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Autore: Syryus90    09/06/2013    5 recensioni
dopo un incidente per salvare un bambino, Jack comincia a ricordare pezzi della propria nuova vita che aveva dimenticato.
Grazie ad un dente cadutogli nell'incidente e a Dentolina, accederà ai ricordi perduti.
Cosa avrà ricordato?
chi avrà ricordato?
cosa centrano un drago e un ragazzo vichingo?
se volete scoprirlo non vi resta che leggere ;)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jack Frost, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles Of Winter Spirit '
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La nostra storia, ha inizio dieci anni dopo la caduta di Pitch Black, in un inverno rigido, ma non per questo privo di gioia e divertimento.
I guardiani, dopo la meritata vittoria, tornarono tutti alle loro mansioni; Dentolina tornò con le sue fatine a raccogliere dentini, Sandy tornò a regalare sogni dorati a tutti i bambini del mondo, Nord tornò a creare meravigliosi giocattoli e Calmoniglio tornò alla sua tana per riparare i danni causati dagli incubi del nemico.
Jack Frost, invece, sperimentò il suo nuovo ruolo di guardiano.
Grazie all’aiuto dei sogni di Sandy, e agli inverni che seguirono l’anno della sua investitura di guardiano, Jack poté essere visto da tutti i bambini del mondo.
Ciò lo rese incredibilmente felice; poter scendere dal cielo e giocare coi bambini gli donò un senso di appartenenza che per secoli aveva agognato.
La totale solitudine, che crudele invadeva il suo cuore, semplicemente svanì.
 
E dopo dieci anni, Jack si trovò in un giorno qualunque, a fare ciò che gli era sempre venuto meglio: portare una bella giornata di neve.
I venti lo portavano ovunque volesse, come sempre era stato, facendogli fare acrobazie a testa in giù e regalandogli un meraviglioso senso di libertà assoluta.
Quel giorno, Jack, si fece trasportare da un capo all’altro del mondo, pronto a portare la neve e il divertimento con se, e quel giorno scelse un piccolo paesino di montagna.
 
Il paesino era piccolo, disposto su più livelli; un’unica lunga strada, completamente in salita e con strette curve a gomito, lo percorreva completamente, giungendo fin’oltre le montagne.
Al centro del paese, v’era una piazza dalla forma quadra; un enorme giardino era posto al centro di esso, e una fontana con temi floreali era posta proprio al centro; non scorreva acqua dalla fontana in quel periodo, poiché era congelata e dentro le vasche della fontana dominava il ghiaccio.
Un letto di candida neve ricopriva il giardino circostante.
Le case nei dintorni, parevano piuttosto antiche, fatte ancora in pietra e cemento, alcune stuccate recentemente e ricolorate con colori sobri; da esse si sporgevano dei semplici balconi fatti con assi di legno scuro.
Per tutti i muri del paese spuntavano piccoli rampicanti, probabilmente arrampicatisi nell’arco degli anni; i rametti, tendevano sporadici, tutti ricoperti di fresca neve.
I bambini di quel paese, quel giorno, giocavano allegri al parco; la nevicata li aveva attirati tutti fuori dalle case.
Oltretutto, nessuno di loro si sarebbe mai perso l’occasione di giocare a palle di neve con Jack Frost in persona.
 
Tutto era perfetto, Jack giocava con i bambini del paesino con una naturalezza e un’allegria quasi infantile; con i suoi poteri facilitava la creazione delle piccole sfere per le battaglie, e aiutava coloro che tentavano di creare dei piccoli pupazzi di neve.
Era orgoglioso del proprio lavoro, e mai si sarebbe aspettato che un così lieto giorno potesse cambiare repentinamente.
 
Jack: forza ragazzi – disse formando una palla di neve con la propria mano – palle di neve per tutti!!! – disse lanciando la prima.
La sua incitazione scatenò un’ennesima battaglia collettiva; tutti si stavano divertendo moltissimo, bambini e adolescenti, tra i quali ormai pochi credevano in Jack.
Con l’avanzare della maturità, molti scordavano la meraviglia celata nel mondo, e semplicemente cessavano di vedere i guardiani.
Ma in tutto quel divertimento, senza che nessuno se ne accorgesse, un piccolo bambino, di non più di nove anni, li osservava dalla finestra di camera sua; sul viso aveva un’espressione triste, le braccia incrociate portate sotto il mento per sorreggersi.
Pareva invidioso dei suoi amici; purtroppo lui era a casa malato, aveva contratto l’influenza di quel periodo e finché non fosse passata, non sarebbe potuto scendere in strada a giocare coi propri amici.
 
Jack, nel giocare con gli altri bambini, notò quel viso sconsolato dall’altra parte della strada e, senza farsi notare, si avvicinò di soppiatto; doveva assolutamente fare qualcosa per quel viso infelice, e cosa era meglio di un piccolo e innocente spavento?
Jack: BUH! – disse affacciandosi alla finestra, sospeso a testa in giù.
Bambino: ah! – urlò colto di sorpresa – J-Jack Frost.. – disse una volta ripresosi.
Jack annuì.
Jack: come mai quel muso lungo? – chiese sorridendogli – è una bellissima giornata, non dovresti rattristarti così – fece finta di ammonirlo, premendo un dito sul suo piccolo naso.
Bambino: non posso uscire a giocare, ho la febbre – disse chinando il capo.
Jack: accidenti, mi dispiace – disse appollaiandosi sul bordo della finestra – facciamo così … tu impegnati a guarire, e io ti prometto che quando starai meglio farò nevicare solo per te, ok? – gli propose; avrebbe fatto qualunque cosa per dissipare la tristezza del bambino.
Bambino: da.. davvero? – chiese con occhi sgranati.
Jack annuì.
Jack: certo, e se vorrai – disse avvicinandosi come se gli stesse confidando un segreto – ti porterò a volare con me – gli promise.
Il bambino rimase senza parole, la giornata per lui era cambiata così repentinamente; solo pochi minuti prima disperava per poter uscire a giocare, e ora invece si sentiva al settimo cielo.
Un volo insieme a Jack Frost, e chi se lo sarebbe mai perso?
Bambino: wohooo – esultò – volerò con Jack Frost – continuò ad esultare, nel frattempo un attacco di tosse lo investì.
Jack: Ora cerca di non agitarti troppo, mettiti a letto e abbi pazienza – gli disse ridacchiando votandosi verso l’esterno della stanza – ci vedremo di nuovo quando sarai guarito, ok? – gli disse carezzandogli il capo e sfoderando il proprio sorriso bianco neve.
Il bambino annuì felice; subito, senza neanche aspettare la partenza dello spirito, si infilò sotto le proprie coperte, desiderando che la malattia finisse.
 
