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Autore: harryboobear    03/06/2013    19 recensioni
Mi afferrò con una mano il mento, facendomi alzare il viso fino ad incontrare i suoi occhi.
"Fidati di me."
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Buttai lo zaino al suolo, facendolo finire ai piedi di Gemma.
Allungai la mano verso le labbra di Alex e presi la sigaretta che si trovava tra esse.
"Hey! Ma che cazzo…" 
Cominciai a fare avanti e indietro, ignorando il suo imprecare e mi portai la sigaretta alle labbra aspirando per poi buttare tutto fuori, ed oltre al fumo mi liberai anche dallo stress.
"Qualcuno è nervosetto stamattina"
Mi fermai, fulminando con lo sguardo Cody, per poi riprendere a fare avanti e indietro.
"e questo lo può confermare." continuò lui.
Se non avesse chiuso la bocca, giuro che gli avrei staccato la testa a morsi.
Presi un altro tiro dalla sigaretta.
"tuo padre?" Mi chiese Alli che si trovava alla destra del fratello, Cody.
"se." Dissi prima di fare un ultimo tiro, per poi gettarla a terra ormai consumata.
"avanti, cos'è successo stavolta?" continuò lei. 
"la solita merda."
Andai verso i gradini, dove erano seduti tutti e mi sedetti in mezzo ad Alex e Gemma.
"ha detto che stasera sarebbero arrivati Michele con il figlio, come cazzo si chiama…" ci pensai su un attimo.
"insomma, con suo figlio e che sarebbero rimasti… ciò significa che vivranno con noi."
"e tu, hai fatto la solita sceneggiata, vero?" Sentì dietro di me la voce di Harry. Ero certa che quando mi fossi seduta lui non c'era, come cazzo… ah, lasciamo stare.
Mi circondò con le sue forti braccia e poggiò la testa tra l'incavo della spalla e il collo. I suoi ricci mi solleticarono la guancia mentre sopra di essa mi stampava un bacio.
"eh certo! Ci mancava solo che non reagissi. Poteva dirmelo un po' prima, non il giorno stesso. Mi ha dato fastidio questo suo comportamento. Non mi dice mai niente, ci manca solo che mi ritrovo Michele con il pancione."
Mi lasciai andare all'indietro poggiando la schiena e la testa sul petto di Harry, mentre lui mi stringeva più forte.
Alzai gli occhi al cielo, guardando il grigio cielo di Londra.
Non ce la facevo più a vivere con mio padre. 
Mi madre morì morta tre anni prima e in casa rimanemmo solo noi, ma dopo neanche un anno, dalla sua morte, nella sua vita è entrata Michele, una donna dolcissima, non fraintendetemi, ma da quando stava con lei non era più lo stesso.
Prima parlavamo, mi confidavo sempre con lei, mentre dopo non ha avuto più tempo per me…

Mi faceva salire il nervoso che lui la preferisse a me.
Poi come se non bastasse quella sera con lei c’era anche suo figlio che per me era completamente un estraneo.
L'avrò visto sì e no quattro volte in due anni.
Lui viveva con il padre, ma a quanto è riuscito a spiegare mio padre stamattina tra le mie urla, hanno avuto dei battibecchi e lui lo ha mandato dalla madre.
Sentì la campanella suonare e gruppi di ragazzi entrare nell'edificio.
Mi divincolai dalla stretta di Harry e mi alzai, sistemandomi la corta gonna rossa a strisce nere e bianche dell'uniforme.
Un vento freddo mi scompigliò i lunghi capelli biondi e mi fece rabbrividire.
Mi strinsi nel cardigan nero e mi tolsi la cravatta che sembrava soffocarmi. La posai dentro lo zaino e mi slacciai un bottone del colletto. 
Aria.
Mi misi lo zaino su una spalla ed entrai nella scuola affianco al mio gruppo, mentre loro parlavano di chissà cosa io rimasi zitta, persa nei miei pensieri.

