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Autore: Beauty    11/06/2013    8 recensioni
E se a Storybrooke ci fosse anche una certa ballerina di origini gitane?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten Fairytales - Le favole di cui ci siamo dimenticati'
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Se era vero che il fusorario non era un optional, e che l’ultima volta che aveva controllato non aveva scoperto segni sul suo collo la cui ambiguità potesse in qualche modo ricondurre al morso di un vampiro, restava soltanto da chiarire cosa si annidasse nella mente perversa del suo capo tale da fargli credere che lei potesse reggere una notte intera senza dormire e non crollare miseramente come qualunque altro comune mortale in crisi da astinenza da cuscino e coperta avrebbe fatto.
Esmeralda Ramirez sbuffò, gemendo e coprendosi gli occhi con un braccio quando la luce filtrò dalle imposte socchiuse del suo appartamento, colpendola in pieno viso. Si girò su un fianco, facendo appello a tutte le sue forze per rimettersi in piedi e cercare di dare un senso a quella giornata che si preannunciava nera come la pece.
Era tornata dal King of the Fools alle cinque del mattino, e considerando che in quel momento dovevano essere più o meno le otto, con un breve calcolo mentale riuscì ad aggiungere altre sette ore di sonno arretrato sul conto del suo capo, che quando voleva sapeva essere un bonaccione, ma se c’era di mezzo il denaro era anche pronto a far morire di stanchezza lei e le altre ragazze.
Esmeralda balzò in piedi dal divano, scaraventando malamente il cuscino contro uno dei braccioli. Fortunatamente con gli anni aveva fatto il callo a quegli orari folli, altrimenti chissà quante volte l’avrebbero già ricoverata in ospedale per un esaurimento nervoso.
E l’ospedale di Storybrooke non era fra i luoghi più sicuri di quel mondo, specialmente se eri una venticinquenne ispanica e il suddetto edificio era il luogo di lavoro del famigerato dottor Whale.
Esmeralda perse solo qualche istante per sistemare la coperta e il cuscino sul sofà, prima di lasciare la stanza. Raramente utilizzava il suo letto, dal momento che dormiva sempre molto poco e aveva il sonno molto leggero, e le pareva un inutile spreco di tempo disfare le coperte solo per poche ore. Rifletté brevemente se fosse preferibile prendere un caffè veloce lì a casa oppure fare con calma e concedersi una colazione come si deve da Granny’s, optando quasi subito per quest’ultima scelta. Si sentiva in vena di socializzare, quel giorno.
Non che avesse mai avuto molto tempo da perdere a chiacchierare o a ridere con altre persone. A dire il vero, non riusciva neppure a ricordare quando era stata l’ultima volta che era andata con un’amica a fare shopping o come si chiamava l’ultimo ragazzo con cui aveva accettato di bere qualcosa. Non che fosse un’asociale – oddio, la maggior parte della gente a Storybrooke la credeva una sociopatica, ma lei che ci poteva fare? –, semplicemente la sua giornata era talmente piena d’impegni che trovare un buco libero era un’impresa non da poco.
Esmeralda si specchiò brevemente nello specchio del bagno. Indossava ancora la “divisa” della sera precedente: un top dorato e pieno di brillantini che le lasciava scoperte spalle e schiena, lasciando intravedere la pelle scura e abbronzata del ventre, e un paio di pantaloncini abbinati, che le ricoprivano le cosce solo con qualche centimetro di stoffa. L’ideale per far andare fuori di testa gli uomini che frequentavano il locale, perlopiù ubriaconi come Moe French e Leroy, oppure figli di papà come Gaston Prince o delinquenti come un certo Rod Cooper. Il King of the Fools era noto in tutta Storybrooke per essere il covo della feccia della città, un locale mal frequentato che faceva il paio con il The Rabbit Hole, un postaccio dove solo ragazze estremamente sfortunate o poco di buono potevano lavorare. Se avevano il fisico adatto, s’intendeva.