Le ore passarono, e il bambino sembrava non volerne sapere di dormire, d’altronde erano solo le quattro del pomeriggio, e lui aveva appena conosciuto di persona Jack Frost, come avrebbe potuto dormire?
Oltretutto udiva fin troppo bene le urla divertite dei suoi amici, non riusciva a pensare  niente se non che fosse ingiusto; lui era li e loro erano fuori a giocare.
Bambino: basta, non voglio aspettare quando sarò guarito – disse scendendo dal letto.
Ratto, si vestì, assicurandosi di mettere dei vestiti pesanti, giusto per non peggiorare la propria salute; scese le scale in punta di piedi, sperando di non fare nessun rumore, non voleva essere fermato dalla madre, voleva uscire a giocare.
Con estrema calma, aprì la porta della casa e la richiuse senza far rumore, e subito percepì l’aria gelida sfiorargli le gote arrossate dalla febbre; aggiustandosi meglio al sciarpa, il bambino attraversò la strada.
 
Da lontano, nel mezzo del parco, Jack lo notò e scotendo la testa gli andò in contro, quel bambino era proprio uno che non mollava, si trovò a pensare.
Nel momento in cui il bambino fù a metà della strada, un camion, parcheggiato in malo modo sul ciglio della strada, in cima alla salita, cominciò a scivolare verso di lui; il camion prese subito velocità e per il bambino non ci fù nemmeno il tempo di pensare.
Un attimo prima stava per correre verso una promettente battaglia di neve, quello seguente stava per essere investito da un camion.
Il terrore lo ancorò sul posto, impedendogli di avanzare o indietreggiare.
 
Jack notò immediatamente il camion e, con lo stupore e il terrore di molti dei bambini, si gettò verso il bambino per spingerlo via prima che il camion lo investisse.
Tutto durò un battito di ciglia.
Il bambino venne sbalzato contro il muro dalle mani dell’albino, mentre quest’ultimo venne investito in pieno dal piccolo camion rosso; l’urto fece rotolare lontano il corpo del guardiano, facendolo impattare ripetutamente col terreno.
Lo stesso valse per il suo fidato bastone, dal quale non si separava mai; esso finì in un angolo, rotto in più pezzi.
Nessuno si sarebbe aspettato un così repentino cambio degli eventi, non in una così bella giornata.
Il panico dilagò in pochi istanti, urla di bambini e pianti si sparsero per tutta la piazza; un solo bambino non piangeva in quel momento; uno che giaceva poggiato col la schiena ad un muro, intento ad osservare uno spirito del gelo, riverso al suolo, con una moltitudine di tagli a ricoprirgli il corpo e con un leggero rivolo di sangue che gli usciva dalla bocca.
 
I genitori, attirati dal frastuono emesso dallo schianto del camion contro un muretto, si riversarono tutti in strada per assicurasi che i loro figli stessero bene; quando arrivarono, presero ognuno il proprio figlio o figlia in braccio e tentarono di allontanarli, ma niente poterono contro la loro disperazione, meno che meno la madre del bambino salvato dal guardiano.
 
In tanti secoli, non era mai successa una cosa del genere nella storia dei guardiani, e ciò si riflesse immediatamente sul globo delle luci, situato al centro della fabbrica di Nicola S. Nord.
Una piccola luce azzurra aveva preso a lampeggiare sul globo, insistente ed intermittente.
Gli yeti, notando quell’’anomalia, corsero a chiamare Nord per avvisarlo.
Nord subito si allarmò, ratto corse verso la sala del globo e si mise a studiare gli strumenti in cerca di una risposta.
Nord: Shostakovich, cosa sta succedendo qui? – si chiese notando che niente di anomalo interferisse con il pannello di controllo del globo.
La risposta, in quel momento, arrivò dall’entità più improbabile di tutte; Manny.
Un fascio di luce illuminò l’interno della fabbrica, posandosi sull’effigie dei guardiani, posta al centro del pavimento della sala del globo; da questa, uscì un cristallo purissimo.
Questo, venne inondato dalla luce della luna, e subito sopra di esso, delle immagini apparvero, mostrando Jack riverso al suolo, ferito.
Nord si allarmò ulteriormente, rimanendo quasi senza fiato; le nocche si sbiancarono da quanto stringeva i pugni, mentre con lo sguardo guardava impotente ciò che era accaduto all’amico guardiano.
Nord: usate il richiamo dei guardiani immediatamente, e quando loro arriva mandate Calmoniglio a prendere Jack – ordinò ai due yeti alla sua sinistra – voi due – disse voltandosi verso i due yeti alla sua destra – andate a preparare subito una stanza, chiamate lo yeti Gill e dite lui che è una emergenza – ordinò loro.
Quando gli yeti furono andati, Nord si rivolse direttamente all’uomo nella luna.
Nord: può essere curato – gli chiese.
Manny, per rispondere a quella domanda, cambiò l’immagine mandata dal suo fascio di luce e questa volta mostrò il bastone di Jack, abbandonato in un angolo, rotto in più parti.
Subito dopo, Manny mostrò a Nord il luogo in cui aveva riportato in vita Jack.
Il messaggio era chiaro, il bastone del guardiano del divertimento, andava riportato al laghetto d’origine; una volta li, lui l’avrebbe sistemato.
Una volta che il bastone fosse tornato integro, così sarebbe tornato anche Jack.
Nord sospirò, la prima cosa da fare in quel momento, era portare Jack in un posto sicuro, dove avrebbe potuto riprendersi in tranquillità; in seguito avrebbero potuto recuperare il suo bastone.
 
Di li a poco, un tunnel si aprì vicino ai piedi di Nord, e da esso spuntò fuori Calmoniglio.
Calmoniglio: Nord, per tutte le uova, cosa succede? Perché ci hai chiamati? – chiese mentre dipingeva una delle sue uova.
Nord: Jack è in pericolo, devi andare subito a prenderlo – rivelò al coniglio.
Calmoniglio: cosa? – chiese; le lunghe orecchie, tesesi alla rivelazione, si afflosciarono all’indietro con molta lentezza – cosa gli è accaduto? – chiese.
Nord: io non so, so che è ferito e dobbiamo curare lui, presto – disse gesticolando agitato con le mani.
Calmoniglio venne informato dell’ubicazione del giovane guardiano, e subito partì.
 
