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Autore: metaldolphin    11/06/2013    6 recensioni
Perchè ci sono cicatrici e cicatrici, lo sappiamo bene, ormai.
Ma alcune di esse sono un'eccezione nella logica comune.
Nami lo impara da Zoro con una rivelazione inaspettata.
Genere: Angst, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
- Questa storia fa parte della serie 'Comunque insieme'
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Le battaglie non sono mai una cosa pulita.

Quando si combatte, l’aria puzza di fumo e di carne bruciata e visceri esposti e sangue e merda e piscio e vomito; il naso brucia di polvere da sparo, di metallo rovente  e fango. Fango, anche se non piove, perché la terra si mischia col sangue e qualsiasi altro liquido possa venire fuori da un corpo smembrato.

Quando si combatte, l’aria è attraversata da grida e pianti  di feriti e lame che gemono nello scontro; e quando un colpo di cannone copre tutto, lasciando nelle orecchie un ronzio che in altri momenti sarebbe stato un fastidio, quasi lo si ringrazia per quella sordità momentanea.

Quando si combatte, le armi scivolano dalle mani per il sudore e il sangue e il loro stesso peso che si fa più gravoso man mano che le ore passano e le braccia sembrano volersi staccare; la schiena urla per i contraccolpi ricevuti e le gambe si intorpidiscono nel voler mantenere la posizione e non arretrare davanti al nemico.

Quando si combatte, in bocca si possono gustare i sapori peggiori al mondo in un solo momento, nella gola si mescolano il sapore del sangue e della bile e della polvere e del fumo.

Quando si combatte, gli occhi vorrebbero rifiutarsi di inviare le immagini al cervello, mentre si avanza tra corpi fatti a pezzi e visceri ancora fumanti nell’aria fredda e occhi ormai vitrei, in un tripudio di rosso sangue e bianche ossa e scuri organi e capelli aggrovigliati dalle cervella chiare.
Il tutto reso più vivido dai lampi degli spari e il bagliore delle lame e da rari sprazzi di sole che cerca con fatica di farsi strada tra fumo e polvere.

Queste cose le conosceva Zoro, avvezzo alla lotta.
Ma gli altri?
Rufy, col suo sogno?
Sanji, che pur di proteggere le mani usava le gambe?
Usopp, che raccontava di epici scontri senza averne mai visto uno?
Nami… lei, forse, era l’unica che ci andava più vicino, alla luce del suo passato con Aarlong.
Lei, cui avrebbe voluto risparmiare tutto questo, non ne aveva bisogno, perché sapeva già.
Era stata trovata, addirittura, ancora in fasce, viva per miracolo, tra i cadaveri del villaggio natale distrutto dalla guerra…
Ed anche per lei adesso combatteva, per far sì che di questo scontro vedesse il meno possibile.
E quando tutto sembrava finito, uno dei nemici, raccolte le ultime forze, si era alzato per colpire di nuovo.
Veloce come un felino, l’unica cosa che fece Zoro, fu cingerla con le forti braccia in un istintivo gesto di protezione.
Sentì le carni lacerarsi con dolore e soffocò un gemito, sotto la lama e in una nuova ferita, prima di sentire che l’aggressore cadeva al suolo, ormai privo di vita.

Più tardi, nella penombra della camera di lei, prono sul letto mentre veniva medicato alla luce di una lampada, si chiese perché non avesse usato la spada per parare il colpo.
Mentre cercava una risposta, la sentì mormorare triste.
-Zoro… hai sempre detto che le cicatrici sulla schiena non sono onorevoli, perché vuol dire che si è dato le spalle al nemico nella fuga…
Rimase muto e lei proseguì.
-Mi dispiace- singhiozzò -per colpa mia ora ne hai una: scusami!
Lo Spadaccino non rispose subito, ma si voltò appena per sbirciare. Appena lei terminò di ricucire e medicare, le si sedette accanto e cingendole le spalle la attirò a sé, posandole un bacio sulla testa.
-Sbagli, Nami. Non tutti i segni sulla schiena sono disonorevoli. Questo lo porterò con orgoglio, perché è segno che ho protetto la mia compagna.- disse convinto sorridendole.
Nami si rifugiò ancora di più nella sua stretta e Zoro la trascinò con sé sulle lenzuola.
Steso su un fianco sospirò, mentre lei, finalmente, si rilassava contro di lui.
La frescura della notte portava ristoro alle membra stanche e si lasciò cullare anche lui dal placido movimento della nave.
La sua risposta l’aveva trovata.
   
 
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