Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Rota    08/06/2013    1 recensioni
Fiero, orgoglioso, deciso: esprime una conoscenza fatta non solo di sofferenza e di dolore, ma di vita vissuta intensamente, mai rinnegata e tenuta preziosa per quello che è e per quello che rappresenta, resa forza solida e sicura per quella volontà resistente che ha saputo portarla avanti attraverso situazioni diverse.
Lo esprime nel disagio, lo esprime nell'agio, lo esprime nella noia e lo esprime nell'attenzione, facendo parte della medesima e intima essenza del proprio padrone.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren, Jaeger
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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*Autore: margherota
*Titolo: Another day
*Fandom: Shingeki no Kyojin
*Personaggi: Rivaille, Eren Jaeger, Un po' tutti
*Generi: Sentimentale, Introspettivo
*Avvertimenti: What if...?, Missing Moment, Shonen ai, One shot
*Credits: Lyrics e titolo presi da “Another day in paradise” composta da Phil Collins
*Rating:
Giallo
*Note: Niente spoiler questa volta (L) Almeno, non per chi ha letto il manga XD
Un grazie speciale a Lucifer, che mi ha betato la storia (L) e mi ha dato la sua approvazione ùù E anche a Phil Collins, che mi ha dato la giusta ispirazione per questa cosa (L)
A voi :)

 

 

 

 

Fiero, orgoglioso, deciso: esprime una conoscenza fatta non solo di sofferenza e di dolore, ma di vita vissuta intensamente, mai rinnegata e tenuta preziosa per quello che è e per quello che rappresenta, resa forza solida e sicura per quella volontà resistente che ha saputo portarla avanti attraverso situazioni diverse.

Lo esprime nel disagio, lo esprime nell'agio, lo esprime nella noia e lo esprime nell'attenzione, facendo parte della medesima e intima essenza del proprio padrone.

Uno sguardo così non lo si incontra per sbaglio, neppure quando i cinque minuti che aprono una nuova giornata con i sapori, gli odori e i rumori di una colazione frugale concedono la libertà di un movimento distratto degli occhi mentre la testa, leggera ancora per il sonno intrappolato all'altezza della nuca e appena presente per il ricordo poco definito dell'ultimo sogno della dormiveglia, ciondola nel momento di sporgersi in avanti, con le labbra protese verso una tazza di latte caldo o un tocco di pane con il miele.

Hanji parla con dei fogli in mano, illustra il programma della nuova giornata leggendo l'inchiostro caotico ammassato su righe invisibili e aggiungendo personale entusiasmo, che straborda e soffoca quasi ogni vera intenzione per arricchirla, invece, di aspettativa e di una sottile follia che mai lascia le parole di quella persona, per quanto lucide e logiche possano apparire alle orecchie; l'affidabilità non viene data, però, da una posizione superiore occupata da principio, ma dalla forza stessa che nei gesti e nelle intenzioni il superiore dimostra, secondo dopo secondo.

Petra, Held, Gunter, Oruo muovono piano posate e passi, in silenzio mangiano e bevono, si spostano per la stanza sulle panche con le gambe sotto le assi di legno o recando brocche piene da un tavolo all'altro, ben consapevoli di quanto il momento di assumere il ruolo di soldati sia per loro già iniziato da ben prima di quei cinque minuti di quella nuova giornata, con le orecchie attente e gli occhi vigili, per quanto la fame e quel briciolo di egoismo che li rende abbastanza umani da pensare anche al proprio stomaco oltre che l'onore fa svuotare le tazze e pulisce le stoviglie di ogni residuo. Qualcuno annuisce, qualcuno fa un paio di commenti, Oruo si alza per andare in bagno quando una pausa del suo superiore sembra annunciare la fine del suo discorso.

In mezzo al tutto, quello sguardo rimane – e quando Rivaille si accorge del suo fissarlo, rivolgendogli di rimando un'espressione impressa tra la curiosità e la sorpresa, Eren abbassa gli occhi in fretta e si alza, portando quel che rimane del proprio pasto presso la bacinella dei piatti sporchi.

 

Fiero, orgoglioso, deciso: esprime una vitalità ed un'energia non dovuta all'avventatezza di chi non conosce le regole e le dinamiche di un mondo sempre fluido e sempre in divenire, così diseguale da se stesso da divenire fautore delle più imprevedibili eccezioni, ma alla sincera devozione ad un ideale che non muore e resta infisso, nell'animo più intimo del proprio padrone, come un motivo colorato e mai sbiadito che arricchisce le parole e fonda le motivazioni impresse nell'orgoglio e nella mente, meglio di un fuoco, meglio di un marchio.

