Serie TV > Glee
Segui la storia  |      
Autore: strifylover    07/06/2013    3 recensioni
Kurt&Sebastian, forse non doveva andare così. Forse troppe volte Sebastian ha pensato che quel ragazzino era perfetto.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

SOCIAL


Twitter | Heal The World on Facebook | BackyardLover FanPage || LiveJournal (dal quale potrebbero arrivare tanti spoiler)



NdA: Eccomi quii, mio amato fandom della mia amata OTP. Come dire? Ne sentivo la necessità, ce l'ho in pentola da tanto questa cosa qui e fino all'ultimo questo capitolo uno dovevano essere un oprologo e un capitolo separati, ma ho deciso di uni tutto.
Non ho mai scritto qualcosa di così lungo e pieno di feelings, quindi spero che apprezziate il mio sforzo <3
Visto che avete detto che doveo postarla eccola qui. <3
Avvertimenti: Il rating per ora è arancione, ma dovrebbe variare verso la fine della storia
- strifylover <3

I SHOULD INK MY SKIN

1.  i gotta find you
Ed Sheeran - Wake Me Up

 
Le cose con Blaine non andavano bene.
 
Nonostante entrambi cercassero di forzare la cosa, di far sì che andasse come doveva andare, che tornasse come era un tempo, ma non ce n’era più verso.
Non erano più i due ragazzi innamorati, erano semplicemente migliori amici che facevano della loro vita un’opportunità in più per confidarsi e trovare un calore familiare, ma nulla di più.
 
Ogni tanto si prendevano la briga, quando erano insieme, mano nella mano, di guardarsi intorno per cercare lo sguardo di qualche ragazzo carino che ricambiasse un sorriso. Non che uno dei due volesse tradire l’altro, semplicemente per sentirsi desiderati in quel senso, come solo un amante può fare.
 
Per fortuna che Kurt aveva trovato quel lavoro presso quella pizzeria a domicilio. Ebbene sì, Kurt Hummel consegnava pizze a bordo di una bicicletta rosso fuoco con su stampato il nome della pizzeria e quello era il suo primo giorno.
Sarebbe stato un ottimo diversivo, inoltre, con i soldi guadagnati avrebbe potuto comprare gran parte della collezione primavera-estate di H&M. Gli sembrava tutto perfetto e con un filo logico neanche troppo male.
 
Giunse sul posto di lavoro puntuale, dopo un lungo rituale di preparazione, che consisteva nell’idratare al meglio la sua pelle con una crema depuratrice L’Oréal, risciacquare immediatamente con una dose abbondante di sapone purificante contro le escoriazioni cutanee e applicare, infine, l’ultima dose di crema idratante, questa destinata a permanere sulla sua pelle, di certo, non poteva permettere che il primo giorno di lavoro sembrasse un povero sciagurato.
 
Entrò nella pizzeria con il sole che lentamente stava calando, simbolo di una sera che stava giungendo anche abbastanza in fretta. Lo investì subito un odore di pomodori appena tagliati misto a quello nauseabondo delle patatine fritte ricoperte eccessivamente da maionese e sul suo volto comparve una smorfia.
 
“Hey tu…” Disse una voce proveniente dalla destra della pizzeria. “Sei il nuovo fattorino?” Kurt si voltò e notò un uomo con i capelli leggermente arricciati, con una camicia a quadretti azzurri e una giacca scamosciata, color caramello. Pessimo abbinamento per un professionista, ma dal volto sembrava una brava persona.
 
“Sì, sono io … lei è il signor Schuester?” Chiese Kurt, avvicinandosi al bancone dove era poggiata un enorme cassa mangia scontrini. Si sentì un attimo in soggezione, perciò non allungò la mano per stringerla al suo superiore, aspettò che lui lo facesse.
 
L’uomo annuì.
“Come ti chiami, ragazzo?” Il proprietario allungò la mano, prendendo quella di Kurt e stringendogliela, senza che il ragazzo potesse far nulla, neanche rispondere a quella domanda così semplice .
 
“Kurt Hummel, signore.” Rispose il ragazzo, stringendo la mano con più vigore e agitandola verso il basso, facendole fare il classico segno di cordialità. “Sono curioso e volenteroso di cominciare!” Sorrise ancora, desideroso di cominciare a dimenticare i suoi problemi con Blaine.
 
“Sai andare in bicicletta vero? Se è così puoi andare per tutta la città appena cominceranno ad a-” Il signor Schuester non ebbe il tempo di finire la frase, interrotto dal suono di un telefono fisso antico, così stridulo da costringere Kurt a tapparsi le orecchie per attutire il suono. Dopo pochi minuti e dopo un paio di ‘Sì’, ‘mmmh’ pronunciato dal suo capo, Kurt capì che quella sarebbe stata la sua prima consegna.
Il signor Schuester attaccò la cornetta e si rivolse al giovane aiutante. “Sei fortunato, era il tuo primo ordine, dovrai andare a questo indirizzo ed arrivare entro mezz’ora.”
 
Sarebbe stato semplice, anche perché conosceva una scorciatoia che l’avrebbe portato dall’altra parte della città in meno di dieci minuti. Avrebbe consegnato la pizza prima del previsto.
Sospirò soddisfatto e afferrò il bigliettino con l’indirizzo, subito saltando in sella alla sua bicicletta fiammante, come primo giorno non era affatto male.
 

 
Era partito solo venti minuti prima e già aveva consegnato il suo primo ordine, si era anche divertito a cercare di mantenere in equilibrio la pizza sul box installato sul retro della bici.
Stava percorrendo la scorciatoia al contrario, per tornare in negozio, pedalava tranquillamente, quando sentì un rumore strano, un ‘track’ che non avrebbe dovuto sentire. Era un rumore pessimo e davvero poco rassicurante.
 
