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Autore: Lady Bracknell    25/12/2007    8 recensioni
Remus riesce a togliere a Tonks il suo spirito natalizio, ma aiutarla a recuperarlo si rivela essere qualcosa di un po' più duraturo di un bacio rubato sotto il vischio.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BUON NATALE

BUON NATALE!

 

Un anno fa, mandavo il primo capitolo di questa storia.

So che non traduco così spesso come vorreste, e spero di poter postare un po’ più spesso in futuro.

 

Questo è il mio primo di regalo, dedicato alla mia Beta, che nonostante quello che si potrebbe dire, non potrei sostituire con nessuno.

 

Il prossimi arriva appena mi libero.

 

Auguri

 

 

 

 

 

7. The big brother thing

 

La sveglia di Tonks si mise a suonare, facendosi lentamente strada nel subconscio della ragazza, interrompendo un sogno particolarmente piacevole su Remus. La giovane sbadigliò e maledisse la sua sveglia, mettendola distrattamente a tacere con un colpo di bacchetta e passandosi una mano fra i capelli.

 

Cosa stava sognando? Chiuse gli occhi e cercò di ricordare, ma tutti i particolari si erano volatilizzati e più tentava di ricordare, più i dettagli si diradavano, sgattaiolando fra i suoi pensieri come tante volute di fumo. Qualunque cosa fosse, l’aveva lasciata con una piacevole sensazione alla bocca dello stomaco.

 

Sospirò e poi saltò giù dal letto, consapevole del fatto che, più avesse indugiato, meno sarebbe stato facile alzarsi. Si infilò in fretta un paio di jeans ed uno spesso maglione prima che il freddo della stanza le portasse via il dolce torpore che aveva accumulato sotto le coperte. Il sogno l’aveva messa di buon umore, e pure l’andare a sbattere contro la gamba del letto non riuscì a cambiare questo stato d’animo. Si mise le scarpe e contemplò la sua immagine allo specchio.

 

Osservò il maglione giallo ed i capelli rosa, chiedendosi se forse non avesse esagerato. Arricciò il naso e cambiò il tono dei capelli in un più usuale castano scuro, cambiando idea un secondo dopo, decidendo che era troppo razionale e adagiandosi quindi su un blu carico, colore che le sembrò un buon compromesso. Si domandò cosa pensasse Remus del suo aspetto e se, magari, qualche volta non preferisse che lei adottasse uno stile più sobrio.

 

Scese di sotto, chiedendosi vagamente se l’avrebbe trovato in cucina.

 

A dire la verità, più che chiederselo lo sperava disperatamente. Dopo tutto, la sola cosa che potesse superare il fatto di sognare Remus, era vederlo di persona. Aprì la porta della cucina e si stupì di trovare Sirius seduto a tavola, che sorseggiava una tazza di tè. Era davvero l’ultima persona che si aspettava di incontrare lì alle sei e mezza del mattino. Il mago alzò lo sguardo e borbottò un cupo buongiorno. “Che ci fai in piedi così presto?” chiese lei.

 

“Remus mi ha svegliato quando è andato via,” replicò lui. “Ho rinunciato all’idea di tentare di riaddormentarmi e mi sono alzato.”

“Oh,” mormorò Tonks, chiedendosi dove fosse andato così di fretta e cercando di non suonare troppo delusa per il fatto di dover accontentarsi della compagnia di suo cugino. “Dov’è andato?”

 

“E’ con Malocchio,” spiegò Sirius. “Quando gli ho chiesto dove andassero, lui ha risposto ‘non me lo chiedere nemmeno’. Penso ritenga che qualsiasi cosa stiano facendo sia uno spreco di tempo.”

 

La ragazza attraversò la cucina ed andò a prendersi una tazza nella credenza, per poi sedersi di fronte a Sirius e versarsi un po’ di tè. Aggiunse due cucchiaini di zucchero e un goccio di latte, pienamente consapevole del fatto che Sirius la stava fissando con interesse.

 

“Allora,” esordì lui, appoggiandosi allo schienale della sedia, sorridendole compiaciuto. All’improvviso non sembrò più tanto stanco o irritabile. “Tu e Moony.”

 

Tonks incontrò il suo sguardo con un’espressione innocente, intenzionata a non rivelare niente. Sospettava che Remus avesse ragione – Sirius non poteva proprio fare a meno di interferire.

 

Beh, poteva. Solo non voleva.

