Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |       
Autore: VenerediRimmel    06/06/2013    5 recensioni
Harry e Louis sono migliori amici che vivono insieme. Hanno una casa, insieme.
Ecco, soltanto a questa notizia non vi vengono in mente tanti piccoli flash sulla loro vita quotidiana?
----
“Andiamo a vivere insieme?” Aveva chiesto con voce roca, stupito dai suoi stessi pensieri.
“Perché?” Louis sorrise. Si accoccolò maggiormente sul petto di Harry e poi “Perché voglio dormire così bene come sono riuscito a fare soltanto questa notte” rispose, mentre sentiva il cuore dell’altro battere inquieto.
Harry aveva abbracciato Louis con entrambe le braccia e aveva sorriso, carico di dolcezza. “Approfittatore” soffiò tra i capelli dell’amico.
“Sei tu quello che mi ha obbligato a spogliarmi” Specificò, sarcastico, Louis.
“Harry?” Continuò Louis, poco dopo.
“Mh?” Mugugnò, socchiudendo gli occhi e respirando l’odore che Louis emanava e che sapeva terribilmente di buono.
“Lo prendo per un sì” Continuò, pacato.
“Mh, mh” Assentì, sorridendo sulla pelle di Louis.

----
E allora Louis capisce.
Capisce che non è tanto un tetto a fare una casa, ma la persona che ti fa sentire a casa a esserlo.
E Harry è la casa di Louis.
______
Fluff!Larry - 26k
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

At Home
All about my interpretation.












“Sono Harry Styles, ho sedici anni e vengo da Holmes Chapel, nel Cheshire”.
Sono Louis Tomlinson, ho diciotto anni e sono del Doncaster, South YorkShire”.





Ecco, queste sono state le prime parole di Harry e Louis davanti ad uno schermo; o comunque se non le primissime, fra le prime.
Due ragazzi, ancora adolescenti, con il volto paffuto e il sorriso innocente. Un sogno nel cassetto. L’amore per la musica.
Una semplice presentazione. Poche parole. Eppure anche se poche sono bastate affinché tutto iniziasse.
Già, tutto.



Un applauso di incoraggiamento per loro e uno per me che mi sto per appropinquare a raccontarvi una storia.
Una storia di due ragazzi; Harry e Louis.
Due persone che si son conosciute, hanno formato un gruppo con altri tre ragazzi, si son trovate, simili e diverse, hanno stretto amicizia e, poi, non si sono più divise.
Louis ed Harry. Cos’altro c’è da dire?
Ah, certo. Il tema di questa storia, come dimenticarlo?
Harry e Louis sono migliori amici che vivono insieme. Hanno una casa, insieme. Dormono sotto lo stesso tetto, Harry e Louis.
Ecco, soltanto a questa notizia non vi vengono in mente tanti piccoli flash sulla loro vita quotidiana?
A me, per esempio, è accaduto qualcosa.
Già, qualcosa…

Emh. Mi schiarisco la voce, imbarazzata dopo alcuni flash decisamente poco… Emh. Lasciamo perdere.

Ripartiamo, così non arrivo da nessuna parte.
Louis ed Harry sono migliori amici. Soltanto due migliori amici che convivono sotto lo stesso tetto. E, probabilmente, condividono tante cose insieme.
Cose: sostantivo plurale, che include molteplici significati. A noi, questi significati, piace scoprirli, vero?
Per esempio, condividono gli spazi, il cibo, i sorrisi, le litigate, le risate, la musica, le gioie e le paure. Insomma tutto o quasi tutto.
Pensiamo ad un ambiente di una casa e immaginiamo qualcosa di divertente.
La cucina.
Cosa vi viene in mente? A me per esempio, un Harry che cucina per Louis.
Harry che, ogni tanto, prepara a Louis la carbonara, perché sa che Louis ne mangerebbe a volontà, se solo potesse.
Ecco, ho pensato a questo. Ma non mi limiterò a questo banale pensiero. No, voglio esagerare.
Siete pronti per il flashback? Mettevi seduti, allacciate le cinture (Emh, no, forse questo non è necessario).
Immaginate un tre al centro dello schermo, adesso un due, ora un uno.
Zero, il sipario si apre.
Buona visione.