Beh, pensò Esmeralda, lei quello ce l’aveva eccome. Era piuttosto alta, quasi un metro e settantacinque con l’aiuto dei tacchi; aveva gambe lunghe, un fisico snello e formoso, spalle e mani aggraziate e un viso che, aveva sentito borbottare una volta dalla nonna di Ruby, pareva quello di una Messalina. Aveva la pelle abbronzata, labbra carnose e due grandi occhi verdi e penetranti, e il suo volto era incorniciato da una massa di capelli neri e ricci, ribelli e intrattabili.
Esattamente il tipo di fisico che occorreva per lavorare al King of the Fools; ma a parte questo, Esmeralda Ramirez non si considerava una poco di buono. Semplicemente, lei era una ragazza come tante altre che s’ingegnava come poteva per portare a casa la pagnotta. Nulla di più, nulla di meno.
Gettò un’altra rapida occhiata ai propri abiti. La sera precedente era talmente esausta che si era addormentata con quelli addosso, ma non erano decisamente adatti per ciò che doveva fare quel giorno. Se ne liberò più veloce del vento, indossando un paio di jeans attillati, una maglietta scollata viola con sopra un giubbotto anch’esso in jeans, infilandosi un paio di scarpe con tacco dieci. Provò a sistemarsi i capelli con qualche colpo di spazzola, ma vi rinunciò subito, sbuffando esasperata.
Aprì un cassetto e ne estrasse una fascia dello stesso colore della maglietta, e se la sistemò sul capo. Così i capelli sarebbero stati in ordine, pensò soddisfatta.
Afferrò le chiavi del motorino, più la borsa in cui aveva precedentemente sistemato ciò che le sarebbe occorso per la giornata, ma si arrestò sulla soglia un attimo prima di uscire dalla porta.
Dannazione, stava per dimenticarsi i soldi!
Ritornò di corsa al divano, sollevando uno dei cuscini e recuperando la mazzetta di dollari nascosta al di sotto. Esmeralda era un tipo previdente e, benché a Storybrooke non fosse mai successo nulla di maggiormente degno di nota di qualche rissa fra ubriachi, aveva vissuto in posti dove i furti con scasso e le rapine erano così all’ordine del giorno da farle assimilare completamente il detto meglio prevenire che curare.
Infilò i soldi in borsa, facendo una smorfia infastidita quando pensò a chi sarebbero finiti in mano, e uscì di casa chiudendosi la porta alle spalle.
Giunse al Granny’s in poco meno di dieci minuti, smontando dal motorino e assicurandolo con una catena quando lo parcheggiò.
- Ehi, Esme!- salutò allegramente Ruby Lucas quando la vide entrare; Esmeralda rispose con un sorriso, cercando di ignorare gli sguardi curiosi che le si erano – più o meno discretamente – posati addosso non appena aveva messo piede nella stanza. Era raro che una che si guadagnava da vivere facendo la ballerina in un postaccio come il King of the Fools mettesse piede in un locale come il Granny’s; non che quest’ultimo fosse un posto particolarmente chic o raffinato, ma si respirava un’aria familiare, amica. Aria di casa, di persone che ti volevano bene.
Un’aria che Esmeralda non aveva mai respirato in vita sua.
Si fece strada fra i tavoli, sedendosi al bancone per non essere costretta a passare di fronte al sindaco Mills. In genere, il suo posto fisso era il tavolo in fondo al locale, vicino alla finestra, lontano da sguardi indiscreti, ma quel giorno il tavolino accanto era stato occupato da Regina. A Esmeralda non piaceva quella donna: non che le avesse mai parlato in modo approfondito, giusto un buongiorno, signor sindaco! borbottato fra i denti quando proprio non poteva fare a meno di salutarla, ma non le era mai andato giù il suo atteggiamento di superiorità nei confronti di tutto e tutti, né le frecciatine che riservava puntualmente a chi era più debole o sfortunato, o semplicemente a chiunque non ritenesse degno di lei e della sua attenzione. In città girava voce che fosse una despota isterica; Esmeralda non era troppo stupita che quel povero bambino che aveva adottato fosse in cura dal dottor Hopper, che sarà anche stato una persona meravigliosa e uno psichiatra capace, ma restava comunque uno strizzacervelli. E per andare da uno strizzacervelli a dieci anni, allora dovevi essere messo veramente male. Lei ne sapeva qualcosa; oh sì, eccome se lo sapeva.
