tra le zampe, “Non possiamo permettercelo!”.

“Beh gira qualche prop… oh!”, infierì l’unicorno, “Vero, non puoi… sono già tutte impegnate!”.

“Ahw, macheccavolo!”, sbottò l’amica blu, che comunque detestava perdere sostanzialmente a qualsiasi cosa, “Siamo in bancarotta!”.

“Già!”, rincarò Spike, strusciando le banconote, “E questo significa che avete perso”.

Pinkie iniziò a saltellare e canticchiare felicemente attorno ai tre, per nulla dispiaciuta: “Viale dei Meletiii! Viale dei Meletiii! Adoro Viale dei Meleti!”.

“Ehy, testa rosa”, la riprese la compagna di squadra, “Puoi anche fermarti. È finita. Abbiamo perso…”.

L’altra si bloccò: “Ah… È finita??”.

“Sì…”.

“Oh ma allora posso finalmente andare a fare il bagno!”.

Con quelle parole e senza il minimo preavviso, fece un balzello, poi un altro e si proiettò dritta dritta nel lago. La panciata che prese fu tale che lo schiocco risuonò fino all’altra sponda. Come se nulla fosse successo, riemerse, sputò un po’ d’acqua e poi invitò le altre ad unirsi: “Su!! Venite!! L’acqua oggi è più bagnata del solito!”.

Applejack venne destata dal baccano ed osservò la scena, sollevando appena la tesa del cappello. I suoi occhi verdi incrociarono quelli rossi dell’ex pegaso, che già le lanciava fulmini di sfida.

“Cos’è??”, buttò lì scherzosamente, dopo aver sputato il filo d’erba che stringeva tra le labbra, “Pensi di poterne fare una migliore della mia?”.

“Non lo penso. Lo so”, rispose.

“D’accordo, allora!”, concluse, togliendosi il copricapo.

La coppia prese la rincorsa e si buttò a bomba nel lago. Due colonne d’acqua si innalzarono, oscurando temporaneamente la zona in cui Rarity stava prendendo il sole, che per un istante ipotizzò un’eclissi solare. Prima ancora che potesse togliersi gli occhiali da sole e controllare, un fiotto d’acqua la investì in pieno, ammosciandole la messa in piega e il cappellino.

“AAAHHHH!”, starnazzò, “MA COME VI PERMETTETE!!”.

Applejack e Dash, dall’acqua, risero sotto i baffi.

“Ops!”, aggiunse la puledra dai crini dorati.

“Scusa Rarity!”, le diede corda l’altra, “La prossima volta, però, evita di metterti in zona schizzi!”.

“Oh!”, sbottò scocciata, togliendosi tutti i ghingheri che aveva addosso, “Vi faccio vedere io, vi faccio!”, e si lanciò a sua volta nel lago, seriamente intenzionata a menar le zampe.

“In effetti ci starebbe proprio”, aggiunse il draghetto, incamminandosi.

“Occhio, Spike”, l’ammonì Twilight, infilandosi una cuffietta da bagno, “Hai mangiato meno di due ore fa e rischi i crampi”.

L’altro si fermò e si grattò il capo con un dito: “Uuhhh… Fammi capire… E tu… e le altre… non rischiate i crampi?”.

Sparkle gli trotterellò d’innanzi, a muso alto: “Ma tu sei ancora piccolino e hai la digestione delicata”.

“Ehy!”, rispose seccato, “Parli con uno che mangia quarzi e minerali in genere… Digestione delicata a chi?”.

Di lì a poco anche Fluttershy riapparve dalle fronde degli alberi, con qualche foglia attaccata al ciuffo rosa.

“Oh, sì!”, sussurrò (nel pieno dell’entusiasmo che poteva dimostrare), “Chissà quante bestioline ci saranno sotto il pelo dell’acqua!”, e le raggiunse.

Icarus, intanto, rimase silenzioso ad osservare.

Sweetybell fece un balzello sul posto: “Sììì! Tuffiamoci anche noi!”.

“Puoi giurarci!”, aggiunse Applebloom.

“Tuffo a bomba!”, esultò Scootaloo.

Le Cutie Mark Crusaders galopparono con entusiasmo ma, quando il pegaso arancione si accorse che Icarus non si muoveva, si fermò e lo scrutò con perplessità.

“Tu… tu non vieni?”.

“Mhf. No”, rispose, fingendosi disinteressato.

La piccola controllò come tutte si fossero immerse e stessero lanciando schiamazzi divertiti, quindi riportò l’attenzione sul puledro grigio.

“Ah… e… Perché?”.

“Bah”, bofonchiò, cercando di apparire superiore, “Nuotare in un lago è… è così…”.

“Non ascoltarlo, Scootaloo!!”, urlò Rainbow, facendo conchetta attorno al muso, “Icarus ha soltanto un po’ di paura! Lascialo stare!”.

 

Ecco.

Di nuovo quella storia.

