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Autore: Antony_    04/06/2013    1 recensioni
La mia storia inizia da una sfida.
Sfida che, stupidamente, ho accettato una noiosa mattinata di scuola.
Con la mia compagna di banco.
Ora che ci penso, quasi tornerei indietro. Quasi.
Avevo promesso qualcosa di pericoloso, estremamente pericoloso e avevo giurato che avrei combattuto per ciò in cui credevo, quello che propriamente, la maggior parte delle persone chiama il proprio ideale, comunque, avrei combattuto e, se fosse stato necessario, sarei morta.
Promessa da coglioni, vero? Me ne accorgo ora, ma ora è troppo tardi.
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Mi lasciai alle spalle quella folla ingrata, Debby mi raggiunse:

Non sempre tutto può andare come vuoi tu–

Qualcosa la farò accadere, giuro su me stessa, per Fiammetta–.

La notte fu tormentata, buia come poche volte, che fine avevano fatto le stelle? La luna era ridotta ad una buccia d'arancia.

I miei occhi non riuscivano ad abituarsi alle tenebre, in fondo, anche loro erano spenti. I miei occhi neri erano di colpo diventati opachi, tristi, perdenti.

Io, però, non ero una perdente, le donne si sbagliavano, potevo ancora portare avanti una rivolta, ma sola. Sola cosicché nessuno si ferisse, cosicché la Chiesa non avesse avuto prove contro Diego, Guido, Debby, Mr. Cloud e Aliviero. Avrei scatenato qualcosa di terribile e sarei andata avanti fino alla fine. Mai arrendersi, neppure quando tutte le speranze appaio­no vane. Mai.

Ed eccolo, apparire all'orizzonte, quel dolce raggio di sole. 'Est, mi potrei rifugiare nella terra dell'est, con Diego, vivere per sempre in Oriente' le nuvole che formavano i miei so­gni vagarono e gli occhi non erano più spenti, non c'erano, perché si trovavano in cielo, vo­lavano!

Mi vestii, lasciai i capelli sciolti e mangiai pane con burro. Per poco non mi strozzai, bevvi dell'acqua.

Si fece l'ora di andare dal sindaco... ancora.

Questa volta le file si formarono velocemente, senza che ce lo ordinassero, stavamo diven­tando dei burattini.

Bene, ragazzi, benvenuti. Questo è un giorno speciale– cominciò il sindaco.

'come se gli altri non lo fossero stati' pensai –Il Papa non è ancora tornato a città del Vati­cano, vi farà compiere un... esercizio– disse imbarazzato.

Perché provava imbarazzo? Che genere di esercizio aveva in mente?

Lo vidi arrivare con le guardie d'intorno, i suoi occhietti malefici scrutavano tutti noi come raggi laser. Rintracciai Debby e Guido, ma non trovai né Fiammetta, né Diego.

Il Papa esordì.

Dovete imparare ad essere coppie, famiglie, dovete imparare a stare ai vostri posti– il re­spiro mi si accentuò –oggi, voglio che ogni maschio scelga una femmina e che si dicano re­ciprocamente i loro compiti per la vita– tralasciando il sessismo evidente del Papa, non sembrava tanto male come esercizio.

I bambini dai sei ai tredici anni compresi sono esenti, andatevene pure alle vostre abita­zioni– ordinò con un sorriso bizzarro e inquietante insieme.

Fiammetta quindi se n'era appena andata, una in meno.

Forza, uomini, compiete le vostre scelte– proclamò.

Non sapevo cosa fare. Dov'era Diego? Tutto questo mi provocava un sensazione sgrade­vole indescrivibile. Un ragazzo si avvicinò a me e lo scacciai con la mano: –Ho un ra­gazzo, sceglitene un'altra–

No– controbatté.

Vattene!– mi prese per le braccia, ancora una mossa e mi sarei difesa –Lasciami– sibilai. Non allentò neppure la presa, calcolai la mira per un calcio assestato, ma arrivò Diego che lo strattonò via.

Lo abbracciai con tutte le mie forze, il suo calore, il suo profumo. Lui.

Sono qui– bisbigliò.

Noi rimaniamo in due– annunciò un ragazzo. Lo conoscevo, sapevo che era gay e che, probabilmente, aveva sperato fino all'ultimo che non ci fossero abbastanza ragazze.

Manco io– disse una ragazza, lui andò con lei, ma rimase il suo compagno.

Tu trovatene un'altra, intanto, sparisci– sanzionò il Papa. Quello scappò via.

Vi voglio uno davanti all'altra– Diego mi si parò davanti e fui sul punto di piangere, che sciocchezza era quella!

Come ti chiami, compagno di Veronica?– chiese a Diego.