 

"I got another one one one" cantarono all'unisono Alli.
"Ain't no way i'm gonna come come come" si unì Cody.
"Back to the club to the party, i got what i came for, you still searching the floor" cantò infine Harry.
E la canzone non era ancora finita, non che non avessero delle belle voci, ma sinceramente non avevo voglia del loro concerto, ma per non passare per la solita stronza decisi di starmene zitta guardando fuori dal finestrino.
Arrivammo davanti a casa dei Simpson e Cody e Alli prima di scendere ci dedicarono un ultimo pezzo della canzone e ci salutarono con un "ciao" cantato.
Accennai un sorriso ai due, salutandoli da dietro il finestrino con un gesto della mano mentre Styles ripartiva.
Il riccio mi precedette abbassando il volume della musica e dandomi una veloce occhiata, prima di puntare di nuovo gli occhi sulla strada.
Guardai per un attimo il suo profilo perfetto.
I ricci gli ricadevano perfetti sulla fronte, naso dritto, delle sottili labbra rosee e due adorabili fossette.
La sua bocca si aprì in un sorriso.
"Mi stai per caso studiando? Non ti è bastato vedermi per dieci lunghi anni della tua vita?"
Distolsi lo sguardo dal suo viso, sorridendo.
È vero, io e Harry ci conoscevamo da circa dieci anni, da quando mi aveva difeso da dei stupidi ragazzini che non volevano lasciarmi in pace e da quel momento siamo diventati inseparabili, due migliori amici.
"Come mai non ci sono Alex e Gemma?"
Gli chiesi curiosa.
Di solito tornavamo tutti a casa nella range rover di Harry.
"Lo sai che non si risponde ad una domanda con un'altra domanda?"
Mi chiese beffardo.
"Tu rispondimi e basta." Dissi senza distogliere lo sguardo dalla strada.
"Alex è in detenzione. All'ora di matematica ha preso il libro e lo ha buttato dalla finestra dicendo 'La matematica fa schifo, fanculo alla matematica' e la professoressa non ha potuto non dargli la punizione."
Fece una risatina mentre io mi contorcevo sul sedile dalle risate, tipico di Constancio. 
"E Gemma è uscita con quel Tyler." ringhiò stringendo forte il volante.
Cessai di ridere e lo guardai curiosa.
"e a te non va per niente giù quel tipo, vero?"
"Come potrebbe? Non so se te lo ricordi, ma quel bastardo l'anno scorso ha picchiato Niall a sangue e io non mi fido, punto."
È vero, l'anno scorso per colpa di quella troietta di Lauren, Niall è finito in mezzo ad una rissa ed è stato ridotto uno straccio.
"Harry, Gemma ormai è grande, sa prendere le sue decisioni.." 
"Non me ne frega un cazzo, io devo proteggerla. Lei è la mia sorellina, grande o no, ho il compito di starle accanto e cercare di non farle  combinare qualche cazzatta." Disse questa frase a denti stretti, si stava irritando e non volevo litigarci, non oggi.
"Approposito, Niall quando torna dall'Irlanda?" Gli chiesi cercando di cambiare discorso.
Lo vidi rilassarsi e ciò mi sollevò.
"Dopodomani, i suoi gli hanno anticipato il volo. Non vogliono che perda altri giorni di scuola."
"mh." dissi guardando la macchina fermarsi sul vialetto di casa mia.
Davanti c'era un'altra macchina… sono già arrivati.
Rimasi per qualche secondo a fissarla per poi passarmi frustrata una mano trai capelli.
Sentì Harry muoversi sul sedile del guidatore e sentì anche la cintura slacciarsi.
Me la tolsi anche io, mi sentivo soffocare e non capivo neanche il perché.
"Ehi," mi disse con tono dolce mentre con una mano mi prendeva il mento, costringendomi a girarmi dalla sua parte.
Le sue iridi color smeraldo incontrarono le mie azzurre.
"Non fare cose di cui potresti pentirtene, non agire di impulso, sii dolce e non fare una delle tue solite sceneggiate, fallo per tuo padre."
Trovava sempre le parole giuste per tirarmi su, per impedirmi di fare qualche sciocchezza.
Lo adoravo per questo, adoravo il suo starmi sempre accanto nei momenti difficili, per me c'era sempre, sempre e dovunque.
