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Autore: Obliviosa Black    06/06/2013    2 recensioni
Il dio meno popolare di Asgard (ma con abbastanza fans da fare invidia a Lady Gaga) ha combinato un piccolo pasticcio che lo porterà nel tempio del consumismo alla ricerca di un nuovo smart-phone tra commessi della Foot-locker troppo insistenti, improbabili rappresentanti di compagnie di aspirapolveri e centri commerciali che assomigliano al labirinto del minotauro.
N.d.A: Questa è la mia prima fanfiction dedicata alla superlativa serie di Kieron Gillen e al personaggio di Kid Loki. Assomiglia più ad una parodia alla Leonardo Ortolani, malgrado la qualità sia di tutt'altro genere. Ammetto di essermi divertita a scimmiottare lo stile da saga epica e spero che nel suo cuore Gillen mi perdoni(caro ti perdono per il finale di JIM), così come spero che facciano Stan Lee ed altri autori di saghe dedicate agli dei asgardiani se mai questa storia dovesse capitare tra le loro mani. Spero che anche voi mi perdonerete per questa lunghissima introduzione e che avrete voglia di leggere e recensire.
Genere: Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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"In effetti la ragione non c'era perché era andata un attimo a farsi un bagno"
Douglas Adams, Guida Galattica per gli autostoppisti.

N.d:A  questa fanfiction si colloca tra Journey Into Mystery 632 e 633.
 

1. La caduta.

Ad Asgardia terrestre, in Oklahoma, gli oggetti cadono a terra con la stessa accelerazione di gravità della terra. Eppure quando il telefono cellulare si stacca inavvertitamente dalla mano guantata di Loki, di Loki l’ingannatore, di  Loki il mutaforma, sembra fluttuare nell’aria.
Il cellulare volteggia nell’aria, cattura la luce del sole descrivendo falci argentee con il suo movimento. È un bell’effetto ottico, gli spicchi argentati che si stagliano sui bagliori color arcobaleno che circondano Asgardia: Loki il mutaforma, Loki l’ingannatore, ha tutto il tempo per apprezzarne ogni sfumatura, tanto  il cellulare sembra cadere piano.
Loki l’ingannatore, Loki il mutaforma, protende la mano che l’ha tradito in un ultimo sforzo ma le sue dita si chiudono sul nulla.  Poi sente un rumore che gli fa scendere un brivido lungo la schiena, lo stesso brivido che senti quando righi la Wolkswagen nuova di tuo padre.
Loki, il Dio degli Inganni di Asgard cerca di ingannare se stesso: si copre gli occhi con le mani, sperando che, quando aprirà una fessura tra le dita, scorgerà il suo telefono integro.
Esistono situazioni quando una bugia – o una speranza, che è poi la stessa cosa- coincide con la realtà: ma Loki l’astuto aveva già fruito di questa gustosa occasione in passato e queste sono occasioni più rare di non trovare coda alla poste.
Quando aprì gli occhi, vide una ragnatela di crepe stendersi sul touch screen del cellulare.
Dalla bocca di Loki l’ingannatore, Loki l’astuto, uscì un’imprecazione talmente antica che quando era passata di moda Odino, il padre degli dei, gattonava ancora; un’imprecazione talmente primitiva che non ascoltandola attentamente si sarebbe potuta scambiare per il muggito di un montone delle nevi.
-Che cosa ho fatto?- si domandò il dio.
Una gazza volteggiò sopra la sua testa con pigri cerchi sempre più piccoli, per poi posarsi sulla sua spalla:- Il caos. Come sempre.
Loki l’ingannatore, Loki l’astuto, Loki il maledetto, parve riprendersi dall’accaduto:- Ikol?
La gazza ruotò il capo in modo che il suo sguardo fosse in linea con quello del giovane dio.
Se avessimo potuto stoppare la scena per qualche istante ed avvicinarci senza che nessuno dei due architetti qualche inganno a nostro danno e loro vantaggio, avremmo notato che gli occhi della gazza avevano la stessa tonalità di verde di quelli di Loki.
Per il dio sarebbe stato come guardare i suoi stessi occhi, cosa che solitamente evitava di fare: se vi portaste a presso una parte di voi stessi con la quale siete in conflitto e se questa parte del vostro io avesse degli occhi, dubito che la guardereste in faccia con tanta facilità.
-Ikol- riprese Loki il maledetto – Hai sbagliato battuta.
La gazza tenne lo sguardo fisso su di lui, osservandolo con quella solennità tipica degli animali che riteniamo più stupidi. O, in questo caso,  della parte più remota del proprio essere.
-Hai ragione Loki. Perdonami, ma il narratore è in vacanza.
Il dio aggrottò le sopracciglia e borbottò qualcosa dal significato incomprensibile che stavolta non assomigliava ad alcuna imprecazione norrena, bensì a “Maledetto Gillen”.
Ikol planò sul cellulare, facendo sentire un altro brivido inquietante a Loki.
-E' artistico con queste crepe…- commentò l’uccello.
Loki l’ingannatore, Loki il maledetto, si chinò e sollevò lentamente il cellulare.
-Si accende ancora però con lo schermo ridotto in queste condizioni è inutilizzabile- osservò premendo alcuni tasti. Del resto, rifletté, era scampato all’assedio di Dark Asgardia, alla discesa ad Hel e a Muspelheim praticamente illeso – salvo i bordi scheggiati e qualche insignificante graffio sul touch screen; la caduta doveva avergli dato il colpo di grazia.
Lo schermo si oscurò, segno che lo screensaver funzionava ancora correttamente.
-E' uno Stark-phone giusto? Potresti chiedere a tuo fratello, lui e Stark sono amici- suggerì Ikol.
Loki l’ingannatore, Loki l’astuto  lo degnò di un fugace sguardo per poi concentrarsi sul suo riflesso o meglio i suoi riflessi, visto che ogni spicchio creato dalla crepa rifletteva la sua immagine, seguendo ogni suo cambio di espressione, ogni suo movimento.
Un esercito di Loki, pensò il dio.
Si alzò stancamente e ripose cautamente lo Star-phone in una tasca della sua blusa.
-Andiamo Ikol.- ed aggiunse sottovoce - Per questo lavoro basta un solo Loki.

  
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