Nel villaggio di montagna, nel frattempo, la madre del bambino salvato da Jack lo prese in braccio, cercando di farlo riprendere dallo shock; ma appena fu in braccio, questi si dimenò, tentando di scendere a qualunque costo, tutto per poter restare accanto al guardiano che lo aveva salvato.
Il bambino si sentiva colpevole; sentiva era colpa sua ciò che era accaduto, se non si fosse lasciato trasportare dall’impazienza, in quel momento Jack sarebbe stato ancora salvo, felicemente preso da una battaglia di neve.
E invece ora si trovava a pochi metri da lui, ferito, e forse anche morto.
 
Nel pieno del proprio dolore, Jack cercò il bambino col proprio sguardo, per capire se fosse riuscito a salvarlo, se il dolore che stava patendo in quel momento fosse valso a qualcosa.
Dopo aver trovato il bambino, Jack tentò di riorganizzare i propri pensieri, per capire cosa fosse accaduto e per cercare di distrarsi da quell’incessante dolore.
La sua mente era un disastro totale, pareva fosse sparsa un po’ ovunque per come si sentiva; muoveva velocemente il proprio sguardo per sondare i dintorni, ma non riuscì a muovere il proprio corpo.
Era come se si fosse rotto in tante parti, il dolore gli fece emettere dei rantoli di dolore, e nell’udirli i bambini si atterrirono ancora di più.
Nel guardarsi ancora attorno, Jack finalmente ritrovò il proprio bastone, ma quando riuscì a focalizzarne la figura, capì il perché del proprio dolore.
Il suo bastone, il suo fidato compagno di avventure e di vita, giaceva distrutto, proprio come dieci anni prima, e proprio come allora, lui risentiva del suo stato.
La fonte del suo potere era andata distrutta, e senza di essa lui era vulnerabile, fragile.
La vista gli si annebbiò lentamente contro la sua volontà, più tentava di resistergli più pareva un vano sforzo; prima di perdere totalmente conoscenza, Jack udì uno strano rumore.
Un battito d’ali invase la sua mente, il tutto seguito da un forte ruggito, e da un’enorme figura nera alata; dopo ciò, solo il buio e il dolore dominarono, portandolo con sé nell’oblio dell’incoscienza.
Giusto in quel momento, una galleria si aprì a poco dal guardiano del divertimento, una dalla quale uscì Calmoniglio in tutta fretta.
Quando il guardiano della speranza vide la scena, rimase basito.
Ratto si portò al fianco dell’amico sperando che non fosse troppo tardi.
Calmoniglio: Jack, Jack – disse scotendolo leggermente dalle spalle per non peggiorare la sua situazione fisica – avanti amico, non farmi questo – gli disse cercandogli il polso; quando il coniglio percepì il battito dell’amico guardiano, sospirò di sollievo.
Con un attento movimento, lo prese in braccio, facendo attenzione a non comprimere troppo il busto del giovane; prima di partire si voltò verso i bambini del parco, ancora intenti a fissare l’albino ferito.
I loro volti furono una vera e propria stilettata al cuore per il guardiano della speranza, mai aveva veduto una tale tristezza in un gruppo di bambini.
D’improvviso, una piccola bambina, di circa dieci anni, si divincolò dalla presa ferrea della madre e corse verso il coniglio di pasqua.
Bambina: è vivo? – chiese con urgenza, ancorandosi alla zampa del guardiano – è vivo, vero? – chiese ancora.
Calmoniglio, nel vedere tale disperazione, si chinò sulle zampe posteriori arrivando al livello della bambini, stando attento a non fare male a Jack.
Con un dolce movimento rassicurante, carezzo la testa della bambina e la rassicurò.
Calmoniglio: non preoccuparti, è vivo e noi faremo tutto il possibile, vedrai che presto tornerà a giocare con voi – gli disse asciugandogli le lacrime con una delle zampe anteriori.
La bambina annuì e si spostò per lasciare che il guardiano portasse in salvo l’amico, assisté incredula all’apertura del tunnel nel quale Calmoniglio saltò con Jack, non aveva mai visto un tale metodo di spostamento.
Passarono dei minuti, ma la bambina rimase ancora li, ferma, a guardare dove i due guardiani erano spariti; poco dopo chinò il viso sconfortata, e fu allora che lo vide.
Un dente, bianco come la neve appena caduta.
Bambina: deve essere di Jack - disse raccogliendolo – lo terrò io finché non tornerai, perché tornerai… vero? – chiese levando il viso al cielo invernale.
Nessuna risposta le fu concessa.
 