“Affogati” Gli disse, la prima volta, tutto sporco del giallo dell’uovo in viso, ma con un sorriso sincero e curioso che Louis aveva osservato, attento, prima di strafogarsi.
“Adoro questa pancetta…” Aveva commentato Louis, poco dopo, con un sorrisetto furbesco in volto, il boccone pieno e un bucatino al lato della bocca – dimostrazione palese che stesse gradendo fin troppo il pasto.
“L’adori perché è guanciale, caprone” Gli rispose Harry, saccente e soddisfatto.
E Louis aveva sempre odiato il guanciale.





Tuttavia anche Louis, seppur raramente, secondo me, gli fa trovare i cannelloni, appena sfornati, per ricambiare l’attenzione.
Sono i preferiti di Harry, dopo i Tacos.
Sì, anche se Louis cucina quelli surgelati, perché Louis e la buona cucina sono due mondi così paralleli che non cozzeranno mai, insieme.





“Sono caldi, caldi” Disse Louis, la prima volta che aveva tentato di fare il cuoco, con una strana scintilla a illuminare gli occhi azzurri. Harry non rispose immediatamente; li osservò con piglio, prima il piatto di cannelloni e poi il migliore amico.
I cannelloni erano il suo piatto preferito, eppure non sapeva sarebbe morto per qualcosa che amava. Ma, soprattutto, per mezzo delle buone – quanto cattive – intenzioni del suo migliore amico.
“Cosa ho fatto di male per meritarmi questo?” Chiese, ricevendo da Louis uno scappellotto tra capo e collo.
Affogati, idiota” Gli rispose seccato, poi, come se gli stesse facendo ingurgitare del veleno.
Harry si grattò il capo, esitante. Inghiottì velocemente la saliva in eccesso, quella volta, e osservò di nuovo gli occhi di Louis, spaventato, e poi il piatto, inorridendo.
Respirò a fondo, infondendosi coraggio, come se quello fosse uno dei compiti più difficili da compiere. Infine lo assaggiò, pronto a sputare qualora facesse schifo.
“È… buono!” Commentò, incredulo, con le iridi verdi spalancate, mandando giù il primo boccone.
Louis sorrise, orgoglioso, e l’osservò, fiero e fomentato.
“Sono quelli surgelati, vero?” Gli chiese, burlone, Harry, osservando il forno fumante dietro le spalle dell’altro, con un sorriso altrettanto sarcastico.
Louis aveva semplicemente cambiato tonalità, arrossendo, abbattuto, prima di ammettere la sua disonestà.
“Fottiti”
“Con i cannelloni caldi, caldi? Allora mi vuoi veramente male…”




O per lo meno, lui e la buona cucina non cozzano bene come Louis e Harry.
Sì, perché Harry e Louis cozzano alla perfezione insieme.
O almeno, così mi immagino che siano: migliori amici che vivono insieme e si rendono felici e che cozzano perfettamente. In che modo non ci è dato, ancora, saperlo.
E nonostante i cannelloni surgelati, Harry lo apprezza perché Louis ci prova.
Quindi diviene un gioco da ragazzi perché anche Louis, infondo, lo accetta così com’è.
Per esempio, usciamo dalla cucina e pensiamo ai due ragazzi: se Harry vuole girare per casa mezzo nudo, Louis non dice nulla, adesso. Anche perché, lo sappiamo tutti che Harry è sempre stato abituato a girovagare svestito per casa e lo fa perché si sente libero, come le rondini sul suo petto. Chi ha a che fare con lui almeno un po’, questa sua particolarità la conosce. Sa che Harry ha sempre adorato girare per casa come mamma l’ha fatto – ergo con le chiappe al vento, come le rondini disegnate sul suo petto. Soltanto che Harry non sa che gli altri sanno e che, per la precisione, Louis sa.
O meglio, probabilmente Harry pensa che Louis sa del suo vizietto, ma sicuramente non pensa che Louis lo accetterebbe, quel maledetto vizietto... – che confusione…
Il problema, secondo me, è che Harry ha sempre creduto che andando ad abitare con Louis, poi, avrebbe dovuto limitarsi in certe abitudini. Per farla breve: niente rondini – o chiappe – al vento.
Così, prendiamo un giorno a caso da quando convivono: il primo.
Harry è partito con tutte le buone intenzioni quel giorno. D’altro canto non ci sarebbero dovute essere grosse difficoltà, questo ha pensato Harry. Per ‘sfogarsi’, per sentirsi libero gli sarebbe bastato chiudersi in camera, spogliarsi e lasciare, così, che le rondini – sì, le rondini – volassero libere. Facile, ha pensato.
Non lo è stato affatto, facile.