Gli sembrava di essere tornato indietro di mesi, quando Dash lo convinse a scendere a Ponyville, con lo stesso “ricatto”. Ma stavolta non ci sarebbe ricascato.

“Dimmi pure quello che ti pare!”, le urlò, “Tanto non ci vengo a fare il brodo con voi!”.

“Scoot!”, riprese l’ex pegaso, con aria di sfida, “Lascialo perdere! Ha cavalcato una tempesta ma, evidentemente, una pozzanghera un po’ grande è troppo anche per lui!”.

Icarus cercò di rimanere imperturbabile ma le orecchie ebbero un fremito, che lo tradì.

Scootaloo gli domandò con sincerità: “Davvero hai paura di fare il bagno nel lago?”.

“Ovvio che no!”, rispose seccato.

“E allora perché non vieni? Dai, siamo tutte lì!”, lo incitò.

L’altro incrociò di nuovo le zampe, imbronciandosi: “È che…”.

“Che…?”.

Paura lui? Ovvio che no! Ma come faceva a convincere la puledrina?

Dopo qualche istante di ripensamenti, non resistette oltre.

“Eeeevabene!”, concluse scocciato, “Vi… vi faccio vedere io come… come si nuota!”.

La piccola si accese di gioia e le altre gli lanciarono grida di consenso.

 

Il pegaso dai crini viola si alzò e si mosse, zoppicando verso la sponda. Più si avvicinava e più si ripeteva di aver acconsentito ad una scemenza. Quando fu a pochi centimetri dall’acqua… il suo sguardo fece trasparire una profonda preoccupazione. Le altre non lo notarono ma Rainbow… Rainbow capì subito che qualcosa non andava.

 

Tutto sommato… poteva sembrare una cosa stupida. Un pegaso che aveva cavalcato la tempesta… con la paura di nuotare? Non era tanto il nuoto in sé…

Tutto si riconduceva ad un episodio della sua infanzia, qualcosa avvenuto ormai anni addietro.

 

Icarus era ancora un puledrino. La malattia gli era già stata diagnosticata da tempo ma ancora non aveva iniziato a minargli pesantemente il fisico. I medici avevano consigliato il nuoto come attività integrativa alle cure: l’acqua lo avrebbe sostenuto, limitandogli la fatica, e il movimento avrebbe impedito a muscoli e ossa di indebolirsi troppo.

Un’attività molto utile insomma.

La madre, un giorno, decise quindi di portarlo a Baltimare, dove sapeva esserci un’ampia area portuale con spiagge annesse.

Dopo un lungo viaggi in treno, i due si recarono sulla sabbia. Icarus non era molto convinto… e le difficoltà della sua situazione già si facevano sentire: il reputarsi diverso… malato… spesso evitato dagli altri. Era passato dall’essere un puledrino normale ad un piccolo pegaso triste e taciturno.

Una volta d’innanzi alle onde, Sunshine condusse lentamente in acqua il figlio, dapprima titubante. Inizialmente tutto parve normale: la puledra lo accompagnava con attenzione, appena oltre il bagnasciuga, lasciando che l’acqua iniziasse a sostenerlo.

Il pony grigio non sembrò entusiasta ma si fidò di lei. Quando tuttavia avanzarono ulteriormente nell’acqua, Icarus sentì improvvisamente il terreno mancargli sotto gli zoccoli. Quella sensazione lo riportò immediatamente alla sua ultima disavventura: il giorno in cui si gettò dalle nuvole, durante le ore di educazione al volo, schiantandosi dolorosamente sulle nubi sottostante. Il giorno, insomma… in cui capì realmente… che non avrebbe mai potuto volare.

L’agitazione lo colse in un batter di ciglia: si agitò e Sunshine, impreparata, perse la presa. Non accadde nulla di drammatico ma Icarus visse l’episodio in modo bruttissimo: un’onda leggermente più grande lo colpì, facendogli fare un ruzzolone verso il bagnasciuga. Si rialzò, spaventato. Udì contemporaneamente delle risate lontane, in mezzo ai pony che affollavano la spiaggia. Non erano nemmeno rivolte a lui, probabilmente, ma la paranoia di chi si sente schernito da tutti… può facilmente prendere il sopravvento.

Il puledrino si allontanò, a muso basso. Sunshine fece di tutto per consolarlo e convincerlo a tornare in acqua ma fu inutile. Il piccolo si piantò in mezzo alla spiaggia per l’intero pomeriggio, fissando la sabbia davanti ai suoi zoccoli, con fronte un po’ corrugata e muso inespressivo.

Più avanti… avrebbe ripensato all’episodio… e si sarebbe sentito molto male per la madre. Per il suo sorriso gentile. Per il suo volerlo semplicemente aiutare. Per la reazione che ebbe, insomma. Ma certe cose, col senno di poi… sono sempre meno complicate da giudicare.

 

Tornò al presente, non appena Scootaloo si lanciò nel lago.

“Dai, Icarus!! Vieni anche tu!”, strillò, scuotendo i crini zuppi.