Gli sorrisi, un sorriso sincero che da stamattina non rivolgevo a nessuno.
"Spero di non deluderla, signor so' sempre cosa dire." Lui rise mostrando quelle dolci fossette.
Mi allungai, stampandogli un bacio sulla guancia.
"Ci sentiamo dopo su skype." Presi lo zaino che si trovava tra le mie gambe, aprii la portiera e scesi dalla grande auto.
"Se proprio non sopporti nessuno, sappi che nella mia camera c'è sempre posto per te." Mi girai sorridendo.
"Me ne ricorderò." ammiccai mentre camminavo all'indietro verso la porta.
Lo salutai con un ultimo cenno della mano e lui fece lo stesso, sfrecciando con la sua Range Rover verso la strada.
Mi girai continuando a camminare finchè non arrivai davanti alla grande porta di legno di casa mia. 
Bussai, senza andare alla ricerca delle chiavi, che erano disperse chissà in quale tasca dello zaino.
"Eccola." sentì mio padre dall'altra parte.
Degluitì prima di trovarmi la sua figura davanti alla porta spalancata.
"Tesoro, vieni."
Mi invitò lui con un grande sorriso stampato in faccia.
Entrai e posai lo zaino accanto al comodino che si trovava all'entrata.
"Harper, per favore…" sapevo già che si stava riferendo allo zaino.
Sbuffai, prendendolo da terra.
Potevo sentire la sua agitazione, aveva paura che avessi potuto dire qualche sciocchezza o qualcosa che avrebbe rovinato tutto.
Salì in camera, buttandolo sul letto e mi tolsi il cardigan nero, lanciando anche esso sopra lo zaino.
Mi guardai allo specchio.
Avevo i capelli scompigliati dal vento pazzesco che tirava.
La matita che stamattina contornava perfettamente i miei occhi azzurri era sbavata e le mie guance di solito pallide, erano arrossate dal freddo.
Mi sistemai in fretta legandomi i capelli in una coda alta e togliendo la matita in eccesso. 
Mi tolsi le scarpe e rimasi in calzini.
Sentì delle voci provenire dalla fine della rampa di scale, erano loro.
Feci un bel respiro prima di cominciarle a scendere velocemente e prima di aprire bocca, sull'ultimo gradino scivolai, cadendo in avanti, ma non andai a sbattere con il parquet duro ma contro qualcosa di morbido.
Calzini di merda.
Mi accorsi di aver chiuso gli occhi e quando li riaprì due braccia mi stringevano e io ero con la faccia letteralmente schiacciata contro un petto.
Mi scostai guardando in faccia a chi ero caduta addosso.
Un ragazzo poco più alto di me, moro e con degli occhi verdi sul nocciola mi guardava preoccupato.
"Tutto bene?" Lo sentì chiedermi.
Ero come paralizzata, non avevo mai visto un viso perfetto come il suo.
"Tutto bene tesoro?" Michele disse mettendomi una mano sulla spalla mentre mio padre mi rivolgeva la stessa domanda.
"Tesoro, stai bene?"
Il ragazzo mi lasciò andare ed io scossi la testa, come per distogliermi da quella specie di trance. 
Avevo tutti gli occhi puntati addosso, anche i suoi.
"ehm.. s-sì, grazie." Dissi incapace di formulare una vera e propria frase.
"Se non ci fosse stato Austin, avresti fatto un bel volo." ironizzò la donna con un sorriso.
Austin... Austin.
Lui era suo figlio, certo!
Austin, era così che si chiamava.
L'anno scorso era più… più minuto, piccolo e portava anche l'apparecchio che suppongo che ora non porti più.
Era tutta un altra persona.
Lo guardai un'ultima volta, prima che mio padre e Michelle mi portassero verso il salone, dove mi sedetti sulla poltrona singola a sentire quanto fosse felice di essere qui e anche di vivere con noi.
Io annuivo e a volte le rivolgevo qualche sorriso, ma potevo sentire il suo guardo su di me, mi faceva sentire a disagio, mi faceva sentire indifesa, cosa che non mi succedeva mai.

La prevedevo una dura convivenza. 


Spero vi sia piaciuto, davvero.
Recensioni?

Martina, grazie per avermi aiutato con la correzione. 

  
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