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Autore: Hayley Black    10/06/2013    0 recensioni
Che poi, sei mesi fa, dov’eravamo? A inseguirci sotto tante stelle per paura di lasciarci andare via. A volte ho temuto che saresti scappato come si scappa da una gabbia; invece sei sempre tornato a prendermi, dovunque io fossi. Quante volte mi sarebbe bastato restare stretta a te e ascoltare il tuo respiro che si mischiava con il mio – senza dire niente. Ci sono momenti in cui le parole sembrano così stupide, inopportune, sbagliate. E allora stiamo zitti.
Ci sono momenti, invece, in cui le parole sembrano l’unica ancora di salvezza per qualcosa che sta scivolando sempre più in basso – ma tu aggrappati a me, aggrappati, e se cadremo lo faremo insieme.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sei e siamo.
"-“Qual è il doppio di sei?”
-“Siamo”."


Lo sai che è per te, amore.
Ed è per noi.

 
“Che poi sei mesi fa non eravamo neanche qui. Lontani anni luce a cercare i mostri sotto il letto che tentavano invano di afferrarci la caviglia quando il sonno tardava ad arrivare. Arrancavamo nel buio come se fossimo ciechi, nei nostri labirinti di paure, senza renderci conto di aver paura di nient’altro che noi stessi; forse avrei dovuto dirti che insieme a te quei mostri non li ho mai temuti.
Che poi sei mesi fa mi guardavo allo specchio e vedevo l’ombra di me stessa pronta ad afferrarmi con le sue dita gelide di fumo. Ora, accanto al mio riflesso, vedo il tuo che mi stringe la mano e mi salva. Vedo i tuoi occhi che a furia di guardarli li ho incollati sulla pelle.
Che poi, sei mesi fa, dov’eravamo? A inseguirci sotto tante stelle per paura di lasciarci andare via. A volte ho temuto che saresti scappato come si scappa da una gabbia; invece sei sempre tornato a prendermi, dovunque io fossi. Quante volte mi sarebbe bastato restare stretta a te e ascoltare il tuo respiro che si mischiava con il mio – senza dire niente. Ci sono momenti in cui le parole sembrano così stupide, inopportune, sbagliate. E allora stiamo zitti.
Ci sono momenti, invece, in cui le parole sembrano l’unica ancora di salvezza per qualcosa che sta scivolando sempre più in basso – ma tu aggrappati a me,  aggrappati, e se cadremo lo faremo insieme.
Che poi il doppio di sei è siamo. Abbiamo solo un noi, perché divisi valiamo meno di quanto possa valere una foglia secca che volteggia per le strade in una giornata di pioggia; siamo noi, siamo quelli che ridono e piangono e scappano e tornano e parlano e sognano e amano. Siamo quelli che corrono.
Quelli che corrono come se avessero il demonio alle spalle. Noi corriamo dagli scheletri fragili che eravamo un tempo, corriamo verso qualcosa che appare sbiadito e distorto come una vecchia fotografia.
Corriamo verso il doppio di un sei che si fa sempre più vicino. Corriamo lontano dai mostri che tentavano di afferrarci la caviglia, e ripeti insieme a me che non sono reali. Se mi stringerai la mano e rimarrai con me diventeranno invisibili così come è diventato invisibile tutto il resto.
Sei come il te bollente di sera quando fuori piove e fa freddo – quattro cucchiaini di zucchero vanno più che bene. Sei come la canzone che ascolti e ascolti e ascolti senza stancarti mai. Non mi stanchi mai. Sei come la foto incollata sul muro di una stanza vuota.
Siamo come la foto incollata sul muro di una stanza vuota. Siamo immortali come un’istantanea che prende polvere mentre il tempo passa inesorabile.
Il tempo passa inesorabile e noi siamo qui. Cerchiamo i mostri sotto il letto che tentano invano di afferrarci la caviglia.
Non sono reali.
Siamo reali solo noi, amore, come siamo reali da sei mesi e come sei reale tu quando mi guardi e mi sorridi e mi dici che mi ami nonostante sia un casino vivente che non sa fare altro che scriverti quattro parole incollate con lo sputo.
Che poi, sei mesi fa, eravamo divisi da piastrelle e parole e sogni e lacrime e sorrisi.
Ora siamo.

“Forse dovresti dormire, la notte,” dice A, quando finisce di leggere il foglio cancellato e stropicciato e incasinato che gli ha dato G. poco prima. Osserva che la quantità di zucchero nel suo te è giusta.
“Forse.”
G. sorride. E sorridono insieme.



Forse, la notte, dovrebbe dormire anche Hayley. Ma forse preferisce cancellare le distanze scrivendo ammassi di parole incollate con lo sputo.
Sei mesi fa eravamo incollati con lo sputo. Ora non ci separano neanche con le bombe nucleari.
Ti amo.
   
 
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