“Dai Casanova!”, intervenne Rainbow, che ignorava completamente precedenti dell’amico.

Il puledro sembrò meno convinto che mai… ma affrontare un passato doloroso era una cosa che faceva da tempo, ormai, e non si sarebbe tirato indietro nemmeno questa volta.

Allungò timidamente una zampa anteriore ma, quando sfiorò l’acqua, ebbe un ritorno mnemonico del ruzzolone nel mare e si ritrasse di scatto. Il tutto avvenne in modo così impulsivo da fargli perdere aderenza sulla sponda bagnata …ed Icarus scivolò in mezzo all’acqua.

 

La terribile sensazione di cadere, proprio come quella volta, si impadronì di lui. Iniziò ad agitare le zampe, percependo un dolore crescente provenire dalle fragili giunture. Il suo muso sbucò dalla superficie: era quasi nel panico e annaspava come un disperato.

Non ci capiva più nulla, vedeva solo gli spruzzi che lui stesso generava.

“C-calmati, Icarus!”. Era la voce di Dash.

“S-STO AFFOGANDO!!”, berciò il pegaso, più spaventato che altro.

“Calmati, non stai affogando!”, ribadì.

Il puledro sentì delle zampe afferrarlo per il collo e trascinarlo lontano dalle sponde.

“C-C-COSA FAI?? RIPORTAMI A TERRA!!”, continuò ad urlare, vedendo la terraferma sempre più distante.

“Calmati, Icarus!”.

“RIPORTAMI INDIETRO!! STO ANDANDO A FONDO!!”.

Rainbow lo strinse con forza a sé, obbligandolo a distendersi su di lei, schiena contro petto.

 

    La puledra dalla chioma arcobaleno lo aveva portato quasi al centro del lago. Lì era riuscita ad indurlo nella posizione del “morto”, con la schiena rivolta verso il fondo del lago, il muso verso il cielo e il suo collo contro il petto dell’amica.

Dash, dietro di lui, lo abbracciò, in modo che il capo le sfiorasse il mento, cercando di sostenerlo.

Quando percepì il calore del suo corpo, Icarus ebbe un altro ricordo… quello in cui la puledra lo aveva accompagnato per la prima volta in mezzo alla tempesta… l’esatto istante in cui premette il proprio corpo contro il suo, per evitare che cadesse dalla nuvola.

In quel momento, esattamente come allora, una progressiva sensazione di calma e sicurezza iniziò a pervaderlo. Smise di agitarsi, con il battito a mille e ancora estremamente provato.

“Sei… sei calmo, ora?”, gli sussurrò.

Il pony dalla chioma viola aveva lo sguardo fisso nel cielo.

Il rumore degli schizzi e degli spruzzi era cessato, lasciando semplicemente il silenzio e il moto dell’acqua a dominare la situazione.

“I-io…”, buttò lì, ancora col cuore in gola.

“Ti sei… agitato come un matto, Icarus”, aggiunse con lentezza.

Da quella angolazione non poteva far altro che vedere il cielo e sentire la voce e la presenza di Dash. Poi… in modo sempre più intenso… iniziò a percepire il fluido sostenerlo dal basso.

Non aveva mai provato una sensazione simile. A poco a poco… distese i muscoli e il dolore alle ossa si affievolì sempre di più, fino a scomparire.

Il respiro gli tornò regolare e altrettanto fece il battito.

Non dissero nulla per svariati minuti.

Allora capì…

Si rese conto che non era…niente male.

Galleggiare nell’acqua…

Niente male davvero…

E poi… l’imbarazzo di essere così vicino a lei lo travolse come un treno in corsa.

“Meno… meno male che la legge di Ponymede funziona…”, fu l’unica cosa che riuscì a dire, sperando che le sue guance non stessero virando al rosso.

“Va meglio, ora?”, gli chiese dolcemente.

“…Sì”, ammise tentennando, “È che… scusa, io… io in passato…”.

La presa di Rainbow si fece leggermente più forte: “Shh, non parlare. Tu parli sempre troppo”.

“G-già…”.

“Comunque…”, riprese la compagna con un sorriso, “Hai attirato un sacco di attenzione con la tua performance. E ora ci stanno osservando tutti…”.

L’imbarazzo di Icarus raggiunse i livelli critici.

 

*** ***** ***

 

    Il bagno durò almeno un’altra ora, in cui Icarus conquistò sempre più confidenza con l’elemento acquatico. In meno di dieci minuti passò dallo sgambettare come un cane ad una serie di movimenti più complessi e fluidi. Il suo fisico, ovviamente, gli impediva di lanciarsi in tecniche troppo complesse ma la sensazione di galleggiare, unita alla spinta ascensionale, gli donarono realmente la parvenza di fluttuare senza sforzo. Venne addirittura coinvolto dalle Cutie Mark Crusaders in una serie di giochi che si fanno tipicamente da cuccioli: trattenere il respiro, fare le boccacce sott’acqua, nonché le canoniche immersioni in profondità. Tutte cose che lui non aveva mai fatto e che gli regalarono una giornata divertente come non mai.

