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Autore: Nivees    08/06/2013    8 recensioni
{ Dieci storie tratte dalle canzoni più belle dei Kagamine | Len/Rin ♥ }
Ogni volta che Rin non riesce a dormire la notte, corre sempre nel lettone di Len il quale, finché la sorella non chiude gli occhi, le sussurra una dolce favola della buona notte, stringendola a sé.
First night ~ «C'era una volta...» ...una bambola. [Dolls]
Second night ~ «C'era una volta...» ...una principessa. [Sword of Drossel]
Third night ~ «C'era una volta...» ...una parola. [Hello Again]
Fourth night ~ «C'era una volta...» ...un robot. [Kokoro]
Fifth night ~ «C'era una volta...» ...un prigioniero. [Paper plane]
Sixth night ~ «C'era una volta...» ...un sogno. [Dreamy Dance Party]
Genere: Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Len Kagamine, Rin Kagamine | Coppie: Len/Rin
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incest
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Gente, sono libera. Cioè, ancora non posso credere che sono definitivamente in vacanza e che la scuola maledetta sia terminata, ma che soprattutto sono libera da ansia, studio, esami fino a settembre (si fa per dire, insomma, lasciatemelo credere anche se ho comunque esami imminenti). E dunque, dato che sono libera, ho avuto modo di correggere il sesto capitolo - di già, sì! *^* - ed eccolo qui a voi, tutto vostro pronto ad essere letto!
Noterete un piccolo - insomma xD - particolare che nelle altre storie non c'era. Non è piccolo, stavo scherzando, e lo noterete presto. Spero che l'idea vi piaccia, e che capirete perché la storia è narrata in modo piuttosto infantile e che... beh, sembra appunto una storia per bambini. xD
Come sempre, ringrazio tutti tutti. Le vostre recensioni mi fanno sempre immensamente piacere, sappiatelo! Se non fosse per il vostro supporto, ci avrei messo anni a finire questa long, e non sto scherzando! xD




 

La dolce favola della buona notte

Sixth night ~ Dreamy Dance Party

 

«Ho un'idea».
La ragazzina restava ferma sulla soglia della stanza di Len, con un sorriso che le partiva da un orecchio e le arrivava all'altro. Aveva bussato con instistenza alla sua porta, esordendo poi con quella semplice e allegra frase che aveva insospettito il gemello più di ogni altra cosa. Solo lui sapeva quanto poteva essere pericolosa Rin, quando aveva un'idea.
«Sentiamo» la provocò, incrociando le braccia al petto e guardandola in attesa.
Rin si portò le mani dietro dietro la schiena, entrando nella stanza con passo quasi danzante. Era contenta, non c'era che dire. Len era felice di sapere questo – se era contenta lei, lo era di conseguenza anche lui – ma sapeva bene che se un'idea di Rin la rendeva estremamente felice e esaltata in quel modo, sicuramente consisteva in qualcosa che lo avrebbe messo nei guai. In guai molto grossi. «Ci ho riflettutto tutto il giorno, a tua completa insaputa tra l'altro», Len rabbrividì, «Ma sono arrivata alla conclusione che oggi è arrivato il momento di ricambiarti il favore».
«Quale favore?» chiese lui, confuso. 
«Dopo tutte le sere che hai passato a raccontarmi favole su favole, mi chiedi anche quale favore?» rise e gli saltò addosso, facendolo cadere sul letto con un leggero tonfo. Si mise comoda sopra di lui, incurante del fatto che lo stava schiacciando in maniera alquanto dolorosa – e piacevole, nonostante tutto. Ah, ma che diavolo andava a pensare? «Comunque, dicevo: è arrivato il momento che questa volta sia io a raccontare una fiaba a te, non ti pare?».
Il ragazzo alzò un sopracciglio, semmai ancor più confuso di prima. Con questo non metteva affatto in dubbio le doti della sorella in quanto narratrice, ma ciò che dubitava era proprio il fatto che lei volesse raccontare una storia. Una storia proprio a lui. Una storia che sicuramente sarebbe stata d'amore, e non se ne sarebbe stupito nemmeno; ma in quel caso, che fare? Come resisterle allora, sentendo ciò che lei bramava tanto ricevere – perché Len lo sapeva, che Rin metteva un pizzico di se stessa ovunque, e se raccontava di una donna innamorata persa che desiderava questo e quello, significava che era quello che voleva oltre ogni limite – e, soprattutto, desiderando lui stesso donarle ciò che lei voleva, ovvero amore, amore e ancora amore?
Voleva amarla oltre ogni limite! Ormai non riuscì nemmeno più a nasconderlo a se stesso.
Quindi Len fece una smorfia che sarebbe dovuta somigliare ad un sorriso – un sorriso un po' forzato, però. «A–Ah, sì...?».
«Sì!» annuì lei, rotolando al suo fianco e lasciandolo finalmente respirare, «Non sarò alla tua altezza, Len Len, ma ci proverò, okay?». E senza dargli il tempo nemmeno di rispondere, Rin iniziò a narrare: «C'era una volta...».
 
