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Autore: Youki    12/09/2004    5 recensioni
Come arrivò Inuyasha nel villaggio di Kikyo 50 anni fa? E cosa faceva Sesshomaru nel frattempo? E come viveva Kikyo? E chi è Sayouki? Scopritelo leggendo la mia fic, già completa, che posterò regolarmente ogni settimana! COMMENTATE COMMENTATE!!! Baci Youki
Genere: Azione, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Contenuti forti
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UNA STORIA DEL PASSATO
di Youki

Lo dico una volta e poi basta: Inuyasha è scritto e disegnato da Rumiko Takahashi e i diritti della serie sono Inuyasha Manga © 1997 Takahashi Rumiko, Shogakukan (JP), Viz Communications (USA), Star Comics (ITA), Kanna (FRA); Inuyasha Anime © 2000 Takahashi Rumiko, Shogakukan, Sunrise, YTV, Viz Communications, Dynamic Italia. Questo è solo il lavoro di una fan sfegatata.

Premetto brevemente che per introdurre il mio personaggio, mi sono un po’ dilungata all’inizio e per questo, prima che leggendo il primo capitolo ribattiate che non sembra quasi una ff su Inuyasha, vi invito a leggere almeno i primi tre. Il ritmo è inizialmente un po’ lento, ma evolve assieme agli eventi e ben presto diventa così veloce da essere quasi insostenibile anche per me ogni volta che rileggo!! ;P
Sappiatemi dire che ne pensate!!!


****
Cap 1
Una lunga notte



La giovane donna camminava nel buio della foresta e, aiutandosi con un semplice bastone, seguiva il tortuoso sentiero. Ad illuminare il suo cammino solo il tenue bagliore della mezzaluna. Viaggiava leggera, portando con sè solo un piccolo fagotto legato alla cintura, contenente pochi oggetti personali e una piccola riserva di carne essiccata. Era in viaggio già da alcuni giorni e le sue scorte di cibo erano ormai agli sgoccioli.
In caso di necessità avrebbe potuto cacciare, ma era ormai vicina al villaggio che, le avevano detto, sorgeva piedi della montagna. Là sperava che avrebbe trovato accoglienza, riparo e un pasto caldo.
Non che le dispiacesse stare all’aperto...anzi!...e nemmeno aveva paura di trovarsi sola nel cuore di una foresta: viaggiava sola da molto tempo ormai e non le era mai capitato nulla di male…o, meglio, aveva sempre saputo difendersi. Tuttavia quando si trovava nelle vicinanze di un villaggio, si sentiva sempre irresistibilmente attratta dalla possibilità di ristabilire contatti umani…
Si fermò al limite di una radura, levando il viso pallido verso il cielo e scrutando in lontananza la vetta della montagna: gli abitanti del villaggio da cui era partita tre giorni prima le avevano narrato strane storie su quella che chiamavano Montagna del Fulmine e sostenevano che essa era il luogo dove gli Oni venivano a forgiare le loro lame, sfruttando l’energia stessa del cielo. Una brezza leggera e pungente si levò gradualmente, facendo frusciare i rami ormai spogli degli alberi: l’inverno era arrivato, al seguito di una stagione di siccità che già aveva messo a dura prova gli abitanti di quella regione. Inspirò profondamente quell’aria gelida e scrutò le prime nubi che si addensavano all’orizzonte, compiacendosi tra sé dell’imminente arrivo della neve e della fine della siccità. Sperava solo che i contadini avessero immagazzinato abbastanza provviste per superare quello che si preannunciava un duro inverno.
Doveva ormai essere vicina alla meta e, nonostante fosse già scesa la notte, non sentiva il bisogno di accamparsi. D’altronde le giornate si erano molto accorciate e, nonostante il buio, era ancora presto, per cui decise di proseguire il proprio cammino lasciandosi cullare dai rumori sommessi della notte…il fruscio dei rami…il richiamo di un uccello notturno…le strida di una sfortunata preda…D’improvviso il vento vorticò, cambiò direzione e si rinforzò…
Odore di fumo…grida umane…un tempio in fiamme.
La visione svanì tanto rapidamente quanto le era apparsa e la ragazza barcollò; l’aria era di nuovo pura e gelida. Cercò di riprendere il controllo di sé appoggiandosi pesantemente al suo bastone…era di nuovo caduta in trance…poi si raddrizzò e si affrettò risoluta in direzione del villaggio, dove sapeva ci sarebbe stato bisogno di lei.