Diego–

Venite sul palco–. Costrinsi le mie gambe a muoversi, avrei fatto da cavia per l'esercizio.

Allacciammo le mani e ci guardammo negli occhi.

Diego,– lui fece un cenno d'assenso –dille i suoi compiti per il futuro–.

Deglutii.

Ronny, devi essere felice, devi essere amata da me, devi seguire i tuoi sogni e non farmi di­sperare come fai sempre, devi cacciarmi se non ti amerò e lasciarmi punire chiunque ti vo­glia fare del male,– pronunciò Diego –devi essere te stessa, perché ti amo e ti seguirò ovun­que andrai–. Sorrisi.

Non sono questi i suoi compiti, ti faccio vedere– il Papa lo scantonò con una mano, quan­ta forza aveva? Diego ne era colpito quanto me.

Devi amarmi, volermi, non tradirmi, dovrai darmi progenie e seguire i precetti, devi pre­gare, fare da mamma e lavorare. Il tuo impegno più grande è 'ora et labora'. Non mi devi deludere e devi mettere gli altri prima di te, perché è questo ciò che una donna deve fare– concluse quel... quel... pusillanime!

E lei– iniziai –deve andare a...– storsi le labbra –pregare, non nominare il nome di Dio in­vano e lasciare che io sia libera–.

Arricciò il naso.

Andiamo avanti, fatelo anche voi– disse agli altri giù dal palco. Per diversi minuti potei sentire il calore della mano di Diego, lo sguardo gelido del Papa e l'omelia che veniva reci­tata appena sotto di me. Quando fu finita.

Ziegler fece ripetere a Diego ciò che doveva dire. Lui sbagliava volontariamente.

Ogni volta che sbagliava, sua Santità lo colpiva con la mano con su un'anello tanto grande che sulla guancia di Diego si stava formando un livido violaceo. Cercavo di fargli capire che doveva dire quelle cose e che io non me la sarei presa, sapevo che era obbligato. Ma lui continuava ancora e ancora e ancora. Quando il Papa vide che non aveva nessun effetto, se la prese con me. Passandomi dietro mi strattonò i capelli. Diego contrasse la mascella, ma sbagliò nuovamente. Il Papa mi sferrava calcetti dolorosi. Lo strazio sembrava non avere fine.

Calcio. Sbaglio. Strattone. Sbaglio. Spinta. Sbaglio. Schiaffo. Sbaglio. Sberla. Sbaglio.

Diego si sarebbe infuriato presto, ma perché non diceva quello che voleva Ziegler?!

Preso da un impeto di collera Ziegler sfilò dal vestito una frusta e mi colpì al fianco.

Gridai. Sollevandomi la maglietta vidi la pelle lacerata. Lo avrei azzannato alla gamba, lo avrei buttato giù dal palco. Lo avrei massacrato. Ucciso!

Perché?! Lei non ha fatto niente!– urlò Diego.

E' una donna, niente di più. Ora dì gli ordini giusti!– rispose il Papa.

Diego si arrese.

Ed ora l'ultimo esercizio: uomini osservate il corpo della vostra donna per constatare che ella non abbia imperfezioni–.

La saliva mi andò di traverso.

Ci sta chiedendo di spogliarle difronte a tutti?– disse Diego contrariato.

Sì, sbrigatevi!–.

Lui mi guardò con tenerezza, ma io ero troppo sconvolta; appena voltai la testa vidi le ra­gazze con i seni fuori o in reggiseno. Diego mi sfiorò la spallina del vestito per farmela sci­volare giù. Quel gesto mi fece traboccare.

NO!– ero fuori di me –Non lo farà mai! Io non mi farò vedere nuda da tutti! Sono una per­sona, una persona che vuole il rispetto!– mi affannai –Non fatelo! Non fatelo! Non vi dimo­strate tanto deboli! E lei– mi rivolsi a Ziegler –lei è un porco! Un'uomo spregevole, schifo­so, orrendo– gli lanciai un pugno che lo piegò in due.

Ronny!– urlò Diego. Quest'azione non era resistenza, era attacco e non si poteva sapere cosa avrebbe comportato.

Ma quando il Papa riuscì a raddrizzarsi lo vidi sorridere. Che stupida! Era una trappola, sperava che mi ribellassi! Questo andava ben oltre le regole...

Prendetela– sogghignò Ziegler malefico.

Da quel momento in poi non sentii più niente, vidi volti terrorizzati e lanciai un bacio a Diego.

Sprazzi di ricordi vedono una fabbrica con dentro le operaie che lavorano torturate e sgri­date.

E poi... buio. Il mio destino. L'eretica.

   
 
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