Scese dalla sella, anch’essa rossa, e controllò le ruote, cercando di capire cosa fosse successo. Un ‘no’ sonoro e prolungato, ripetuto e ansimato, fece capire alla mente di Kurt che era davvero terribile. Davanti ai suoi occhi si presentò uno spettacolo per niente bello.
 
La catena della ruota posteriore si era staccata e alcuni anelli erano danneggiati, in quelle condizione non poteva pedalare. La tragedia non era il fatto di dover camminare fino alla pizzeria, ma il fatto che al suo primo giorno avesse già combinato un guaio. Era terrorizzato, anche perché non poteva farsi licenziare.
 
Si guardò intorno, con fare preoccupato, nessuno stava passando di lì in quel momento. A fargli compagnia, nel bene o nel male, c’erano solo gli alberi con i rami ancora secchi e tardivi, senza neanche una fogliolina verde, e i pipistrelli.
 
Nella disperazione, l’unica cosa da fare era cominciare a camminare verso la pizzeria a piedi, con il freddo serale che gli stava lentamente rovinando la pelle, creandogli microfratture tra le cellule cutanee. Batteva i denti, sentiva il freddo dentro le ossa che continuava a distruggerle lentamente dall’interno.
Si sentiva stanco e quell’odissea contro il vento non aveva fine.
 
Kurt decise di riposarsi un attimo, lasciando che il suo corpo riprendesse fiato. Si sedette sul muretto che impediva la crescita di erba selvatica sotto l’asfalto e cominciò a respirare affannosamente, mentre con i piedi manteneva ancorata a sé la bicicletta.
 
Guarda chi c’è, la signorina Hummel!” Disse una voce familiare, mentre Kurt si era rintanato nella sua giacca leggera, per cercare di riscaldarsi un po’.
 
Si accorse di quella voce, dannatamente familiare, fin troppo familiare. Non ci volle molto per farlo scattare in piedi, terrorizzato all’idea di trovarsi ancora quei bulli dietro.
No, non voleva alzare lo sguardo e capire che erano reali.
 
Che c’è Patty? Non hai voglia di vederci?” Un’altra voce, si facevano sempre più vicine e sentiva i loro passi, li sentiva rimbombare dentro di sé, dentro al suo cuore.
 
“Che cosa volete?” Ebbe il coraggio di chiedere e alzare lo sguardo, tremante, ma allo stesso tempo coraggioso.
 
Cominciamo col capire perché sei qui e perché hai questa bicicletta così carina.” Disse uno dei tre.
 
“Non sono affari tuoi.” Li aveva riconosciuti, erano i giocatori di football del suo liceo, di quelli che continuavano a gettarlo nei cassonetti quando Blaine non c’era. “Niente della mia vita ti riguarda.” Scattò immediatamente sulla difensiva, mentre riprese il manubrio della bici e ricominciò a camminare, sperando che quegli idioti non lo seguissero.
 
“Dove scappi, checca?” Chiese quello più grosso, andandogli dietro, tenendo il passo con Kurt.
 
“In un posto che sia lontano da voi.” Rispose Hummel con un tono acido, pungente, quasi cattivo. “Sai, Karofsky, non ho mai avuto intenzione di rimanere troppo tempo in una stanza con voi e non ho neanche troppa voglia di farmi i vestiti con il vostro alito pesante.” Forse era troppo, bastava un minimo per far scattare uno di loro e sarebbero scattati a catena anche gli altri due.
 
David strinse il polso di Kurt, interrompendo la posa del fattorino sul manubrio della bici.
“Se dici ancora una cosa del genere, ti giuro che-” Il bullo non ebbe il tempo di finire la frase, che venne interrotto da una voce sconosciuta.
 
Non hai nulla da fare che rimanere qui a prendere in giro un ragazzo? Non ce l’hai la fidanzatina?” Kurt aveva gli occhi chiusi per lo spavento, non ebbe il coraggio di guardare il ragazzo che era intervenuto, ma sentì che la presa di Karofsky stava diventando più lenta. In quel momento Kurt aprì gli occhi.
 
“Chi sei tu?” Chiese David, voltandosi e preparando già il pugno per sferrarlo contro quel ragazzo dagli occhi luccicanti. I lampioni, con la loro luce fioca, non facevano distinguere a Kurt il loro colore, ma capì in quel momento che gli sarebbe stato grato per un bel po’ di tempo.
 
“Qualcuno che non dovevi incontrare.” Lo sconosciuto digrignò i denti, producendo un rumore abbastanza fastidioso, e sferrò un pugno sulla guancia dura di Karofsky, lasciando che il bullo cadesse a terra.
A quel punto gli altri due, che Kurt aveva identificato come Azimio e Matt, si avvicinarono al loro capobanda, aiutandolo ad alzarsi. Se David le aveva prese da quel tizio, voleva dire che entrambi dovevano darsela a gambe.
 
Corsero via, urlando contro ad un Kurt sotto shock che non sarebbe finita lì. Hummel aveva le lacrime agli occhi, attribuibili sia al freddo che stava cominciando a calare su Lima, sia alla paura di essere pestato per l’ennesima volta da David Karofsky e i suoi scagnozzi.
La sua attenzione, per un attimo persa, venne attirata dalla voce dello sconosciuto che gli aveva appena salvato la pelle.
 
“Non dovresti girare da solo a quest’ora della sera.” Lo ammonì con voce calda, prendendo il manubrio della bici. “Cosa c’è che non va in questa qui?” Chiese, cercando anche di smorzare un po’ il discorso e rompere il ghiaccio, facendo sì che Kurt si sentisse a proprio agio con lui.
 
“Si … Si è rotta la catena credo …” Ipotizzò Hummel, balbettando leggermente e stringendosi nelle sue spalle. Cominciava a sentire freddo, un freddo che gli stava letteralmente gelando le ossa.
 