... un sogno. Era sicuramente un sogno, perché non sapeva in quale altro modo classificare quel meraviglioso posto che la circondava. Era un bosco bellissimo, ricco di vegetazione, con i canarini che canticchiavano e il sole che illuminava il paesaggio circostante. Rin si sentì in paradiso, al momento. 
Eppure, c'era qualcosa che stonava, in quel posto.
«Sono io che non vado bene» mormorò, abbassando lo sguardo su quello che aveva addosso in quel momento, «Sto indossando gli stessi vestiti da quando sono qui, e sono ormai due settimane!» sbuffò, contrariata.
Si guardò attorno, alla ricerca di non sapeva nemmeno lei cosa. Non poteva mica cercare un abito giusto per quel posto, in un bosco che – seppur bellissimo – non c'erano negozi dove comprarlo?
Però poi Rin pensò: quello era il suo sogno, dopotutto. Era il suo paradiso, chi le diceva che non avrebbe trovato ciò che cercava? Con di nuovo il sorriso sulle labbra, Rin corse attraverso quel bosco che tanto le piaceva, guardando a destra e a manca alla ricerca di qualcosa di utile.
Trovò uno scrigno. «Oh!» esclamò, «Questo mi servirà sicuramente!».
Lo aprì, tutta eccitata. Ed ecco che trovò, finalmente, ciò che tanto bramava. «Ma è bellissimo!» esultò, prendendo il vestito al suo interno, di un color pesca dolcissimo, «Così diventerò bellissima!».
Lo indossò velocemente, con una felicità troppo estrema per essere solo un cambio di vestiti. 
E da quel momento in poi, qualunque cosa incontrò, al suo passaggio si inchinava a lei ed esclamavano: «Guardate! Guardate tutti! Una principessa! Vedete come è bella? Visto come è bello il vestito che indossa?».
Alberi, canarini, usignoli, fiori, rocce, lepri, conigli, scoiattoli e persino le nuvole nel cielo la osservavano e la ammiravano, la consideravano la cosa più bella del bosco, nonostante fosse un posto paradisiaco.
«Grazie!» rispondeva lei, ogni volta. «Grazie, ma come siete gentili!».
Ma mancava qualcosa – o per meglio dire, qualcuno.
 
«Mia principessa, mi concede l'onore di questo ballo?».
Rin si girò, attirata da quella voce incantevole e che conosceva ormai benissimo. Vide il principe-gatto – il suo nome era bello come lui: si chiamava Len – avanzare in sua direzione, con una mano tendente verso di lei. 
Era stata organizzata una festa, una festa tutta per lei. Rin era felicissima, e desiderò ardentemente che tutto quello non avesse mai una fine, che avrebbe continuato a sognare per sempre perché non voleva lasciare quel posto e tutte quelle belle persone che erano con lei.
«Ma certo! Con te ballerei sempre!» gli rispose, contenta come una pasqua. Trotterellò verso di lui e accettò la sua mano. Si sentì stringere da quelle calde e accoglienti braccia, e il suo cuore incominciò a battere furioso nel petto, insieme alle sue guance che andarono irrimediabilmente a fuoco. Il suo sorriso, poi, era incantevole; era bello, felice e dolce, Rin non riusciva a resistergli nemmeno un po'. 
«Sono contento che ballerebbe sempre con me. Mi fa estremamente felice così». Ed era anche estremamente educato, il suo bel principe-gatto! Era quasi sicura di essersene ormai innamorata, con i suoi occhioni azzurro cielo e i suoi bei capelli d'oro. Era il suo principe azzurro, e nessuno gliel'avrebbe portato via.
Per questo lei non si sarebbe svegliata mai da quel sogno.
 