“Tutto bene?” Gli chiese Louis, bussando alla porta della sua stanza. Harry, saltato in aria dallo spavento e colto in flagrante, si era coperto, alla meglio, le parti intime con entrambe le mani – invano; e si era girato verso la porta, rigorosamente chiusa a chiave, con gli occhi sbarrati e le chiappe al vento.
Louis aveva poi provato ad aprire la porta, ma fortunatamente per Harry la trovò chiusa.
“S-sì” Balbettò, urlando con una vocetta stridula e muovendosi a destra e a manca.
“T-tutto bene, sto disfacendo la valigia” Continuò, tentando di ricordarsi dove avesse gettato i suoi boxer nel fomento di spogliarsi.
Dall’altra parte della porta Louis aveva alzato un sopracciglio, per poi parlare: “E c’è bisogno di chiudersi a chiave per farlo?”
Non aveva ricevuto risposta, Louis.
“Non dirmi che ti stai già segando. Cristo, siamo appena arrivati!” Lo derise Louis, allontanandosi dalla stanza di Harry, ridendo e facendo baccano.






Come spiegarlo, quindi, a Louis che il problema di Harry non sono altro che le ‘cattive abitudini dure a morire’?
Non sa da dove iniziare per spiegarlo, ma l’errore di Harry è fondamentalmente uno: l’incoscienza di non sapere che Louis  sa
già del suo piccolo difettuccio. E non sapendolo, Harry, ha ancora tutte le buoni intenzioni per farle diventare dignitose, quelle vecchie abitudini.
Due, tre, quattro giorni. Una settimana, due, tre…Poi è scoppiato, il piccolo Harry. Come una pentola a pressione, che borbotta, sbuffa e fuma.
È scoppiato, Harry, esattamente come una pentola a pressione.
Si è sventolato goffamente la maglietta, nel tentativo di resistere. Ha indossato pantaloncini corti, sebbene fossero ancora ben lontani dalla primavera. Ma niente ha funzionato davvero, è scoppiato come una pentola a pressione dimenticata sul fuoco.





“Donna, hai le vampate?” Gli chiese Louis, sarcastico, stravaccato sul divano e con tutta l’intenzione di guardare la Tv.
Harry, però, aveva neutralizzato tutte le sue buone intenzioni di estraniarsi dalla realtà, per almeno un quarto d’ora, passandogli ripetutamente davanti allo schermo, esagitato e in piena crisi – Sì, in piena crisi d’astinenza dalle sue cattive abitudini.
Si era sventolato con la maglia, accorciato i pantaloncini già fin troppo corti, sbuffato e di nuovo sventolato. Tutto questo facendo avanti e indietro davanti alla Tv.
“Và a farti fottere” Gli rispose quell’altro, a denti stretti, salendo nella sua stanza e richiudendosi velocemente la porta alle spalle in un tonfo sordo.
Era sempre un piacere, per Louis, essere mandando a farsi fottere da Harry.
“Voglio i diritti su quella citazione” Lo beccò Louis, beffeggiandolo, ora, che ne aveva l’occasione.





