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Autore: evenstar    31/05/2013    5 recensioni
Spoiler Iron Man 3.
Ennesimo Missing Moment.
Mentre Tony ritrova se stesso, Pepper vede crollare la sua casa, viene rapita, le viene modificato il DNA e rischia di morire. Ma cosa prova mentre le succede tutto questo? Mentre Tony ha le sue crisi di panico anche Pepper si trova ad affrontare una serie infinita di prove che la trasformeranno radicalmente, seguiamola in questa sua personale avventura.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aldrich Killian, Tony Stark, Virginia 'Pepper' Potts
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Si svegliò quando delle rudi mani slacciarono le contenzioni che la tenevano stretta e l’afferrarono al volo prima che cadesse a terra. Cercò di restare in piedi, ma i muscoli non sembravano rispondere ai suoi comandi e prima che fosse in grado di capire quello che stava succedendo le legarono le mani e le misero una benda sugli occhi.
- Dove mi state portando? – riuscì a chiedere prima che un uomo la spingesse rudemente in un furgoncino.
- Al party dell’anno – fu l’unica risposta che ottenne.
Pepper approfittò del viaggio per cercare di capire cosa fosse successo. Ricordava l’iniezione di Extremis, ricordava il dolore, ma in quel momento non provava nulla, nulla se non una piacevole sensazione di benessere e tepore e… forza. Si sarebbe aspettata di essere debole, completamente spossata da quello che le avevano fatto, invece stava bene e si sentiva più in forze di quanto non si fosse sentita da molti mesi a quella parte. Cercò di muovere i polsi per liberarli dalle manette, ma una voce la fece desistere. – Se fossi in te non lo fare – le disse. – E poi per andare dove? Hai bisogno di noi, esattamente come noi abbiamo bisogno di te.
- Che cosa vuoi dire? – chiese.
- Hai bisogno di Extremis per non esplodere, letteralmente.
- Esplodere?
- Un piccolo effetto collaterale – rispose la voce con indifferenza.
Pepper rimase in silenzio, pensierosa. Stava bene, si sentiva decisamente energica e, alla prima occasione che le si fosse presentata, sarebbe scappata. Da quando si era svegliata (viva) dopo l’iniezione del virus aveva capito che il tempo della damigella in pericolo era finito. Tutti quegli anni, tutte quelle missioni, tutte le cose che le erano successe negli ultimi giorni portavano ad un'unica semplice conclusione: doveva imparare a sopravvivere con le sue forze.
Se Tony non fosse arrivato al suo fianco, allora lei sarebbe andata da lui. Gli avrebbe dimostrato di non aver bisogno di qualcuno che le guardasse costantemente le spalle e di essere perfettamente in grado di badare a se stessa.
Fu fatta alzare e camminare su una scaletta. L’intenso odore di salsedine la convinse definitivamente che la stavano portando su una nave e si chiese cosa avesse in mente Killian.
Con una punta di rammarico si rese conto che quella era la vigilia di Natale e per un attimo, mentre veniva legata l’ennesima volta in uno stanzone pieno di scatoloni e container, si perse a pensare a come avrebbero potuto essere diverse le cose. In quello stesso momento, in una realtà parallela, lei e Tony erano seduti a tavola davanti ad un enorme tacchino, con il coniglio di peluche che li stava fissando con sguardo vacuo, l’albero di Natale scintillante e una serie di jingle natalizi in sottofondo. Avrebbero mangiato, bevuto champagne e poi chissà, con Tony nulla era mai sicuro, neanche la notte di Natale.  
La lasciarono sola nello stanzone, ma poco dopo Aldrich fece il suo ingresso.
- Ciao – le mormorò sornione, come se si fossero appena svegliati insieme in una bella giornata d’estate.
Pepper fece una smorfia. – Non ti aiuterà mai – gli disse con astio. – Non lo farà! – ribadì sperando che fosse vero e al contempo temendo che lo fosse. Da quando era stata rapita aveva sperato nell’arrivo di Tony, quando aveva capito che non sarebbe arrivato a salvarla aveva provato rabbia e delusione, ma adesso la parte razionale della sua mente le stava urlando che era giusto così. Tony non poteva mettere a rischio la sicurezza nazionale per salvare la sua ragazza, lo capiva, lo sapeva. Quello che non sapeva era se fosse in grado di poter convivere con tale convinzione.