“Un mio amico ha un negozio di bici, solo che è un po’ lontano, ce la fai a camminare?” Chiese, cominciando lentamente a comporre un percorso fatto di piccoli passi.
 
Kurt annuì appena, seguendo il percorso tracciato da quel ragazzo. Non sapeva come, ma sapeva di potersi fidare di lui, ciecamente. Abbassò la testa, sperando che il discorso non fosse finito lì. Voleva sapere come si chiamava, ma aveva troppa paura a chiederglielo.
 
“Come ti chiami?” Chiese poi il ragazzo, come se avesse letto nella mente di Kurt, facendo trasalire da quel tentativo di riscaldarsi strofinandosi rovinosamente le mani sulle braccia coperte da una giacca primaverile, adatta per il giorno, ma sicuramente sconsigliabile per la sera.
 
“So-Sono Kurt, tu?” Rispose balbettante, tanto da permettere al suo angelo di voltarsi verso di lui e porgergli la sua felpa scolorita.
 
“Io sono Sebastian.” Disse il ragazzo. Mentre con gentilezza gli appoggiargli la felpa sulle spalle, un pugno nell’occhio con tutte quelle macchie colorate in diverse gradazioni di grigio, ma sicuramente calda. Talmente calda che fece subito riacquistare la sensibilità alle dita di Hummel.
 
Camminarono ancora per un po’, alternandosi nel trasporto della bicicletta, anche se Sebastian la teneva per più tempo rispetto a Kurt. Non si rivolsero la parola per circa un kilometro, poi Kurt notò qualcosa dietro il collo di Sebastian grazie alla luce fioca di un lampione, l’ennesimo sulla loro strada.
“Hai un tatuaggio!” Esclamò, notando quelle scritte criptiche in un alfabeto che sembrava arabo.
 
“E’ il nome di mia madre in arabo, è morta quando ero piccolo.” Sebastian rispose con un tono di acidità nella voce, quasi come se avesse voluto evitare quell’argomento. “No, non cacciare fuori una di quelle frasi tipo mi dispiace, ti capisco, se non lo provi, non sai cosa vuol dire.” Il ragazzo si indispettì subito, facendo ricredere Kurt sulla sua sensibilità, almeno per un attimo.
 
Ma Hummel sorrise, in modo amaro, molto probabilmente perché era spiacevole anche per lui ricordare la morte di sua madre.
“E se io ti dicessi che ti capisco perché anche mia madre è morta quando ero piccolo?” Kurt fece un respiro profondo, sperando ch le lacrime non cominciassero a sgorgare dai suoi, perché se l’avessero fatto, sarebbe stata una figura pessima.
 
Sebastian non rispose, chinò solo il capo, continuando a camminare trasportando la bicicletta, immerso fin troppo nei suoi pensieri per sentire il cellulare di Kurt squillare.
 
Il ragazzo prese il suo iPhone, lesse il nome di Blaine sullo schermo e sospirò. Non voleva parlargli in quel momento, ma sapeva che doveva rispondergli, perciò sbloccò la tastiera e si portò l’apparecchio all’orecchio.
“Blaine?!” Pronunciò quasi in un tono interrogativo.
 
Si può sapere dove diavolo sei finito?”
 
“La bici si è rotta e ora sto cercando un modo per ritornare a casa e devo farla prima aggiustare da qualcuno.”
 
Potevi avvisarmi però, mi sono preoccupato visto che ho chiamato in pizzeria e non sapevano dove fossi.”
 
Già, la pizzeria. L’avrebbero sicuramente licenziato dopo quella sera. “Scusami, è solo che ho quasi la batteria a terra e dopo questo piccolo incidente, volevo tenermela al sicuro per qualsiasi evenienza strana, perciò credo sia meglio riattaccare. Ci vediamo presto, promesso.” Non diede al suo ragazzo il tempo di rispondere, lasciandolo probabilmente allibito con il cellulare in mano.
 
Non perché fosse una cosa nuova di quei tempi, visto che Kurt&Blaine ultimamente non esisteva più, ultimamente esisteva solo Kurt e Blaine, un’amicizia profonda, quasi empatica, che portava i due a non mentirsi quasi mai.
L’unica cosa sulla quale continuavano a mentirsi era il loro rapporto, non riuscivano a trovare la forza di rompere quello che era diventato un legame indissolubile agli occhi di tanti.
 
“Era tuo fratello?” Chiese Sebastian, cercando di fare chiarezza sull’espressione che Kurt aveva dipinta in volto.
 
“No, era-” Kurt interruppe la frase, prima di pronunciare la parola ragazzo per la troppa paura che anche Sebastian potesse giudicarlo. Lima, in fondo, era un covo di serpi.
 
“Era?” Chiese ancora Sebastian, invadente.
 
“Era il mio ragazzo.” Sopirò. Bene, l’aveva detto e doveva ammettere a se stesso di sentirsi più leggero, in attesa della reazione di Sebastian.
 
“Ah … Sei omosessuale?” Chiese, senza mezzi termini. Più che una chiacchierata, cominciava a sembrare un terzo grado, ma Kurt non ci fece caso.
 
Annuì appena, poi abbassò il capo, come se dire ad uno sconosciuto che, con molte probabilità, non avrebbe, più rivisto quello che era davvero lo mettesse a disagio più di quando l’aveva detto ai suoi compagni di scuola.
 
“Anche io…” La voce di Sebastian, quella sera, sembrava avere il compito di rassicurarlo, di coccolarlo, di farlo sentire a suo agio, anche in un caso delicato come quello.
Sebastian fermò per un attimo la loro camminata, voltandosi verso Kurt e accarezzandolo dolcemente sotto il mento, per alzare il suo sguardo e farlo incontrare con il suo.
“Non permettere mai a nessuno di farti condizionare, tu sei perfetto così come sei.”
 