 

“Sì?” fece lei, portandosi un ginocchio al petto e sorseggiando il suo tè come se l’idea di parlare di quell’argomento non la turbasse minimamente.

 

“Ho sentito che l’hai invitato a cena, questa sera.”

 

“Hai sentito giusto.”

 

“E’ molto intimo,” commentò Sirius con un ghigno.

 

“Se gioca bene le sue carte,” disse Tonks.

 

Sirius si lasciò scappare una risata. “Oh, lo farà,” annunciò, con uno scintillio complice nello sguardo che lei non fu sicura le piacesse. “Puoi starne certa.”

 

“Ah, è così?” lo interrogò la giovane, inarcando lievemente un sopracciglio.

 

“Oh, sì,” confermò lui. “E’ molto bravo a - ” disse con un risolino, “A giocare a carte.”

 

“A giocare a carte?”

 

“Sì,” confermò l’altro da oltre il bordo della sua tazza, “Ma non sfidarlo a Spara Schiocco – specialmente a strip Spara Schiocco – quel bastardo ha dei riflessi peggio di un fulmine. Mi ricordo quella volta che...”

 

“Ti do dieci galeoni per non finire la frase.”

 

“D’accordo,” acconsentì Sirius, con un sorriso. “Ma se finisci con qualcosa di bruciacchiato, non venire a lamentarti da me.”

 

“Non puoi scottarti o finire bruciacchiato, con le carte da Spara Schiocco.”

 

“Potevi, con quelle che usavamo noi.”

 

Tonks si concentrò sul suo tè e cerco di non pensare a partite di Spara Schiocco con aggiunta di spogliarello, bruciature e, che Merlino la salvasse, Remus nudo. Concesse per un nanosecondo alla sua colonia di farfalle di svolazzare senza posa, prima di spedire il pensiero in quell’angolo della sua mente dove teneva quelle cose a cui non avrebbe dovuto pensare a quell’ora del mattino.

 

O in pubblico.

 

O, in effetti, cui non avrebbe dovuto affatto pensare.

Impose alla sua mente di riportarsi su un terreno più stabile, terreno che non comprendesse Remus nudi. C’erano un paio di cose che avrebbe voluto chiedere a Sirius e pensò che quello fosse un momento buono come tanti, se solo fosse stata in grado di impedire alla sua fantasia di avventurarsi in lande proibite.

 

“Finché siamo più o meno nell’argomento,” esordì Tonks, muovendosi esitante sulla sedia e domandandosi se chiedere il consiglio di Sirius fosse una buona idea, o se gli spianasse semplicemente il terreno per futuri imbarazzi, “Che genere di ragazze piacciono solitamente a Remus?” chiese in fretta, prima di poter perdere il coraggio.”

 

“Capisco,” commentò Sirius, “Vuoi far buon uso del tuo piccolo arcobaleno personale, vero?”

 

“Forse,” fece lei, abbassando gli occhi e studiando la tavola. Fece scorrere l’unghia lungo una delle crepe del legno, cercando di apparire come se avesse fatto una banalissima domanda, mentre invece il suo stomaco fremeva nell’attesa.

 

“Beh,” iniziò lui, “E’ uno strano soggetto, il nostro Moony. L’unica cosa che avevano in comune tutte le ragazze di cui lui, a mia conoscenza, si è interessato, è che non avevano assolutamente niente in comune.”

 

“Oh,” mormorò la ragazza, provando un momentaneo moto di irritazione. La sua solita fortuna, pensò, quella di scegliere un ragazzo con un debole su cui fare affidamento, tipo bionde dalle gambe slanciate, brune prosperose o qualcosa su cui poter lavorare.

 

Sirius alzò gli occhi al cielo, e poi si chinò verso di lei, appoggiando la tazza sul tavolo e stringendola fra le mani. “Qualunque cosa gli piaccia di te,” disse, con un tono molto più serio di quello che era abituata a sentirgli usare. “Sono certo che non dipenda dal colore dei tuoi capelli. In effetti, ne sono assolutamente sicuro.”

 

“Sul serio?”

 

“Sì, sul serio.”

 

“Ti ha detto qualcosa?”

 

“No.”

 

“Ma - ” balbettò lei, sentendo tutto il peso della confusione mattutina premere sul suo cervello. Come poteva esserne sicuro se Remus non aveva detto niente?

 

Cercò di raggruppare frammenti di conversazioni che avevano avuto a riguardo in qualcosa che si avvicinasse ad un pensiero di senso compiuto. “Hai detto che mi sbavava dietro da mesi,” disse poi, “Deve averti detto qualcosa, se lo sapevi.”