Che poi mi vien da pensare: Non per niente Harry ha due rondini disegnate sul petto! Le chiappe non sono propriamente un bello spettacolo come tatuaggio. E sì, Harry ha il buon senso di saperlo, secondo me, visto che si tatua qualsiasi cosa da quando ci ha preso gusto – ma questo lo fanno un po’ tutti, in realtà.
Insomma, scoppiando, il piccolo Harry ha rinunciato. Perché in gabbia non ha mai saputo starci – gabbia che si è perfino tatuato, tanto per ricondurre il discorso a ciò che si è detto sopra.
Perché l’astinenza non è mai stata di casa Styles. C’ha provato, Harry, ma ha fallito.
In fondo quella è anche casa sua, deve essere se stesso – si è giustificato, mentre attuava il piano. E Louis è il suo migliore amico, perciò deve abituarsi. Deve accettarlo, ha continuato a blaterare, mentre tirava su le basi del suo piano geniale.
Harry non lo pensa, dopotutto, che Louis sa. Altrimenti non avrebbe creato un piano per farsi accettare, altrimenti non si sarebbe fatto tutte quelle pippe mentali, altrimenti starebbe già vagando nudo per casa.
Quindi, essendo all’oscuro del fatto che Louis lo conosce fin troppo bene, Harry ha iniziato ad abituarlo un poco alla volta – ecco il suo piano.
Perché ci tiene al suo migliore amico e perché, pensa Harry, dimostrargli ciò che è, dal giorno alla notte, sarebbe sconsiderato e, pensa Harry, Louis potrebbe etichettarlo come maniaco se, da un momento all’altro, iniziasse a girovagare per casa come mamma l’ha fatto.
Così Harry ha stilato le sue mosse.
Un passo alla volta, pensa Harry, e guadagnerà la libertà. Un passo alla volta, si ripete, e inizia col girare  scalzo
per casa.
Le scarpe e le ciabatte non sa più che cosa siano, Harry. E Louis è parso tranquillo, quasi come se non si rendesse conto della differenza.





“Le soddisfazioni si conquistano un passo per volta” Confessò nel silenzio che circondava la casa, davanti alla colazione.
Louis l’aveva squadrato, accigliato. “Sei già ubriaco alle otto di mattina o cosa?” Chiese, tra una cucchiaiata e l’altra.
“Cosa” rispose Harry, mentre anche i suoi occhi avevano iniziato a “ridere” - eliminando così ogni sorta di dubbio dalla testa di Louis.
“Và a farti una doccia, e che sia fredda. Non ti voglio così” Continuò, ridendo sarcastico. “Poi ti accompagno alle riunioni degli alcolisti anonimi” Concluse, ficcandosi una carota in bocca, prima di iniziare a sparecchiare.
Harry aveva riso, di nuovo.
Peccato che Louis non fosse mai stato tanto serio come in quella situazione. O quasi, visto che Louis non era mai veramente serio.
“E com’è che mi vorresti, invece?” Chiese, malizioso, in un sussurro all’orecchio dell’altro. Louis era sussultato sul posto: Quando quel gatto ruffiano si era avvicinato tanto?
“Lucido, dobbiamo andare a registrare” Tentò di dire, esulando l’idea che Harry stesse dietro le sue spalle, con pochi centimetri di distanza a dividerli. “Stoni quando sei sbronzo” Esalò, sorridendo a stento.
Eppure averlo così vicino lo faceva stare bene, come se, esausto dopo una lunga separazione, quel leggero contatto lo rinvigorisse.
“Oh, pensavo parlassimo di posizioni…” Lo schernì Harry, allontanandosi come offeso da ciò che gli era stato appena detto. Quel mattino era particolarmente ilare. Louis sorrise, alzando gli occhi al cielo e sospirando.
Far cadere quel discorso con una risata ambigua era il passo giusto da fare. Andare oltre, invece, era decisamente sbagliato – aveva deciso.
“Se devo essere anonimo, dovrò trovarmi un altro nome?” Chiese Harry, burlone, poco dopo, seduto sullo sgabello mentre beveva il succo che Louis aveva già preparato per lui.
“No, penso che ‘idiota’ vada bene” Rispose, piccato.
Aveva appena fatto un passo indietro in un discorso andato troppo oltre. E, ora, ne aveva compiuto uno in avanti per un altro dove la “normalità” della loro amicizia non era ancora messa a repentaglio.
Sospirò, nuovamente, Louis, mentre saliva le scale e abbandonava Harry in cucina.
Quando aveva preso la decisione di abitare con il suo migliore amico, era sicuramente sotto l’effetto dell’alcool, di sostanze stupefacenti o qualsiasi altra cosa che lo avesse condotto in quelle condizioni. Perché da lucido, da sano, lo sapeva, non avrebbe mai deciso di compiere un passo così avventato.
Eh, in vino veritas. O, meglio, in ‘qualsiasi altra cosa’ veritas.
Tuttavia Louis sapeva di mentirsi. Erano state altre “cose” che l’avevo condotto a scegliere Harry come coinquilino.