    A pomeriggio inoltrato decisero di uscire e si stravaccarono al sole per asciugarsi.

La sensazione del tepore sulla pelle indusse le puledre (drago compreso) ad appisolarsi sommessamente.

Anche gli altri visitatori del lago seguirono l’esempio, gettando l’intera zona nella pace quasi assoluta. Solamente qualche schiamazzo infantile e il canto degli uccelli riecheggiava appena, di tanto in tanto.

Fu in quell’istante che Scootaloo, combattendo per non farsi sopraffare dalla dolce sensazione di essere cullata dal sole, pensò fosse il momento giusto per parlare con Icarus. Non solo voleva scusarsi per quanto gli aveva detto non molto tempo prima (cosa che non era riuscita a fare per una sorta di improvvisa e inspiegabile timidezza nei suoi confronti) ma… lui era il pegaso che non poteva volare… nonché Campione di Equestria. Chi meglio di lui avrebbe potuto comprendere la situazione che lei stessa stava vivendo?

Alzò lentamente il muso, scrutando la zona, ma del puledro grigio non vi era traccia apparente e Dash dormiva pancia all’aria.

Aggrottò le sopracciglia. Dov’era finito?

 

    Assicurandosi di non fare rumore, scivolando tra i corpi assopiti delle amiche, iniziò a perlustrare il luogo. Nelle sue condizioni non poteva essere andato molto lontano. Notò quindi una folta zona d’erba piegata e decise di muoversi in quella direzione.

Si inoltrò appena nel sottobosco, finché udì un rumore provenire da un piccolo avvallamento erboso. Continuò ad avvicinarsi… Lo vide. E la situazione la lasciò perplessa quanto preoccupata.

    Icarus aveva una zampa sul petto e, con l’altra, cercava di reggersi contro un piccolo tronco legnoso. Il suo sguardo era vagamente sofferente e il respiro estremamente lungo e pesante.

Qualcosa non andava.

Scootaloo rimase interdetta, non sapendo se raggiungerlo o rimanere lì. Quando le zampe dell’amico tremarono, costringendolo a strizzare gli occhi dal dolore, agì d’impulso.

“Icarus!!”, sbottò, trottando verso di lui.

L’amico drizzò le orecchie e riaprì gli occhi, del tutto impreparato al suo arrivo.

“S-Scoot…?”.

“Icarus! Che ti succede?? Che hai??”.

“Non… non è niente”, mentì.

L’altra non mangiò la foglia ma non se la sentì di controbattere e, dopo una pausa, sussurrò: “S-stai bene?”.

“Sì sto bene…”, le comunicò, avvertendo un’altra fitta e cercando di dissimulare.

“A… a me… a me non sembra”, concluse, con volto preoccupato.

Icarus avrebbe potuto inventarsi una scusa qualunque… ma quella non era Velvet. Non era una puledrina vissuta lontana dalla vita sociale, rinchiusa per lungo tempo in un ospedale. Non l’avrebbe bevuta così facilmente. E di certo non era una stupida. Non si sentì di prenderla in giro.

“Icarus…?”, riprese la piccola, dopo qualche minuto di silenzio, “È… è a tua… malattia…?”.

Il pegaso dagli occhi viola fece un lungo respiro, serrò le palpebre e, quando le riaprì, le sorrise: “Sì. Sì, è la malattia”.

Il pony arancione non sapeva nulla di lui, se non che una strana malattia gli impediva di volare e muoversi liberamente. Si avvicinò lentamente, impreparata a quanto avrebbe potuto sentire.

“Ti fa… ti fa male?”.

Icarus sorrise di nuovo.

“Vieni. Facciamo due passi”.

 

    L’amico iniziò a zoppicare con fatica, senza però schiodarsi dal volto un’espressione di assoluta determinazione. Scootaloo lo seguì.

Sbucarono in un’ampia radura, da cui erano ben visibili le montagne lontane e un grosso assembramento di nubi vaporose che si andavano addensando attorno ad esse.

Il pegaso grigio si sedette, con un verso di sollievo. La puledrina, dopo una certa esitazione, fece altrettanto, accanto a lui.

Lo sguardo dell’amico si rivolse intensamente all’orizzonte, rimanendo totalmente imperscrutabile. Passarono altri minuti e l’impulsività di cucciola di Scootaloo ebbe la meglio.

“Ti… succede spesso?”.

“Una volta mi succedeva di meno”, rispose, prendendo ad osservarla con tenerezza, “Ora avviene un po’ più… frequentemente…”.

“Ma cos’è?”, domandò incuriosita.

“È… sono le ossa di caramello. Sono sempre più deboli. E… e i muscoli fanno fatica”.

Il pegaso dai crini rossi capì quanto fosse delicata la faccenda: “Ah… io non… non sei obbligato a dirmelo… Ogni tanto parlo un po’ troppo…”.