 

“Ah,” fece Sirius, “No. Una cosa che devi imparare su Moony, è che raramente quello che dice ti fa capire quello a cui sta pensando. Non avrei saputo niente se non l’avessi sorpreso.”

 

La sua mente era nel caos più totale. “Sorpreso a fare cosa?” chiese lentamente, e con una buona dose di trepidazione, la sorpresa che rese il tono di voce  un po’ più acuto del solito.

 

“A camminare avanti e indietro.”

 

“A camminare avanti e indietro?”

 

“Sì,” confermò Sirius. “Una notte, tu eri fuori per qualche missione e io non riuscivo a dormire, così sono sceso per bere qualcosa e l’ho sorpreso, in cucina, alla quattro del mattino, ad aspettarti e a camminare avanti e indietro.”

 

“Mi stava aspettando?”

 

“Eri in ritardo – avresti dovuto tornare una o due ore prima. Era preoccupato.”

 

“Ma si sarebbe preoccupato per chiunque.”

 

“Preoccupato sì, camminato no,” la corresse Sirius, evidentemente divertito dallo sguardo confuso sul volto della ragazza. “Non hai mai notato la sua sovraumana abilità di mantenere la calma ed il controllo?” chiese lui e lei scosse la testa, disorientata, non riuscendo a capire cosa avrebbe dovuto vedere. “Lo conosco da quando ha undici anni,” spiegò Sirius. “L’ho visto camminare aventi e indietro non più di quattro volte e tu sei stata la causa di una di quelle. Il motivo era molto evidente. Quando sei entrata, lui era così sollevato che ho pensato ti avrebbe abbracciata. In effetti, credo che probabilmente l’avrebbe fatto, se io non fossi stato lì.”

 

Una miriade di sensazioni si scatenarono nel petto di Tonks. Non le era mai venuto in mente che lui potesse preoccuparsi per lei. Pensò a tutte le volte in cui sembrava che si incontrassero per caso, quando lei tornava da una missione per l’Ordine... aveva sempre creduto che lui sarebbe stato in piedi comunque. Ma probabilmente non era così. “Tu, naturalmente, non ti sei accorta di nulla,” disse Sirius. “Hai salutato e sei andata a dormire.”

 

“Lo sai, se l’avessi saputo – se qualcuno me l’avesse detto -” lanciò a Sirius uno sguardo implicito e lui sprofondò leggermente sulla sua sedia.

 

“Come potevo sapere che hai un debole per i Licantropi trasandati?”

 

“Non ho un debole per i Licantropi trasandati!”

 

“Solo per uno, eh?”

 

Tonks rise. Era inutile tentare di negarlo. “Avrei anche detto qualcosa,” si scusò Sirius,  “Ma pensavo fosse solo l’ennesimo attacco da simpatia non corrisposta. Credo che lo pensasse anche lui.”

 

“Lo dici come fosse una malattia trasmissibile sessualmente.”

 

“Oh, lo è,” fece Sirius, “E’ quella che ti prendi quando non ne fai. Credo l’abbia avuta per la maggior parte della sua vita.”

 

“Sembravi pensarla diversamente, l’altra sera, quando parlavi delle sue ex ragazze.”

 

Sirius le parve un po’ troppo compiaciuto di se stesso. “Devo supporre che gli hai fatto il terzo grado?”

 

“Mi ha detto tutto, sì.”

 

“Facendo in modo di mostrarsi nella luce migliore, presumo,” commentò lui.

 

“Non direi,”

 

“Oh, non sarà certo stato evidente,” disse Sirius, dondolandosi sulla sedia. “Si sarà reso bastardo quanto bastava per farti pensare che era sincero.”

 

“Pensi che mi abbia mentito?”

 

“Ma certo che l’ha fatto!” esclamò il mago, “Gli uomini non raccontano mai la verità alle donne con cui vogliono andare a letto.”

 

Tonks si sentì arrossire. Naturalmente aveva pensato – addirittura sperato – che Remus volesse dormire con lei, ma sentirlo dire esplicitamente lo rendeva così, beh, esplicito, e non era sicura che fosse il genere di conversazione che voleva avere con Sirius. O meglio, con nessuno.

 

“Si suppone che siate amici,” commentò Tonks, pensando che fosse un argomento migliore che indugiare su – ehm- la questione dell’andare a letto insieme.