Harry si sente già più se stesso da quando cammina scalzo per casa – mi viene da pensare.
E, così, continua con il suo piano.
È passato dal girovagare scalzo al farlo senza pantaloni, restando in boxer e canottiera. E anche così conciato Louis appare tranquillo, lo accetta; lo guarda, alza un sopracciglio, lo saluta o dice qualcosa, lì per lì inerente al contesto, ma fa finta di nulla. Forse ride e scherza come il suo solito. Forse.





Harry aveva indossato le sue mutande preferite per inaugurare il passo successivo del suo piano geniale, intitolato: “Come far accettare a Louis la sua cattiva abitudine”.
L’aveva fatto una mattina di gennaio, quando faceva ancora freddo e la pelle di conseguenza si raggrinziva.
Louis aveva addosso il suo normalissimo pigiama, al caldo, e stava mangiando i suoi cereali, assonnato e svogliato. Harry era sceso in cucina con indosso una canottiera estiva e i suoi boxer preferiti: verdi fosforescenti.
Louis l’aveva osservato con sguardo vacuo, prima di strabuzzare le iridi azzurre e accigliarsi alla vista di Harry e di quel paio di mutande, che avevano tutta l’aria di non voler passare indifferenti.
Poi Louis si era quasi strozzato con il proprio boccone. Tossì rumorosamente, stava per morire, ma, alla fine, si era salvato.
“Accidenti” Disse, alzandosi dallo sgabello per buttarsi sul lavabo e dare, così, le spalle al coinquilino.
Louis aveva iniziato a notare la lenta regressione di Harry nella battaglia: “Harry vs i vestiti: chi la dura la vince”; e aveva perfino notato che stesse vincendo Harry. Ma ritrovarselo in quello stato, proprio quella mattina, no, non l’aveva minimamente immaginato.
“È tutta una questione di… ormoni.”Si disse, senza farsi sentire dall’altro, prima di correggersi: “…d’abitudine, d’abitudine”.
Poi si era ricomposto, si era girato verso Harry e gli aveva sorriso, indicandogli la sedia che aveva davanti.
“Tu e il tuo vizio di ingozzarti…” Lo imbeccò, allora, Harry con nonchalance, avvicinandosi a lui con un sorriso sereno sul volto. Lo afferrò velocemente per i fianchi, mentre Louis nel frattempo si era girato nuovamente verso il lavabo, e gli aveva dato un leggero bacio sulla guancia.
Erano migliori amici, Harry e Louis. E si dimostravano sempre l’affetto che entrambi provavano per l’altro.
Louis a quel punto, però, già stranito da quello strano inizio di mattinata, si era irrigidito, come qualcosa nel basso ventre del suo coinquilino, che si era avvicinato decisamente troppo finendo per sfregargli addosso quella cosa rigida e dura.
“Tu e la tua abitudine di girare mezzo nudo” Avrebbe voluto ribattere Louis.
Quella era la battaglia di Harry contro i suoi vestiti o, all’insaputa di Louis, era diventata la battaglia contro i suoi ormoni instabili?
“Và a farti fottere” Affermò, invece, ridendo.
Alla fine, Louis concludeva sempre in quel modo la conversazione con il suo migliore amico.
E d’altro canto era sempre un piacere, per Harry, essere mandando a farsi fottere da Louis.
“Buongiorno anche a te” Aveva risposto, staccandosi di malavoglia dal corpo di Louis e sedendosi sullo sgabello.




Sì, dunque, dicevamo?
Ah, che Louis e Harry sono solo migliori amici. Certo.
Uno dei due, o forse entrambi, però, ha il testosterone sballato. Dovrebbero, perciò, farsi entrambi un controllo, secondo me.
Dopo quella strana reazione, ho immaginato che Harry abbia preso la decisione che la reazione di Louis sia andata a buon fine e perciò di proseguire con la mossa successiva - ovvero quella di togliersi la canottiera, rimanendo in boxer. I calzini, le scarpe, i pantaloni o pantaloncini e le magliette o cannoniere non sa assolutamente cosa siano.
È libero, Harry, di essere se stesso. E vive con Louis, il suo migliore amico.
E Louis pare tranquillo, anche questa volta; l’accetta, la sua cattiva abitudine. Lo guarda, sempre più scettico, alza un sopracciglio – magari – o indugia, allarmato e colto alla sprovvista, sulle sue rondini. Ma non dice nulla. Gli va bene.