Icarus le sorrise più dolcemente di prima: “Parlare troppo lascialo fare a me. Me la cavo benissimo in quello”.

“Sì ma…”.

“Una volta non volevo spiegare a nessuno la mia condizione. Ma tante cose sono cambiate, da allora…”.

“È sempre stato così?”.

“Praticamente… Poi è andata peggiorando. Oggi… quelle forti emozioni, lo stress fisico di quando mi sono agitato come un cucciolo in mezzo all’acqua… Credo che il fisico abbia sopportato a fatica quella situazione”.

L’amica lo ascoltò con attenzione: “Avevi paura di nuotare?”.

“Sì”, ammise, “E ancora un po’ mi vergogno della figura che ho fatto…”.

“Oh beh… A me hai più che altro fatto prendere un grosso spavento…”, lo rassicurò.

“Lo so. Tu e le tue amiche siete diverse dai pony che ho quasi sempre incontrato. Non mi avreste mai giudicato per una cosa simile. Fermo restando che le fobie sono irrazionali”.

“E…”, farfugliò, indecisa se parlare o meno, “È quella la malattia che non ti fa volare?”.

“Già. Le ossa di caramello creano ali di caramello. E il caramello è fragile”.

Scootaloo ci pensò un attimo: “A me però il caramello piace”.

    Ci fu un altro momento di pausa.

“E… senti…”, tentennò la piccola.

“Dimmi”.

“Volevo… volevo scusarmi… per… per quello che ti ho detto…”.

“Dall’albero, intendi?”.

“…Sì”, rispose intristendosi, “Non… non è stata una bella cosa”.

“Non importa”.

“Importa eccome! Ho sbagliato!”.

“No”, la corresse, senza smettere di sorriderle, “Avresti sbagliato se non avessi cercato di porre rimedio. Cosa che hai appena fatto”.

“Ah… io…”.

“Quando siamo arrabbiati… quando la rabbia ci offusca… si dicono cose che non si pensano. Lo so fin troppo bene…”.

“Parli per esperienza? Tu non mi sembri uno che si arrabbia facilmente…”.

“Ah, questa è bella!”, sbottò ridendo, “Io certe volte sono più irascibile di Dashie!”.

“Impossibile!”, dichiarò con convinzione.

“Davvero! Una volta, poi, mi arrabbiavo quasi per ogni cosa! Solo che… mi tenevo tutto dentro… lasciando che mi consumasse”.

“Ora non più?”.

Icarus fece spallucce: “Beh… un po’ meno!...”.

“Ma per te…”, riprese l’altra, osservandosi i fianchi, “Cosa… significa non poter volare? Io… Cioè a me la cosa fa arrabbiare tantissimo”.

L’interlocutore ci pensò un attimo: “Mhh… Non è mai facile porre un giudizio su queste cose. Pegasi che non volano… come pesci che non nuotano”.

“Già…”.

“Però… Ci sono tanti modi per volare”.

“Intendi… quello che aveva detto Celestia? Volare senz’ali?”.

“Più o meno”.

“Ma com’è possibile??”, chiese con foga, issandosi sulle zampe, “Con la magia?? Con la mongolfiera di Twilight, forse??”.

Lo sguardo di Icarus si perse per un istante tra le nubi lontane. Il suo volto parve addolcirsi.

“Con… tante cose…”, ammise.

“Quali?”.

“Sai, piccola?”, affermò con tenerezza, avvicinandosi a lei, “Ho conosciuto molti pony particolari, fino ad oggi. Tutti avevano qualcosa di strano e curioso. E tutti erano considerati diversi e incompleti”.

Scootaloo lo ascoltò con attenzione.

“Ma la verità…”, continuò, fissandola negli occhi, “È che spesso non occorrono occhi per vedere… così come non sempre servono ali per volare…”.

La puledrina si incupì leggermente: “Io… io non capisco, Icarus…”.

Il pegaso grigio tornò pensieroso, cercando un metodo per farle capire cosa intendeva. Ebbe quindi un’illuminazione: allungò appena le zampe, afferrando un sasso tra gli zoccoli.

“Guarda là”, le disse, indicando una zona, “Cosa vedi?”.

“Uuhhh…. un… un cespuglio?”.

“Nient’altro?”.

“Uhh… no. Qualche fiore, forse?”.

“Forse… ma…”.

Dopo quella frase, lanciò il sasso, che finì proprio nel cespuglio: un tripudio di farfalle colorate emerse improvvisamente, spandendo mille colori nel cielo. Scootaloo rimase affascinata ad osservarle, mentre si allontanavano leggiadre nell’aria.

“Non lasciare mai che l’apparenza e il giudizio degli altri ti condizionino”, commentò, “Forse, oggi, ti sembrerà di non poter volare. Un domani, chissà… imparerai mille modi per farlo. Non sappiamo cosa ci serba il futuro…”.