«Non sarebbe l'ora di svegliarsi, principessina?».
La festa era andata benissimo. Rin aveva ballato con il principe tutto il tempo, poi aveva parlato con gli altri invitati, aveva rifiutato le avances dello scoiattolo e del castoro dicendo semplicemente «Io ballo solo con il principe!», e infine era esausta ma contenta. Felice soprattutto perché era lì con loro - con lui - e lo sarebbe stata per sempre.
Fino a che la lepre non parlò, almeno.
«Svegliarmi? Perché dovrei svegliarmi?» chiese, leggermente innervosita.
Non voleva andare via. Perché doveva farlo, se lì stava così bene? Non aveva senso, e poi non voleva abbandonare il suo principe, mai e poi mai.
«Perché tu, dopotutto, non appartieni a questo posto. Non è qui che dovresti essere» aggiunse la lepre, con gli occhietti leggermente incattiviti.
«Non voglio. Io faccio ormai parte di tutto questo» rispose Rin, incrociando le braccia al petto. Eppure, non poté fare a meno di pensare che forse aveva un po' ragione, la lepre. Perché lei fino a due settimane prima non viveva lì, aveva una famiglia che aveva lasciato indietro e andava a scuola come tutti i ragazzi della sua età. Ma lei era così sola a casa, non aveva amici e non aveva nemmeno un bellissimo principe che la faceva ballare per tutto il tempo e le mormorava quanto fosse bella nel suo vestito nuovo. «Ma io non voglio svegliarmi!» sbottò, con le lacrime agli occhi.
Scappò via, lontano dalla lepre che sorrideva trionfante, correndo nel bosco attorno a lei, fin quasi a perdersi forse, ma non riuscì nemmeno a rendersene conto, perché mentre correva via piangendo andò a finire proprio tra le braccia del bel principe Len.
La strinse a sé, con tutto l'amore che riusciva a dimostrarle in quel modo. Senza parole, solo facendole sentire quel calore che possedeva e consolandola con dolci carezze sulla schiena per tranquillizzarla.
«Non si preoccupi, mia principessa» gli mormorò poi nell'orecchio, con voce dolce e carezzevole, «Mi sveglierò anche io con lei. L'accompagnerò, ma adesso non pianga più».
Rin sgranò gli occhi. Len veniva con lei...? Allora, se questi erano i patti, poteva anche lasciare quel bosco.
Perché dopotutto, ciò che lo rendeva paradisiaco era proprio la presenza del principe, e non di altro. Se Rin desiderava così tanto restare in quel posto, era solo per restare al suo fianco, nient'altro.
Allora si asciugò le lacrime e gli fece un sorriso grande quanto una casa, «Se ci sarai tu, allora mi sveglierò!».
Chiuse gli occhi e...
 
«... e la ragazza si svegliò» concluse Rin.
Len non poteva credere a ciò che aveva appena sentito. I suoi timori si erano dimostrati infondati, dopotutto, e ne era stato quasi sollevato. Quasi, perché nonostante non fosse proprio un'ordinaria storia d'amore, Len aveva colto dei particolari durante la narrazione che gli avevano fatto contorcere le viscere.
Quanto era stato difficile trattenersi! Soprattutto quando Rin, mentre raccontava quasi come una bambina, lo guardava con uno sguardo particolare che di bambina non aveva niente. O forse era solo una sua impressione – anzi, quasi sicuramente. Ormai le sue emozioni lo stavano coinvolgendo un po' troppo, veramente troppo per resistere.
«W–wow» mormorò, dopo attimi interminabili di silenzio. «Certo, sembrava più una favoletta raccontata ad un bambino ma... mi è piaciuta. Grazie, Rin» ammise nonostante tutto, sporgendosi verso di lei cercando di darle un bacio su una guancia, come segno di ringraziamento.
Non aveva calcolato il fatto che Rin potesse farne una delle sue, però.
Nel momento esatto che si era avvicinato quel tanto che bastava alla sua morbida e profumata pelle – non poteva permettersi di andare oltre il minimo indispensabile, altrimenti non avrebbe più risposto di se stesso –, Rin girò la testa e gli schioccò un bacio sulle labbra, prendendolo completamente alla sprovvista. Len si staccò da lei – Dio, quanto avrebbe voluto non farlo! – con un urlo poco mascolino in realtà, allontanandosi di scatto e portandosi una mano sulla bocca. Se non l'avesse fatto, non osava pensare a quello che avrebbe rischiato di combinare: quando si trattava di Rin, il cervello andava a farsi benedire e ciò che governava il suo corpo era solo il suo cuore.
«Len?» lo chiamò Rin, guardandolo confusa. Davvero non capiva cosa diavolo aveva fatto? Davvero non riusciva a capire quel che provava, prendendo tutto come se fosse solo un gioco? «Qualcosa non va?».
«N–Niente». Deglutì e guardò da un'altra parte. «Rin, forse è meglio se vai a dormire in camera tua, stanotte».
Non poteva starle accanto, adesso che sapeva quanto fosse morbida la sua bocca, quanto profumassero le sue labbra anche se le aveva provate solo per pochi secondi e sarebbe stato difficile resisterle.
Non riusciva più a resisterle.
Era forse nei guai, quelli proprio seri, adesso?
  
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