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Autore: LivingTheDream    04/06/2013    4 recensioni
“Questa è la storia del re e del Lionheart, quando tutto sembrava perduto, e la speranza aveva versato le sue ultime lacrime per un regno che non ne aveva più.”
[Kingdom!AU]
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Lestrade , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Autore: LivingTheDream

Titolo: The King and the Lionheart

Personaggi/Pairing: Mycroft Holmes/Gregory Lestrade, Sherlock Holmes, John Watson, Sebastian Moran, accenno a Jim Moriarty

Wordcount: (ZenWriter) 2083

Rating: PG-13

Warnings: !!AU!!, kingdomverse, slash, stile fiabesco, violenza

Riassunto: “Questa è la storia del re e del Lionheart, quando tutto sembrava perduto, e la speranza aveva versato le sue ultime lacrime per un regno che non ne aveva più.”

Note: Non so. Un po' molto random, ma la canzone a cui è ispirata mi ha fatta innamorate, e quindi ringrazio nacchan perché l'ho trovata nelle sue playlists. Inoltre c'era chi chiedeva Mystrade, quindi, accontentate. Grazie anche ad Aika per avermi fatto conoscere ZenWriter.

Musica: King And Lionheart, Of Monsters And Men.

 

 

Questa storia parla di ciò che i menestrelli canteranno per generazioni e generazioni, un racconto che i bambini domandano ai propri nonni tutte le sere, e che i nonni raccontano, per sentito dire o per testimonianza diretta.

Questa è la storia del re e del Lionheart, quando tutto sembrava perduto, e la speranza aveva versato le sue ultime lacrime per un regno che non ne aveva più.

Io non ne dovrei conoscerne i dettagli, essendo solo un umile curatore, ma in quei tempi tutto serviva e tutti erano utili, e quando quello che sto per raccontarvi accadde ero praticamente in prima fila, a cercare di tenere insieme i corpi e gli animi dei soldati che proteggevano ciò che più caro avevano, in uno scontro finale che, a pensarci, non conobbe realmente né vincitori né vinti.


 

La notizia era arrivata al castello di mattina presto, quando il re non aveva nemmeno ancora avuto il coraggio di lasciare il proprio letto per tornare a indossare la corona per un altro giorno. Le guardie avevano visto arrivare il messaggero da est, quasi rincorso dall'alba e dal tempo stesso, individuando il cavallo bardato con i colori del regno che galoppava a perdifiato già da chilometri di distanza. Arrivato sotto le mura aveva iniziato a gridare Guerra! È scoppiata la guerra! ancora e ancora come un pappagallo impazzito, e le guardie si erano scansate all'istante, scortandolo fino alle stanze del re cercando di non intralciare la sua corsa contro il destino.

"Re! Re Holmes, maestà", continuava a urlare, spalancando la porta delle sue stanze conscio di essere perdonato, perché "ci vogliono attaccare, Maestà. Le loro truppe sono pronte, stanno per oltrepassare il confine. La guerra, mio signore. È scoppiata la guerra."

E il re Mycroft Holmes, in quel momento in cui poteva quasi vedere davanti agli occhi il sorriso del suo nemico, comprese che la corona, da quel giorno, sarebbe stata un po' più pesante.

La guerra durò più di quanto chiunque si sarebbe aspettato, e perdemmo molti uomini, donne e bambini, nonostante le nostre truppe fossero forti e ben armate e rinforzate da un popolo di combattenti, fieri del proprio regno e non timorosi di morire per il loro re. I soldati lottavano con coraggio, consapevoli di essere guidati dal più grande: il Lionheart. Così lo chiamavano, il cavalier Lestrade, nato come semplice contadino e morto come eroe, come salvatore, come unica luce degli occhi del re. Non temeva uomo sulla terra, in quanto tutti li rispettava, ma spietato in battaglia e guidato da un amore cieco per la terra in cui era cresciuto e per il sovrano che lo aveva guidato, e dato fiducia, e fatto cavaliere. Ma tutto ciò pareva non bastare.

Quello di cui voglio parlarvi è la fine della guerra, che in quei momenti sembrò a molti la fine del mondo.

Le truppe del re Moriarty, un re spietato che non conosceva pietà ma solo il sadismo del suo animo, erano ormai ruscite a vincere le resistenze dei nostri valorosi soldati, e avevano accerchiato l'enorme castello del nostro re. Gli ultimi sudditi erano stati fatti rifugiare lì dal re in persona, e vi erano nobili e ricchi così come contadini e mendicanti, a dare vita all'ultima roccaforte. Io ero al servizio di sua Maestà, e il mio amore per quel regno dava per scontato che ce l'avremmo fatta. Ormai, pur essendo spalle al muro, stavamo combattendo in un'area da noi ben conosciuta, mentre i nemici erano pochi e vulnerabili. Il nostro stratega era il fratello minore del re, il secondogenito della dinastia degli Holmes, e in parte dobbiamo a lui la nostra vittoria.