****

Un gruppo scomposto di uomini, donne e bambini fuggiva nella foresta alla maggiore velocità che il terrore e la scarsa luce delle due torce permetteva loro. Erano circa una trentina in tutto, alcuni feriti, alcuni piangenti, tutti sporchi di fuliggine e coperti alla bell’e meglio con scialli o panni, o vestiti per metà, come se avessero dovuto fuggire improvvisamente dai loro giacigli nel cuore della notte.
E così era stato.
Nel bel mezzo della notte uno schianto terribile li aveva riscossi dal loro pacifico sonno: poco dopo le fiamme erano divampate nel piccolo tempio e in breve l’incendio era dilagato alle case vicine, sospinto dal vento che soffiava costante. Inizialmente avevano tentato di arginare le fiamme, ma ben presto non v’era stato più nulla da fare: la passata siccità e quel vento in costante rinforzo da ovest avevano stretto un’alleanza vincente e il fuoco si era esteso anche ai primi alberi del vicino bosco. Quei poveri sfollati erano rimasti, sconsolati e ancora scossi, a fissare il fuoco che divorava le loro case fino a quando non si erano accorti che dalla sommità del sacro torii (l’arco di pietra o legno che delimita il suolo sacro dei templi), un giovane demone osservava compiaciuto la sua opera di distruzione: i suoi abiti rossi rilucevano cupi al bagliore del rogo e i suoi occhi d’ambra seguivano con uno sguardo maligno gli abitanti del villaggio che, terrorizzati, fuggivano tra gli alberi.
-Sciocchi, inutili mortali!- aveva gridato loro, e la sua beffarda risata risuonava ancora nelle orecchie di quella povera gente che in poche ore aveva perso tutto ciò che possedeva. I bambini piangevano di freddo e di paura, le madri se li stringevano accanto senza poterli consolare e gli uomini stavano all’erta mentre avanzavano nel buio, cercando di scrutare oltre l’alone di luce delle due torce.
Improvvisamente tra i cespugli si sentì un fruscìo ed una donna lanciò un grido atterrito quando nel loro campo visivo entrò qualcosa di rosso.
Uno degli uomini che guidavano il gruppo ebbe la presenza di spirito e il coraggio di fare qualche passo avanti e sollevare la torcia in modo da illuminare in volto il nuovo venuto: non pochi mormorii di stupore si levarono quando si rivelò il volto di una donna. Con una mano si riparava gli occhi dalla luce improvvisa e con l’altra reggeva un semplice bastone sollevato per difesa. Quando si fu un po’ abituata al bagliore delle torce, socchiudendo gli occhi, allontanò la mano dal volto e rivolse agli astanti un timido ma rassicurante sorriso, abbassando il bastone. Era molto giovane, quasi poco più che una bambina e la luce della torcia faceva strani giochi di ombre sul suo volto pallido e affilato, facendola apparire quasi spettrale; aveva i capelli neri e lisci legati sulla nuca in una lunga e spessa treccia che ora le ricadeva su una spalla, leggermente scarmigliata per la corsa. Indossava una casacca bianca ed un hakama rosso completava il suo abbigliamento.
Fu con un sospiro di sollievo che gli abitanti del villaggio si resero conto di trovarsi al cospetto di una giovane sacerdotessa.
Il vento gelido continuava a soffiare da ovest e il pianto di un bambino ruppe il silenzio riportando tutti alla tragica e opprimente realtà. Le si accalcarono attorno implorando il suo aiuto, piangendo e pregando, invocando la sua protezione.
-Venerabile miko!- spiccò tra tutte la voce di un uomo alto e magro che sorreggeva un vecchio canuto –Siamo stati attaccati da un demone e il nostro villaggio è in fiamme!-
-Vi prego di calmarvi tutti quanti!- la voce della giovane era chiara e cristallina -E soprattutto vi scongiuro di pensare per prima cosa a trovare un riparo per la notte: farà molto freddo stanotte e forse nevicherà.-
A mente fredda ora quella gente si rendeva conto che stava fuggendo alla cieca e che stava correndo stupidamente incontro alla morte. Ma l’uomo che aveva parlato prima si fece avanti, assieme ai due uomini che portavano le torce:
-Mia signora, il mio nome è Masataka e questi sono Gen e Tsutomu; lavoriamo come minatori e stavamo guidando tutti quanti alla miniera di ferro. Là c’è una grande grotta che viene usata come deposito e un piccolo accampamento provvisorio per i minatori dei villaggi che periodicamente vi lavorano. D’inverno la miniera è chiusa, ma la grotta è sempre agibile ed è attrezzata per fungere anche da rifugio.-