- La tua presenza qui non è per motivare Tony Stark – le spiegò Aldrich. – Sei qui per… beh, mi imbarazza un pochino dirtelo – continuò con un sorriso di soddisfazione sulle labbra. – Sei qui come mio…
- Trofeo – concluse Pepper tristemente. Tutto quello che le era successo dal momento in cui avevano subito l’attacco alla Villa era stata solo causa sua. Aveva incolpato Tony di averla messa in pericolo, aveva pensato di essere stata presa come ostaggio per farlo collaborare, ma si era sbagliata. Doveva smetterla di contare solo su di lui, doveva smetterla di dare a lui tutte le colpe e tutti i meriti e cominciare a prendersi le sue responsabilità. Iniziando con il tentare di fuggire dal pazzo che le stava davanti, con o senza Tony Stark a soccorrerla.
- Come ti senti? – le chiese poi scrutandola in volto in cerca di qualche segno di sofferenza residua.
- Come se potessi prenderti a calci nel culo – riuscì a rispondere Pepper, motivata da una forza che solo qualche ora prima non pensava di avere, facendo al contempo un ghigno degno di Tony Stark.
- Da dove arriva tutta questa volgarità? – le chiese Killian.
- Lasciami andare, non puoi tenermi legata per tutta la vita. E non mi vuoi uccidere, o l’avresti già fatto – gli disse.
- Ucciderti? Oh no, no. Ho progetti molto più ambiziosi per te, Pepper.
- Non ti aiuterò mai.
- Lo vedremo.
- Cos’hai intenzione di fare oggi? Perché siamo qui? – chiese a raffica la ragazza, sperando che ad almeno una delle sue domande avrebbe infine risposto.
- Diciamo che ho in mente di fare un party di Natale molto… scintillante. E tu sarai parte di tutto ciò, non sei orgogliosa?
- Ma ti senti quando parli? Sei completamente folle…
- Stai zitta! – sbottò Killian perdendo per la prima volta la sua calma a quelle parole e facendo capire a Pepper come avesse appena toccato un tasto particolarmente dolente.
Fu interrotto da un rumore metallico proveniente dall’esterno. Killian si girò verso la porta mentre questa si apriva e qualcuno entrava sferragliando. – Buonasera, signore – salutò l’uomo mentre Iron Patriot faceva il suo ingresso nel container provocando una marea indistinta di sensazioni nella ragazza. Sorpresa, sgomento, curiosità, speranza e infine paura l’avvolsero come qualche ora prima era stata avvolta dal calore e dal dolore. Osservò l’armatura di Rhodey fermarsi a poca distanza da loro, non riuscendo a capire cosa stesse succedendo e non osando sperare che fosse lì per lei. All’improvviso la vide aprirsi e un uomo cadde bocconi davanti a Killian. - Benvenuto a bordo, signor Presidente – lo salutò questi mentre lei tratteneva il fiato, sconvolta.
Aldrich fece alzare il Presidente degli Stati Uniti e si diresse verso il ponte con lui, lasciando Pepper nuovamente sola con i suoi pensieri. Come l’altra volta le sbarre di metallo la tenevano ferma, impedendole di fuggire. Non aveva idea di che cosa esattamente avrebbe fatto una volta che fosse riuscita a liberarsi, ma per il momento era secondario, l’importante era riuscire ad uscire e cercare di impedire a Killian di mettere in atto il suo piano e Pepper, da quello che aveva capito, ne faceva parte. Anche solo la sua temporanea scomparsa dalla scena avrebbe rallentato il progetto di Aldrich dando tempo a Tony, Rhodey, all’esercito o a chiunque fosse in grado di fare qualcosa di… farlo. Una strana determinazione e sicurezza di sé pervasero la ragazza che si rese conto di come fosse cambiata nelle ultime ore. Non aveva idea se fosse per Extremis o se invece fosse semplicemente una parte di sé che non aveva mai conosciuto e che non era mai venuta alla luce, la cosa importante era che si fosse presentata nel momento opportuno e tanto bastava. La stessa grinta che aveva sempre manifestato nel lavoro di tutti i giorni, quella che le aveva permesso fin da subito di gestire Tony e le sue stravaganze meglio di chiunque altro, adesso stava emergendo con un altro aspetto portandola a reagire alla situazione disperata in cui si trovava con coraggio e determinazione. 
