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Autore: Layra Disgrace    14/12/2007    2 recensioni
"Un nome, sussurrato piano. Una stanza bianca, nel quale l’odore di medicinali regna, e un suono, insistente, uguale, ripetuto più volte, lentamente. Una sola lampada neon illuminava l’unico letto, sul quale giaceva un giovane ragazzo, troppo magro e troppo sciupato." One-shot nata in un'ora di ozio, cioè di scuola XD Non è niente di chè XD
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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One-shot

Disenchanted



“Alex...”



Un nome, sussurrato piano. Una stanza bianca, nel quale l’odore di medicinali regna, e un suono, insistente, uguale, ripetuto più volte, lentamente. Una sola lampada neon illuminava l’unico letto, sul quale giaceva un giovane ragazzo, troppo magro e troppo sciupato.

I capelli di un biondo troppo chiaro erano, un po’ sparsi sul cuscino, e altri ricadevano sulle spalle esageratamente esili per un corpo maschile.

Gli occhi azzurrissimi aperti leggermente, fissi sul soffitto, mentre qualche lacrima traditrice iniziava il suo corso. La pelle morbida, di un bianco che con il neon risultava più brillante.

Un ago attaccato al suo bracco, collegato a quei macchinari, troppo rumorosi per quella notte.

Il suo petto si alzava e abbassava piano, quasi impercettibilmente. La sua mano stretta flebilmente in una più grande, più calda. Un altro ragazzo, più grande rispetto a quello sdraiato, sedeva su una seggiola un poco traballante. Aveva lunghi capelli castano scuro, raccolti in una coda. Gli occhi verdi erano lucidi, stanchi, il viso segnato da profonde occhiaie.

Cominciò ad accarezzare il volto dell’altro con la mano, facendogli accennare un sorriso.

“Potresti sdraiarti un po’ con me?” Sussurrò il biondo con un filo di voce.

Il castano annuì sorridendo, scostando leggermente l’altro, per poi stendersi, tenendo sollevata la schiena e portandosi il biondo contro il petto. Quest’ultimo si abbandonò completamente all’altro, appoggiando, con un gesto automatico, la nuca contro la sua spalla, come un burattino in balia del burattinaio.

Alexander, ne sei sicuro?” Chiese il moro, e la sua voce risuonò nella stanza.

Il biondo lo guardò leggermente stupito, con quei grandi occhi color cielo velati dalle lacrime.

“Da quando mi chiami Alexander?” Domandò per risposta, con un leggero sforzo.

“Rende più l’idea.” Il castano alzò le spalle, facendo accennare una risata all’altro, interrotta per mancanza di fiato.

“Si, sono sicuro, Ronald.” Mormorò sorridendo stancamente, e fu il turno dell’altro di ridacchiare.

“Io, però, lo odio il mio nome. Alexander, è un bel nome...” Lo rimproverò scherzosamente.

Si chiese dove potevano trovare il coraggio di ridere in quel momento. Sospirò. Sperò di essere in un sogno. In un bruttissimo sogno, un incubo. Ma non era così. Tutto reale.

Il suo sguardo si fece di nuovo triste ma la stanza era ancora quella, bianca, e Alex era ancora lì con lui, su un letto, aspettando il momento giusto.

Il biondo smise di sorridere, anche se amaramente. Lo sforzo appena fatto per ridere gli aveva fatto perdere energie, iniziando a respirare con ancora più fatica.

“Magari riescono a...” Parole sospese in aria, senza ormai alcun significato. Alex scosse leggermente la testa, in un gesto di dissenso.

“Preferisco così...” E detto questo allungò una mano tremante e si strappà via la flebo.

Due parole, che avevano segnato il suo destino. Il loro destino. Lui, preferiva così. E, forse, aveva anche ragione. Era meglio così.

“Hai solo diciassette anni...” Lo diceva più a se stesso che all’altro. Il biondo rimase in silenzio, sentendosi un groppo alla gola.

Un singhiozzo gli sfuggì e l’altro lo avvolse con le braccia, infondendogli calore.

Neanche il castano riuscì più trattenersi e gocce di cristallo gli rigarono le guance.

“Ron, promettimi che vivrai. Fino a cent’anni, o anche di più...Per me, ti prego...”

No, non poteva essere mantenuta, una promessa del genere, anche se chi te la chiedeva era in lacrime, senza voce, senza fiato, ed era la persona che amavi.

“No, non posso...Farò quello, e poi volerò...” Disse semplicemente questo, e il biondo singhiozzò più forte. Ron lo prese e lo girò, portandoselo nuovamente al petto. Alex appoggiò la fronte nell’incavo della spalla dell’altro, che lo strinse a se, cullandolo, accarezzandolo, baciandogli teneramente i morbidi capelli biondi.

“Alex, ti amo...” Lo strinse con più forzam disperato, piangendo, chiedendo che avvenga un miracolo, salvandoli.