Essendo tutti pienamente d’accordo, si riavviarono assieme verso sud attraverso la foresta, sempre più infreddoliti, stanchi e disperati. La giovane donna, che si era presentata col nome di Sayouki, passava dall’uno all’altro, cercando di far loro coraggio, offrendo qualche parola di conforto, una benedizione, una carezza sulla testa di un bambino. Non poteva fare di più per quella gente, se non ascoltare le loro storie e aiutarli a raggiungere un riparo: tutti erano preoccupati per la loro sorte e per quella dei loro cari, amici o parenti che non erano con loro, ma dispersi da qualche parte nel bosco o forse defunti nel rogo del villaggio. Quando circa un’ora dopo giunsero a destinazione, conosceva ormai perfettamente tutti gli avvenimenti di quella sventurata notte e per quel che la riguardava, aveva già deciso cosa fare.
La miniera era poco più di una cava, essendo la roccia stessa della montagna una parete di ematite rossastra* da cui i minatori potevano facilmente attingere scalfendola in qualsiasi punto. Diversi cumuli di pietra giacevano in vari punti della radura in attesa di esser caricati sui carri e portati a destinazione non appena passato l’inverno.
Sayouki si ritrovò a pensare che non c’era nulla di più azzeccato del nome che le era stato dato: Montagna del Fulmine…L’ematite è un minerale del ferro e nelle viscere di quella montagna c’era un giacimento pressochè immenso di quel metallo. Durante i temporali su quella roccia dovevano abbattersi potenti scariche, tanto da farle davvero meritare la fama di forgia dei demoni.
Distolse la mente da quei futili pensieri per osservare attentamente il luogo mentre uno dei tre minatori che li avevano condotti fin lì le illustrava il posto:
-Le capanne che sorgono ai margini della radura presso gli alberi sono abitabili, ma per il momento è più sicuro ripararci nella grotta-
Così dicendo l’uomo indicò col braccio un punto all’estremità opposta della parete rocciosa e tutti poterono vedere il grande portone di legno che chiudeva il monumentale ingresso della caverna: con un ultimo sforzo i fuggiaschi si diressero verso la salvezza.
L’interno della grotta era asciutto e sul fondo cosparso di paglia e segatura erano ammucchiate con ordine diverse casse. Alcune di esse contenevano abiti e coperte che Sayouki aiutò a distribuire mentre gli uomini si davano da fare per accendere dei fuochi attingendo alla legnaia che i previdenti minatori avevano allestito accanto all’ingresso.
Alla luce del fuoco, esaminando più attentamente le casse, trovarono anche del cibo conservato, carne secca, verdure sott’olio che, pur non essendo sufficiente a sfamare tutti nemmeno per un giorno, era pur sempre qualcosa. Non appena sistemati, si procurarono dell’acqua dal vicino torrente e la giovane sacerdotessa si dedicò ad esaminare i feriti. Passava da uno all’altro, tenendo gli occhi socchiusi, come profondamente concentrata, e curava e fasciava, facendo del suo meglio con i pochi mezzi a disposizione. Era inginocchiata accanto all’anziano padre di Masataka e si stupiva di come nessuno avesse riportato ferite più gravi di qualche escoriazione o leggera bruciatura, quando ricordò che era stato il tempio ad essere attaccato e ad incendiarsi per primo.
-Ditemi, che ne è stato dei monaci del tempio?-
Il vecchio si strinse addosso la coperta che aveva ricevuto un attimo prima dalle mani della donna e con voce strozzata le disse che l’ultima volta che li aveva visti, stavano affrontando il demone.
-Hanno dato loro l’allarme suonando il gong e quando non c’è più stato nulla da fare per arginare l’incendio, ci hanno detto di metterci in salvo e si sono volti a fronteggiare il nemico...- un singhiozzo scosse il fragile petto -…vedete, il sacerdote più anziano era mio fratello…-
Nella mente della giovane donna si formò un’immagine…
due corpi rantolanti stesi a terra tra le fiamme davanti ad una figura rossa
…forse non era troppo tardi…
Era appena passata la mezzanotte quando Sayouki lasciò il caldo riparo della grotta ed uscì per scrutare il cielo alla ricerca della luna.
Il vento soffiava ancora gelido e della mezzaluna non v’era più traccia. Solo per un attimo le fitte nubi nere si aprirono lasciando intravedere uno squarcio di argento e la giovane rimase a contemplare il cielo con quei suoi strani occhi chiari, le pupille dilatate come per bere ogni stilla di quella fredda luce notturna.
Era ora di andare, e in fretta: già sentiva l’odore della neve.