Ore intere passarono da quando Calmoniglio riportò Jack al polo nord.
Tutti i guardiani, sostavano al di fuori della stanza dove l’albino era stato  collocato; erano in ansia per le sue condizioni.
Da ormai due ore gli yeti lo stavano medicando, e urla strazianti si udivano da dietro la porta chiusa.
Uno yeti era uscito ad un certo punto, descrivendo a Nord la gravità delle condizioni del giovane guardiano, spiegandogli che le sue ossa erano fratturate in più punti, e che ci sarebbe voluto del tempo perché Jack si riprendesse completamente.
Altre urla vennero dalla stanza, mandando all’esasperazione uno dei guardiani.
Dentolina: oh, per tutti i dentini – imprecò, stringendosi in un leggero abbraccio – ormai sono più di due ora che sono li dentro – disse volando avanti e indietro – Sandy è già dovuto entrare più volte per addormentarlo e non fargli sentire dolore, e non è servito a niente – disse visibilmente preoccupata.
Calmoniglio: Nord, Jack ce la farà? – chiese appoggiato al muro.
Nord: Jack è forte, non dobbiamo dubitare di lui – disse a braccia conserte – gli yeti hanno detto me che sue ferite si stanno già rimarginando e che ossa si sono riposizionate – spiegò con calma – ora dipende tutto da lui e da Manny – concluse.
Calmoniglio: i bambini… hanno visto tutto quanto – rivelò facendo sussultare gli altri guardiani – dovevate vederli, piangevano disperatamente perché non potevano aiutarlo – disse con il muso chino e le orecchie basse mentre con una mano rigirava distrattamente uno dei suoi bumerang.
Dentolina: hanno…visto tutto? – chiese sconvolta.
Calmoniglio annuì.
Calmoniglio: ora come ora, credo che l’unica cosa che possa tirarli su di morale sia vedere Jack volare nel cielo e portare della neve…
Improvvisamente, da dentro la stanza di Jack, si udì un fortissimo urlo di dolore.
I guardiani nell’udirlo si spaventarono e ratti entrarono nella stanza spalancando al porta.
Una volta dentro, si stupirono di vedere gli yeti ripulire l’ambiente; le medicazioni erano finite e stavano raccogliendo le cose usate per tamponare le ferite.
Jack giaceva nel letto al centro della stanza, privo di sensi; subito al suo fianco, v’era lo yeti Gill, il medico del polo.
Questi lo stava sistemando meglio, coprendolo con le coperte fino alle spalle e riposizionando meglio i cuscini sotto la testa del giovane; nel vedere la scena, i guardiani sia avvicinarono, pronti a chiedere delucidazioni.
Subito, lo yeti si avvicinò a loro, spiegando a Nord che il giovane aveva bisogno di assoluto riposo in quel momento e che si sarebbe svegliato presto.
Mentre Nord seguiva le spiegazioni dello yeti, Dentolina si avvicinò al letto di Jack; con un dolce movimento della mano, gli carezzò i capelli, voleva fargli capire che loro fossero li, accanto a lui e che ci sarebbero rimasti fino al suo risveglio.
Ma Jack si trovava altrove in quel momento, strascinato indietro dalla propria mente, ma fino a dove?
 
Le immagini erano fioche, tutto sembrava inconsistente in quel luogo coperto da un leggero velo di nebbia.
Un fuoco di bivacco danzava incessantemente a pochi piedi da lui, e un giovane ragazzo rideva al suo fianco; questi, nonostante il luogo intero fosse confuso e poco nitido, era perfettamente visibile.
Portava un taglio medio, i capelli leggermente mossi e marroni, gli occhi verde muschio; il viso leggermente squadrato, dai lineamenti tondeggianti, il naso a patata coperto di lentiggini come le gote, e un esile corporatura.
Sembrava che gli stesse parlando di qualcosa in particolare, ma non udiva i suoni di quel… sogno o ricordo?
Jack non se lo seppe dire.
Improvvisamente, da dietro il giovane al suo fianco, si avvicinò una figura nera e imponente, alta poco più di due metri; la figura, aveva due grandi occhi, di un verde quasi giallo, ed avevano le pupille molto larghe.
Il tutto, pensò Jack, rendeva quegli occhi colmi di un’espressione docile.
Quando il giovane accanto a se rise, il paesaggio cambiò repentinamente.
 
Sentiva il vento sfioragli le gote.
Stava volando, di questo era pienamente sicuro, stava volando e anche velocemente.
Attorno v’erano solo nuvole e cielo, tutto era stranamente più nitido e accanto a se, con sua grande sorpresa, trovò ancora quel giovane dagli occhi verdi.
Il giovane sembrava cavalcare l’enorme figura nera di prima, e Jack si stupì non poco vedendo cosa fosse in realtà.
Erano nel cielo, intenti a sfidarsi l’uno con l’atro e il giovane gareggiava con lui… sulla groppa di un drago.
Nel momento in cui Jack tentò di toccare con mano quella mitologica creatura, tutto cadde nuovamente nell’oblio, e lui si trovò a precipitare.
Tentò inutilmente di richiamare i propri venti per evitare lo schianto, quando arrivò vicino al suolo chiuse gli occhi per prepararsi all’impatto; ma questo non avvenne.
Il guardiano si trovò seduto nuovamente su un masso, nei pressi di un laghetto al centro di un’enorme conca di pietra.
Si trattava forse dello stesso luogo di poco prima?
Tutto attorno era ricoperto da uno strato di neve fresca e dinanzi a lui, v’era ancora quel fuocherello di bivacco che sembrava non spegnersi mai; accanto a se, Jack trovò nuovamente quel giovane.
Sentì il proprio viso avvicinarsi al suo, lentamente, e vide quello del giovane fare altrettanto.
La distanza tra i due si annullò, le loro labbra si poggiarono le une sulle altre, iniziando una danza calda e dolce; Jack non seppe spiegarsi il perché, ma in quel momento, si sentì felice, perché era stato travolto da quel ricordo caldo come il fuoco.
 