Il destino, o qualsiasi cosa fosse, aveva comunque deciso così, e non potevano ribellarsi. Non ci sarebbe stata una cura, non ci sarebbe stato niente. Solo la consapevolezza che loro, in modo astratto, irreale, sarebbero stati sempre insieme, o almeno uno non sarebbe mai più esistito senza l’altro. La stanza era ancora quella, niente era cambiato, ma non mancava molto tempo, e quella sarebbe diventata testimone del loro crudele fato. Il ticchettare, prima lento e poi più insistente, della pioggia, dimostrava che anche il cielo piangeva.

“Anche io, Ron...Anche io...” Rispose con voce rotta.

Il tempo sembrava essersi fermato. Il macchinario infernale emetteva suoni snervanti, sempre più lentamente. Un tuono rimbombò.

“Baciami un’ultima volta...”

Il volto sorridente, nonostante le lacrime amare. Socchiuse la bocca e l’altro non tardò ad appoggiare le sue calde labbra du quelle fredde del più giovane, passando le dita tra i fili dorati, sentendo il fastidioso sapore di sale, notanto la mano stretta convulsamente alla manica del suo maglione.

Disperazione a Amore, sentimenti spesse volte affiancati, prendendosi gioco delle persone, che non possono ribellarsi, ma subire, inermi.

Il baciò finì, ma i loro colpi non volevano separarsi.

“Fallo adesso...”

Il rumore di passi, l’apertura di un cassetto e il frugare tra i vari accessori.

Una siringa e una strana sostanza.

Un altro abbraccio, forte, e altre lacrime, calde.

Lo fece adagiare lentamente sul letto, un “Ti amo” sussurrato, l’ultimo, un sorriso come risposta, l’ultimo.

“N-non posso...” Lacrime cadevano sul viso pallido. Alzò la mano, gli accarezzò il viso.

“Fallo, fallo per me...”

E la sostanza scivolò nelle arterie, e nelle vene, lenta, espandendosi per tutto l’organismo.

Gli occhi celesti si chiusero per non riaprirsi mai più. La mano ricadde sul letto, con un tonfo.

Il sorriso ancora sulle labbra e il volto con segni più chiari, lacrime asciutte.

Il suono prolungato, assordante.

Poggiò le labbra sulla fronte ancora più fredda, gelida come quella nottata d’inverno.

“Alex, ti amo...” E ancora il sorriso stampato sul volto del giovane ragazzo. L’aveva fatto davvero.

Spalancò la finestra, e un vento freddo lo investì. La pioggia che cadeva trasversalmente lo bagnò leggermente.

Si sedette sul davanzale, osservando le nuvole, lasciando che i lampi gli illuminassero il viso e che la pioggia lo purificasse dal suo peccato, dalla sua colpa, per non aver protestato, per averlo accontentato, per averlo ucciso.

Chiuse gli occhi, voltato verso l’alto.


“But does anyone notice?
But does anyone care?
And if I had the guts to put this to your head...
And would anything matter if you're already dead?
And now should I be shocked by the last thing you said?
Before I pull this trigger,
Your eyes vacant and stained...
And in saying you loved me,
Made things harder at best,
And these words changing nothing
As your body remains,
And there's no room in this hell,
There's no room in the next,
And our memories defeat us,
And I'll end this direst”


Il motivetto triste canticchiato amaramente.

Si voltò verso il letto. Un angelo, che ormai aveva raggiunto I suoi compagni.

Il corpo etereo, l’espressione beata.


“Touched by angels, though I fall out of grace”


Le persone ignoravano quello che avevano perso.

La porta si spalancava, ma le voci non si sentivano, i rumori non si percepivano.

Si alzò, lì, sul davanzale. Il vuoto lo richiamava, mormorando.

“Alex, adesso volo da te...”

Un balzo, a braccia aperte, un volo d’angelo.

Volò, i capelli al vento, sparpagliati, le braccia ancora aperte. Gli occhi chiusi, l’acqua scivolava sul suo viso, sulle sue braccia.

Il sorriso, lo stesso del suo amato.


“This is how I disappear, without you. Forever Now.”


THE END


Alllloura XD Devo dire che nella versione scritta a mano tutti sti pezzi di canzoni non c’erano XD

Ho fatto un mix dei My Chemical Romance, ma ci stavano troppo bene. Anzi, ne avrei messe altre mille, ma poi sarebbe troppo il distacco e la diversità dal pezzo iniziale.

Vabbè, se fosse un testo sul libro di narrativa, due sequenze ci sarebbero sicuramente XDDD

Allora, le canzoni che ho utilizzato sono:

“Early Sunsets Over Monroeville” per il pezzo più lungo, “I Never Told You What I Do For A Living”, per la frase dopo e “This is how I disappear” Per quella conclusiva XD

Mentre il titolo della fanfiction è il titolo di un’altra loro canzone XD Si, sono fissata O_O

Vabbè, poi che dire? Scritta in un’ora di ozio, vale a dire di scuola, precisamente di grammatica.

Al limite della realtà e al limite della decenza XD

Ovviamente, non so che malattia abbia Alex XDD E qui tutti (???) noterete quanto mi sono sprecata XDDD Scusate per eventuali errori XD

Vabbè, lasciate un commento, se vi va, anche se non me li fate non mi cambia la vita, scriverò comunque XDDDD

Ci sentiamo, con la VekuMaru, penso. Grazie per averla letta ^__^

See Ya

Rax

   
 
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