Il passo successivo del piano di Harry trovò il suo riscontro il pomeriggio di un venerdì.
Non era voluto, in realtà, e Harry si era giustificato con “Il fato”, quando uscendo dalla doccia e, quindi dal bagno, con soltanto addosso un asciugamano a cingergli la vita, incontrò Louis, che passava di lì per dirigersi verso la lavatrice.
I capelli ricci e bagnati facevano ricadere delle piccole perle d’acqua lungo tutto il suo ventre piatto, creando una pozzanghera a terra, che sicuramente Harry non avrebbe ripulito.
Si studiarono, senza parole.
“Capisco sempre di più perché Liam ci tenga a quel soprannome, Hazza” Aveva ironizzato Louis, voltandosi a guardare altrove – era imbarazzato?
I capelli scarmigliati e bagnati, ora di un nero scuro, perfino un po’ appiattiti, lo rendevano veramente un piccolo Tarzan.
E Louis si impegnò a non pensare che Zayn avesse ragione a pensare che se si voleva conquistare una ragazza, non bisognava avere mai – MAI - come compagno Harry Styles.
Harry aveva fatto spallucce e aveva sorriso, grattandosi il capo goffamente, incamminandosi verso Louis.
E Louis era rimasto imbambolato a osservare le rondini nel petto dell’altro – sì, proprio quelle.
“Stai per fare la lavatrice?” Sussurrò Harry, fermandosi a pochi passi da Louis.
Louis, finalmente, tornò alla realtà, guizzando gli occhi azzurri in quelli verdi dell’altro. Poi annuì, come un perfetto beota, cercando di darsi un contegno. Sorrise, facendo una smorfia mal riuscita.
Eppure lui non era mai stato così, Louis era sempre il ragazzo dalla battuta pronta, quello giocoso. Chi era invece quel ragazzo imbambolato e sciocco che non aveva nemmeno le capacità mentali di proferire parola?
E Harry, dall’altra parte, lo osservò con il puro divertimento a imporporare il suo viso fanciullo. Perché Harry, a differenza di Louis, era sempre stato così sfrontato e burlone.
Nella sua mente, poi, aveva iniziato a vagare un unico pensiero nitido: “Aveva fatto trenta, perché non fare trent’uno?”
“Sì, devi lavare qualcosa anche tu? Sto facendo i panni colorati…” Gli rispose Louis, girandosi a guardare altrove – di nuovo.
Purtroppo per Louis, però, quella era stata decisamente l’unica domanda da non porgere a un ragazzo abituato alla nudità. Soprattutto se l’asciugamano che indossava era di un viola tenue e, quindi, colorato, come i panni che Louis stava per mettere a mollo.
Il sorriso di Harry, difatti, si era aperto maggiormente, esattamente come l’asciugamano che copriva il suo tutto.
“Sì, questo. Grazie”
E Harry Styles aveva finalmente portato a termine il suo piano. Aveva condotto Louis ad accettare – con forza – la sua brutta abitudine. Aveva vinto.
Glissò il migliore amico e proseguì verso la sua stanza con un sorriso soddisfatto stampato in volto.
“Ehi, maniaco! Torna subito indietro a pulire la pozzanghera!” Urlò Louis, improvvisamente irato, ma con tono ilare.
Ad ognuno le proprie vittorie. Quella di Louis era stata osservare Harry in déshabillé, mentre si appropinquava a ripulire, come gli era stato ordinato.
“E sarei io, il maniaco?” Ironizzò Harry, mentre puliva, senza nemmeno voltarsi verso Louis per accettarsi che ciò che stesse dicendo fosse vero. “A me sembra il contrario”. Continuò, sarcastico, trattenendo le risa.
E Louis aveva riso a quella battuta, come Harry.
Perché entrambi stavano soltanto scherzando. Sì, perché Harry e Louis erano soltanto migliori amici.
“Ti prego, rimettiti un paio di mutande” Lo supplicò, alla fine, Louis, ridendo ancora.
“Non riesci proprio a togliermi gli occhi di dosso, eh?”