Quando Jack riprese conoscenza, il dolore lo investi crudelmente; sentiva le membra totalmente indolenzite, gli arti fasciati e le gambe tenute ferme da delle stecche.
Non seppe dire quanto avesse dormito, ma seppe che era passato più d’un giorno semplicemente guardandosi attorno.
Si trovava in una delle stanze della fabbrica di Nord.
La stanza era poco illuminata, un chiarore dorato la avvolgeva, rendendone visibile solo una piccola parte.
Alla destra del letto, v’era una piccola finestra, non più larga di un metro che finiva ad arco; il vetro pareva un piccolo mosaico di colori.
Davanti alla finestra, v’era un piccolo comò; sopra di esso v’era appoggiato un vassoio, colmo di biscotti natalizi di ogni genere; subito accanto al comò, Jack vide una poltrona, o per meglio dire l’avrebbe vista, ma sopra di essa v’era Nord, e ciò lo distrasse molto.
Nord stava dormendo profondamente, le mani congiunte sullo stomaco prominente, sul viso un’espressione beata illuminata ancora da quel bagliore dorato che aleggiava sopra la sua testa.
Finalmente Jack individuò la fonte di quella luce color miele, e subito sorrise.
Era Sandy; il guardiano stava mandando la sua sabbia in giro per la stanza per far dormire i guardiani.
Jack, accanto a se, dall’altra parte del letto, vide Dentolina seduta su una sedia, poggiata in avanti sul materasso, anche lei addormentata con sopra al testa dei dentini dorati fluttuanti.
Accanto a lei, poggiato su un cuscino e con la schiena contro il muro, v’era Calmoniglio, addormentato come gli altri due guardiani; la sua espressione era serena, quasi dolce, e sopra la sua testa aleggiavano delle carote dorate.
Jack, nel vedere quel guardiano, un po’ burbero e sempre sulla difensiva, con un’espressione così tenera, quasi scoppiò a ridere.
Sandy sostava ai piedi del letto, sopra una piccola nuvola dorata, sul viso aveva stampato un enorme sorriso.
Jack: sempre al lavoro, vero? – disse con un fil di voce.
Sandy in risposta sollevò le spalla e sorrise nuovamente.
Jack: Sandy… cosa ci faccio qui al polo? e come mai voi siete tutti qui? – chiese guardando anche gli altri guardiani.
Sandy, per rispondere alla domanda, cominciò a far scorrere velocemente delle immagini sopra la propria testa;  le figure cambiavano talmente veloci, che Jack faticò anche solo a riconoscerne alcune, ogni tanto vedeva la figura di un fiocco di neve, altre volte di un bastone, altre un uovo di pasqua, ma non capì niente di ciò che Sandy volesse dire.
Quando l’omino del sonno finì di esprimersi, Jack rimase immobile; gli occhi spalancati, fissavano il guardiano dei sogni, mentre cercava le parole con cui ammettere di non aver capito una sola parola.
Infine optò per la sincerità totale.
Jack: Sandy, grazie per l’impegno ma … non ho capito niente – ammise semplicemente cercando di mettersi a sedere e subito sobbalzo, vedendo che Nord si era svegliato.
Nord: Shostakovich!! Jack, finalmente – disse contornando il tutto con una delle sue risate tonanti – era ora che tu ti svegliassi, noi era preoccupati, come ti senti? – gli chiese poggiando piano una mano sulla sua spalla.
Jack: confuso – ammise – cosa ci faccio qui? – chiese.
Nord: ti ricordi cosa è successo a te, vero? – chiese a braccia incrociate.
Jack annuì.
Nord: dopo incidente, ho mandato Calmoniglio a prenderti e poi miei Yeti hanno curato te – spiegò velocemente.
Jack: oh… be, grazie Nord… io, non so che dire – disse.
Nord: hah! Tu non devi dire niente – gli disse sorridendo – sei un guardiano, e noi ci aiutiamo a vicenda, giusto Sandy? – disse risedendosi sulla poltrona accanto al letto.
Sandy annuì vistosamente, ondeggiando il capo avanti e indietro.
Jack, ancora una volta, non seppe cosa dire.
Nord già in passato s’era dimostrato affettuoso e protettivo come un padre nei suoi confronti, ma mai si sarebbe aspettato tanto.
O forse avrebbe dovuto? D'altronde, Nord era Babbo Natale ed era famoso per la gentilezza che portava con se; forse lui l’aveva dimenticato, forse a causa di quel suo aspetto da grande guerriero russo, o forse perché lui non aveva passato troppo tempo in compagnia di tutti loro.
Jack non si seppe spiegare perché.
 
Un fruscio e uno sbadiglio attirarono l’attenzione del giovane, inducendolo a voltarsi verso la guardiana della memoria.
La trovò a stiracchiarsi; con una mano stropicciava gli occhi, mentre con l’altra copriva l’enorme sbadiglio.
Subito accanto a lei, anche Calmoniglio si svegliò sbadigliando forte senza farsi alcun problema; con uno scossone, alzò temporaneamente tutto il proprio pelo e dopo una grattata al muso con la zampa posteriore, aprì gli occhi e si guardò attorno.
Sia lui, sia Dentolina, rimasero basiti nel vedere l’amico guardiano sveglio.
Dentolina: Jack – disse fiondandosi su di lui e abbracciandolo – Jack sei stato un incosciente, ci hai fatti preoccupare moltissimo – lo ammoni dolcemente puntandogli un dito contro – temevamo fossi morto – disse abbracciandolo nuovamente.
Jack, durante quel secondo abbraccio, ebbe il tempo di contraccambiare; sospirando, abbracciò la fata.
In quel momento, come mai prima, sentiva di averli fatti preoccupare eccessivamente con il proprio atto impulsivo ma giusto.
Jack: scusa.. se vi ho fatto preoccupare – disse con difficoltà a causa della voce roca; l’incessante urlare che aveva fatto mentre gli yeti lo medicavano, aveva leso la sua gola – non… non era mia intenzione… davvero – disse ancora.
Calmoniglio: secondo me sei stato precipitoso e scapestrato come sempre – disse con viso duro – saresti potuto morire in quell’incidente – lo ammonì – avresti potuto fare tante cose per salvare quel bambino, ma no .. per tutte le uova…tu dovevi per forza metterti in pericolo – continuò facendo calare un silenzio tombale nella stanza.
Il giovane guardiano si sentì come un bambino sgridato ingiustamente, non era forse il risultato che contava realmente? Lui era vivo e cosa più importante di tutte, il bambino era vivo! In cosa aveva realmente sbagliato allora?
Dentolina: oh insomma – disse mettendo le mani ai fianchi – Calmoniglio, tutte queste storie solo per dirgli che sei felice che stia bene? Sul serio? – disse con un sopracciglio inarcato e le braccia incrociate.
Il coniglio, nell’udire quelle parole, si volse verso la guardiana con le orecchie rizzate; sul muso, Jack notò, aveva un’espressione che significava solo “colpito e affondato”.
Calmoniglio: oh dannazione, è stato avventato…  punto – disse incrociando le zampe e dando le spalle a tutti, continuando con il suo atteggiamento ostinato – però… se tu non avessi fatto niente… ora ci sarebbe un bambino in meno, hai svolto il tuo ruolo di guardiano ben oltre i tuoi doveri – disse con un’espressione più rilassata.
Jack, non seppe se tenere la frase come un’approvazione o un ennesimo ammonimento; optò per la prima opzione.
Calmoniglio era sempre stato un po’ restio a mostrare il proprio affetto verso il guardiano del divertimento, in parte per proprio orgoglio e in parte per testardaggine.
Il viso di tutti i guardiani divenne sereno e con le acque più calme, Jack notò la mancanza di due cose all’appello.
 