Ma fu il Lionheart a salvarci, tutti noi, in realtà.

Lo ricordo ancora, fiero sul suo cavallo argentato che si aggirava tra la gente a organizzare, riferire ordini e darne di propri, lasciando armi a chiunque fosse capace di impugnarle, convinto della nostra vittoria. Tutti noi avevamo un compito, e se tutti avrebbero fatto il loro dovere, avremmo vinto prima del successivo tramonto.

Io mi sistemai in un punto strategico, poco dietro la prima linea, circondato per tre lati da mura e attendendo dal quarto chiunque avesse avuto bisogno di me, che fosse per erbe o medicamenti. Il Lionheart mi aveva porto una spada, qualche ora prima, e la sola idea di usarla per tagliare una vita mi stringeva lo stomaco come la fame del deserto Rosso.

Il re era chiuso nel sicuro delle sue stanze, ma non per questo era meno partecipe allo scontro finale. Insieme con suo fratello aveva sistemato un sistema di specchi e di tubature che lo avrebbero reso immediatamente al corrente di qualsiasi emergenza.

Lo stratega, Sherlock Holmes, non era molto lontano da me. Praticamente di fronte alla mia postazione, controllava la situazione e si premurava di studiare le mosse avversarie, da riferire in qualsiasi momento al Lionheart. Lo ricordo ancora, praticamente un ragazzino, rinchiuso in un'armatura troppo larga per un corpo così sottile, con degli occhi color del cielo a controllarmi da sotto l'elmo, grandi e intelligenti.

I preparativi terminarono con la luna alta, e ciò che non scorderò mai è il silenzio più totale mentre il re passava a spegnere tutte le torce, una a una. I sudditi, i soldati, tutti noi, lo guardavamo, e lui, sorridendo, ci rispondeva. L'unico a cui non sorrise fu il Lionheart, il quale gli prese le mani e, portandosele al petto, le strinse forte. E fu lui a sorridere al re.

Mentre il sole sorgeva, udimmo il primo rumore di zoccoli stranieri.


 

Lottammo per ore, senza sentire la fame o la stanchezza. La voce del re rimbombava nei nostri cuori e ci rendeva forti, e consapevoli, e veloci, e gli ordini del Lionheart si stampavano nel cervello, come una cantilena, Non lasciateli passare! e tutti noi, nelle nostre teste, non lasciarli passare, non lasciarli passare, non lasciarli passare. Una cantilena necessaria e motivante.

Sotto il sole alto della metà del giorno mi sporsi, e, come fosse qui, ora, davanti ai miei occhi, io lo ricordo. Un alto cavallo nero era il trono del capo avversario, per dire, il loro Lionheart, che avevo sentito si chiamasse Moran. Il cavaliere Moran, detto la Tigre. Ironicamente, era l'uomo del re così come il cavaliere Lestrade lo era del nostro. Il sole lo colpiva dall'alto del cielo e lui aveva i capelli biondi raccolti nella stoffa, e lottava a torso nudo, sul quale spiccava una cicatrice profonda e lunga, probabilmente per spaventare i suoi avversari. Lottava con un arco automatico che non avevo mai visto prima, e quasi strisciando corsi a farlo notare al principe Sherlock, che parve mettersi all'opera immediatamente per ricrearne uno simile. Tiger lottava senza sosta, la pelle bruciata dal sole e gli occhi come due fari, eppure nemmeno una volta incrociò il cavaliere Lestrade.

Lui, il Lionheart, era coperto da un'armatura impolverata e coperta di orgoglio, in sella al suo cavallo e brandendo una spada che tutto il regno sapeva essere sua, data l'unicità dei decori e della forgiatura. Le leggende raccontano che avesse anima e punta di diamante, e l'elsa coperta da pelle di drago.

Lo vidi arrivare alla mia postazione poco prima della prima stella: era stato ferito al fianco ed era generalmente mal ridotto, con crampi ovunque, una caviglia gonfia e le labbra rotte sanguinanti. Cercai di sistemarlo al meglio, ma poco mi era concesso di fare per il fianco. Le cuciture avevano bisogno di riposo, di almeno un paio d'ore, ma lui non mi volle ascoltare. Mi guardò con gli occhi spalancati e i capelli argentati sporchi di terra e sangue e mi disse queste esatte parole:

"Devo andare a tenere la mano del re, perché sono il suo Lionheart. "