Kurt non sobbalzò a quel contatto caldo della mano di Sebastian con il suo viso, non era necessario, perché era un contatto così familiare e così naturale, che l’unica cosa che gli provocò fu sentirsi subito meglio.
“Grazie …” Rispose dolcemente, mentre Sebastian, con un’altra carezza gli sfilava la mano dalla piega del collo e la riportava sul manubrio della bici, per ricominciare a camminare.
 
“Non devi ringraziarmi, ho detto solo la verità.” Kurt era affascinato da lui, lo sentiva così vicino e allo stesso tempo così sfuggente che non poteva fare a meno di osservarlo quando era distratto per cercare di catturare ogni singolo dettaglio estetico e ogni espressione di quell’angelo.
“Guarda, siamo quasi arrivati.” Sebastian indicò una casa leggermente rovinata all’esterno, che non sembrava per niente accogliente, ma Kurt si fidava. “Ora andiamo a bussare e se non c’è sarai costretto a chiamare qualcuno.”
 
I due attraversarono il vialetto della casa che Sebastian aveva appena indicato, lentamente, come se i due non avessero intenzione di separarsi l’uno dall’altra.
Arrivarono alla porta e Kurt si sporse verso il piccolo bottoncino che fungeva da campanello. Lo premette e sentì il suono del campanello che si propagava in casa, ma nessuno rispose.
 
“Forse non c’è nessuno …” Ipotizzò Hummel, sperando che fosse così con tutto il suo cuore. Continuava a ripetere dentro di se, come un incantesimo, le parole ‘non aprire, non aprire, non aprire.’ E infatti nessuno rispose al richiamo del campanello.
 
“Beh, pazienza, hai qualcuno che può venire a prenderti?” Chiese Sebastian, toccandosi il retro del collo infreddolito.
 
Kurt annuì, prendendo il cellulare dalla tasca. Mandò un sms a suo fratello Finn e non appena arrivò la notifica della visualizzazione, lo ripose, sapendo che anche se non avrebbe risposto, sarebbe comunque arrivato.
 
Si sbottonò poi la felpa, porgendola a Kurt, ma il ragazzo la rifiutò.
“Tienila tu, sei tu ad avere freddo tra noi due.” Rispose gentilmente, accarezzando appena la spalla di Kurt, come fosse un saluto. Infatti, si voltò e cominciò a camminare, svoltando ben presto l’angolo che li aveva portati lì. Lasciando solo Kurt, la sua bici rotta e mille dubbi e curiosità che assillavano la mente del ragazzo dagli occhi azzurri.

Finn non ci aveva messo molto ad arrivare, circa cinque minuti dopo che Sebastian era andato via.
Non appena Kurt fu disteso sul letto di camera sua, nonostante l’orario, mandò un sms alla sua amica Santana.
 
(22:23): Ho bisogno di te!
 
(22:25): Così mi fai preoccupare, non hai comprato l’ultimo Vogue?
 
(22:26): Magari fosse quello, in questo momento lo preferirei.
 
No, non poteva aver scritto una cosa del genere. Kurt Hummel stava davvero male e Santana doveva capire il perché.
 
(22:28): Fai come se fossi già lì, arrivo subito.
 
Posò il cellulare accanto a lui, poi si rannicchiò portandosi le gambe quanto più possibile vicino al petto e chiuse gli occhi, aspettando che Santana arrivasse.
Non riusciva a togliersi dalla testa quel viso meraviglioso, quanti anni poteva avere? Più di 20, su questo non ci pioveva, forse 22 o 23. E poi quegli occhi verdi … Come avrebbe fatto a dirlo a Blaine?
 
La vibrazione del suo cellulare lo distolse per un attimo da quei pensieri.
 
(22:37): Aprimi!
 

 
Per fortuna che Santana era arrivata in tempo, prima che Kurt cominciasse a piangere come una femminuccia davanti ai ricordi di lui e Blaine e dei primi periodi che avevano trascorso insieme.
 
“Dimmi tutto, cos’è successo?” Chiese Santana, prendendo posto accanto al ragazzo sul suo letto.
 
“E’ successo che ho incontrato un ragazzo …” rispose Kurt, “Un ragazzo bellissimo che mi ha salvato dal tornare a casa con una faccia piena di lividi per colpa di Karofsky.” Continuò il racconto, minimizzandolo, sapendo che Santana avrebbe capito il problema focale della situazione.
 
“E scommetto che questo ragazzo ti piace e non sai come dirlo a Blaine Warbler, giusto?” Chiese Santana retoricamente, accavallando le gambe sul bordo del letto di Kurt.
 
Il ragazzo annuì appena.
 
“Per prima cosa, come si chiama questo ragazzo?” Chiese Santana, allungando una mano verso quella di Kurt per stringerla. Di solito non era così sentimentale, anzi, era tutta battutine e frecciatine, ma quando si trattava del suo Kurtie cambiava radicalmente. “E seconda cosa, per capire meglio cosa senti e soprattutto se lui si ricorda di te, devi trovarlo.
 
Kurt alzò lo sguardo verso quello di Santana. “E come faccio a trovarlo? So solo che si chiama Sebastian e che, molto probabilmente sulla ventina d’anni.” Nel suo tono c’era una punta di rassegnazione che la Lopez fu subito pronta a smentire.
 
“Hai zia Snix a proteggerti, lo troverò io per te.” L’ispanica fece l’occhiolino. “E devi promettere che non ne farai parola con nessuno, nemmeno con Finn.” Gli propose.
 
Kurt annuì, ancora.
 