 

    Scootaloo riportò l’attenzione sull’amico, che aveva ripreso a fissare l’orizzonte.

Stava… così bene con lui. Non solo sembrava la capisse… per il fatto di non poter volare… ma… c’era qualcosa, in lui, che lo rendeva piacevole… e a tratti anche molto strano.

Un pensiero le fece però abbassare lo sguardo.

Con un filo di voce, gli domandò: “Senti… Icarus… Questa… questa malattia…”.

I due si osservarono e il puledro intuì dal suo sguardo triste cosa stesse cercando di chiedergli.

La piccola notò un cambiamento nell’espressione dell’altro, che divenne improvvisamente rilassato.

 

Gli occhi di lui ruotarono verso il cielo.

Nulla parve trasparire dal suo volto.

 

“Le nubi si formano e svaniscono continuamente, in questo mondo”, dichiarò, con voce lenta e tranquilla, “E le nubi di tempesta sono le più imprevedibili di tutte. Possono comparire e tanto rapidamente andarsene. Ma sono nubi cariche, intense… piene di energia. Non puoi fare a meno di ignorare una tempesta. Per breve che sia… lascia sempre il segno. Ed è questa la cosa importante… soffiare il tuo vento più forte mai. Lanciare le tue saette per illuminare la notte… aprendo poi la strada ad un sole più caldo che mai”.

 

Scootaloo non comprese appieno quelle parole un po’ criptiche… ma il concetto le parve chiaro. Non seppe come reagire, quasi ammaliata da quel pegaso dai folti crini viola.

 

    “Ehy… Casanova…”, si intromise Dash dietro di loro, con voce pacata.

I due si voltarono.

“Dashieee!!”, esplose il pony arancione, alzandosi e trottando verso di lei.

“Ehy, soldo di cacio!”.

Gli occhi rossi e viola, poi, si incrociarono.

“Ciao… Dashie…”.

L’amica si avvicinò a lui, sedendosi fianco a fianco. Scootaloo si sentì felice e si sedette proprio in mezzo ai due.

“La smetti di riempirle la testa con i tuoi farneticamenti?”, lo schernì, avendo però compreso appieno ogni parola.

“È… è da molto che ascolti?...”.

L’altra non rispose e si limitò ad abbassare lo sguardo.

“Quindi voi due avete cavalcato una tempesta insieme??”, chiese la piccola.

“Puoi dirlo, Scoot! Dritti dritti in mezzo ad una tempesta!”, rispose Rainbow con entusiasmo.

“Però io ero più veloce”, si affrettò a puntualizzare l’altro.

“In verità non mi sono impegnata. Non volevo farti sfigurare durante il tuo primo volo”.

“Eri anche brava a simulare il fiatone, quindi?”.

Scootaloo continuò a girare ritmicamente il capo verso ognuno di loro, in base a chi stava parlando.

 

Era in mezzo ai due Campioni di Equestria.

Rainbow Dash, l’unico pegaso senza ali ad essere mai riuscito a creare ben due Sonic Rainboom.

E Icarus, l’unico pegaso con le ali di caramello ad aver cavalcato ben due tempeste.

 

Poteva essere vero, quindi?

Le parole di Icarus nascondevano un fondo di verità?

Quante cose erano riusciti a fare loro due… senza avere attualmente la capacità di volare.

E dunque… Anche lei, forse, sarebbe riuscita a compiere grandi cose?

 

I due continuavano a battibeccare ma lei nemmeno li sentiva. Si limitava ad osservarli… e a percepire come stesse bene con loro. E a come fosse bello aver finalmente trovato qualcuno come lei.

 

    Un boato improvviso le fece salire il cuore in gola. Le nubi lontane, dalle montagne, si erano inscurite e si stavano avvicinando. Icarus e Dash, tuttavia, non fecero nemmeno caso al tuono, quasi non l’avessero sentito. Si levò un venticello leggero e il frusciare delle foglie sugli alberi si intensificò. L’aria divenne carica di energia e il sole iniziò ad occultarsi dietro le coltri scure.

Soltanto in quel momento i due si resero conto che un temporale si stava avvicinando, percependo l’agitazione di Scootaloo.

“Ehy, tranquilla”, la rassicurò Dash, passandole una zampa sulla groppa.

“Non… non me lo aspettavo”, ammise.

Gli occhi del puledro fissarono quelli della compagna: “…Già. Io invece nemmeno ci faccio più caso, ai tuoni, ormai”.

L’amica sorrise: “Mi pare normale… per chi ha cavalcato la tempesta…”.

La calma della coppia si diffuse anche alla puledrina, che si accoccolò tra i due, usandoli come riparo dal vento.

 

Il trio stette a lungo, in silenzio, a rimirare l’orizzonte sempre più scuro.

Icarus adorava la sensazione che percepiva prima dell’arrivo di un temporale.

Passarono i minuti… e Scootaloo, in mezzo al tepore dei loro corpi, percepì il sonno tornarle agli occhi, che iniziarono a  chiudersi.

