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Autore: Isa0ic    05/06/2013    2 recensioni
Fece alcuni passi avanti verso la fonte del luccichio, mormorando alla sorella di rimanere in silenzio, e si accovacciò davanti a un paio di piccole ali argentee che brillavano a contatto con la luce del sole del pomeriggio, ricordando a Edwin due minuscole gocce di rugiada, come quelle che spesso gli capitava di trovare sulle foglie degli alberi al mattino.
Genere: Fantasy, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ali di rugiada
Ali di rugiada
 
“Rallenta, Edwin!”
La voce di sua sorella Myriam gli arrivò alle orecchie soffocata dal respiro affannato dovuto alla lunga corsa. L’erba bagnata dalla pioggia di quella mattina gli gelava le piante dei piedi nudi, provocandogli una strana sensazione che scompariva solo continuando a correre… e quindi correva, correva e correva, giù per il bosco, deviando attraverso le scorciatoie che tante volte aveva preso e dietro alberi che tante volte lo avevano accolto sui loro spessi rami.
Edwin aveva sempre amato correre.
“Torna da mamma, My!” Le gridò lanciando un’occhiata dietro di sé prima di saltare una piccola pozzanghera. “Le femmine non possono venire!”
Sentì la sorella gridare, frustrata, e sorrise al pensiero di come doveva essersi ridotta: i capelli scuri bagnati e gonfi, i vestiti stropicciati, le mani sporche di fango e, meglio di qualsiasi altra cosa, il viso arrossato per la rabbia.
Sghignazzando come non mai si fermò, piegandosi per riprendere fiato e spostandosi le ciocche castane che gli erano finite davanti agli occhi. Si voltò verso il suono dei passi irritati della sorella, sorridendo quando la vide arrivare e aprendo le mani per mostrarle il suo bottino: in un pugno lucide more scure e nell’altro bacche rosse, raccolte tutte nel pieno della corsa.
La sorella aggrottò la fronte, sostituendo la rabbia con un’espressione confusa. “Ed, la vecchia Enna dice di non prendere niente nel bosco,” disse guardandolo male, ed Edwin sospirò, esasperato dal modo in cui My credesse sempre a tutto ciò che le si diceva. La vecchia Enna, poi, la donna che viveva a pochi minuti dalla loro fattoria e che adorava raccontare stupide storielle, era sempre pronta a prenderla in giro e alle volte ci provava anche con Edwin, che aveva però imparato nei suoi nove anni di vita a non fidarsi mai delle stupidaggini raccontate da vecchi stolti. My, d’altro canto, di anni ne aveva solo sette e si faceva ancora abbindolare dalle parole dell’anziana signora.
“Mai bere il succo del Popolo delle Colline. Se lo riprenderanno con gli interessi!”
Edwin rideva al solo pensiero. Riprenderselo con gli interessi? Glielo avrebbero fatto sputare?
“My, smetti di fare la stupida e torna a casa. Mamma potrebbe preoccuparsi.” Le disse, avvicinandosi a lei e mettendole tra le mani alcune more. “Sono commestibili, se ti va.”
Per tutta risposta la sorella sbiancò, facendo un passo indietro e cercando di sfuggire alla presa del fratello. Edwin le strinse il polso, attento a non farle male, e la guardò confuso.
“No, Ed. La vecchia Enna non sarebbe d’accordo.”
Lui sbuffò. “La vecchia Enna non è qui, e poi quante volte devo dirti di non fidarti di quel che dice? Hai mai avuto problemi a mangiare i conigli presi dal babbo?”
Myriam aprì la bocca, ma esitò. Assunse un’espressione pensierosa per qualche secondo e i suoi occhi scuri si fissarono in quelli del fratello, così simili ai suoi. Edwin alzò un sopracciglio, sfidandola a controbattere e avendo tanta voglia di scuoterla per quanto fosse ingenua. Il babbo cacciava spesso tra gli alberi del bosco, eppure non avevano mai avuto problemi a mangiare le sue prede… perché avrebbero dovuto aver paura di alcuni frutti?