 
Erano passati un paio di giorni da quell’incontro fortuito con Sebastian e, nonostante le ricerche forsennate di Santana non si era riuscito a sapere nulla di lui.
Forse non era possibile, forse il destino prima l’aveva messo alla prova e poi l’aveva beffato, sottraendo quel viso angelico dalla sua vita.
 
Si sentiva triste, così triste che neanche la cena di quella sera stessa lo stava distraendo. Mancavano solo due ore e Kurt non era pronto. Era disteso sul letto, con ancora il pigiama indosso e con le cuffie alle orecchie che trasmettevano l’ennesima canzone deprimente di quel giorno.
Forse era troppo, ma per Kurt tutto aveva un senso. Si sentiva vuoto e quasi incapace di fare qualsiasi cosa, mentre quelle parole d’amore rimbombavano nelle sue orecchie accompagnate solo dal suono sterilizzato di una chitarra.
 
And you will never know
Just how beautiful you are to me
But maybe I’m just in love
When you wake me up
 
Già, perché Sebastian non l’avrebbe mai saputo quando Kurt lo considerasse bello. Non ebbe il tempo di perdersi in altri pensieri quando sentì l’iPhone avvertirlo di un sms.
Sperò vivamente che non fosse l’ennesimo messaggio di Blaine.
 
(17:08): Hummel, aprimi!
 
(17:10): Subito, Snix!
 
Santana aveva detto che ci avrebbe pensato lei, magari aveva trovato qualcosa. Magari Kurt avrebbe rivisto Sebastian prima di sera.
Ah no, non poteva. Doveva vedersi con Blaine.
 
La Lopez fece irruzione in casa Hummel senza neanche dare il tempo a Kurt di riprendersi da quello stato di torpore fisico che lo aveva assalito fino a quel momento.
Kurt vide che sul volto di Santana cominciava a disegnarsi un sorriso sornione, un sorriso che sapeva di vittoria.
Gli angoli di quelle labbra carnose si chinavano sempre di più, suggerendo al ragazzo una vittoria.
Un sorriso non tardò ad arrivare neanche sul suo di viso e non si fece sfuggire l’occasione per chiedere a Santana novità.
 
“L’hai trovato?” Chiese Kurt, stringendole la mano, senza neanche darle il tempo di chiudere la porta alle sue spalle.
 
“Hey, stai calmo.” Disse la latina, porgendogli un fascicolo di fogli. “Qui ci sono i cognomi e i luoghi di lavoro o di studio di tutti i Sebastian della città.” Disse, notando che gli occhi di Kurt si illuminarono improvvisamente. Le piaceva vederlo felice, da quando l’aveva preso sotto la sua ala protettrice, teneva a lui quasi quanto tenesse alla sua ragazza, Brittany.
 
“Grazie Santana, non so come ringraziarti!” Esclamò il ragazzo, dipingendo sul suo volto l’ennesimo sorriso a 32 denti.
 
“Potresti cominciare col farti una doccia e prepararti per la cena di stasera.” Propose Santana, “Sai com’è, devi anche trovare un pretesto per lasciare Blaine.” Quelle parole trafissero il cuore di Kurt, lasciando che gli oltrepassassero il corpo e gli rimbombassero nella mente.
 
Non aveva pensato all’eventualità di lasciare Blaine, piuttosto aveva considerato l’idea di prendersi una pausa, rimanendo in contatto, magari scrivendosi ancora sms bollenti prima di andare a dormire, ma nient’altro. Invece Santana gli stava facendo notare che neanche quello poteva più esistere, sarebbe stato meschino correre dietro a Sebastian e continuare a stare con Blaine. Sarebbe stato come tradire e no, Kurt non voleva farlo.
 
“Dammi venti minuti e sono pronto.” Disse Kurt, pronto a farsi consigliare dal getto d’acqua tiepida della doccia. “Tu, intanto puoi fare tutto quello che vuoi, lo sai.” Aggiunse, con un sorriso stampato sul volto, questa volta però era appena accennato, quasi turbato.
 
“Tutto bene, Kurt?” Chiese Santana, sedendosi sul divano di fronte alla TV e poggiando i piedi sul tavolino di fronte al sofà.
 
Il ragazzo annuì appena. Non vedeva l’ora di togliersi quel peso dal cuore, forse vedendo Sebastian sarebbe passato tutto, oppure sarebbe andata sempre peggio. Poggiò il fascicolo che gli aveva portato Santana sul tavolino all’ingresso e lo lasciò lì, avviandosi verso il bagno al piano di sopra.
 
In quel momento, doveva prepararsi, avrebbe scoperto dopo tutto quello che riguardava Sebastian.
 

 
“Ed è così che ho convinto Lord Tubbington a smettere di assumere crack abitualmente, anche se ultimamente ha ricominciato. Non mi sembra che abbia intenzione di ascoltarmi, soprattutto quando è nervoso.” La voce di Brittany e i suoi racconti sul suo gatto non riuscivano ad attirare l’attenzione di Kurt, che sentiva le risate trattenute di Blaine rompersi nella sua gola.
Si voltò verso Santana, in cerca di aiuto, ma la latina era troppo occupata a compiacersi della voce della sua ragazza per dargli ascolto.
Guardò l’orologio e quasi esultò alla scoperta liberatoria del fatto che erano passate appena due ore da quando erano arrivati lì. Potevano anche andarsene visto che avevano appena finito di mangiare grissini in sostituzione ai dessert pessimi della casa.
 
“Beh ragazzi, scusatemi, ma credo di dover tornare a casa, visto che avevo promesso a mio padre di preparargli la cena.” Kurt mentì, era la prima volta che lo faceva a Blaine, ma quella situazione in cui si trovavano era così ridicola che non poteva fare altro.
 