Jack: ehm…ragazzi – disse cercando nei dintorni – avete visto il mio bastone? – chiese nel panico non trovandolo nella stanza.
Nord: tuo bastone è stato spezzato nel’impatto con il camion – lo informò con voce seria – ha bisogno di essere riparato, Manny provvederà a questo – lo informò poggiandogli una mano sulla spalla destra.
Jack allora capì, capì il perché si sentisse così a pezzi dentro; proprio come in passato si era sentito rotto in due quando l’uomo nero aveva preso il suo bastone e l’aveva spezzato davanti ai suoi occhi increduli.
Era una sensazione che non avrebbe mai dimenticato.
Jack: … come farà Manny a ripararlo? – chiese con fronte corrugata.
Nord: io non so, ma credo che centri con luogo di tua creazione – disse portando due dita sulla lunga barba, subito sotto il mento – Manny a detto di portare a tuo laghetto il bastone, e noi abbiamo fatto – concluse.
Jack: uh…ok – disse – e il dente? – chiese.
Dentolina: Dente? – chiese scattando come una molla verso Jack – quale dente? – chiese ancora.
Jack: il mio dente – disse aprendo la bocca e mostrando il buco lasciato da un secondo molare – a quanto apre me ne è caduto uno quando il camion mi ha scambiato per un birillo – scherzò.
Jack si ritrovò ben presto il viso della guardiana a poco del proprio; era intenta a guardare incessantemente la sua bocca per controllare i suoi denti.
Senza avvisare, Dentolina inserì le proprie dita in bocca all’albino, cercando il buco incriminato, e quando lo trovò fece un suono sorpreso.
Dentolina: accidenti – esclamò.
Calmoniglio: che bel buco che ti ha lasciato – disse da dietro la fata.
Jack: si, un bel buco – ribadì massaggiandosi la guancia.
Calmoniglio: io non ho trovato niente quando sono venuto a prenderti; magari c’era, ma diciamo che ero di fretta – disse incrociando le braccia – eri davvero messo male – disse semplicemente – comunque che ti importa di un dente caduto dopo quello che ti è successo? Dovresti solo essere felice perché sei ancora vivo – chiese scotendo la testa.
Jack: a me non importa, ma visto che è caduto potevo regalarlo a Dentolina – disse verso la guardiana ammiccando.
Questa sembrò illuminarsi di felicità, subito si sollevò in volo e sfarfallò.
Dentolina: oh Jack, grazie, grazie, grazie – cominciò a dire – se lo trovo lo posso davvero tenere? – chiese sempre più euforica.
Jack:  si, io non me ne faccio niente, ormai è caduto, non posso certo riattaccarlo – disse ridendo.
La fata, a quella risposta, esultò, provocando una calda risata generale.
 
Il tempo passò, e per i guardiani arrivò il momento di tornare alle loro mansioni, e di lasciar riposare l’infortunato.
Uno ad uno uscirono dalla stanza di Jack, salutandolo con affetto.
Jack: Sandy – disse mentre questi galleggiò verso l’uscita – posso chiederti un favore? – gli chiese quando l’omino gli fù vicino; l’omino annuì, mostrando un caldo sorriso – posso chiederti di portare dei bei sogni ai bambini che hanno visto l’incidente?  Non voglio che soffrano a causa mia – gli disse con il capo chino.
Jack sapeva, aveva visto i volti terrorizzati dei bambini che avevano assistito impotenti all’incidente e non voleva che ne rimanessero shockati.
Non meritavano un simile trauma.
Appena gli sarebbe stato possibile, sarebbe tornato da loro per mostrargli che fosse vivo, ma in quel momento, incapace perfino di muoversi, l’unica cosa che poté fare, fù elargire quel compito ad uno dei suoi amici guardiani.
E chi era più qualificato di Sandy nel portare un po’ di sollievo?
 
Sandy annuì vistosamente, i suoi capelli innaturali e dritti ondeggiarono avanti e indietro.
Jack nel ricevere quel si tanto eloquente sospirò e ringraziò nuovamente l’omino dei sogni, quello sarebbe stato un debito che in futuro avrebbe ripagato.
Quando ebbero finito di parlare, l’omino lo salutò con la mano e uscì anch’egli dalla stanza.
Nord: bene, vado anche io – disse avviandosi all’uscita – mi è venuta ispirazione per nuovo giocattolo – disse tutto entusiasta – e devo creare al più presto, manca poco a natale – disse svanendo dietro l’angolo della porta, ma subito ritornò – se tu ha bisogno, sa dove trovare me – concluse andando via nuovamente.
Jack non fece nemmeno in tempo a rispondere.
Calmoniglio: non cambierà mai – disse scotendo il muso; il coniglio sostava alla sinistra del letto, ancora appoggiato al muro – si vede che non manca molto a natale, sembra un bambino – disse ridacchiando.
Jack: be, che ti aspettavi da Babbo natale?  - gli chiese ridendo – lui è così – affermò guardando la dove prima v’era l’omone russo.
Dopo quel piccolo momento ilare, il coniglio si avviò verso l’uscita della stanza.
Jack: Calmoniglio – disse per fermarlo – grazie…- disse passandosi una mano dietro la nuca.
Calmoniglio: per cosa? – chiese inarcando un sopracciglio.
Jack: per avermi portato qui e… praticamente avermi salvato la vita – disse grattandosi la guancia con un dito.
Calmoniglio: non mi devi ringraziare per quello – disse ridacchiando – sei uno di noi, gli disse da sopra la spalla – cerca piuttosto di riprenderti, quei bambini aspettano solo il tuo ritorno – disse cominciando ad uscire, arrivato oltre l’uscio si girò un’ultima volta e Jack ne approfittò per annuire e salutarlo con un semplice gesto della mano.
 
Jack  così, rimase solo coi propri pensieri.
La pace regnava nella stanza e ciò  lo induceva ad ascoltare fin troppo al propria mente.
Fuori dalla stanza i rumori della fabbrica inondavano il piano delle stanze; giocattoli di ogni tipo sembravano sfrecciare da un capo all’altro, e Jack udì più volte il verso di qualche yeti arrabbiato per chissà quale motivo.
Probabilmente, uno degli elfi, aveva combinato qualche guaio .
Quei piccoli esseri erano altamente irritanti e invitanti per Jack; se più tardi fosse riuscito ad alzarsi, sarebbe sicuramente andato a congelarne qualcuno.
Ormai preso dalla noia, Jack si ristese nel letto, cercando il sonno che continuava a sfuggirgli dalle mani.
Voleva tornare a sognare, voleva rivedere quelle immagini.
 Si trovò a ripensare sempre di più a quel giovane del sogno, ai gesti intimi che si scambiavano, agli sguardi di fuoco che scorrevano tra di loro e al bacio dolce, quanto intenso, che s’erano scambiati.
Era tutto davvero solo un sogno?
Potevano forse essere dei ricordi sopiti?
Se così fosse stato, ciò non avrebbe avuto alcun senso, perché nel tempo in cui era ambientato il “ricordo” Jack non poteva essere visto da nessuno.
Ciò lo convinse ulteriormente che tutto fosse solo un sogno e nient’altro, e dopo poche ore, Jack riuscì ad addormentarsi.
 