Uno sguardo così non lo si incontra per sbaglio, neppure quando i cinque minuti che chiudono una giornata ormai passata con i rumori, gli odori e i sapori della spossatezza di molte ore passate sotto il sole, nel vento e nel sudore di una fatica sempre nuova, concedono la libertà di un movimento distratto degli occhi, momentaneo e fin troppo rapido, mentre la mano si aggrappa alla cinghia di un cavallo alto e fiero, pronta a reggere il peso di un corpo rigido per l'ultimo sforzo e la mente, svuotata di pensieri circa l'insoddisfazione e cose fastidiosamente simili, non cerca neppure di fermare se stessa ma vaga, senza meta e senza ragione, nel tentativo di non riempirsi affatto con nulla, neppure il colore del sole morente al di là dell'orizzonte.

Hanji parla con dei fogli in mano, sembra esprimere un certo divertimento circa i risultati raggiunti in quella passata giornata nella voce ancora squillante e nei gesti della mano che accompagnano la parola e il nitrito di un cavallo più stanco del proprio cavaliere; non c'è l'irritante ipocrisia, nelle sue intenzioni e neppure nel suo tono, di trovare il buono laddove di decente non si trova neanche l'ombra, ma una fede incrollabile in sé e nelle proprie forze, nel proprio obiettivo, che ogni minimo passo in avanti è valorizzato, anche quando il cielo è diventato arancione e c'è più stanchezza nei fiati che nei minuti prima del sonno.

Petra, Held, Gunter, Oruo muovono piano selle e passi, cinghie tirate e redini che innervosiscono i propri destrieri, trattenendo come meglio possono la stanchezza e la fretta che ne deriva tra le dita tese e le orecchie che prestano ascolto, così da fermare la lingua a commenti sconvenienti ma agitarla, quasi per caso, nel momento in cui davvero serve, assumendo anche al finire di quella passata giornata il ruolo perfetto di soldati che sempre sono stati e mai si sono dimenticati di essere, con ogni fibra del loro essere. Qualcuno si lascia scappare uno sbuffo, quando poggia il proprio sedere sul dorso del cavallo, qualcuno si copre meglio col mantello in un gesto un poco teatrale e Oruo fa un commento di troppo a Petra, quando sembra che nessuno dei suoi superiori abbia ancora intenzione di dire qualcosa.

In mezzo al tutto, quello sguardo rimane – e quando Eren si accorge del suo fissarlo, rivolgendogli di rimando un'espressione impressa tra la curiosità e la sorpresa, Rivaille non abbassa lo sguardo né si muove in fretta dalla sua posizione, ma viene richiamato dopo pochi istanti dalla voce ansiosa di Hanji e, staccandosene, non ha più motivo di tornarci.

 

-Cosa cerchi nel mio sguardo, Eren?

Non c'è luna a illuminare alcunchè, nella luce opaca che filtra attraverso quel tombino umido che fa da unico spiraglio perché l'aria entri, nella prigione sotterranea in cui, ancora Jaeger è rinchiuso. Non ci sono stelle, nessuna luce, solo il gocciolio della terra piena di acqua che scandisce un ritmo strano, contro le sbarre fredde di ferro che frenerebbero persino il pensiero rivolto ad un tentativo di fuga.

E la voce di un uomo basso, poco attraente e con un carattere per nulla accondiscendente, più distante del necessario.

Dal suo giaciglio, il giovane risponde a quella sorta di eco nell'ombra, scorgendo poco dei tratti e della mandibola che s'è mossa, nell'atto di proferir parola.

-Una ragione, Caporal Rivaille.

Le sbarre vengono aperte, senza incertezza, e le chiavi lasciate ciondolare nella serratura senza troppa preoccupazione, perché se basta la convinzione per fare di un uomo un prigioniero, allora è certo che nessuno scapperà da quel luogo, né l'uno né l'altro.

-Cosa cerca nel mio sguardo, Caporale?

Non c'è contatto fisico, non ancora, anche se si preannuncia nella voglia repressa sui polpastrelli e sulle labbra rosse: la punta degli stivali dell'uomo sfiora il giaciglio del ragazzo, ma da lì non si sposta né sembra avere intenzione di farlo. Basta la presenza perché tutto si riempia. Ma c'è qualcosa di più sottile e labile, come la larva di un fantasma che gironzola senza pace, nello sguardo che non si può negare perché non afferra nulla, figurarsi avere una volontà propria. E allora, per creare davvero qualcosa di simile al contatto, qualcosa di diverso prende forma, prende corpo, e si fa parola, si fa proposta e avanza, fino a toccare più profonda di una carezza lasciva.

Rivaille la sente, la volontà del ragazzo, e non vi si sottrae né per paura né per timore.

Ne è attratto, terribilmente.

-L'umanità.

Come il germe del giorno che perfeziona la notte e come il germe della notte che nobilita il giorno, alternandosi nel ciclo di perenne novità, così l'uno e l'altro si cercano e si completano, in un modo tutto loro: pieno uno, c'è solo freddo, ma pieno l'altro, c'è solo devastazione.

E s'è c'è guerra, c'è desolazione e c'è morte attorno a loro, qualcosa di vivo lo mantengono dentro, come un paradiso in terra.



 

Oh
Think twice
'Cause it's another day for you and me in paradise
Oh
Think twice
'Cause it's another day for you
You and me in paradise

   
 
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