Da quella volta in poi, Harry è stato se stesso nella propria casa. E Louis lo ha accettato in tutte le sue cattive abitudini.
Da quella volta in poi, Louis, ha iniziato a chiamare Harry: “Maniaco”, ogni qual volta se ne prestasse l’occasione.
Eppure, lo conosciamo Louis. Non è di certo il tipo che perde l’occasione di una bella scenetta divertente. No, lui è il Peter Pan, il ragazzino che non vuole crescere… Perciò, secondo me, dopo la conquista di Harry, Louis deve averne combinata una delle sue.
Deve esserci qualcosa.
E, difatti, c’è. E Louis l’ha chiamata: “la vendetta contro il maniaco”.





Tornando a casa, Harry aveva già iniziato a spogliarsi con l’intenzione di farsi una doccia. Si era condotto in cucina, pensando di trovare Louis lì, data l’ora, e si era bloccato sul ciglio della porta, esterrefatto dalla visione che gli era stata proposta davanti.
Aveva tante volte preso in giro la faccia sconvolta di Louis quando girava con nonchalance nudo per casa; aveva tante volte riso per la sua poca capacità di interloquire, quando lui, nudo, lo prendeva in giro dicendo cose che lo imbarazzavano ancora di più.
E, ora, quello imbambolato, senza la capacità di spicciare parola era lui, Harry Styles.
Harry, al cospetto di un Louis completamente nudo e disinibito, aveva perso sia la facoltà di parola sia l’aria da sbruffone.
E Louis, soddisfatto e divertito, lo aveva salutato con “La vendetta è un piatto che va servito freddo” avvicinandosi al migliore amico con un piatto di cannelloni freddi e un sorriso malizioso e cospiratorio, che aveva tutta l’aria di non volersene più andare sul suo volto; il Peter Pan, il ventenne che non sarebbe mai cresciuto, aveva giocato la stessa carta di Harry e aveva vinto.
“Bon appetit, Hàrry” Disse in un fintissimo accento francese.
Quella era stata anche la prima e vera volta in cui Harry aveva potuto vederlo totalmente nudo.
E "Un bello spettacolo", aveva pensato.






Louis e Harry sono due migliori amici che si divertono a provocarsi, a spogliarsi per vendicarsi, per divertirsi, o per non sentire gli anni che passano e che li rendono più grandi, più adulti. Sono due persone che si scambiano sguardi maliziosi, sebbene di indicibile non abbiano nulla – a detta loro.
Sono soltanto questo, Harry e Louis, migliori amici che si provocano.
Ed è chiaro, quindi, che secondo me nemmeno Louis sia questo stinco di santo.
Com’è quel detto? Dio li fa e poi li accoppia. Ecco, Dio li ha creati, Harry e Louis, e poi ha deciso di farli andare a vivere insieme. Perché sono migliore amici, certo, non tiriamo in ballo Dio in argomenti compromettenti… Non mi permetterei mai!
Cosa? Blasfemia? E cos’è? Qualcosa che si mangia?


Ma non è finita qua. Perché Harry avrà il difetto di non sapersi tener addosso due indumenti per più di mezza giornata, ma anche Louis non scherza. Anche Louis ha qualcosa da farsi perdonare, oltre alla sua propensione di divertirsi con poco - questo infatti è niente in confronto ai suoi difetti.
Ad esempio, di peggiore c'è il suo disordine.
I suoi boxer sono ovunque, non c’è luogo dove non ci siano. Giusto un posto è libero dalla condanna, giusto l’unico in cui dovrebbe essere pieno delle mutande di Louis: il suo cassetto. È immacolato. E Harry è fin troppo menefreghista per dirgli di darsi una controllata, perciò il disordine di Louis, quello mentale e fisico, è libero e ingovernabile – come le chiappe e le rondini, esattamente.