 

Dash parlò, senza tuttavia smettere di osservare le nubi.

“…Quel discorso di prima, Icarus…”.

“Intendi?...”.

“Hai… hai di nuovo avuto un… un attaco di dolore?”.

“…Sì”, rispose, anch’egli concentrato sul temporale in arrivo.

Rainbow sospirò: “Forse… avevi ragione tu. Non dovevi venire al lago”.

“Ridicolo. La verità è che quasi tutto ciò che potrei fare mi è potenzialmente dannoso”.

“È che… certe volte… quasi mi dimentico della tua condizione. È come se nemmeno ci facessi più caso, ormai…”.

Icarus si girò e le sorrise: “…È… davvero bello… sentirtelo dire…”.

“Ma ciò non toglie che potrei trascinarti in situazioni davvero pericolose. E non voglio che tu… che tu stia male, insomma…”.

“Sono stato male per moltissimi anni. Il dolore fisico che provo adesso è una manna se confrontato al dolore che sentivo dentro, una volta. Stando qui a Ponyville con voi… mi sembra di poter finalmente respirare a pieni polmoni”.

“Sì ma…”, riprese, con volto un po’ afflitto, “Davvero… se certe volte ti sembra che io stia esagerando con le mie idee… ti prego… dimmelo”.

“Esagerando?”, domandò retoricamente, “Chi è che ha avuto l’idea di portare un paraplegico in mezzo ad una tempesta? Chi ha avuto l’idea di fuggire dal centro di cura? Chi ha avuto l’idea di condurre un acquazzone all’Emerald Lake? Chi…”.

“Ok, ok”, rispose, con una debole risata, “Ho afferrato il concetto… Soltanto… quando ti sento fare certi discorsi sul tuo futuro… io…”.

Icarus le osservò la piuma bianca che portava al collo, lambita dal vento. Si strinse a lei, schiacciando appena Scootaloo tra i due: “Non esiste ‘io’. Esiste… ‘noi’, giusto?”.

Quella frase le aprì letteralmente il cuore: “…Giusto”.

 

    Qualcosa solleticò il fianco del pegaso grigio, che abbassò il viso per capire cosa fosse.

Scootlaoo si era appisolata, raggomitolata su se stessa come un gatto. Aveva infilato il musetto appena sotto la sua ala, riparandosi dall’aria.

Quando la vide, rialzò immediatamente il capo, imbarazzatissimo.

Rainbow non riuscì a trattenere una risata.

“Dovresti vedere la tua faccia…”.

“I-io…”.

“Io? Dov’è finito il ‘non esiste io’?”.

“Ma… ma… non so cosa… cioè…”, balbettò, rigido come uno stoccafisso.

La puledra chiuse gli occhi  e poggiò la fronte contro la sua guancia dalle sfumature color cenere.

“Parli troppo”.

L’imbarazzo andò via via scemando.

 

Tre pegasi lambiti dal vento.

 

Tre pegasi accomunati da qualcosa di speciale.

 

In un mondo dove le nubi nascono e si dissolvono ogni giorno.

 

Dove il vento di tempesta può soffiare più potente che mai.

 

Icarus tornò ad osservare le nuvole, ormai prossime a riversare l’acqua di cui erano composte.

Aveva un po’ paura.

Per il proprio futuro.

Per ciò che sarebbe potuto succedere.

E, nonostante tutto, vicino a loro due… trovò una calma e una serenità che mai avrebbe pensato di provare.

 

In un mondo dove le nubi nascono e si dissolvono ogni giorno.

 

In un mondo... dove il sole torna sempre a splendere, dopo un temporale.

 

*** ***** ***

 

    “Beh, mi vadano a male le conserve se questo non sarà davvero un toccasana!”, dichiarò Applejack, fissando il temporale in arrivo. Si trattenne il cappello, pronto a schizzare via sotto le raffiche di vento.

“Ma che dici?”, obbiettò Rarity.

“I meleti sono un po’ secchi. Casca proprio a fagiolo!”.

La giornata volgeva ormai al tramonto e il maltempo non fece altro che velocizzare le operazioni per sbaraccare.

I tuoni rimbombavano sempre più vicini ma le puledre sarebbero riuscite ad andarsene per tempo.

Icarus cercò di rendersi utile come poteva, pur agendo molto lentamente.

Non riusciva a schiodare gli occhi da Dash, intenta anch’ella a ritirare le vettovaglie.

Gli attimi passati insieme, fino ad un attimo fa… gli avevano lasciato un segno “dentro”.

    Una fugace macchia di colore attirò la sua attenzione, proprio mentre i cespugli venivano lambiti dall’aria. Si allontanò dal gruppo e cercò di capire cosa fosse.

Scoprì un piccolo cespuglio di fiori gialli. Li riconobbe subito: li aveva visti più volte nei libri di botanica che aveva letto in passato.

Erano delle calendule.