Uno scoppio improvviso e delle urla la riscossero dai suoi tentativi di liberarsi, abbassò la testa, ma fu lo stesso investita dall’onda d’urto che fece esplodere una parete intera della stanza in cui si trovava e la sbalzò per terra. Pepper urlò mentre una serie di macerie le piovevano addosso e fu sommersa crollando a terra, intrappolata e allo stesso tempo libera. Il lettino a cui l’aveva legata era stato divelto, ma le macerie la bloccavano. Cercò di muoversi per strisciare sotto di esse, senza alcun risultato.
- Pepper? – una voce fin troppo attesa, e allo stesso tempo assolutamente inaspettata in quel momento, la riscosse. Tony sollevò una serie di macerie, tentando di liberarla.
- FERMO! – urlò la ragazza mentre un dolore lancinante le mozzava il fiato e un tubo di metallo le premeva dolorosamente sulla pelle, rischiando di lacerarla. – Mettilo giù – mormorò tra i gemiti di dolore, non riuscendo a credere a quello che stava vedendo.
Tony si fermò si chinò verso di lei. – Vedi che cosa succede a frequentare le mie ex? – le chiese sporgendosi verso di lei e allungando il più possibile la mano.
Pepper sospirò sull’orlo delle lacrime. Lo aveva aspettato, lo aveva sognato, lo aveva desiderato e adesso che finalmente era arrivato, finalmente che si erano ritrovati, tutto quello che era in grado di fare era una battuta. La ragazza emise un gemito che era sollievo, speranza e astio tutto insieme incapace di dire se fosse più contenta di vederlo o più arrabbiata per la sua entrata così poco eroica e decisamente tardiva. – Sei un cretino – gli disse rendendosi conto di quanto realmente le fosse mancato: era Tony, come sempre. Ed era lì, come sempre.
In ritardo, come sempre.
- Ne parliamo a cena – le disse Tony sporgendosi ancora verso di lei mentre le loro dita si sfioravano senza riuscire a toccarsi realmente. – Avvicinati… - le disse sporgendosi al massimo mentre lei faceva lo stesso. – Un po’ di più – mormorò Tony cercando invano di afferrare la sua mano.
Pepper tese le dita il più possibile, desiderando con tutta se stessa afferrare quella mano che le stava tendendo, senza riuscirci. All’improvviso le dita che si stavano protendendo verso le sue furono brutalmente allontanate da lei e Tony cadde sulla schiena, schiacciato da Killian che lo teneva a terra, una mano infuocata premuta contro il suo torace. – Ti sta importunando? – le chiese con un ghigno malvagio tornando poi a volgere la sua attenzione a Tony. – Non alzarti – gli disse sempre mantenendo la mano incandescente sul suo petto. – Senti caldo? Ti senti un po’ incastrato? Come una tartaruga che viene cucinata nel suo guscio? – chiese.
Pepper era terrorizzata da quello che stava succedendo. Sapeva che il calore doveva essere insopportabile, sapeva che a meno di un metro da lei Tony stava soffrendo, morendo. E lei non era in grado di fare nulla, nulla per salvarlo, nulla per attenuare il dolore. Poteva solo restare a guardare. – Tony – mormorò come a chiedergli perdono.
- Lei sta guardando – disse Killian a Tony che, per colpa del casco dell’armatura, non riusciva a vedere cosa stesse succedendo di fianco a lui. – Credo che dovresti chiudere gli occhi – mormorò. – Chiudi gli occhi, è meglio che tu non veda – disse mentre accentuava il calore nella mano, rendendola ardente.
Pepper si divincolò graffiandosi contro i calcinacci e i tubi di metallo, si sporse verso Tony, cercò di raggiungerlo, di salvarlo, ma senza riuscirci. L’unica cosa che fu in grado di fare fu restare ad osservare Killian che lo uccideva davanti a lei. Per un attimo Tony volse lo sguardo, i loro occhi si incrociarono e Pepper fu terrorizzata da quello che vi lesse. Rimpianto, tristezza, senso di colpa, ma soprattutto rimorso per quello che avrebbero potuto avere e che era stato loro strappato prima ancora che lo conquistassero. Fu tentata di distogliere lo sguardo, incapace di sopportare la pena che vi leggeva, ma poi si costrinse a mantenere il contatto visivo, così come Tony si rifiutò di chiudere gli occhi. Se quella era l’ultima cosa che vedeva, doveva essere lei.