- Che ti porto, oggi?- sorrise Ruby, appoggiandosi con entrambe le mani al bancone.
- Un caffè con brioche, per favore…- sorrise Esmeralda.
- Arriva!- rise la cameriera, cominciando ad armeggiare con le stoviglie.
Esmeralda ridacchiò nel vedere l’occhiataccia che Granny riservò a sua nipote allorché questa fracassò accidentalmente un piattino contro il pavimento. Le piaceva Ruby Lucas. Era una delle poche persone che conosceva che aveva il coraggio di andare avanti per la sua strada fregandosene di ciò che diceva la gente. Era una qualità ammirevole, a suo parere.
- Ecco qui!- esclamò Ruby, posandole di fronte l’ordinazione.
- Grazie…
- Allora, a che ora sei tornata ieri notte?- s’informò la cameriera, mentre Esmeralda iniziava a bere il suo caffè; la ragazza non rispose, alzando una mano con aperte cinque dita. Ruby sgranò gli occhi.
- E non hai neanche le occhiaie! Dio, ma come fai?!
- Credo che sia la pelle scura a nasconderle…
- Ma che! Non ce n’è l’ombra…E io che tutte le volte che faccio tardi sembro un panda…
- Se la smettessi di ubriacarti tutti i sabati sera, forse non avresti di questi problemi…- borbottò Granny, passando velocemente alle spalle di sua nipote. Esmeralda fece uno sbuffo divertito contro la tazzina, rischiando di rovesciare il caffè.
Ruby ignorò la stoccata, sporgendosi di più verso Esmeralda.
- Allora, che combini, oggi?
Esmeralda fece spallucce.
- Nulla di che; pensò che tornerò a casa a studiare, poi prima di andare al lavoro passerò al negozio di Gold…
- Vai da Gold? E perché?
- Oggi c’è l’affitto, ricordi?
Ruby fece una smorfietta, inclinando all’ingiù un angolo delle labbra cariche di rossetto, roteando gli occhi.
- Ehi, nonna, ce li abbiamo i soldi, vero?- s’informò, strillando in direzione di sua nonna. Parecchie persone si voltarono a guardarla. Regina Mills si curò a malapena di nascondere un ghigno beffardo.
- Grida un po’ più forte, che ne dici?!- ringhiò a mezza voce Granny, scoccando un’occhiataccia a sua nipote. Ruby alzò gli occhi al cielo, continuando a masticare il suo chewing-gum come se niente fosse.
- Sai, me n’ero quasi dimenticata…- commentò.- Forse sto svalvolando…Ti pare possibile dimenticarsi del signor Gold?
- No, in effetti no. Specie se vivi in trentotto metri quadri per seicento dollari d’affitto più extra…- borbottò Esmeralda, azzannando la sua brioche.
- Extra?
- La mia collana. Te ne avevo parlato, no?
Ruby si batté una mano sulla fronte.
- Già, è vero. Che stupida!- sospirò, con una punta di tristezza.- Credevo che a quest’ora fossi già riuscita a riprendertela. Quanto ti manca?
- E chi lo sa…!- Esmeralda bevve l’ultimo sorso di caffè, quindi iniziò a rovistare nella borsetta alla ricerca del denaro.- Il prezzo che ha fissato è esorbitante, e poi ci sono gli interessi e tutto, senza contare che qualcuno potrebbe anche vederla e decidere di comprarla. Mi pare quasi che aumenti il prezzo di giorno in giorno…
- Sai, forse non è solo una sensazione…Quello ne sarebbe capace, eccome - Ruby si sporse verso di lei.- Lo sai che una mia amica un paio di mesi fa ha accettato di lavorare per lui?- bisbigliò.
- Che?!- Esmeralda strabuzzò gli occhi.- E chi sarebbe, questa tua amica?
- Belle French. La conosci? La figlia del fioraio - precisò Ruby.
- Quella Belle French? La figlia di Moe?
Ruby annuì.