Tornò in battaglia troppo presto. Davvero troppo presto. La paura mi scosse le membra realmente per la prima volta quando vidi una freccia conficcarglisi nell'unico punto scoperto della spalla, e il suo corpo cadere da cavallo, all'indietro. Si era ormai accesa l'undicesima stella, e gli uomini rimasti si potevano contare sulle dita delle mani. Seguii la traiettoria della freccia, e scoprì che infine la tigre aveva infine incontrato il leone. Vidi con i miei occhi il cavaliere Moran scendere da cavallo e uccidere a sangue freddo i suoi stessi uomini, gli occhi fissi sul suo obiettivo, camminava a passo spedito verso il corpo dolorante del Lionheart. Prima che qualcuno potesse fermarlo, tolse la vita anche agli ultimi uomini nostri rimasti, e io alzai per un istante gli occhi al cielo, pregando la salvezza delle loro anime. Il principe Sherlock teneva gli occhi fissi sulla scena, e quando mi voltai il nostro Lionheart era di nuovo in piedi, con la freccia nella spalla, barcollante. Il cavaliere Moran gli tirò un pugno nello stomaco, e il Lionheart sputò sangue, il sorriso delle sue labbra ora rosso e nero, come il suo elmo. Raccolse la spada da terra e l'energia dal cuore e si avventò contro l'altro, riuscendo a ferirlo a una spalla e a un fianco, e dopo aver sopportato un altro calcio nello stomaco si accasciò sul cavaliere Moran, e a tutti sembrò la fine. Quanche mendicante si tolse il cappello, qualche donna trasalì.

Poi, un grido. Il nostro eroe aveva trafitto il suo avversario, cadendo, e qualche secondo dopo il respiro pesante della Tigre cessò, la risata del Lionheart si era levata come un urlo di vittoria. I sudditi nel castello ricevettero la notizia qualche secondo dopo, e poi le guardie nei corridoi, e poi il re stesso, che la guerra era finita, che avevamo vinto, che il cavaliere Moran era morto e che era tutto finito. Mi piace pensare a quella notizia come un'onda, velocemente propagatasi grazie a urla di gioia e baci e lacrime di felicità. Corsi istintivamente ad abbracciare il principe Sherlock, che ricambiò, seppur con imbarazzo, ma durò poco.

Quando mi voltai, non vidi quello che mi aspettavo. I miei occhi sapevano di star per vedere il Lionheart in piedi, malconcio ma trinfonate, pensavo sarei corso da lui con ago, filo e bende e in poche lune sarebbe stato come nuovo. Invece era ancora lì a terra, accasciato.

Ricordo come il tempo rallentò. Sentii dei passi, una corsa a perdifiato, lungo le scale alle mie spalle, quelle verso l'uscita dal castello, luogo dello scontro appena consumatosi. Stavo per correre dal nostro cavaliere quando fui sorpassato dal re Mycroft in persona, senza corona e senza scettro, lasciati cadere lungo le scale, con il leggero mantello che attirò tutti gli occhi verso quella scena. Il re corse verso i due corpi, districandoli e accogliendo tra le braccia quello del suo Lionheart, trafitto dal pugnale nascosto della Tigre. L'unico movimento che riusciva a fare era guardare il suo re negli occhi e sorridere, il viso macchiato di sangue e polvere. Il re gli tolse l'elmo delicatamente, avvicinandolo a sé e sussurrandogli qualcosa che nessuno comprese. Il Lionheart spostò il braccio di poco, poggiando la sua mano su quella del re, che la strinse. Con l'altra scioglieva il nodo del mantello, inginocchiato nella terra con in grembo il suo cavaliere, che fece distendere non più sulla terra fredda ma sulla seta più pregiata, senza smettere di guardarlo negli occhi.

Intrecciò le sue dita con quelle dell'altro, fissandolo negli occhi mentre noi, tutti noi, muti, li osservavamo. Una donna, poco lontano da me, piangeva.

Il re, infine, parlò.

"Non andare, Lionheart. Questo mondo ha bisogno di te. Io ho bisogno di te. Possiamo tenerti qui con noi. Possiamo curarti. Andrà tutto bene, se resti con noi. Abbiamo vinto, sei stato tu a farci vincere. Possiamo finalmente vivere in pace", diceva, appena udibile, come se tra una frase e l'altra il suo cavaliere gli rispondesse.

La luna era alta nel cielo, e il silenzio era ovunque. Le torce lontane li illuminavano a malapena, ma gli occhi del Lionheart erano come fari ormai vecchi e stanchi, che vogliono solo crollare ed essere ricordati per le navi guidate e le vite salvate.

"Addio, mio signore", disse, come un sussurrò arrampicatosi a fatica nella gola. Il re parve comprendere cose che noi non cogliemmo.

"Addio, Lionheart. Con te muore questo regno, e con te muoio io.", lo benedì. Le labbra del re sulle sue furono l'ultima cosa che sentì.


 

Ora dormite tranquilli, bambini miei. La notte non deve farvi più paura, ora che il Lionheart veglia su tutti noi.

   
 
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