Alla fine, My annuì lentamente, arrendendosi all’evidenza e accettando le more dalle dita di Ed, che le sorrise di rimando e se ne infilò una in bocca per dimostrazione che nulla sarebbe accaduto. Dopo averla ingoiata, Myriam continuò a guardarlo senza dire nulla, quindi lui la incitò a tornare a casa.
“No, voglio restare con te!”
“Sei una bambina, My. Le bambine devono restare con le mamme.” Le spiegò lui, lanciando un’occhiata ai cespugli circostanti. Gli sembrò di vedere qualcosa, un’ombra fugace che scomparve quasi immediatamente, e aggrottò la fronte per via della strana e gelida sensazione che gli corse lungo la schiena.
Si sentiva osservato e non gli piaceva per niente.
Myriam iniziò a protestare, ma lui la zittì con una mano alzata. Tutto a un tratto vide qualcosa brillare a pochi passi da loro, oltre un alto abete dalle radici massicce che Ed ricordava di aver visto qualche altra volta, durante le poche occasioni in cui era stato a caccia con il padre.
Fece alcuni passi avanti verso la fonte del luccichio, mormorando alla sorella di rimanere in silenzio, e si accovacciò davanti a un paio di piccole ali argentee che brillavano a contatto con la luce del sole del pomeriggio, ricordando a Edwin due minuscole gocce di rugiada, come quelle che spesso gli capitava di trovare sulle foglie degli alberi al mattino.
Sentì uno scalpiccio di foglie alle sue spalle, segno che Myriam lo aveva raggiunto. La sorella si stava ora sporgendo con curiosità dietro di lui, studiando le due piccole ali di farfalla dure come il ferro che Edwin si rigirava tra le dita.
“Cosa sono?” Domandò a bassa voce, come temendo che qualcuno potesse sentirli.
Ed scosse la testa, non sapendo come rispondere. “Ali di farfalla, credo.” Ali di farfalla molto, molto resistenti.
My allungò una mano per sfiorarle, ritraendola immediatamente dopo il primo contatto. “Sono fredde.” Mormorò, stringendosi i polpastrelli al petto e osservandole con timore.
“Sono belle.” A Edwin piacevano. Tanto. Magari avrebbe potute regalarle alla madre intrecciandole con qualche filo d’erba. Le avrebbe potuto fare un anello che dimostrasse quanto lei fosse speciale per lui.
Con una piccola spinta si mise in piedi, facendo scivolare le ali dentro il sacchetto di cuoio che teneva allacciato ai pantaloni sporchi di fango e strofinandosi le mani ora gelide per riscaldarle. Voltandosi verso My, la trovò lì vicina, accanto alle radici dell’abete intenta a tracciarne la corteccia con cura, quasi accarezzandola come era solita fare con Puck, il loro fedele cane, ma con gli occhi fissi su di lui.
Ed le fece segno di seguirlo e iniziò a incamminarsi verso casa, assicurandosi che il sacchetto fosse ben legato e azzardando un’occhiata nel punto in cui prima gli era sembrato di vedere qualcosa. Nonostante tutto, forse le parole della vecchia Enna avevano spaventato anche lui e adesso gli facevano vedere cose… doveva smetterla di darle retta. A lei e a Myriam.
Iniziò a correre, facendo una linguaccia alla sorella. “Forza, lumaca! Chi arriva primo vince!” E accelerò ancora di più il passo, sentendo appena la risata di My e il pestare dei suoi piedi sul terreno mentre gli correva dietro.