Non si trattava di fiori particolarmente belli o rari… Eppure, nella loro semplicità, gli erano sempre piaciuti. Si avvicinò alle piante, lasciando che l’istinto gli suggerisse cosa fare. Non aveva mai pensato che si sarebbe ridotto a… sì insomma… per lei.

Sperando che nessuno lo notasse, avvicinò il muso ai gambi e si preparò a reciderne uno.

Una vocina lo interruppe giusto un attimo prima.

“No, Icarus!”, intervenne Fluttershy.

“Eh?? Uh? Cosa??”, balbettò cercando di nascondere ulteriore imbarazzo.

“Cosa stai facendo?”. Il pegaso giallo fluttuò dolcemente accanto a lui, con l’enorme ciuffo rosa che oscillava nel vento.

“E-ecco… io… mi era… mi era caduto qualcosa qui… e….”.

“Non stavi cercando di strapparli, vero?”.

“…Eh? Stra… strapparli?”, domandò perplesso, “Ma… ma ovvio che no…”.

L’amica si avvicinò ai fiori: “Meno male… È così brutto quando qualcuno strappa dei fiori…”.

“Brutto?”.

“Sì”, rispose, guardandolo fisso negli occhi, “È una cosa… triste. Alcuni pony prendono i fiori e li strappano… per darli come dono o abbellire le loro case. Ma poi… questi muoiono lentamente… e buttati via…”.

Icarus non era nuovo a ragionamenti fuori dall’ordinario ma, in effetti… non aveva mai considerato i fiori sotto quel punto di vista. Forse anche perché non aveva mai avuto grandi occasioni per coglierne qualcuno, quindi non si era mai posto il problema.

“I fiori sono molti belli”, continuò l’amica, dopo un altro tuono lontano, “Ma sono fiori proprio perché stanno in un campo. Strapparli è come… come distruggere ciò che sono”.

“Ah…”.

“Forse… ti sembrerò stupida…”, buttò lì, con voce calante, nascondendosi dietro i crini.

“…Per niente…”, la rassicurò Icarus.

“Davvero?”.

“Davvero. Anzi… se c’è uno stupido, tra noi due…”, concluse il pegaso grigio, osservando i fiori.

“Senti!”, riprese, cingendole le spalle, “Mi faresti un favore?”.

“Ah…e-ecco… f-favore? Io?”.

“Sì. Andresti a… prendermi una cosa dal cestino delle posate?”.

“Dal… cestino?”.

“Sì… Mi faresti questo piacere?”.

“Ma certo”, rispose contenta.

L’amico la strinse a sé, abbracciandola e tentando nuovamente di allontanare l’imbarazzo.

“E… grazie…”, sussurrò, con un filo di voce.

“Ma… non ti ho ancora portato niente…”, commentò interdetta.

“…Per quello che hai detto…”.

 

*** ***** ***

 

    Quando la giornata volse al termine, ognuno fece ritorno alle proprie abitazioni.

Scootaloo abbracciò con felicità sia Rainbow Dash che Icarus, strappando la promessa a quest’ultimo che si sarebbero presto rivisti (anche perché voleva sapere altre cose sui draghi, sugli unicorni che vedono col cuore e sui pegasi che volano senz’ali).

Dato che erano tutti molti stanchi, risparmiarono a Fluttershy la responsabilità di spingere i cirri fino alla casa dell’ex pegaso. La coppia decise quindi di fermarsi da Twilight, giusto per quella notte di pioggia.

Rainbow, non appena le fu sistemato un giaciglio, si appisolò di sasso, stanca e serena.

Anche Icarus si infilò tra le coperte… aspettando però il momento propizio per agire, senza dare nell’occhio.

 

L’indomani, a mattina inoltrata, Dash fu inaspettatamente la prima a destarsi.

Il temporale era passato e il sole filtrava lucente dalle finestre.

Rimase tuttavia perplessa quando vide le coperte per Icarus completamente vuote.

Iniziò a girovagare per lo studio dell’unicorno, tra libri e curiosi soprammobili, finché notò alcune tracce di terra sul pavimento. Le seguì, chiedendosi cosa diavolo fosse successo.

 

Vide quindi Icarus, con muso e zampe anteriori poggiati sul tavolo di lavoro di Twilight. Il sole ne illuminava il manto viola. I suoi occhi erano chiusi e il torace si contraeva ritmicamente nel respiro del sonno.

Perché era lì?

Si avvicinò per svegliarlo ma poi si fermò ,notando qualcosa di particolare.

Osservò gli oggetti sul tavolo e si rese conto di cosa avesse fatto, quella notte. Un pony normale ci sarebbe riuscito in pochi minuti. Ma le sue zampe imperfette e il fisico afflitto dalla malattia lo avevano di sicuro ostacolato parecchio.

 

Un bicchiere leggermente sporco di terra.

Frammenti di terriccio un po’ ovunque.

 

E un vaso con un fiore, appena trapiantato.



Una calendula gialla.

   
 
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