 

“Lo siamo,” confermò Sirius. “Se non lo fossimo, me ne starei semplicemente in disparte ad aspettare che mandi tutto all’aria, così potrei farmi una bella risata. Dio solo sa se ne avrei bisogno, confinato come sono in questo posto,” disse, occhieggiando la cucina con disgusto. Tonks pensò che se quello che le aveva raccontato Remus era vero, la loro amicizia non avrebbe impedito a Sirius di farsi una bella ristata a sue spese.

 

“Come sai che manderà tutto all’aria?”

 

Sirius inarcò le sopracciglia. “Credevo avessi detto che ti ha raccontato tutto delle sue precedenze esperienze romantiche!”

 

“L’ha fatto.”

 

“Allora come puoi pensare che non manderà tutto all’aria?” replicò Sirius. “E’ molto bravo nei giochi di carte, ma una frana nel capire quando è bene rischiare o quando ritirarsi.”

 

“Parli sempre per metafore, a quest’ora del mattino?”

 

“Non saprei,” fece pensoso il cugino, “Sono vent’anni che non mi alzo così presto.”

 

“Beh, questo spiega tutto,” comprese lei. “Follie da sveglia all’alba.”

 

“Forse.”

 

Sirius si alzò e raggiunse la credenza. Frugò per circa un minuto e ne uscì con la scatola dei biscotti. “Che vuoi per colazione?” chiese, sollevando il coperchio e offrendole il contenitore. “Digestivi o biscotti tradizionali?”

 

Lei prese un biscotto e lo immerse nella sua tazza prima di ficcarselo tutto in bocca. Sirius fece la stessa identica cosa, e Tonks non poté fare a meno di trovarlo preoccupante. “Allora, tu e Moony,” esordì lui.

 

“Non l’abbiamo appena fatta, questa conversazione?” domandò la ragazza, incontrando lo sguardo del cugino con un’espressione confusa dipinta in volto.

 

“Sì,” confermò lui, “Ma non è andata esattamente come volevo, così ho pensato di ricominciare daccapo.”

 

“Hai intenzione di dire effettivamente qualcosa, stavolta? Magari omettendo le tue insulse metafore?”

 

“Le mie metafore sono assolutamente Swiftiane.”

 

“Swiftiane?” fece Tonks.

 

“Ho letto un libro,” ammise Sirius, “Non dirlo a nessuno.”

 

La ragazza rise. “Quindi, cosa stavi cercando di dire?” chiese, prendendo un altro biscotto e cercando di ingurgitarlo in modo più decoroso, questa volta.

 

“Niente, solo...” Sirius apparve momentaneamente indeciso, probabilmente  tra quello che voleva dire e quello che pensava di poter dire, pensò Tonks. “Non è affatto dolce e innocente come appare, tutto qui. E’ un Malandrino e non solo di nome.”

 

“Sei bravo a parlare,” osservò lei. “Mamma l’ha sempre detto che sei un incantatore.”

 

“E lo sono,” confermò il cugino, “Se solo ne ho la possibilità,”aggiunse, parlando tra sé. “Ma almeno sono esplicito quando lo faccio.”

 

“E pensi che lui non lo sia?” Sirius inarcò un sopracciglio in direzione della cugina. “Ti farebbe sentire meglio se ti dicessi che finora si è comportato da perfetto gentiluomo?”

 

Sirius sbuffò. “Scommetto che non lo è stato davvero.”

 

“Credo che me ne sarei accorta, se...”

 

“No,” rise lui, “Volevo dire che scommetto che ha fatto qualcosa di losco, sottomano. Tu non l’hai notato perché non penseresti mai che lo farebbe.” Tonks si accigliò e Sirius tacque alcuni istanti soprappensiero. “Fammi pensare,” disse, arricciando le labbra, “Quando è stata la prima volta che ti ha baciata?”

 

“Natale.”

 

“Natale, mmh?”

 

“Dopo che ero tornata dalla cena coi miei. Era in soggiorno.”

 

“Aspettando il tuo ristorno in modo da approfittare del tuo spirito festivo,” esclamò Sirius, gli occhi che si illuminavano. “Visto?”

 

Tonks alzò gli occhi al cielo. “Stava leggendo.”

 

“Questo è quello che lui voleva che tu pensassi. Come è successo?”

 

“Cosa vuoi dire, come è successo?” domandò lei, “Stavamo parlando, c’era il vischio e mi ha baciata. Tutto assolutamente innocente.”