In pochi secondi Ed l’ebbe superata, e intorno a lui scorsero veloci il verde delle piante, il fischiare ritmico del vento nelle orecchie e tra i capelli mossi, che finalmente gli liberavano il viso. Respirò a pieni polmoni l’aria pulita, sentendo l’odore della pioggia che così spesso da quelle parti permeava il bosco. Sentì la rugiada bagnargli i vestiti quando si tuffò tra le foglie, superandole a gran velocità e ridendo alla sensazione che il fresco gli causava sulla pelle sudata. Sua madre non sarebbe stata tanto felice quando fosse tornato, ma ne sarebbe stata valsa la pena.
Una volta alla fine della foresta, dove gli alberi iniziavano a diradarsi e il sole batteva ancora più forte sui suoi capelli, intravide Puck farsi strada verso di lui, saltando la recinzione della fattoria con la lingua a penzoloni e rallentando solo una volta raggiunto Edwin.
“Vieni qui bello,” lo incitò lui, inginocchiandosi sulla terra bagnata e agitando una mano verso il muso del cane. Quest’ultimo, però, rimase fermo al suo posto, gli occhi pochi secondi prima eccitati ora puntati verso il punto da cui Ed era venuto.
“Puck.” L’animale non rispose, ma continuò a ignorarlo zampettando lento verso gli alberi, il pelo bianco e umido che si muoveva piano al tocco della leggera brezza che lo sfiorava.
Edwin si voltò seguendolo e aggrottando le sopracciglia. Dov’era finita My?
Superò il cane, mettendosi le mani in tasca e prestando attenzione ai suoni provenienti dal bosco.
Silenzio.
Che My si fosse fermata sulla strada del ritorno? Sentì di nuovo quella strana sensazione risalirgli lungo la schiena, quindi avanzò piano verso gli alberi, guardandosi attorno con circospezione e sentendosi rassicurato dalla presenza dell’animale accanto a lui. Almeno, se fosse accaduto qualcosa, Puck gli sarebbe stato vicino.
Non può accadere nulla, sei al sicuro. Si ripeté, intravedendo dietro un piccolo cespuglio qualcosa che tutto a un tratto lo fece fermare sul posto.
Impossibile.
Allungò il passo, cadendo in ginocchio davanti a un gruzzolo di piccole more rotonde, identiche a quelle che aveva dato solo poco tempo prima a sua sorella, alcune di queste perfettamente intatte, altre ora rotte.
Com’era possibile? Dov’era My?
“Myriam!” Gridò al vento, sentendo il cuore battere sempre più forte e Puck, accanto a lui, iniziare a ringhiare.
Cosa stava succedendo? Dov’era sua sorella?
Continuò a urlare il suo nome, alzandosi e ripercorrendo di corsa la strada fatta all’andata, e poi al ritorno. Da nessuna parte c’era traccia di Myriam ed Edwin sentì il respiro mancare, una stretta di ferro che minacciava di fargli scoppiare il petto e un bisogno così forte di riprendere aria che si dovette fermare. Si ritrovò nel mezzo di una radura che non aveva mai visto, le mani sulle ginocchia e l’ansia crescente di aver fatto qualcosa di tremendamente sbagliato.
Dov’era Myriam?
Un canto lontano, una risata, un grido. Il suo. Puck abbaiò, tenendo lontano qualsiasi cosa si stesse prendendo gioco di lui, qualsiasi cosa lo stesse tormentando.
“La vecchia Enna dice di non prendere niente dal bosco.”
Cadde in ginocchio, gridando il nome della sorella, sentendo il sacchetto di cuoio improvvisamente pesante contro la sua coscia, un peso che gli bruciava la pelle sotto il tessuto dei pantaloni.
 
Myriam, dopo quel giorno, non tornò.

 


Note: questa one-shot è nata in origine per un corcorso a tema "fatato", ma ho adesso deciso di pubblicarla =3 Avrei in mente un possibile continuo che, forse, in futuro potrei provare a scrivere, ma per ora questo è quanto. Fatemi sapere cosa ne pensate! Spero vi piaccia :)

Baci,
Isa
  
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