****

Sayouki stava correndo in direzione del villaggio, tagliando attraverso la foresta e lasciandosi guidare dall’istinto e dall’odore pungente del fumo portato dal vento, che ora soffiava da nord-ovest. Sembrava non soffrire il freddo né la fatica e procedeva con sorprendente agilità e velocità nonostante il buio. Giunse in vista dell’incendio e percepì le vampate di calore che ne derivavano, quindi deviò leggermente a ovest per cercare di aggirarlo: in poche ore, notò, il fuoco si era esteso anche al vicino bosco, già provato dalla lunga siccità.
Tenendosi istintivamente sottovento giunse così in vista dell’arco di pietra che sorgeva al limite dell’area sacra del piccolo tempio, ora ridotto ad un cumulo di macerie in fiamme; socchiuse gli occhi per scrutare meglio tra le fiamme e lo vide: lui era ancora là, appollaiato sul torii come un gallo sacro, a rimirare compiaciuto la sua opera di distruzione. Il calore delle fiamme creava vortici d’aria che facevano turbinare la sua folta chioma argentea e il suo kariginu rosso pareva proteggerlo dalle lingue di fuoco che salivano a lambirgli le gambe; fissava con aria di scherno un punto davanti a sé, più in basso, all’interno del recinto, e d’un tratto, sporgendosi in avanti, Sayouki lo sentì gridare:
-Se proprio avete deciso di morire, posso mettere fine alle vostre inutili vite con uno solo dei miei artigli!- e così dicendo sollevò in alto una mano, le cui unghie erano davvero possenti artigli di demone. Sayouki si spostò per avere la visuale libera verso l’interno del recinto e vide che a pochi metri dal torii erano accasciati due uomini, uno dei quali, si mosse debolmente e maledisse il giovane demone per poi perdere i sensi e abbandonarsi alla morte.
Erano vivi! La miko non poté più trattenersi e senza pensare alle conseguenze uscì allo scoperto dirigendosi di corsa verso i due sacerdoti; per raggiungerli avrebbe dovuto passare sotto all’arco di pietra, ma un fuggevole presentimento le disse che quel demone non l’avrebbe attaccata…non ora almeno…
E se anche l’avesse fatto, che importava?
In mezzo al fumo e al crepitare dell’incendio, il giovane non la vide arrivare e il suo stupore fu chiaramente visibile sul suo volto quando la donna passò decisa sotto al torii sul quale lui si trovava e, per un attimo, si voltò fulminandolo con uno sguardo di ghiaccio. Si fissarono negli occhi: quelli di lei furiosi, stretti a fessura, quelli di lui ambrati e ancora spalancati per la sorpresa. Fu solo un attimo, poi lei gli voltò le spalle e si affrettò a soccorrere i due monaci, accertandosi che entrambi fossero ancora vivi.
Non potendo trasportarli entrambi, aiutò prima il più anziano, un gracile e canuto vecchietto il cui respiro era ormai un flebile rantolo di agonia: se lo issò sulle spalle con facilità, data la sua leggerezza, e fece qualche passo verso la salvezza, Ma il demone, che fino a qual momento era rimasto sbigottito ad osservarla, balzò giù dal suo trespolo parandolesi davanti.
-Cosa credi di fare, dannata?- La sua voce non nascondeva l’irritazione e lo sconcerto che provava. -Vuoi forse che la tua giovane e insulsa vita finisca così presto, qui, stanotte?-
Sayouki aveva tenuto fino a quel momento il capo chino per ripararsi dal calore del fuoco, ma ora, vedendo davanti a lei un paio di piedi nudi, sollevò il viso, le pupille ridotte a due spilli, per guardare in faccia quel giovane demone. Ora che osservava bene, notò che egli vantava un paio di orecchie canine che spuntavano sul capo tra i folti capelli argentei. In quel momento il vecchio sacerdote emise un flebile gemito e la miko decise che non aveva tempo per le schermaglie verbali: fece un passo avanti con aria di sfida.
-Se avessi veramente voluto uccidermi, lo avresti già fatto. E avresti ucciso anche loro…- azzardò, indicando con un cenno del capo alle sue spalle.
Detto ciò avanzò decisa e lo superò. Era pronta a reagire ad un attacco improvviso e invece…non successe nulla, proprio nulla. Riuscì a portare in salvo l’anziano monaco e lo adagiò delicatamente al riparo di un grande albero cavo a distanza di sicurezza dal fronte nord dell’incendio.
Quando si voltò per tornare a prendere il secondo monaco, lo youkai o, per meglio dire, l’hanyou (perché ora era praticamente certa che si trattasse di un mezzo demone), non si era mosso e la osservava con astio, ma senza muovere un dito. Ora non era più tanto sicura che lui non l’avrebbe attaccata…ma non aveva importanza, perché non poteva lasciare quell’uomo tra le fiamme; quindi tornò indietro decisa e gli passò nuovamente accanto, senza degnarlo di uno sguardo. Il sacerdote era un uomo giovane, in carne e molto più alto di lei, e fu difficile per Sayouki sollevarlo da terra: con notevole sforzo, facendosi passare un suo braccio sulle spalle, lo fece alzare e lo trascinò verso la salvezza; la giovane miko era pronta allo scontro, ma quando si fermò presso il torii e sollevò il volto per affrontare l’hanyou, fu sorpresa di non vederlo più. Volse lo sguardo in tutte le direzioni: di lui non v’era più traccia. Con un ultimo sforzo riprese a camminare e portò in salvo anche il secondo sacerdote; per il momento, in quelle condizioni, non poteva fare di più, nemmeno curare i due uomini. Cercò invano di farli rinvenire e poi, arrendendosi, si appoggiò al tronco dell’albero, chiuse gli occhi e attese che scendessero i primi fiocchi di neve.
Possibile che avesse salvato quegli uomini dal fuoco per poi farli morire di freddo? A questo era servita la sua preveggenza? Non sarebbe riuscita a portarli entrambi fino al rifugio della miniera, questo lo sapeva già da prima, ma aveva agito d’impulso, spinta dall’istinto e dal cuore, che le impediva di assistere inerte alle sofferenze altrui. Sospirò, tenendo ancora chiusi gli occhi doloranti.
-Perché lo fai?…-
Quella voce (o quella domanda?) la riscossero dallo stato catalettico in cui era caduta (quanto tempo era passato??) e per un attimo le fluttuò davanti il viso tirato di suo padre che le poneva la stessa domanda. Ma non era certo suo padre ad aver parlato: era stato l’hanyou che ora si trovava a pochi passi da lei con le mani sui fianchi, la testa e le spalle imbiancati dalla neve e sul viso un’espressione interrogativa, quasi curiosa. Sayouki fu così sorpresa dalla sua apparizione che non riuscì ad emettere alcun suono mentre un turbine di parole, ricordi e pensieri cominciò a vorticarle in testa.