“Ti accompagno se vuoi.” Propose Blaine, prendendo le chiavi dell’auto e porgendole dolcemente a Kurt che sorrise per il gesto dolce del suo ragazzo.
Si sentiva un verme, uno di quei lombrichi che mangiano le code degli altri lombrichi per pure e semplice fame. Oppure una di quelle madri iene che lasciano i propri cuccioli più deboli smarriti nella savana.
 
Ma non poteva rispondere in altro modo se non con un sì tenue e indeciso, ma spinto fuori dalla sua bocca, come un motore a propulsione, dalla voglia di far capire a Blaine che tra loro era finita.
 
Il moro rispose con un sorriso sincero, per poi alzarsi e far passare anche Kurt. Un saluto con la mano e Santana e Brittany poterono di nuovo continuare a raccontarsi del gatto obeso di Brittany e di come avrebbe fatto a renderle ricche.
 

 
Era già calata la sera e il cielo non era costellato da alcuna stella, forse troppo timide e simboli dell’amore che non osavano uscir fuori e farsi guardare da Kurt.
Quando si trovarono fuori casa Hummel, il ragazzo dagli occhi azzurri si voltò verso il suo accompagnatore e con un sorriso amaro lo invitò a salire da lui, con un cenno della testa eloquente.
“Dobbiamo parlare …” Aggiunse, mentre apriva la portiera dell’auto e spegneva il motore.
 
Blaine non rispose, lasciando che sul suo volto si dipingesse un’espressione contrariata, di dubbio, forse perché stava cercando di capire cosa avesse fatto per suscitare il nervosismo o, peggio, la tristezza di Kurt.
 
Scesero entrambi dall’auto ed entrarono in casa. Con sua grande sorpresa, Kurt trovò suo padre addormentato sul divano in una posizione che sembrava davvero scomoda, ma non lo svegliò.
Ora il problema Blaine era più importante da risolvere.
 
Si fece seguire fino in camera sua, chiudendo la porta alle due spalle dopo aver fatto entrare Blaine. Prese un respiro profondo e quasi difficile perché i polmoni sembravano essere contro di lui. Fece un cenno al suo ragazzo per farlo accomodare sul letto e lo raggiunse subito dopo aver preso un altro respiro.
 
“Cosa c’è, Kurt?” Blaine prese la parola, cercando di capire perché il suo ragazzo lo tenesse lì, segregato nella sua camera da letto, invece di farlo correre a casa per farlo preparare per il loro rituale di cosacce telefoniche.
 
“Tu non hai fatto niente …” Cominciò Kurt, maledicendo le parole di Anderson, che stavano rendendo tutto più difficile.  “Blaine, io ti voglio bene …” Continuò, sperando che il ragazzo capisse dove in realtà voleva arrivare.
 
“Anche io te ne voglio.” Esclamò Blaine, lasciando che le parole di Kurt gli scivolassero addosso, senza neanche capire cosa voleva dire, senza dare attenzione al messaggio che nascondevano, costringendo Kurt a parlare chiaro a tondo.
 
“Il fatto è che io ti voglio solo bene.” Continuò Hummel, lasciando che le loro mani si intrecciassero per iniziativa di Blaine.
 
Ci fu una pausa, un silenzio pesante e tombale che andava a ledere l’animo di entrambi.
“A me potrebbe bastare …” Blaine spezzò il silenzio, facendo capire a Kurt quanto in realtà volesse rimanere con lui.
 
“Ma a me non basta, Blaine, sei una persona fantastica, ma il nostro rapporto potrebbe degenerare. E’ meglio così, credimi …”
 
“Ci stiamo lasciando?” Anderson cominciò a capire la necessità di quel discorso quando Kurt si alzò, sciogliendo le loro dita e aprendo la porta per darlo uscire.
 
“Sarai libero di non rivolgermi più la parola …” Kurt lo congedò in quel modo, sperando disperatamente che non rispondesse in altri modi.
Ce l’aveva fatta, anche se era stata dura. Ora l’unica cosa che rimaneva da fare era cancellare quelle brutte sensazioni dalla mente, mentre vedeva Blaine andare via da casa sua senza far alcun rumore.
 

 
Sebastian Smythe, 23 anni. Tatuatore e proprietario del negozio di tatuaggi “Ink your skin” Kurt lesse ad alta voce, facendo sentire anche a Santana quello che c’era scritto sul fascicolo di Sebastian. Finalmente sapeva il suo nome, sapeva dove trovarlo e tutto sembrava perfetto, se non fosse stato per quella minuscola intromissione di Santana, con una frase che avrebbe potuto largamente risparmiarsi.
 
“E con Blaine?” Chiese l’ispanica. “Con lui come la metti?” Aggiunse insistente. Aveva visto il modo in cui loro due erano andati via dal Breadstix senza dir nulla a nessuno e sapeva che Kurt voleva lasciare Blaine, visto che glielo aveva suggerito lei stessa, ma si aspettava che il suo migliore amico la avvertisse.
 
“E’ finita, pensavo si fosse capito.” Rispose Kurt, abbassando lo sguardo, giusto per far sentire Santana un po’ in colpa, voleva sentirsi al centro dell’attenzione per una volta e non perché aveva appena rotto con Blaine, ma solo perché dovevano andare da Sebastian.
 
“Hai ragione, scusa, non avrei dovuto chiedertelo.” Disse alzandosi in piedi, “Ora muoviti, dobbiamo andare da questo Sebastian o no?” Chiese, sistemandosi la giacca scura che aveva indosso.
 
Kurt la guardò con aria interrogativa, lasciando che le sue labbra si arricciassero in un’espressione quasi di curiosità. Non capiva cosa Santana stesse dicendo, aveva voglia di vedere Sebastian, ma non ora. Era ancora troppo fresca la ferita riguardante Blaine e vedere il suo angelo (nella sua mente era utile continuare chiamare così, per evitare di far ricadere su di lui le colpe della sua rottura con Blaine) in quel momento, con il cuore ancora distrutto non gli sarebbe stato molto utile.
 