Soltanto una volta Louis si era pentito di essere disordinato. La volta in cui Harry aveva indossato un paio dei suoi boxer.
Non ci faceva più caso, quando Harry gli passava accanto mezzo svestito. C’aveva fatto l’abitudine, ormai; ma quando Harry, quella mattina, gli era passato accanto fischiettando un motivetto a ripetizione, nella testa di Louis qualcosa si era insinuato fastidiosamente, richiamandolo all’attenzione verso le parti intime di Harry Styles.
Così, Louis aveva osservato il coccige dell’altro, cercando cosa non quadrasse. Se Harry si spostava a destra, gli occhi azzurri di Louis lo seguivano in quella direzione, e lo stesso se Harry si spostava a sinistra: Louis gli stava fissando con insistenza assidua il sedere.
E Harry se ne era accorto, dopo un po’.
“Da quando hai un’ossessione per il mio culo?” Gli chiese, a quel punto, con un sorriso piccato sul volto.
“Le mutande” Sembrò correggerlo Louis, senza staccare gli occhi dalle parti intime di Harry che, ora, si era girato a osservare il migliore amico con le braccia conserte.
“Sì, le mutande che coprono il mio bel culetto, vero maniaco?” Proseguì Harry, ridendo.
Ma Louis non ne voleva sapere assolutamente di ritornare in sé per smetterla di fissarlo.
“Sì…” Disse, studiando ancora la parte succinta.
“AHHH!” Urlò, poi. “Quelle sono le mie mutande!” Continuò, indicandole e spostando – finalmente! – lo sguardo verso gli occhi verdi e divertiti di Harry.
Certo, chi altri poteva avere delle mutande a righe? Solo uno con la fissazione per quel motivo, ergo Louis Tomlinson.
“Davvero? Son le tue? Eppure le ho trovate nella mia stanza…” Asserì, sincero, Harry, tornando a fare ciò che aveva interrotto.
Louis sbuffò, esterrefatto. Sapeva che Harry aveva ragione, che non stava mentendo. Era probabile, infatti, che le sue mutande fossero ovunque, in quella casa, tranne che nella sua stanza, o meglio nel suo cassetto.
“Sei un maniaco, sapevo che avevi un’ossessione per me, ma arrivare a rubare e a metterti le mie cose…” Ribadì, allora, Louis divagando sullo scherzo.
“Mutande” Lo corresse Harry, girandosi a guardarlo per un istante. Gli occhi incredibilmente accesi dal divertimento. Louis li fissò, seccato.
“Peggiori la tua situazione così, maniaco” Ironizzò, mentre si avvicinava all’altro.
“Io piuttosto penserei al come ci siano arrivate le tue mutande nella mia stanza” Affermò Harry, dando le spalle a Louis per incamminarsi verso il lavabo.
Harry Styles non era mai stato così sagace in vita sua, da quando aveva iniziato? Louis se lo chiese mentre rideva e gli si avvicinava.
“Le hai rubate, facile” Lo provocò, nuovamente. “Sei proprio un maniaco” lo canzonò con tono malizioso.
“O, forse, le hai semplicemente dimenticate” Buttò, lì, Harry, girandosi a guardarlo, perché una scena del genere non poteva di certo perdersela.
Aveva sempre l’ultima battuta con Louis, l’ultima battuta maliziosa che faceva scoppiare il suo coinquilino come fosse una pentola a pressione.
Sì, Louis non ricordava affatto il momento in cui Harry fosse diventato così particolarmente perspicace.
“Và a farti fottere”
“Con le tue mutande non mi si piglierebbe nessuno”
Non c’era nulla da fare: l’ultima battuta, in casa Stylinson, spettava sempre e comunque a Harry.
“Ma con il tuo bel culetto, forse, hai qualche chance lo stesso” Aveva risposto Louis.
O forse no, qualche volta, in quella casa, l’ultima battuta era toccata anche a Louis.





Harry accetta Louis e il suo disordine. E questo perché Louis accetta Harry e il suo ascendente nell’incendiare la cucina, quando si dimentica la roba che mette sul fuoco; o il fatto che la sua testa sia sempre tra le nuvole – e mai sulle spalle – oppure che si addormenti talmente facilmente da riuscirci ovunque e comunque; o come il suo girare per casa nudo, ma di questo ne abbiamo già parlato.
Perciò, sì, avete capito bene, si ritorna in cucina. Ma purtroppo nel prossimo capitolo.
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: VenerediRimmel