 

“Perfettamente innocente il mio ippogrifo!” scoppiò Sirius, trattenendo a stento una risata. “Che mi dici del vischio?”

 

La guardò con l’espressione di uno che la sa lunga, sguardo che lei trovava irritante, guardarlo mentre si mordeva un labbro per trattenere un sorriso. Non sapeva se stesse sorridendo all’idea di quello che Remus aveva presumibilmente a che fare col vischio o per il fatto che non aveva la più pallida idea di cosa stesse parlando. “Il vischio?” ripeté.

 

Sirius la fissò con curiosità, appoggiando la testa sul palmo della mano. “Chi pensi che l’abbia messo lì?”

 

“Non essere ridicolo. Non aveva modo di sapere dove mi sarei fermata.”

 

“Oh, per l’amor del...” fece Sirius, alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa in silenziosa esasperazione. “Sei un Auror o cosa? C’era, quando sei entrata?”

 

“Non lo so,” ammise Tonks. “Me ne sono accorta soltanto quando ci sono capitata sotto.”

 

“Non pensi,” suggerì Sirius, con un tono di voce a metà tra il divertito e l’irritato, “Che ci sia una possibilità che tu te ne sia accorta perché è comparso all’improvviso, dal nulla, come per magia?”

 

Tonks spalancò gli occhi, mentre sentiva il suo stomaco afflosciarsi nel realizzare. “Pensi che l’abbia evocato per avere un pretesto per baciarmi?”

 

“Grazie!” fece Sirius, accasciandosi sulla sua mano con melodrammatico sollievo, “Iniziavo a pensare che non ci saremmo mai arrivati.”

 

La ragazza sorrise al pensiero di Remus che si dava tanto da fare solo per poterla baciare. Non che avrebbe protestato se e quando avesse deciso di farlo, ma il semplice fatto che lui ci avesse pensato al punto da ingegnarsi per trovare un modo per farlo, bastava a risvegliare la colonia di farfalle nel suo stomaco. “Tipico,” commentò Sirius, “Io faccio una cosa del genere e la gente mi accusa di essere un predatore, un manipolatore che ha in mente solo una cosa. Lo fa lui, e la gente pensa che sia dolce.”

 

“E’ dolce.” Sirius alzò gli occhi al cielo. “Cosa? Lo è.”

 

“Oppure è subdolo e manipolatore,” commentò il cugino.

 

“Tu pensi che sia subdolo e manipolatore, perché se lo facessi tu, le tue intenzioni sarebbero subdole e manipolatrici.”

 

Sirius si lasciò scappare una risata. “Cugina,” disse, “Credo che in questo io debba darti ragione.”

 

“Beh,” esordì Tonks, “Tutta questa cosa del grande fratello è stata divertente, ma dovrei andare al lavoro.”

 

“Divertente?” esclamò lui, seccato. “Io ero serio. Per la maggior parte,” aggiunse, ripensandoci.

 

Tonks attraversò la stanza e portò la sua tazza nel lavandino, prima di voltarsi verso Sirius. Appoggiò il gomito sulla spalla di lui ed il mento sulla mano, sbirciandolo da sotto un ciuffo di capelli blu. “Lo so che lo eri,” lo rassicurò, “E apprezzo i tuoi sforzi, ma...”

 

“Ma non ascolterai nemmeno una parola di quello che ti ho detto.”

 

“Sono una bambina grande,” disse lei, “L’ho fatto ancora, in passato.”

 

“D’accordo,” concesse Sirius, alzando le mani in segno di resa. “Solo tieni alta la guardia. Vig...”

 

“Sirius Black, se solo userai la frase ‘vigilanza costante’, ti strangolo.”

 

“E’ solo – è sempre da quelli alle persone tranquille che devi fare attenzione, tutto qui. Ricorda soltanto quello che ho detto a proposito dei bruchi e incantesimi del solletico quando tenterà di sedurti subdolamente. Cosa che farà.”

 

Tonks passò le braccia attorno alle spalle di Sirius e lo abbracciò velocemente.

“Ti è mai passato per la testa,” disse, “Che io voglio che lui mi seduca subdolamente?”

 

“Cosa?” esclamò Sirius.

 

“Non l’avrei invitato a cena, se non lo volessi.”

 

Diede un bacio sulla guancia a Sirius e lo lasciò a boccheggiare silenziosamente la sua disapprovazione alla cucina vuota.

 

  
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