Poi un’altra esplosione distrasse Killian e Tony fu rapido ad approfittarne, fece guizzare una lama dal guanto dell’armatura tagliando di netto quel braccio che lo stava uccidendo. Il calore dell’arto fuse il metallo del ponte su cui si trovavano e Pepper scivolò, restando agganciata ad una gru che iniziò a muoversi verso l’esterno, trascinandola con sé. La ragazza strinse la presa con tutta la forza che aveva e rimase ad osservare impotente mentre veniva trascinata via, ancora una volta lontano da Tony.
Chiuse gli occhi, esausta. Per qualche attimo fu tentata di mollare la presa e farsi semplicemente scivolare giù, sommersa dal dolore, dalla paura, dall’angoscia, ma poi vide una figura muoversi sotto di lei, inseguirla di corsa cercando di afferrarla e capì che doveva tener duro. Per lui. Per se stessa, perché era più forte di quanto non si sarebbe mai aspettata e dopo tutto quello che le era successo si meritava anche lei un lieto fine, come tutte le eroine. Strinse la presa e rimase appesa al braccio meccanico in movimento finché questo non si fermò di colpo, minacciando di farle perdere l’appoggio.
Vide Tony appena qualche metro sotto di lei che si sporgeva nel vuoto. – Pep, ti prendo – le disse cercando di infonderle fiducia con uno sguardo. – Tranquilla, ti prendo – le ripeté sporgendosi al massimo e tendendo una mano verso di lei. Ma lei era terrorizzata e incapace di fare altro che reggersi al supporto, volse lo sguardo verso l’alto cercando una via di fuga che non esisteva. – GUARDAMI! – le urlò Tony ricatturando il suo sguardo e osservandola con una determinazione che non vedeva da prima di New York, con lo stesso sguardo deciso che aveva avuto la sera dell’attacco all’Expo, quando l’aveva salvata e portata sul tetto di un palazzo mentre tutt’attorno a loro si susseguivano le esplosioni. – Tesoro, non posso sporgermi oltre e tu non puoi restare lì. Devi mollare la presa. Molla la presa, ti afferro io. Te lo prometto – le gridò preoccupato.
Te lo prometto.
Furono quelle tre semplici parole e lo sguardo con cui furono dette che la convinsero alla fine.
Lui che aveva portato il Mandarino da loro.
Lui che non era stato in grado di proteggerla da Killian.
Lui che non era riuscito a salvarla.
Te lo prometto.
E Pepper si fidò di nuovo.
Lui che l’aveva sempre protetta in tutti quegli anni.
Lui che l’aveva salvata da Stane.
Lui che l’aveva salvata da Vanko.
Pepper fissò gli occhi in quelli di Tony e vi lesse solo determinazione e amore. Allungò la mano e sfiorò quella di lui un attimo prima che l’ennesima esplosione facesse vacillare la struttura a cui si stava reggendo, facendola ondeggiare e perdere la prese. Si sentì scivolare verso il basso, mantenne lo sguardo in quello di Tony, ma c’era qualcosa che non andava.
Vide la determinazione diventare terrore e l’amore disperazione, sentì i polpastrelli che sfioravano quelli di lui e poi sentì la presa della gravità su di lei, il vento che le scompigliava i capelli, il caldo che le infiammava la pelle e un urlo nella notte.
E poi non sentì più niente.

E con ciò vi saluto per qualche tempo, andando nelle più che meritate ferie la prossima settimana. Manca un capitolo e poi anche questa storia è finita, non credo di lasciarvi con una grossa suspance, tanto cosa succede lo sapete già. 
Come sempre grazie infinite a Robin7, my brother under the sun e alla mitica (sì, mi sopporta quasi quotidinamente nei miei scleri letterari quindi l'aggettivo è più che meritato) Mrs Downey per i commenti.
A prima o poi :)
Even 

  
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