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Autore: Ste_exLagu    02/06/2013    0 recensioni
Aggiunto prologo
Hanamichi si trasferisce negli Stati Uniti e viene ispirato da un Telefilm, e comincia a scrivere a dei futuri figli. Comincia con la prima lettera in cui comincia a dare qualche notizia del suo primo anno allo Shohoku, e accenna all'incontro con Kaede.
Fa parte della serie Tutta la vita in un secondo. Nella linea Temporale si posiziona dopo "un secondo" e dunk"
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Nobunaga Kiyota
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Tutta la vita in un Secondo'
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1 Ottobre. USA.

Cari futuri figli,
Andare avanti non è facile.

Ho sempre un peso sul cuore, ma sono forte, io sono pietra indistruttibile, sono la roccia, e ne sono fiero.

Devo vivere per lui, per me, con lui qua in me, è come se vivessi due vite, e lo faccio al massimo. Quella vita che lui credeva inutile, quella vita che grazie a Kaede ho capito quanto fosse fragile, anche per quelli della mia età. Pensavo di essere immortale, una di quelle illusioni adolescenziali, che nemmeno la morte di mio padre ha intaccato. Immortale e sempre vincitore nelle risse, sono grande e grosso... la fine del detto è semplice, ma è efficace. Sto scrivendo questo per voi, miei bambini futuri, fare questo mi è venuto in mente, quando sono arrivato negli stati uniti, i primi tempi per migliorare il mio inglese ho guardato la tutte le serie televisive che mi son capitate a tiro e ho visto una serie TV che mi ha colpito, si di spessore comico, ma che ha attecchito in maniera profonda in me. Si chiama “How I meet your mother” in cui il protagonista ci mette sei serie a dire ai due figli nel futuro come ha conosciuto loro madre, raccontandogli la vita a New York con un gruppo di amici sinceri e fidati. Io voglio parlarti di come sono diventato, di chi sono diventato e perché. Tutto è cominciato alle superiori, il primo giorno delle superiori, ma devo premettere delle cose.

La storia del nonno è semplice, un uomo tranquillo, che mi ha allevato con forza e determinazione anche nel momento in cui ho cominciato a ribellarmi contro di lui e contro vostra nonna, un giorno qualsiasi è morto di infarto e non sono riuscito a salvarlo perché ero coinvolto in una rissa con zio Yohei. Non ero bravo con le persone e con le ragazze, soprattutto con le femmine umane, mi son dichiarato a qualunque ragazza carina, vostro zio direbbe a chiunque respirasse. Questo alle medie mi aveva portato ad un record, il record di cinquanta scaricamenti. L'ultima forse mi piaceva veramente, solo che stava con un giocatore di basket, non sono mai stato un giocatore di squadra, almeno fino a quel fatidico giorno, il giorno del mio compleanno, il primo giorno di scuola. Come se fosse un pesce d'aprile nella nuova scuola una ragazza mi si avvicina e mi fa i complimenti per i muscoli chiedendomi se giocassi a basket, e ho detto si, sono il genio del basket. Ora mi viene da ridere, ero così ottimista, così pieno di vita, cose che penso non siano cambiate, ma che sarebbero cambiate entro un anno, ma continuiamo con i ricordi di quel giorno. Ho incontrato Haruko Akagi, e me ne sono innamorato, fa ridere ancora questa definizione, ma ci credevo fino infondo. Non mi sono mai chiesto cosa mi piacesse, mi doveva piacere la sposina giapponese, minuta capelli neri e occhi scuri, con cui costruire una famiglia, e lei era tutto questo, lei era l'incarnazione di tutto questo.

Vi do il permesso di prendermi in giro, vi do il permesso di ridere a crepapelle, ma avevo sedici anni, e son sicuro che il mio cervello si fosse fermato alle elementari, in stand-by con la lucina rossa che si accendeva e mi faceva sbroccare.

Poi su quel terrazzo l'ho incontrato, ho incontrato Kaede, la persona più profonda che abbia mai incontrato, così profondo e segreto che l'ho conosciuto solo dopo che ci ha lasciato. Solo dopo il gesto estremo. Vi scrivo perché sono stato un boia crudele, sono stato veramente insensibile e cretino. Si certo voi potreste dissentire, potreste dire che sono un papà discreto, ma quando avevo la vostra età o poco più ero un completo decerebrato.

Cavolo che ragazzo affascinante, e più mi affascinava e più lo colpivo, sia con le parole che con le mani, pensavo fosse viziato, che si vantasse del suo bel viso, che godesse ad avere un fanclub, ma non è vero, non potete sapere cosa c'è dietro ad uno sguardo profondo, dietro ad un silenzio o dietro allo studio più sfrenato, non sapete nemmeno cosa c'è dietro a dei capelli lunghi, o ad una cicatrice. L'ho visto mi è mancato il respiro, e poi lei amava lui, e quindi l'ho istantaneamente odiato, ne ho odiato i lineamenti perfetti, quasi fosse di porcellana, la pelle chiara, gli occhi blu, chi ero io, quello dai tratti rozzi, i capelli rosso fuoco, dai modi rudi, non potevo competere con lui, lei lo amava e io dovevo distruggerlo. Al primo incontro ci siamo picchiati. “Do’hao!” mi ha apostrofato, ed ho sentito poche volte altre parole sfuggire al quelle labbra dall'aria rilassata. Lo sguardo che si infuocava ogni volta che toccava un pallone da basket, sembrava rinascere come la fenice e il parquet le sue ceneri, con quel pallone era l'emblema del basket stesso, passione pura, gli stati uniti come obiettivo. Poi i con le mie cretinate “baka Kitsune” e poi tutti i miei spropositi, tutte le mie parole al vento. Tutte le cattiverie che dalla mia bocca l'hanno colpito come se fossero coltelli. Come una mannaia sul suo ego, una mannaia sulla sua vita.

Direi una bugia se dicessi che lui non mi ha colpito, che il suo suicidio non l'abbia considerato una mia colpa, se non avessi pensato di essere così colpevole, forse sarei rimasto fermo ai cinque anni. Ma il mio essere colpevole, mi ha salvato, ed ha salvato lo Shohoku, ed ha portato la squadra alla vittoria. Tutti anche i diplomati hanno subito il colpo. Come il vostro allenatore, come me, ed anche quelli delle altre squadre come il vostro altro papà. Una generazione segnata da quel gesto, chi lo ha conosciuto, così silenzioso, sembrava volesse passare inosservato, ma io lo avevo sempre negli occhi, sempre nei gesti, nel mio basket, in tutto c'era lui, c'era Kaede, ed era troppo, non riuscivo a capire, non riuscivo ad accettare lui, non riuscivo ad accettare me, e tutte le mie sfaccettature. Bambini vi lascio gli allenamenti mi chiamano.

A domani per la busta 2.



  
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