- Suo padre s’è infognato nei debiti con Gold, e lui ha minacciato di portargli via il negozio se Belle non avesse saldato il debito lavorando per lui…
- Quindi lavora pure gratis…!
Esmeralda scosse il capo; conosceva Belle French di vista ma soprattutto di fama. Tutti la descrivevano come una ragazza intelligente, buona e dolce, oltre che molto graziosa, ma quando si parlava di lei si  poteva avvertire la compassione che aleggiava nell’aria: Belle aveva perso sua madre a sei anni, vittima di una leucemia, e viveva con suo padre, Moe, un ubriacone iroso e violento che trascorreva più tempo al bar che non al suo negozio di fiori, lasciando questo completamente in mano alla ragazza. E ora era stata praticamente costretta a lavorare gratuitamente per quella bestia del signor Gold, tutto per salvare quell’ancora più bestia del padre.
Povera ragazza!, pensò Esmeralda.
Ruby fece per aggiungere qualcos’altro, ma un’urlata di sua nonna la riportò all’ordine.
- Madamigella ha intenzione di filare a servire il tavolo 7, o preferisce continuare a infastidire i clienti?!- ringhiò Granny.
- Nessun fastidio, signora Lucas - assicurò Esmeralda.- Io e sua nipote stavamo solo facendo quattro chiacchiere…
Ruby sbuffò.
- Lascia stare, è una causa persa!- le sorrise.- Beh, io vado prima che inizi ad abbaiare…Buona giornata, Esme!
- Buona giornata anche a te!- augurò Esmeralda, lasciando due banconote sul bancone e uscendo dal locale.
 

***

 
Esmeralda uscì per la seconda volta dal suo appartamento che erano quasi le cinque del pomeriggio. Il suo turno al King of the Fools iniziava alle nove, ma doveva ancora passare al negozio dei pegni prima di mangiare una pizza al volo e fare il suo ingresso al locale. E poi, voleva farsi una passeggiata. Quasi dodici ore trascorse ad analizzare Les Misérables e Notre Dame de Paris l’avevano provata, aveva bisogno di staccare la spina per un attimo.
Percorse tranquillamente la via principale, stringendo a sé la borsetta contenente i soldi per l’affitto e ignorando gli sguardi curiosi che le si posavano addosso, individuandola come una delle ballerine del King of the Fools. In un certo senso, quegli sguardi la infastidivano parecchio, ma ormai c’era abituata. E sapeva di esserseli meritati.
C’erano poche regole, a Storybrooke, che dovevi rispettare se eri una donna e se volevi essere accettata.
Se volevi essere una brava ragazza, allora dovevi essere sposata.
Se non eri sposata, ma avevi un buon lavoro, allora ti eri guadagnata ugualmente il titolo, anche se solo a metà…proprio come la maestra Mary Margaret Blanchard, o anche il sindaco Mills – sebbene quest’ultima si fosse guadagnata la reputazione di santa per aver adottato e cresciuto un bambino da sola.
Se non eri sposata, e per di più arrancavi come una disperata per tirare fino a fine mese, allora diventavi come Ruby Lucas, che passava da un letto all’altro quasi senza sapere i nomi delle sue conquiste occasionali, o come Belle French, che veniva costantemente compatita.
O come lei.
Esmeralda fece una smorfia amara: chissà perché, tutti credevano nella fondatezza del binomio ballerina uguale prostituta. E chissà perché, credevano che a lei piacesse esibirsi al King of the Fools. Beh, non le piaceva. Le era sempre piaciuto ballare, questo sì, ma mai avrebbe pensato di farlo mezza nuda di fronte a un’orda di ubriaconi per guadagnarsi da vivere.
Comunque, non era quello che voleva dalla vita.