“Forza, vestiti, non vorrai mica che vada in pausa pranzo per quando arriviamo lì.” Disse Santana, prendendo le mani di Kurt ed aiutandolo ad alzarsi.
 
Fece un respiro profondo, non sapeva dire no a Santana, anche perché di certo, con la sua esperienza, sapeva cosa diceva. Conosceva bene gli uomini, paradossalmente, e Kurt doveva fidarsi per forza di lei.
“Ma come faccio a presentarmi lì senza un pretesto, cosa gli dico?” Chiese Kurt improvvisamente, cercando disperatamente un appiglio per non andarci.
 
“Non mi avevi detto che ti aveva dato una giacca?” Chiese Santana, decisa a non abbattersi davanti alle difficoltà che Kurt continuava a crearle.
 
Hummel si maledisse, perché le diceva sempre tutto? Fu costretto ad annuire, lasciandosi alle spalle ogni preoccupazione, ormai sembrava fatta. Santana era decisa a fargli rincontrare Sebastian, quindi perché negare ancora?
“E’ dentro l’armadio, l’ho nascosta nell’eventualità che Blaine o mio padre potessero trovarla.” Spiegò, lasciando che la sua amica si avviasse verso il suo armadio e lo aprisse, prendendo poi la giacca.
 
“Caspiterina Hummel, non è proprio l’emblema della pulizia questa cosa qui.” Disse la latina, richiudendo tra l’indice e il pollice un lembo di quella felpa e sostenendola con un’aria disgustata.
 
“Dai Santana, non scherzare, aspettami qui, che devo prepararmi.” Disse Kurt che, rassegnato, si diresse verso il bagno della sua camera. Aveva bisogno di una delle sue docce lunghe e rilassanti, una di quelle che serviva soprattutto per fargli pensare positivo.
 

 
Quella giornata era davvero troppo torrida e neanche l’aria condizionata dell’auto di Santana sembrava alleviare quello che sembrava un caldo che aveva penetrato le loro ossa.
Kurt guardò dal finestrino l’insegna del negozio di tatuaggi e gli salì il cuore in gola, si stava pentendo di essersi fatto convincere da Santana.
 
“Su, avanti, sono proprio curiosa di vedere questo Sebastian Smythe.” Esclamò la mora, aprendo lo sportello della sua auto e scendendo in modo aggraziato. Ma, ben presto, notò che Kurt era rimasto lì, fermo al suo posto di passeggero, a fissare l’uscita del negozio, come se stesse aspettando qualcosa.
“Kurt?” Lo chiamò lei, sperando che il suo amico rispondesse. Lo vedeva davvero troppo strano per uno che di solito era abituato a giudicare le situazioni senza peli sulla lingua. “Senti … Se non vuoi andarci non sarò io a trasc-”
 
La voce di Santana fu interrotta dal click dello sportello dell’auto. Kurt era sceso, finalmente, e ciò significava che voleva davvero vedere Sebastian. Santana sorrise, e gli andò incontro abbracciandolo.
“So che è stata dura, ma per tutto quello che hai passato era ora che facessimo qualcosa anche per te.” Lo rassicurò l’ispanica.
 
Kurt sorrise amaramente, abbassando lo sguardo e lasciando che Santana lo stringesse forte.
“Dai, ora andiamo dentro …” Disse improvvisamente, facendosi coraggio. Avevano fatto tanta strada e ora non poteva andarsene via di lì, senza aver visto Sebastian, anche se si sentiva ancora in colpa per aver rotto con Blaine.
Fece comunque un respiro profondo, pensando al fatto che avrebbe rivisto quell’essere angelico solo percorrendo pochi passi. Strinse, perciò, la felpa grigia tra le mani e si avviò verso l’entrata.
 
Una porticina con i cardini tremolanti lo separava da Sebastian, esitò ancora un attimo, poi l’aprì, ritrovandosi davanti ad un corridoio pieno di quadri riempiti con disegni tribali, tanto belli, ma allo stesso tempo inquietanti. Percorse quello stretto cunicolo, con Santana al seguito, ed arrivò davanti alla casa, dove c’era una ragazza dai capelli rosa con un capello malandato in testa, immersa nella lettura di qualche giornalino scadente, almeno così credeva Kurt.
 
Il ragazzo ebbe quasi paura di chiederle informazioni, tant’è si fece sorpassare da Santana, sicuramente più sfacciata di lui. La mora gli passò avanti, avvicinandosi al bancone e alla ragazza con i capelli rosa, batté una mano sulla cassa e chiese con fermezza dove fosse Sebastian.
 
La ragazza al di là della cassa non si mosse, alzò soltanto il capo, inarcando un sopracciglio e mostrando un sorriso per niente raccomandabile.
“Sebastian chi?” Chiese sfacciata, facendo finta di non conoscere alcun Sebastian, anche se non era neanche troppo brava a recitare.
 
“Sebastian Smythe  il prop-” La voce di Santana si fermò nel momento in cui un suono di un campanello e un sonoro ‘arrivederci’ distrassero tutti da quel discorso. Fu in quel momento che lo vide e sicuramente anche Kurt lo stava vedendo e lo stava reputando bellissimo, sapeva che era così.
 
“Questa pazza e il suo amichetto sono piombati qui senza alcuna spiegazione.” Quella che sia Santana che Kurt avevano identificato come una tirocinante eccentrica dai capelli rosa si voltò verso Sebastian, spiegandogli velocemente la situazione.
 
Poi il proprietario alzò lo sguardo e notò Kurt e subito comparve sul suo volto un’espressione contrariata, quasi come se non avesse alcun bisogno di vederlo.
“Cosa ci fai tu qui?” Chiese improvvisamente, lasciandosi alle spalle la tirocinante e ignorando Santana, per dirigersi verso Kurt con un fare che sapeva quasi di minaccia.
 