Il sogno non fù diverso dal precedente, tutto era identico.
Il fuoco di bivacco, il laghetto, il drago e il giovane; tutto sembrava una replica perfetta, ma con una differenza.
La voce del giovane arrivò al timpano dell’albino, lasciandolo con un calore improvviso nel cuore.
“Jack”
Il giovane disse semplicemente il suo nome, e ciò bastò a risvegliare nella memoria di Jack il suo nome.
Questo rimase appeso alle sue labbra, sembrando quasi un segreto da conservare, in caso tutto ciò fosse svanito nuovamente nel buio del risveglio.
 
 
Passò una settimana, una nella quale i guardiani andarono a trovare Jack o volta che potevano.
Passavano un’ora o due con lui e poi tornavano ai loro doveri di Guardiani.
Sandy, durante la prima visita, disse a Jack di aver esaudito la sua richiesta; molti sogni dorati avevano rallegrato le notti dei bambini che avevano assistito all’incidente e i loro cuori s’erano alleggeriti.
Jack, a quella notizia, si rallegrò, e finalmente poté concentrarsi sulla propria guarigione.
 
Nei giorni in cui riceveva quelle visite, Jack non riuscì pienamente a tendere al propria attenzione ai propri amici guardiani; ogni volta al sua mente fuggiva, rintanandosi nel ricordo di quell’idilliaco sogno che gli colmava ogni notte.
Ad un certo punto Jack fù tentato di rivelare i propri sogni agli amici guardiani, ma subito ci ripensò; erano già colmi d’impegni e l’avevano già alacremente aiutato.
Non v’era motivo di chiedere loro altro.
Così Jack, tenne per se il proprio segreto.
 
Finalmente arrivò il giorno atteso, e Jack tornò in possesso del proprio bastone.
L’albino subito notò che le spaccature fossero ancora evidenti, e non poté evitare di parlare.
Jack: sembra che non si sia riparato per niente – constatò passando la mano su di una crepa – non doveva essere riparato? – chiese con fronte corrugata.
Nord:  Manny ha detto che tu deve dare tuo tocco personale per farlo tornare come prima – disse avvicinandosi al giovane guardiano – tu sa come fare? – chiese.
Jack: si, forse ho capito cosa devo fare – rispose; sicuramente sarebbe stato come dieci anni prima, quando Pitch gli spezzo il bastone e lui dovette ripararlo con le proprie forze.
Calmoniglio: ma cosa succederà una volta che l’avrà riparato? – chiese all’omone russo.
Nord: io credo che se tutto andrà come è che dovrebbe andare, Jack avrà suoi poteri nuovamente al massimo, se invece non funzionerà… non so – confessò.
 
L’albino si spostò al centro della sala del globo, i guardiani erano tutti attorno a lui, la luce lunare lo inondava interamente; Jack si sentì un po’ nervoso, troppa gente lo stava fissando e lui non era il mago della concentrazione, così, più d’una volta, il tentativo di riparazione fallì.
Jack, provò e riprovò, il tutto senza fare nemmeno una piccola pausa; ci vollero parecchi minuti prima che i segni di spaccatura cominciassero ad emanare una luce azzurra come il cielo e bianca come i ghiacciai dell’Antartide.
Quando questi cominciarono a correre nelle venature del bastone e a ricomporne i pezzi, Jack percepì dei ricordi fluire assieme ad essi, come un piccolo rivolo d’acqua tra le rocce di un torrente arido; queste si fecero spazio in lui, urtandolo con la propria potenza.
 
Il soggetto dei ricordi era sempre il giovane; non cambiava mai.
In quell’occasione però, Jack udì il giovane, mentre volavano nei cieli, dirgli qualcosa che gli rimase ben aggrappato alla mente.
 
“ Berk…. È meravigliosa al tramonto, non trovi?”
 
“ Jack, io ti vedo, e tu non sarai più solo”
 
Dopo quelle piccole, brevi frasi, un ennesimo bacio si fece spazio nella memoria del guardiano.
 
Quando il bastone tornò completamente integro, Jack cadde a terra senza alcun preavviso.
Subito i guardiani furono al suo capezzale, pronti ad aiutarlo, ma jack fece un cenno con la mano, cercando di intendere che stesse bene, anche se dentro di se sentiva tutto il contrario.
Nel suo cuore v’era un’immensa confusione.
Dentolina: Jack, sei sicuro di stare bene? – chiese aiutando l’amico a sollevarsi da terra mentre questi si teneva una mano alla tempia.
Jack: io…uh… credo di si – disse incerto; provò  a reggersi con le proprie forze, e nel costatare di poter evitare l’aiuto altrui, sospirò sollevato.
Calmoniglio: ha funzionato, il tuo bastone è tornato intero – disse sorpreso.
Jack: l’avevo già fatto … prima – rivelò; il silenzio calo tra i presenti a quella rivelazione – non ve l’ho mai detto? – chiese stupito; i guardiani scossero lentamente la testa – oh, be….. diciamo che anni fa, Pitch m’aveva rotto il bastone in due, e così… ho dovuto ripararlo completamente da solo, ma allora non ero gravemente ferito, quindi non ho faticato – spiegò semplicemente sollevando le spalle.
Calmoniglio: l’importante è che tutto si sia risolto – disse incrociando le braccia – ti senti meglio? – chiese seriamente.
Jack per far capire che stesse bene, congelò alcuni elfi in lontananza intenti a rubare dei biscotti dal vassoio di Nord.
Quando ebbe finito l’opera, si voltò verso il guardiano della speranza e sorrise.
Jack: anche meglio del previsto – disse sfoderando uno dei suoi sorrisi provocanti, bianco come la neve.
Calmoniglio, a quell’esibizione dispettosa di potere, scosse al testa, mentre il resto dei guardiani ridacchiò.
Jack ora si trovava fuori pericolo, stava bene, quindi tutti tornarono al proprio lavoro, Nord in particolare.
Mancavano solo due giorni a natale, il tempo stringeva e le cose da finire erano molte.
Tutti salutarono e partirono per tornare alle proprie case, ma quando Jack fu sul punto di prendere il volo si fermò.
Sapeva di dover correre a portare del’allegria e del divertimento ai bambini che assisterono all’incidente, ma sentiva di avere alcune domande, cruciali, che richiedevano risposte immediate, e chi meglio di Nord poteva aiutarlo.
Jack: Nord – disse andando verso l’omone che si dirigeva verso un corridoio colmo di giocattoli volanti – posso rubarti qualche minuto? Avrei delle domande da farti – rivelò giocherellando distrattamente con il proprio bastone; non voleva disturbarlo troppo, se avesse detto di no, avrebbe semplicemente rimandato a dopo il giorno di natale.
Nord: hah! Sicuro Jack, tu può chiedermi ciò che vuoi – gli disse indicando due poltrone vicino ad un camino accesso – sediamoci, così portai chiedere me ciò che vuoi – gli disse con un sorriso premuroso.
Jack annuì.
 