Esmeralda era iscritta all’università. Studiava lingua e letteratura straniera, aveva buoni voti e mirava a uscire da quello schifo in cui era sempre vissuta. Era arrivata a Storybrooke circa cinque anni prima, dopo essersene finalmente andata da quell’orfanotrofio in cui era cresciuta. Aveva sempre vissuto lì sin da quando ne aveva memoria; non aveva mai conosciuto i suoi genitori, ma le suore dicevano spesso che fosse figlia di zingari. Gli anni trascorsi in quel luogo erano stati i più brutti della sua vita, ed era stata felicissima quando aveva compiuto diciotto anni e se n’era andata, arrivando a Storybrooke. Purtroppo, le sue aspettative non erano state esaudite come sperava, ma se non altro cercava di migliorare la propria condizione.
Prima o poi, si ripeteva spesso per darsi coraggio, i giorni da cane finiranno.
E sperava solo che per quel tempo fosse riuscita a riavere la sua collana, pensò, accorgendosi di essere giunta proprio di fronte alla porta del banco dei pegni.
 

***

 
Si rese conto di essere entrata in perfetto silenzio e con la stessa solennità che si riserva all’interno di un santuario. E, a pensarci bene, il negozio del signor Gold era, se non un santuario, almeno un museo.
Era un posto estremamente buio e polveroso, cupo, ingombro di ogni tipo di cianfrusaglie lasciate lì da disperati e che nessuno era mai venuto a reclamare.
Belle French, là dentro, sembrava quasi una macchia di colore in mezzo a una tela dipinta di nero.
Esmeralda ricambiò il sorriso cortese che la ragazza le rivolse, avvicinandosi a lei. Belle era in piedi dietro al bancone.
- Buon pomeriggio - salutò la ragazza.- Cosa posso fare per te?
Per tutta risposta, Esmeralda estrasse la mazzetta di banconote dalla borsa e la sbatté malamente sul ripiano del bancone.
- L’affitto - disse semplicemente.
Belle sbatté le palpebre, perplessa da tutta quella rudezza…o forse dalla quantità di denaro che si era ritrovata davanti. Probabilmente, pensò Esmeralda, non aveva mai visto così tanta grana in vita sua. Provò un senso di pena.
- C’è anche un extra…- aggiunse dopo un attimo di silenzio.
- Un extra?- fece eco Belle.- E per cosa?
- Ma per la collana, dearie!
Esmeralda ebbe un moto di sorpresa quando la voce giunse dal retro del locale, subito seguita dal suo proprietario in carne e ossa – ammesso e non concesso che l’usuraio della città fosse un essere umano, invece di un lupo mannaro.
Il signor Gold raggiunse le due ragazze con il suo solito ghigno stampato in faccia. Le ignorò entrambe, gettando un’occhiata attenta alla mazzetta di denaro.
- Quanto sei riuscita a portarmi questo mese?
- Venti dollari - ammise Esmeralda, con una punta di vergogna. Fra l’affitto, le spese e tutto il resto, non era riuscita a cavare fuori di più.
Il signor Gold non smise il suo ghigno.
- Temo che sia ancora poco per riprenderti la tua collana. Ma, come si dice, dearie, un passo alla volta…
Esmeralda posò lo sguardo dove sapeva di trovare il monile, oltre la vetrinetta dietro il bancone: la collana di perle bianche era esposta in bella mostra, lucida attraverso il vetro opaco. Pareva quasi la stesse chiamando.
- Buona serata, signorina Ramirez…- augurò il signor Gold, prima di scomparire di nuovo nel retro.
Belle sospirò, evidentemente a disagio.
- Mi…mi dispiace per la tua collana…- mormorò.
Esmeralda si strinse nelle spalle.
- Non fa niente, non finché continua a restarsene lì…
Belle si voltò a guardare le perle.
- E’ molto bella - disse.- E’ un gioiello di famiglia?
- Credo di sì. E’ un ricordo più che altro. Ce l’avevo addosso quando mi hanno trovata, da piccola…- spiegò Esmeralda, senza distogliere lo sguardo dalla collana.- Ho dovuto impegnarla quando sono arrivata qui. Sai, non avevo né soldi né un posto dove stare, e così…- abbassò lo sguardo.- Quello che temo di più è che qualcuno possa vederla e decidere di comprarla…- mormorò.
Belle tornò a guardare il monile, mordendosi il labbro inferiore. Con grande stupore di Esmeralda, si diresse verso la vetrinetta, l’aprì e ne estrasse le perle.