“Ho-Ho ritenuto opportuno riportarti la felpa.” Gli rispose balbettando, porgendogli quel pezzo di stoffa rovinato che teneva stretto tra le mani. Non ricordava quanto fossero belli i suoi occhi, verdi, due smeraldi incastonati in un viso splendido, all’altezza della loro bellezza. Sentì il proprio respiro bloccarsi in gola quando Sebastian deglutì, perché vide quel meraviglioso pomo d’Adamo fare su e giù, sperando fosse per lui, sperando che fosse perché anche Smythe riteneva giusto un approccio da Kurt&Sebastian, anche se era altamente improbabile.
 
Sebastian si chinò verso Kurt, facendo notare che, dal giorno in cui si erano incontrati, aveva fatto un piercing. Era fresco, lo si capiva dal leggero contorno rossastro che aveva.
“Potevi tenerla, non c’era bisogno che tu me la portassi, è un regalo.” Esclamò Smythe, facendo rimanere un attimo basito anche il povero Kurt.
 
“No, sul serio … Non mi serve.”Kurt gli porse ancora la felpa, lasciando che le mani di Sebastian sfiorassero le sue.
 
Smythe sospirò e prese la felpa, gettandola poi su una sedia che, nella testa di Santana e Kurt fungeva da sala d’aspetto.
Kurt si sentì smarrito in quel momento, accogliendo una sensazione che pensava potesse essere più gratificante.
“Sei venuto qui solo per consegnarmi la felpa?!” Chiese spudoratamente.
 
Kurt si sentì per un attimo sperduto, non sapendo cosa rispondere. Cosa doveva dire? Che era come diceva lui o che si trovava da quelle parti e aveva deciso di ringraziarlo per la sera prima?
“In realtà, voleva farsi un tatuaggio.” Suggerì Santana, appoggiando i gomiti al bancone e dando le spalle alla tirocinante.
 
“E che cosa volevi tatuarti, Kurt?” Si ricordava il suo nome, anche se l’aveva detto con un pizzico di malizia, quasi di cattiveria.
 
Hummel si guardò intorno, cercando ispirazione per un qualsiasi tatuaggio che potesse essere in stile Kurt Hummel. Era difficile, troppo difficile, poi notò un quadro di Timon e Pumba, li aveva sempre amati, soprattutto quando la domenica mattina si svegliava e c’era suo padre ad aspettarlo avanti alla TV.
“Una mangusta ...” Disse frettolosamente. “Sul polso.”
 
Santana lo guardò con occhi increduli, sbarrati per quella proposta assurda e Kurt non poté far altro che chiudere la testa nelle spalle, facendole capire che era l’unica soluzione per restare lì con Sebastian.
 
“Quanti anni hai?” Chiese il tatuatore, lasciando che la sua mano corresse sul proprio fianco, mentre l’altra era ancora coperta da un guanto in lattice bianco.
 
“Diciotto.” Rispose secco Kurt, sicuro che Smythe potesse fargli un tatuaggio senza discutere in alcun modo. Voleva rimanere solo con lui e quello era l’unico modo, anche se probabilmente se ne sarebbe pentito amaramente.
 
“Mi dispiace allora, non posso farti alcun tatuaggio …” Sebastian si spostò e indicò un cartello. “A meno che tu non venga qui con paparino.” Sorrise, guardando per un attimo la sua tirocinante. “Ora, scusa, ma devo lavorare.” Aggiunse, riportando lo sguardo su Kurt.
 
“C’è un cliente di là che ti aspetta.” Disse la ragazza dietro il bancone, osservando il suo capo e sorridendogli, anche se non poteva vederlo.
 
“Grazie, Quinn, ci vado subito.” Sorrise, un sorriso riferito a Kurt che aveva lo sguardo basso. Di certo non capiva perché si stesse comportando in quella maniera, ma l’unica cosa che gli aveva fatto nascere dentro era una rabbia lancinante.
 
“Santana, andiamocene, qui siamo solo d’intralcio.” Kurt si rivolse alla sua amica, stranamente in silenzio per essere la solita Santana Lopez, evidentemente era rimasta male anche lei per Kurt. Non l’aveva mai visto così triste, così desideroso di aria pulita, se solo avesse potuto avrebbe preso a schiaffi quel Sebastian, ma non poteva.
 
Ora l’unica cosa che potevano fare, entrambi, era lasciarsi alle spalle Sebastian Smythe.
 

 
(16:34): Certo che è proprio uno stronzo quel tizio, ma come hai fatto ad invaghirti di lui?
 
(16:37): Quello non era il Sebastian che ho conosciuto io.
 
(16:39): E quale Sebastian hai conosciuto tu?
 
(16:41): Era gentile quando ci siamo conosciuti. Domani mi accompagni a farmi un tatuaggio?
 
(16:43): Ci ritorni con tuo padre?
 
(16:45): C’è un negozio dove si possono fare senza fornire alcun documento.
 
(16:49): Kurt, riposati, stai vaneggiando.
 
(16:50): Lo farò quando sarà finita questa storia, Sannie, ora vado in biblioteca a studiare, ci sentiamo al più presto, promesso.
 
Santana lesse quel messaggio e sospirò, non poteva fare altro. Kurt era strano, così strano da farla preoccupare. Non era più il piccolo ed indifeso Kurt Hummel, stava lentamente uscendo fuori di testa e lei non poteva permettere che succedesse tutto quello per colpa di un tatuatore da quattro soldi. In qualche modo, doveva distogliere Kurt da quei pensieri cupi che gli stavano conquistando gli occhi.
 
Il problema era il come. 
 
 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: strifylover