Fortunatamente, le due poltrone si trovavano ad una certa distanza dal fuoco, e questo stesso era morente, il calore per Jack era sopportabile in quel momento.
Nord: dunque, cosa vuoi sapere? – chiese mangiando un biscotto a forma di albero, decorato con della glassa verde.
Jack: vorrei chiederti se… i draghi sono esistiti veramente – disse accovacciato sui talloni, poggiato al centro della poltrona dinanzi a Nord.
Nord: Si, Draghi sono esistiti, io ho visto gli ultimi – rivelò – erano creature selvaggi e molto belle, ma purtroppo ora non ci sono più – disse facendo spallucce.
Jack:…oh… capisco – disse cercando di metabolizzare la conferma dell’esistenza di tali creature – e… - deglutì – e un’isola chiamata Berk? È mai esistita? – chiese con il cuore in gola, quella era la domanda più importante; se fosse esistita realmente un’isola con quel nome, i suoi sogni si sarebbero rivelati ricordi, e ciò cambiava tutto quanto.
Nord: Berk era isola vichinga del Nord – rivelò – è conosciuta per sua improvvisa scomparsa – spiegò – tutti credono che sia sprofondata in oceano – rivelò.
Jack si bloccò a quella rivelazione; l’isola dei suoi sogni, il ragazzo, il drago, era tutto vero.
Non si era sognato niente, era tutto un ricordo.
Ma perché ricordare proprio ora?
Imbastendo una veloce scusa, si congedò, volando verso il nord Europa, dove era situato il villaggio dove era avvenuto l’incidente.
Sperava che tornando li potesse distrarsi con una bella battaglia a palle di neve.
 
Quando arrivò al villaggio, non si stupì di trovare il silenzio più totale.
Nonostante le scuole fossero chiese per il natale imminente, nonostante la neve fosse alta per le strade, nessun bambino era intento a giocare quel giorno.
Si trovavano tutti radunati nel piazzale, seduti sui gradini della fontana al centro del giardino; gli sguardi erano persi, e i visi tristi.
Non poteva certamente lasciarli in quello stato.
Con una scarica del suo bastone, Jack evocò delle enormi e bianche nubi da neve.
La temperatura calò drasticamente e grandi e grossi fiocchi di neve, cominciarono a cadere dal cielo, ricoprendo velocemente i vecchi cumuli, con della candida coltre bianca.
I bambini non attribuirono il merito di quella nevicata a Jack Frost, era inverno, poteva capitare che nevicasse a quel modo; ma una di loro, una bambina dai capelli castani, si levò dalle scale, e prese a correre senza sosta nella neve.
Sul viso gli si stampò un innocente e smagliante sorriso e le sue risa riempirono l’aria.
Quando uno dei bambini gli chiese cosa avesse da essere tanto felice, lei semplicemente indicò il pupazzo di neve al lato del parco, dove Jack Frost atterrò, appollaiandosi sulla testa.
Jack: vi sono mancato ? – chiese con il suo sorriso bianco come la neve appena caduta nei d’introni.
I bambini, dopo un piccolo momento di smarrimento, cominciarono ad esultare senza sosta, arrivando a correre intorno al pupazzo di neve sul quale Jack era atterrato.
Jack rise assieme a loro, e subito scese dal pupazzo, immergendosi in quella folla di bambini colmi di gioia.
 
Tra tutti quei bambini, Jack ne riconobbe due.
Questi si avvicinarono timidamente.
Uno era il bambino che lui aveva salvato, l’altra era la bambina che s’era avvinata a Calmoniglio per chiedergli se fosse vivo.
Non l’aveva vista in faccia quella volta, ma aveva udito la sua voce e sentito il suo profumo grazie all’amico vento.
Non’appena fù dinanzi a lui, il bambino gli si buttò fra le braccia chiedendogli scusa; subito Jack gli disse che tutto era andato apposto e che l’importane fosse che lui stesse bene.
Il bambino annuì e lo abbracciò nuovamente.
Quando il bambino si staccò, la bambina si avvicinò all’albino; il suo corpo sembrava non voler restare fermo nemmeno un minuto, continuava d ondeggiare a destra e sinistra, un movimento dovuto alla timidezza.
Improvvisamente, la bambina allungò una mano, chiedendo a Jack di fare lo stesso.
Lui obbedì, convinto che lei volesse fargli un regalo.
Quando la bambina aprì la propria mano, un dente cadde su quella dell’albino, uno bianco come la neve.
Jack: il mio dente – disse sgranando gli occhi – come hai fatto a trovarlo? – chiese con un’enorme sorriso sul viso.
Bambina: l’ho trovato per terra dopo che il coniglietto di pasqua ti ha portato via – disse continuando a ciondolare imbarazzata – non dovevo prenderlo? – chiese nascondendosi nella sciarpa rosa.
Jack: no, anzi… ti ringrazio infinitamente – le disse carezzandole la testa; ora avrebbe potuto fare una bella sorpresa all’amica guardiana.
Il viso della bambina si illuminò  e subito abbracciò l’albino che ricambiò.
Quel giorno Jack, lo passò a giocare senza sosta con quei bambini, donando loro tutto il divertimento e la gioia di cui era capace; mantenne al promessa fatta al bambino, e lo fece volare con sé e scatenò la più grande battaglia di neve, che quel villaggio di montagna avesse mai visto negli ultimi cento anni.



storia revisionata il  20/05/2014


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