- Ma…ma che fai?- domandò, perplessa.
Belle le sorrise, quindi aprì un cassetto nel bancone e vi ripose la collana con attenzione.
- Così, abbiamo eliminato il novanta per cento delle possibilità di rischio…- le spiegò.- Se uno non la vede, allora non può comprarla. Dico bene?
Esmeralda boccheggiò, confusa e piacevolmente sorpresa. Non era abituata a tanta gentilezza.
- Io…ehm…grazie…- sorrise infine.- Davvero, ti ringrazio…Ma…- esitò.- Ma sei sicura di poterlo fare? Non vorrei che passassi dei guai per causa mia…
- Non preoccuparti, lui non se ne accorgerà nemmeno…
- Se lo dici tu - borbottò Esmeralda.- Comunque, sappi che mi dispiace - aggiunse.- Non dev’essere facile lavorare per quel bastardo…- bisbigliò, in modo da non farsi sentire da Gold.
- Oh, no!- si affrettò a dire Belle.- No, lui…beh, sai…in realtà non è come può apparire…
- In che senso?
- Beh…lui è…è molto…gentile - concluse infine Belle. A Esmeralda parve quasi che volesse dire tutt’altra cosa, ma si trattenne dall’insistere.
- Grazie ancora. Buon lavoro!- augurò, prima di uscire.
 

***

 
Si era fatto tardi, pensò. Aveva circa una mezz’ora per mangiare qualcosa, prima di tornare a casa, cambiarsi e filare di corsa al lavoro.
Esmeralda iniziò ad allontanarsi, quando, passando di fronte a una delle finestre, gettò distrattamente un’occhiata all’interno del negozio dei pegni. Quello che vide la lasciò a bocca aperta.
Gold aveva appena sussurrato qualcosa a Belle, accompagnandola con un sorriso che non aveva nulla del solito scherno o della beffa; la ragazza aveva ricambiato il sorriso timidamente, arrossendo.
Esmeralda sbatté le palpebre, perplessa, prima che il rintocco dell’orologio della torre la riportasse alla realtà.
Doveva andare…
Un momento! Orologio della torre?!
Esmeralda alzò lo sguardo sull’edificio simbolico di Storybrooke. L’orologio aveva ripreso a funzionare dopo anni di stato vegetativo proprio quel giorno, quando la madre naturale di Henry Mills, Emma Swann, era arrivata in città.
Esmeralda sorrise. Sin da piccola aveva sempre avuto una sorta di sesto senso, se così poteva essere definito: riusciva a captare gli indizi che precedevano gli avvenimenti, a sentire che qualcosa stava per succedere. E quelli erano tutti indizi positivi, in fondo.
Un nuovo arrivo in città, l’orologio che riprendeva a funzionare, il signor Gold che si dimostrava essere meno mostro di quanto pensasse, almeno con Belle French…
Sorrise; quella sera sarebbe tornata al King of the Fools, era vero, ma sentiva che presto lo avrebbe lasciato per sempre. Presto la sua vita avrebbe avuto una svolta. Anche lei avrebbe avuto il lieto fine delle favole.
Non esageriamo, si riportò all’ordine. Meglio restare ancora con i piedi per terra, almeno per il momento.
Ma il pensiero l’aveva messa di buon umore.
Forse, pensò, i giorni da cane sono davvero finiti.
 

FINE

 
 
 
Angolo Autrice: Questa è una OS che nasce e finisce qui, e mi è stata ispirata da parveth89 e dalla sua Michelle Wood – purtroppo io non sono altrettanto brava con i nomi, sigh!
So che la possibilità di vedere Esmeralda nella serie è pari allo 0%, ma nella mia classifica delle Disney Princesses è sempre stata al secondo posto dopo Belle, e ci tenevo a darle un’identità a Storybrooke.
Spero che vi sia piaciuta…e per tutti coloro che la seguono, presto arriverà il nuovo capitolo di Once Upon a Time in Storybrooke: Beauty and the Beast.
Grazie per aver fatto un salto qui. Ciao!

  
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