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Autore: experiencing    05/06/2013    0 recensioni
Ogni volta che veniamo rifiutati da qualcuno a cui teniamo in modo particolare ci sentiamo malissimo. Dopo aver trovato il coraggio di esternare i nostri sentimenti ci vediamo respinti. E il mondo ci crolla addosso. Non ci soffermiamo mai a riflettere su come deve sentirsi l'altro.Pensiamo sempre che non gliene importi nulla, che sia rimasto indifferente o addirittura che rida alle nostre spalle. E se non fosse così? Cosa passa per la mente di qualcuno che si sente dichiarare un sentimento che non ricambia?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 È incredibile come a volte la vita sappia metterci di fronte a situazioni sbagliate, totalmente e completamente sbagliate. Tu eri lì, seduto sul mio letto, davanti a me, visibilmente imbarazzato. “Ti posso parlare un momento?” mi avevi detto poco prima. E la mia mente era subito corsa lì, a quei cioccolatini che tenevo nel mobiletto. Quei cioccolatini che avevo trovato la sera prima accompagnati da quel meraviglioso biglietto Se i miei pensieri per te potessero prender forma sarebbero tanto dolci e più... Nessuna firma. Ma io sapevo che erano tuoi. Avevo confrontato la calligrafia con quella della scritta in fondo al disegno che mi avevi fatto passare sotto la porta qualche mese prima. Avevi disegnato il mio fiore preferito. E poi nessun altro avrebbe potuto fare una cosa tanto dolce. Era proprio da te. Dolcissima. Ma questo gesto non mi aveva resa felice. Mi aveva solo confusa e rattristata. Ho cercato di vederti come fidanzato, di immaginarti mentre mi baciavi e mi accarezzavi. Ma non ha funzionato. Scusa, ti giuro che ci ho provato con tutte le mie forze ma non è servito a nulla. Proprio non riuscivo a vederti con occhi diversi. Diversi da quelli con cui ti ho visto la prima volta che ci siamo incontrati, diversi da quelli con cui ti guardo tutti i giorni. Insomma, diversi da quelli di un'amica. Per me tu eri e rimarrai sempre il ragazzo che mi presta i libri, quello che critica i miei gusti musicali e minaccia sempre di formattarmi l'i-pod, quello che si lascia prendere in giro e che qualche volta mi difende quando gli scherzi degli altri si fanno troppo pesanti. Insomma, rimarrai sempre un amico e niente di più. “ Devi parlargli”, mi ripetevo tra me e me. Ma ero indecisa, molto indecisa. Tu sei un ragazzo sensibile, sensibilissimo. Sei il genere di persona che si rattrista per un nonnulla, che per un po' di pioggia perde il buon umore per tutta la giornata, che per una parola sbagliata si lascia abbattere. Sei il tipo di ragazzo che si considera perseguitato dalla sfortuna, che si sente felicissimo quando può giocare una partita di calcetto senza che piova e che, quando qualcosa gli va bene, ha subito paura che stia per succedergli qualcosa di brutto perché non crede di meritare di essere felice. Tu sei questo genere di persona e io non sapevo bene come comportarmi. Questa sera sono uscita dalla mia stanza almeno cinque volte per venire nella tua e una volta sono arrivata addirittura davanti alla tua porta, ma vedendola chiusa non ho trovato il coraggio di bussare. “Gli parlerò domani” pensavo. Così avrei anche avuto più tempo per scegliere le parole giuste. Ma tu avevi deciso diversamente. E mentre te ne stavi lì sul mio letto, il cuore mi batteva a mille. Aspettavo le tue parole, quelle che però non avevi il coraggio di pronunciare. Avevi anche chiuso la porta, ero sicura che stessi per affrontare proprio quell'argomento. Ma non ne sembravi capace. E intanto mi chiedevo se era meglio che cominciassi io. “Non guardarmi così” mi hai detto. E allora io mi sono voltata dall'altra parte. “Da un po' di tempo...” hai cominciato, ma poi la tua voce si è spenta. E allora io ho avuto ancora più paura, paura di sentirti dichiarare apertamente ciò che provavi. Potevo sopportare di vederlo scritto su un biglietto, ma sentirlo dalla tua voce mi sarebbe stato intollerabile. Così ho parlato io. Non so dove ho preso il coraggio. Ti ho detto di aver trovato i tuoi cioccolatini. Volevi sapere come facessi a sapere che erano tuoi. Ti ho detto di aver riconosciuto la scrittura. Poi un momento di silenzio. Si avvicinava la parte più difficile. Proprio non so dove ho trovato la forza di continuare. “ Senti, io ti voglio bene, ma come amico. Non riesco a vederti in modo diverso. Scusa...”. Ho appena cominciato a parlare che già quasi me ne pento. Te lo leggo in faccia che questa è proprio la risposta che aspettavi. Ma cerchi di nasconderlo, di non darlo a vedere. Mi dici persino che non mi devo scusare. Ah davvero? Non mi devo scusare perché ti sto spezzando il cuore? Mi offro di restituirti i cioccolatini, ma non li vuoi. Ti prego almeno di accettarne uno. Ti dico che sono i miei preferiti. Rispondi che lo sai. E queste ultime parole sono come una pugnalata al cuore. Solo come sale su di una ferita. Tu lo sapevi. Sapevi quali erano i miei cioccolatini preferiti, sapevi qual è il mio fiore preferito... sai un sacco di cose su di me. Avremmo potuto essere felici. Avremmo potuto, se solo il mio stupido cuore avesse obbedito. Forse non incontrerò mai una persona che si interessi a me tanto quanto hai fatto tu. Forse nessuno riuscirà mai a darmi ciò che avresti potuto darmi tu. Ma io non avrei potuto ricambiare. Mi dispiace, davvero, ma non puoi essere più di un amico. Non puoi proprio. La vita è crudele. Come avrei voluto poter tenere a te tanto quanto tu tieni a me. Ma proprio non ci riesco. Dopo alcuni momenti di silenzio imbarazzato ha detto “almeno così smetto di pensarci...”. E poi te ne sei andato. E io mi sono sentita addirittura un po' sollevata, sollevata per aver chiarito tutto. Pensavo al coraggio che doveva esserti costato farti avanti. E mi sentivo in colpa perché probabilmente tu stavi male (oddio, la tua faccia mentre uscivi...) e io invece no. Io non mi sentivo abbastanza male, io mi sentivo quasi bene per aver chiarito tutto. E questo è terribile. La consapevolezza che ciò che fa soffrire uno possa lasciare un altro quasi del tutto indifferente è davvero terribile. Perché ci fa capire che nel dolore siamo soli. Completamente soli.

 

 

 

 

 

  
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