Guardando in quegli occhi così dannatamente chiari l’hanyou li vide diventare vacui e si rese conto che essi non lo vedevano più; cos’era successo alla donna che poco prima l’aveva quasi incenerito con uno sguardo? Il giovane sentiva che qualcosa lo trascinava verso quella donna (o era una bambina?), non era più padrone di sé…non avrebbe sopportato oltre quello sguardo e senza pensare a ciò che diceva, parlò come trasognato:
-Il mio nome è Inuyasha-
Lui stesso si stupì delle proprie parole, ma come preso da non sapeva quale follia, fece un passo verso la donna, poi un altro, attratto da una forza irresistibile…
Un rumore ancora lontano di zoccoli e voci umane ruppe improvvisamente l’incantesimo e liberò il giovane che, con un’ultima occhiata alla miko ancora immobile ai piedi dell’albero, il suo volto pallido rigato dalle lacrime, spiccò un balzo e svanì nel buio che precede l’alba.



(*) Per chi obietta che l’ematite è nera, ricordo che allo stato grezzo, la si trova in filoni rosso cigliegia per la presenza di ferro. Il suo colore va dunque dal rossastro al grigio, controllate pure...magari sbaglia il mio libro sui minerali.


Piccolo dizionario di giapponese (senza pretese ^_^ ):
miko: sacerdotessa.
hakama: pantaloni rossi molto larghi, tipico abito delle sacerdotesse, completato dalla casacca bianca detta byakue.
hanyou: mezzodemone.
youkai: demone.
kariginu: tipico completo da caccia.
torii: arco sacro che delimita l’area dei templi shintoisti.

(htpp://youki-laportadellalba.splinder.com)
  
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